31 marzo 2012

Le mie ricette - Sushi de Noantri


La cucina giapponese è fantastica, ma....

Vabbé, sarò denunciato per uso illegale di nome, ma l'idea di fare qualcosa visivamente simile al Sushi, ma con i sapori mediterranei, mi attirava assai, per cui via così e, alla peggio, mi porterete arance e sigarette...

Ingredienti
  1. Melanzane scure e lunghe
  2. Ricotta di bufala
  3. Carote
  4. Zucchine romane
  5. Acciughe
  6. Olio per friggere
  7. Olio extra-vergine d'oliva
  8. Sale e pepe
Le dosi dipendono da quanti involtini volete fare, per cui, con un po' di sforzo, regolatevi come meglio credete (che, di fatto, non vuol dire nulla, ma tant'è...)

Tagliate a fette le melanzane nel verso della lunghezza, meglio se con una mandolina o affettatrice a mano, in modo di farle di spessore costante.

Disponetele a strati in uno scolapasta, spolverizzando ogni strato con un po' di sale fino e lasciatele per almeno tre ore in modo che melanzane rilascino il loro liquido amaro.

Asciugate per bene le melanzane e friggetele in olio molto caldo (altrimenti, se l'olio non è caldo, le melanzane lo assorbono molto rapidamente). Mi raccomando, per friggere usate olio extra-vergine o, se il suo sapore vi risulta troppo forte, olio di arachide; lasciate sugli scaffali del supermercato altri tipi di olio, che stanno bene la dove sono.

Le melanzane devono friggere giusto il tempo di ammorbidirsi e dorarsi, direi massimo 2 minuti per lato.

Scolate le melanzane e disponetele su un piatto dove avrete messo un buon numero di fogli di carta da cucina o per fritture, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito dalla carta.

Tanto che le melanzane riposano e si freddano, tagliate carote e zucchine a metà, poi ogni metà ancora a metà e, infine, ogni quarto in un'ultima metà. Così facendo dovreste aver ottenuto dei filetti lunghi e sottili.

Mettete una padella sul fuoco con un po' di olio extra-vergine e, quando è caldo, fateci soffriggere, senza coperchio, le carote e le zucchine. La cottura deve essere vivave e breve, dato che, nel Sushi, si dovrà sentire la consitenza delle verdure, che dovranno essere un po' "scrocchiarelle".

Spegnete e scolate, sempre usando qualche foglio di carta da cucina per eliminare dalle verdure l'olio residuo.

Con tutti gli ingredienti sottomano, finalmente, cominciate al preparare il Sushi. 

Prendete una melanzana, spalmatela con un velo di ricotta di bufala, mettete, ad un paio di centrimetri dal bordo corto, un filetto di carota, uno di zucchina e mezzo filetto di acciuga. Sollevate il bordo corto della melanzana ed arrotolatelo fino ad avvolgere i filetti. Tagliate la parte di melanzana eccedente e fermato il tutto con uno stecchino. 

Se le melanzane sono piuttosto lunghe, dovreste essere in grado di far due involtini per ogni fetta di melanzana, altrimenti la parte di melanzana in eccesso ve la mangiate al volo, magari con un po' di ricotta, mentre state cucinando, meglio se con un bicchiere di vino bianco, buono, che casualmente avrete dimenticato lì vicino.

Impiattate come meglio credete e servite.

Le mie ricette - Gnocchi di semolino e castagne, al profumo di salvia e rosmarino




Altra variazione sul tema degli gnocchi, questa volta partendo da quelli di classica tradizione romana.

Ingredienti (per una trentina di gnocchi)
  1. 250 grammi di semolino
  2. 200 grammi di castagne secche o 300 di fresche
  3. Un litro abbondante di latte (facciamo 1,1 litri)
  4. 50 grammi di burro
  5. 100 grammi di parmigiano reggiano grattugiato
  6. Rosmarino e salvia freschi
  7. Sale e pepe
  8. Due tuorli d'uovo
Per quanto riguarda le castagne, regolatevi secondo stagione. Io, naturalmente, dato che le castagne a primavera non crescono, ho usato quelle secche, che dovete mettere in ammollo in acqua fredda per almeno tre ore, altrimenti usate quelle fresche (che sono ovviamente più buone).

Per la cottura, se usate quelle secche, vi suggerisco di lessarle al vapore, in modo da preservare meglio il loro gusto (se le lessate molto del sapore se ne va con l'acqua) usando, se l'avete, la macchina per la cottura a vapore (ci vorrà circa un'oretta), altrimenti lessatele nel modo tradizionale, mettendole in abbondante acqua fredda, portandola a bollore e facendo cuocere fino a cottura (almeno un'ora e mezza, se non due ore).

Le castagne fresche, invece, lessatele nel modo tradizionale, ricordandovi di spellarle quando sono ancora belle calde: vi scotterete le vostre preziose manine, ma tutto sarà più facile.

A questo punto, con le castagne belle pronte, prendete un po' del latte, più o meno un terzo del totale e mettetelo nel frullatore insieme alle castagne e fate andare alla massima velocità, come se doveste fare un classico frullato di frutta. Frullate fino a quando le castagne saranno perfettamente amalgamate con il latte, controllando bene che non ci siano pezzi residui di castagne.

Prendete una casseruola con il fondo anti-aderente (qui è fondamentale), versateci il latte, le castagne frullate, aggiungete un cucchiaino scarso di sale, mescolate per benino e portate sul fuoco.

Quando il latte sarà quasi a bollore, versate a pioggia il semolino, mentre con l'altra mano, usando una frusta, mescolate rapidamente per evitare grumi ed incorporare per bene il semolino al latte. Fate cuocere fino a quando il semolino non si sarà rappreso, considerando che ci vorranno pochi minuti, al massimo 3 o 4.

Spegnete il fuoco, aggiungete il burro e metà del parmigiano, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno (dato che l'impasto sarà bello duro e colloso, la frusta non andrà più bene). Terminate aggiungendo i tuorli d'uovo e dando un'ultima mescolata.

Se avete la fortuna (e la mia invidia) di avere un tavolo con il piano di marmo, dategli una inumidita e versate l'impasto direttamente sul piano di lavoro, altrimenti prendete un paio di fogli di carta di forno, stendeteli sul tavolo in modo che ne coprano un'area sufficiente, teneteli fermi con un paio di pesi (altrimenti quando ci versato l'impasto vi partono per la tangente) e versateci sopra l'impasto.

Poi, tavolo di marmo o normale, prendete un altro foglio di carta da forno (per la cronaca, vi consiglio sempre di acquistare quella professionale, che ha una larghezza maggiore di quella che normalmente si trova nei supermercati), appoggiatelo sull'impasto e con il mattarello o le mani (meglio) fate pressione in modo da stendere l'impasto ad uno spessore uniforme di circa un centimetro.

Tanto che il tutto si fredda, imburrate una teglia da forno.

Quanto l'impasto è freddo , con un bicchiere o uno stampo tondo (tipo quello che si usa per i biscotti), cominciate a ricavare gli gnocchi e, ogni volta che ne tagliate uno, mettetelo direttamente nella teglia imburrata, sovrapponendolo leggermente al precedente.

Finito il primo giro di gnocchi, impastate nuovamente il residuo dell'impasto, stendetelo come avete fatto la prima volta e ricavate altri gnocchi. Proseguite impastando e tagliando fino ad esaurire l'impasto.

Forza che ci siamo.

Tritate molto finemente, con il coltello, il rosmarino e la salvia (prendete ovviamente, di entrambi, solo le foglie).

Mettete su ciascuno gnocco un pezzetto di burro (piccolo, giusto per inumidirlo durante la cottura) e poi spolverizzate tutti gli gnocchi con il parmigiano residuo, con il trito di erbette ed una macinata di pepe.

Infornate a 220° per 10 minuti e poi a 250°, con la funzione grill, per altri 5.

Spegnete, togliete dal forno, fate riposare giusto un paio di minuti, servite e divorate.

29 marzo 2012

Scarpetta Über Alles !


Vade retro Monsignor Della Casa ! Scialla, Signora Lina Sotis !

Oggi si mette al bando la buona creanza e si lavora per il recupero delle tradizioni popolari, si volgari ma socialmente inestimabili.

La scarpetta, appunto.

E non parlo di quella fatta in punta di dita, sul piatto, quasi a piluccare il poco rimasto, com timidezza. No, io parlo di quella direttamente sulla padella, a recuperare ogni più piccolo aroma, portavoce del colesterolo, zenit, per i benpensanti, della maleducazione più bieca.

Se scarpetta deve essere, allora scarpetta sia ! Nel suo massimo splendore, espressione di una voracità ancestrale, che ci riporta a ciò che originarimaente siamo stati: animali.

E se la scarpetta è la manifestazione del contatto con il cibo, del legame che ancora oggi abbiamo con esso, che lo sia in modo diretto e carnale, per cui non vi venga in mente di usare la forchetta, per far tristemente scivolare il pezzeto di pane sul piatto, belli eretti nella posizione del perfetto commensale, letta e non capita in qualche tristissimo manuale della buona creanza.

No, la scarpetta si fa “co le mani”, impugnando un tocco di pane che basterebbe per un panino e lordandosi le dita nel suo trascinamento alla ricerca di sugo e aromi.

La scarpetta si porta alla bocca con voracità. Giusto un rapido sguardo prima che entri nelle fauci, come a rivolgerle un fugace e triste addio e poi, gnam, direttamente ai succhi gastrici. Ovviamente, dopo lo gnam, segue inevitabile leccatura di dita, a recuperare ogni più piccola molecola accidentalmente rimasta.

Ora, nel caso non foste ancora convinti, vi prego di seguirmi nel mio ragionamento, tanto chiaro, quanto inoppugnabile dal punto di vista logico-semantico.

Primo, la scarpetta è rispettosa dell’ambiente. Pulire a specchio una padella con il pane, non solo vi regala momenti di gaudio gastronomico, ma consente un buon risparmio di detergente per piatti.

Secondo, la scarpetta ha un ruolo di coesione sociale e di rispetto del prossimo. La padella messa al centro del tavolo, vi induce all’interazione con i vostri commensali e rappresenta un fulgido esempio del precetto “dividi il pane con l’affamato”.

Terzo, la scarpetta riduce gli sprechi. Alzi la mano chi non ha mai buttato il pane del giorno prima. Beh, non vi è mai saltato in mente che, per non buttarlo il giorno dopo, il modo migliore è mangiarlo il giorno prima ?

Quarto, la scarpetta tonifica i muscoli. E’ oramai risaputo, e confermato da studi internazionali, tra i quali cito “Building stronger forearms – The Scarpetta Training” pubblicato su “The Science”, che il movimento rotatorio della scarpetta è il miglior anabolizzante naturale per il vostro corpo.

Convinti ? Ancora qualche dubbio ? Non credo, per cui chiudo questa interessante discussione con alcuni cenni tecnici sulla fluidodinamica della scarpetta.

Come sono certo saprete, esistono fondamentalmente due tipi di scarpetta: quella umida e quella semi-umida.

Dicesi scarpetta umida quella che va a recuperare aromi e profumi liquidi, tipicamente a base d’olio (il colesterolo ringrazia), mentre quella semi-umida aggiunge ai liquidi anche copiosi residui di condimenti semi-solidi come, ad esempio, un bell’avanzo di sugo all’amatriciana.

Allora, nel primo caso si dovrà operare secondo la ben nota tecnica della spugnetta, che prevede di posare il pezzo di pane sopra al liquido residuo e, appunto come una spugnetta, di lasciargli il tempo di assorbirne una dose letale. Solo dopo che l’assorbimento sarà completo, si potrà dare avvio allo scivolamento lungo la padella o il piatto, per raggiungere l’obiettivo di una sua pulizia completa. Segnalo che i più spregiudicati possono anche seguire la tecnica della spugnetta double-face, girando il pezzo di pane in modo che l’assorbimento sia su entrambi i lati. Fate attenzione, però, perchè questa tecnica si può padroneggiare solo dopo lungo allenamento.

Per la scarpetta semi-umida, invece, si deve seguira la tecnica della paletta, più difficile e che richiede notevoli doti di armonia e sincronizzazione. In questo caso, infatti, dopo un inizio che solo gli imberbi possono confondere con la spugnetta, ma che invece rappresenta il necessario momento di concentrazione, il pezzo di pane viene fatto scivolare lungo la padella, dal centro verso il bordo, in modo che possa, tipo uno spazzaneve, accumulare condimento. Arrivato in prossimità del bordo, si deve effettuare un movimento rotatorio del polso, simile a quello che, in una scavatrice, solleva la benna, in modo che il condimento trascinato fino a quel momento, venga portato sul lato superiore del pane e, da li, alla bocca, che naturalmente sarà ampiamente spalancata, ad accogliere il pane e a mostrare ai commensali lo stato dei vostri denti e delle tonsille.

Che dire, a questo punto non resta che una sano allenamento, che vi porterà alla prima uscita ufficiale, che io consiglio avvenga durante una cena formale (perfetta quella con la suocera, meglio se Nobildonna), dove potrebbe stupire tutti con la vostra spregiudicatezza.

28 marzo 2012

Le mie ricette - Gnocchi di patate e zucca con pomodoro datterino



 

Ricetta classica, con l'unica variazione di usare, per l'impasto, anche la zucca, che da un buon retrogusto ed un colore più vivo agli gnocchi.

Ingredienti
  1. Zucca (a me piace quella mantovana, che ha un retrogusto di castagna)
  2. Patate a pasta gialla
  3. Farina
  4. Pomodorini datterino
  5. Olio extra-vergine d'oliva
  6. Uno spicchio d'aglio
  7. Qualche foglia di basilico
  8. Parmigiano Reggiano grattugiato
  9. Sale e pepe
Per le quantità regolatevi ad occhio, considerando, come regola assolutamente generale, un peso uguale di patate, zucca (solo la polpa, naturalmente) e farina. E' soprattutto su quest'ultima, la farina, che vi dovrete regolare ad occhio, dato che la quantità che verrà assorbita dall'impasto dipende da molti fattori, come l'acqua residua nelle patate e nella zucca, la loro temperatura, ecc.

Per 6/8 persone potete utilizzare 500 grammi come riferimento per il peso del singolo ingrediente e cioè, 500 gr di patate, 500 gr di zucca e 500 gr di farina.

Partiamo allora con la cottura.

Le patate potete lessarle, se avete un po' più di tempo, mettendole in una pentola, con la buccia e con acqua fredda e portandole poi a bollore. Se il tempo è meno, allora sbucciatele e cuocetele a microonde, alla massima potenza, per circa 15 minuti.

Per la zucca, invece, assolutamente bandita la bollitura, che le farebbe assorbire troppa acqua e, di conseguenza, vi costringerà ad usare troppa farina, per cui l'unica alternativa è, come per le patate, la cottura a microonde, sempre a massima potenza, con la zucca tagliata a pezzi e anche qui per una quindicina di minuti. Ci sarebbe anche l'alternativa del forno tradizionale, avvolgendo i pezzi di zucca nella carta di alluminio ed infornando a 180° per circa un'ora è un quarto, ma non vedo vantaggi rispetto al più rapido microonde.

Prima di lavorare le patate e la zucca, fatele intiepidire all'aria, in modo che possano perdere parte della loro umidità.

Le patate le potete passare con lo schiacciapatate, mentre per la zucca, che è più fibrosa, consiglio prima il passaggio allo schiacciapatate e poi al mixer, in modo da eliminare ogni residuo di fibra.

Raccogliete patate e zucca in una terrina, amalgamatele e poi cominciate ad aggiungere la farina. Impastate ancora un po' nella terrina e poi passate il tutto su un piano di lavoro e continuate a lavorare come se doveste impastare il pane o la pasta fatta in casa.

Aggiungete la farina un po' alla volta, di più all'inizio, quando comunque ne verrà assorbita molta, e poi sempre quantità minori, fino a che l'impasto vi sembrerà pronto. Come dicevo, non esiste una regola aurea e, quindi, vi dovrete regolare ad occhio, considerando che l'impasto dovrà risultare non appiccicoso ed elastico.

Ovviamente non serve lavorarlo a lungo, come si fa per la pasta fatta in casa, anche perchè più lo lavorate, più vi verrà la tentazione di aggiungere altra farina, con l'effetto finale di avere uno gnocco troppo duro.

Non serve aggiungere il sale, dato che poi gli gnocchi saranno cotti in acqua salata.

Fate riposare l'impasto e nel frattempo preprata il sugo che, nello spirito della semplicità degli gnocchi, sarà altrattanto semplice.

Tagliate a metà i pomodori datterino (naturalmente potente usarne anche altre varietà, ma la dolcezza del datterino è fantastica), metteteli in una padella con un po' d'olio extra-vergine, uno spicchio d'aglio e portate sul fuoco.

Fate cuocere a fuoco molto vivace e senza coperchio, sino a quando i pomodori avranno rilasciato il loro liquido e questo si sarà addensato. Aggiungete il sale, il pepe se volete e qualche foglia di basilico solo verso la fine della cottura.

Spegnete, coprite con il coperchio e mettete il sugo da parte.

Ritornate all'impasto e preparate gli gnocchi. Prendete un pezzo di impasto e lavoratelo con le mani fino ad ottenere un cilindro lungo e stretto (non dovete fare altro che usare le mani come un mattarello, appoggiandole sul pezzo di impasto ed andando avanti e indietro) e poi, con un coltello, tagliate gli gnocchi e metteteli da parte, spolverizzandoli con un po' di farina ed avendo cura di tenerli distanziati fra di loro per evitare che si attacchino l'uno all'altro.

Per la cottura prendete una pentola molto grande, riempitela d'acqua, salatela e portatela a bollore, quindi versate gli gnocchi delicatamente, prendendoli singolarmente e non a manciate, con il rischio, di nuovo, di farli attaccare fra loro.

Come sicuramente saprete, lo gnocco è cotto quando viene a galla, per cui siate pronti con un colino e, non appena gli gnocchi riemergono, prendeteli e metteli direttamente nella padella dove avete preprato il sugo. Ogni volta che aggiungete altri gnocchi, date un girata in modo che questi prendano subito il sugo.

Quando tutti gli gnocchi saranno pronti, aggiungete il parmigiano, date un'ultima mescolata e portate in tavola.

27 marzo 2012

I dolci di mia moglie - Torta primavera



Eh si, siamo una famiglia virtuosa....il papà cuoco, la moglie pasticcera, la figlia decoratrice e il figlio assaggiatore e giudice ufficiale.

La torta e buonissima e perfetta per il compleanno dei figli. 

La ricetta è piuttosto semplice, ma vi dovete ricordare di prepararla il giorno prima.

Ingredienti (per una tortiera da 23-24 cm)
  1. Crema pasticcera (qui la mia ricetta)
  2. Mezzo litro di panna fresca
  3. Un barattolo grande di ananas sciroppato
  4. Un cestino di fragole
  5. Due banane
  6. Frutti di bosco o fragole per la guarnizione
  7. Zucchero (solo per la panna)
  8. Un pacco di Pavesini
Preparate la crema pasticcera con sufficiente anticipo, eventualmente aumentando un po' la dose di farina (massimo 10 grammi in più) rispetto alle quantità descritte qui, dato che la crema deve essere ben ferma.

Prendete una tortiera con il bordo rimuovibile e, sul fondo, mettete un foglio di carta da forno tagliato a misura.

Tagliate a pezzi (non troppo piccoli) tutta la frutta, avendo cura di non buttare il liquido dell'ananas sciroppato. Di regola non serve zuccherare la frutta, dato che questa assorbirà la dolcezza della crema e della panna ma, se siete innamorati della glicemia, potete derogare dalla regola ed aggiungere qualche cucchiaino di zucchero.

Prendete i Pavesini, immergete per un paio di secondi ogni biscotto nello sciroppo dell'ananas, è disponetelo sul fondo della tortiera, con la parte dorata a contatto con il fondo, in modo da coprirlo tutto, con la sola accortezza di lasciare un piccolo spazio tutto intorno, che vi servirà poi come guida per foderare, sempre con i pavesini, anche il bordo (con la parte dorata del biscotto a contatto con il bordo della tortiera).

Alla fine, quindi, vi dovrete ritrovare con la tortiera completamente rivestita di Pavesini, leggermente inumiditi dallo sciroppo.

Montate la panna con 3/4 cucchiaini di zucchero.

Fate uno strato abbondante di crema sul fondo di Pavesini, poi fate uno strato con la frutta e infine un altro strato di panna.

Ripetete la sequenza di strati per un'altra volta (pavesini, crema, frutta e panna) e terminate con uno strato di Pavesini, sempre inumiditi con lo sciroppo, disposti con la parte dorata in alto (riassumendo, i pavesini devovo essere disposti in modo tale che, comunque guardate la torta, vedete i Pavesini nella loro parte dorata)

Mettete la torta in freezer per un'ora, poi toglietela dal freezer e mettetela nel frigorifero, dove dovrà riposare almeno tutta la notte (sempre meglio di più che di meno).

Quando siete pronti per dare il via ai festeggiamenti, o semplicemente per divorarla, toglietela dal frigo, toglietela dalla teglia e ricopritela con altra panna montata e, se volete guarnitela con i frutti di bosco e con qualche cioccolatino (nel mio caso, fatti da nostra figlia Lavinia, che nonostante abbia solo 10 anni già promette bene)

Se vi avanza, rimettetela in frigo e mangiatela nei giorni successivi. Sarà ancora più buona.

26 marzo 2012

Le mie ricette - Supplì di riso


 

No, questa non è certo una ricetta originale, ma i supplì sono talmente buoni e perfetti per riciclare il riso avanzto, che non so resistere.

Ovviamente dovete però imparare un piccolo trucco, quello dell'avanzo pianificato: quando fate un risotto, fingete di distrarvi, o simulate un guasto alla bilancia, è mettete un bel po' di riso in più rispetto a quello che vi mangerete. 

Poi, a fine cena, fingerete un certo stupore, esclamando: "Ma stasera proprio non avete fame ! Guardate quanto risotto è avanzato !" e, rapidamente, sparirete in cucina con l'avanzo, per evitare che qualche commensale compassionevole se ne esca con qualcosa del tipo: "Vabbè, se avanza ne prendo un altro po'".

Gli ingredienti sono pochi, quasi nulli.

Ingredienti
  1. Risotto avanzato (io ho usato quello di questa ricetta)
  2. Formaggio morbido o mozzarella
  3. Un paio di uova (per la panatura)
  4. Un paio d'uova (opzionali per l'impasto, vedi sotto)
  5. Pangrattato
  6. Olio per friggere (oliva o arachide)
La cosa fondamentale, per far si che tutto venga per benino, è che il riso sia freddo di frigorifero, per cui tiratelo fuori solo al momento di preparare il risotto.

Se il risotto che state usando è stato preparato ad arte, e quindi ben mantecato con burro e parmigiano, non servirà aggiungere uova all'impasto, come qualche ricetta suggerisce. Usate le uova solo se il riso è più "separato", come ad esempio un semplice risotto al sugo.

Tagliate il formaggio a cubetti e, se usate la mozzarella, giocate d'anticipo in modo che questa rilasci un po' del suo siero.

Lavatevi le manine e prendete un po' di riso con la mano, dategli la forma che preferite, infilateci dentro un pezzetto di formaggio e rimodellate il tutto in modo che il formaggio finisca effettivamente all'interno del supplì.

Sbattete le due uova, passateci uno ad uno i supplì e poi "rotolateli" del pangrattato, in modo che questo li ricopra uniformemente.

Mettete una padella sul fuoco, grande abbastanza da contenere a misura i supplì, metteteci abbondante olio (meglio quello di arachide, dato che quello di oliva, a parte il costo, lascia un sapore molto deciso), in modo che i supplì, una volta immersi, siano nell'olio almeno fino alla loro metà.

Accendete il fuoco, scaldate l'olio a 160° (ve lo siete comprato 'sto termometro ?) e friggete i supplì, girandoli in modo da avere una cottura uniforme. Mi raccomando, girateli solo quando la parte nell'olio è ben croccante, diciamo dopo circa 2/3 minuti dalla prima immersione.

Se l'olio è in quantità giusta, sarà necessaria una sola "girata" (per cuocere i due emisferi del supplì) , altrimenti regolatevi di conseguenza.

Scolate i supplì e fateli raffreddate su un piatto ricoperto di carta da cucina o per frittura. Non addentate i supplì appena cotti dato che l'effetto è quello del pomodorino di guarnizione di Fantozzi.

Mangaiteli rigorosamente con le mani, alla faccia di Monsignor Della Casa.

Le mie ricette - Ravioli di salmone e pistacchi con burro alle erbe





Ingredienti (per 4 persone)
  1. Pasta fatta in casa (qui la mia ricetta)
  2. Un filetto di salmone fresco
  3. Un etto e mezzo di ricotta (pecora, mucca, mista,....insomma quella che vi piace)
  4. Mezza bustina di pistacchi sgusciati (non salati, ovviamente)
  5. Origano e timo freschi (per il ripieno)
  6. Rosmarino e timo freschi (per il condimento)
  7. Mezzo bicchiere di vino bianco
  8. Sale e pepe
  9. Olio extra-vergine di oliva
  10. 50 grammi di burro
  11. Parmigiano reggiano grattugiato
Preparate la sfoglia per la pasta (nel caso seguite la mia ricetta) oppure, se proprio andate di fretta, comprate la sfoglia già fatta (quella che si usa per le lasagne, per capirci), avendo però cura di prendere quella fresca e non quella secca (meglio specificare, non si sa mai...).

Pulite il filetto di salmone (se possibile prendete il filetto e non i tranci, che hanno più scarti) dalle lische residue e dalla pelle. Se togliere la pelle vi risulta ostico (vi serve comunque un coltello molto affilato), potete toglierla dopo la cottura.

Tagliate il filetto a pezzi piuttosto grossi, prendete una padella, aggiungete 3 o 4 cucchiai di olio extra-vergine di oliva, fatelo scaldare e poi mettete il salmone e fatelo rosolare, poi salate e pepate e sfumate con il vino bianco.

Fate evaporare il vino e spegnete (il salmone deve cuocere giusto 3 o 4 minuti, non di più).

Tritate i pistacchi nel mixer (quello ad alta velocità, che si usa per il caffè e la frutta secca) fino a ridurli in polvere.

Mettete il salmone nel mixer (quello normale, tipico dei robot da cucina), unite la ricotta, i pistacchi, l'origano ed il timo freschi, che avrete prima tritato al coltello e fate andare il mixer fino ad ottenere una crema omogenea. Aggiustate di sale se serve.

Stendete la pasta (sottile; se avete la macchina per stendere, la classica Imperia, per capirci, usate la tacca subito sopra allo zero) e poi disponete un cucchiaio di ripieno a distanza costante (seconda foto).

Ovviamente non esiste una regola particolare, per cui la quantità di ripieno e la distanza tra una cucchiata e l'altra dipendono da quanto grossi volete fare i ravioli. Insomma, fate come vi pare.

Ricoprite la sfoglie con il ripieno con un'altra sfoglia, avendo cura di far uscire l'aria che inevitabilmente si creerà intorno al ripieno. Con le dite fate aderire per bene le due sfoglie di pasta e poi, con una rotella o con uno stampino per ravioli, tagliate la pasta nella misura scelta.

Fate riposare i ravioli cospagendoli con un po' di semola (terza foto).

Per cuocere i ravioli, l'ideale è una grande padella anti-aderente, dove i ravioli rimangono ben distanziati fra loro ma, naturalmente, potete usare anche una normale pentola, basta che sia grande.

Portate l'acqua a bollore, salatela e mettete i ravioli a cuocere. Il tempo di cottura, se avete steso la pasta sottile, sarà di circa 8/9 minuti per averli belli al dente.

Tanto che i ravioli si cuociono, mettete a sciogliere il burro in un padellino con qualche rametto di origano e di timo, entrambi freschi. Fate sciogliere il burro, a fuoco basso, e fatelo spumeggiare per un paio di minuti in modo che le erbe lo insaporiscano per benino.

Scolate i ravioli con il mestolo (non usate mai lo scolapasta, come per la pasta tradizionale, altrimenti c'è il rischio che i ravioli si rompano), metteteli nei piatti dove li servirete e poi, su ciascun piatto, versate due o tre cucchiai del burro fuso ed una spolverata di parmigiano.

Se volete, guarnite; se non volete, mangiate e basta.

Preparazioni di base - La pasta fatta in casa

Visto che oramai sarete diventati bravissimi a farvi il pane in casa, direi che è ora di passare alla pasta, in modo che in breve tempo possiate diventare ambasciatori della cucina italiana nel mondo.

Come per tutte le cose, anche per l’impasto per la pasta fatta in casa si trovano ricette differenti, che variano per tipo di farina, numero di uova, proporzione tra uova intere e tuorli e via dicendo.

Altro elemento di grande aiuto è una bella (e costosetta) impastatrice orbitale o, quantomeno, un robot da cucina con il gancio impastatore. Fare la pasta a mano è molto romantico ma anche faticosetto, dato che l’impasto deve essere lavorato almeno per una quindicina di minuti (vi sembreranno pochi, ma vedrete che dopo 15 minuti di lavorazione  avrete gli avambracci piuttosto doloranti).

Ecco allora, come la faccio io, scegliendo di volta in volta o la semola di grano duro o la più classica farina "00".

Ingredienti (per 4 persone)
  1. 400 grammi di semola di grano duro o di farina "00"
  2. 3 uova intere
  3. 5 tuorli
Il sale non serve, dato che poi salerete l’acqua di cottura, come non serve alcuna aggiunta di acqua.

Per il numero di uova, regolatevi anche in base alla loro grandezza, tenendo presente che le quantità che vi  ho dato vanno bene per uova di dimensione normali (oramai nei supermercati si trovano uova normali, medie, grandi e grandissime).

Tenete comunque presente che se, durante la lavorazione, vi accorgeste che il tutto vi sembra troppo secco o troppo umido, potrete sempre aggiungere, rispettivamente, un altro uovo o un po’ di altra semola.

Bene, siamo pronti. 

Se avete l’impastatrice altro non dovete fare che versare tutti gli ingredienti nel recipiente,  montare il giusto gancio per la lavorazione e far partire il motore a velocità bassa. Vedrete che all’inizio l’impasto sembrerà quasi polveroso ed è possibile che vi venga qualche dubbio sul fatto che qualcosa prima o poi succederà. Dopo un po’, però, cominceranno a formarsi le prime aggregazioni di semola e uova, che piano piano cresceranno sino a produrre la classica palla (praticamente state ricreando il processo di formazione di una stella nell'universo, solo che questa volta la stella ve la potrete mangiare). Dal momento che la palla si sarà formata, fate andare ancora per 5 minuti, poi spegnete, tirate fuori la palla e lavoratela a mano per qualche altro minuto.

Se invece avete optato per la lavorazione manuale, fate la classica fontana con la semola e al centro metteteci le uova e poi, con le vostre preziose manine, cominciate ad impastare, prendendo la semola ai lati e muovendola verso il centro. Anche in questo caso formate la palla e lavoratela “di polso” usando il cuscinetto delle mani (la parte vicino al polso).

Quando la pasta è pronta, avvolgetela nella pellicola trasparente e fatela riposare in frigo per un’oretta, poi tiratela fuori, stendetela e preparatala nel modo che preferite.

Se la stendete con la macchina, ricordatevi di procedere in modo progressivo, riducendo lo spessore a piccoli passi e passando la pasta per due volte per ogni spessore selezionato.

Potete cuocere immediatamente la pasta oppure lasciarla tranquillamente asciugare per qualche ora. In questo caso, spolverate la pasta con un po’ di semola, per evitare che si attacchi.

25 marzo 2012

Le mie ricette - Crostini con salmone alle erbe


Ecco una alternativa veloce ai pistacchietti, noccioline ed altri intrugli che vi sbocconcellate normalmente con un bicchiere di spumante o con l'aperitivo dei vostri sogni.

Certo, dovete avere a portata di mano un pezzo di filetto di salmone, ma oramai chi di voi non ne ha sempre uno in casa ?

Tanto sono pochi gli ingredienti che nemmeno ve li elenco.

Prendete il filetto di salmone e, aiutandovi con un paio di pinzette (spero non quelle con le quali vi levate i peletti dal naso), togliete le spine che in genere rimangono lungo la parte centrale del filetto.

Usando un coltello molto affilato, tagliate il filetto a fettine sottili. Non più di 3 millimetri di spessore.

Prendete le erbette che avete (secche o fresce che siano), se serve tritatele e poi mettetele sul tagliere e poggiateci sopra le fettine di salmone, in modo che le erbe si attacchino solo su uno dei due lati.

Mettete un po d'olio extra-vergine in una padella e, quando e ben caldo, metteteci le fettine di salmone, in modo che il lato con le erbe sia quello a contatto con la padella.

Fate cuocere per massimo due minuti, senza girare il salmone ed avendo cura di fermare la cottura quando la parte sopra del salmone è ancora del suo colore naturale. In altre parole, alla fine il salmone dovrà avere un lato ben rosolato e l'altro ancora leggermente crudo.

Spegnete il fuoco e, tanto che il salmone si intiepidisce leggermente, tagliate qualche fettina di pane casareccio (meglio se fatto da voi, in casa) e fatele leggermente tostare nel forno o, meglio ancora, se l'avete, nella piastra elettrica o nella macchinetta per fare i toast.

Disponete le fettine di salmone sul pane, versate su ogni fetta di pane un po' dell'olio di cottura del salmone, date una macinata di pepe sul tutto e portate in tavola insieme all'aperitivo.

Le mie ricette - Arista di maiale cotta a bassa temperatura



 

La ricetta in se non è nulla di innovativo o creativo, fatta eccezione per la modalità di cottura, a bassa temperatura, cioè tra i 70° e gli 85°, cosa che permette di ottenere un morbidezza della carne non ottenbile altrimenti.

Ovviamente, data la temperatura, il tempo di cottura è piuttosto lungo, circa 4 ore e mezzo, per cui la ricetta è indicata per quelle domeniche piovose e fredde, dove non c'è nulla da fare e, quindi, potete starvene al calduccio della vostra magione, rimirando la carne che, nel forno, piano piano arriva a cottura.

Elemento essenziale è un forno che sia in grado di gestire la temperatura in modo preciso. Io vi suggerisco di investire una ventina di euro per un buon termometro da forno (vedi seconda foto), che al di la del termostato, vi dirà sempre la reale temperatura del forno.

Concludo ricordandovi che un forno elettrico regola la temperatura accendendo e spegnendo la serpentina ad intervalli di tempo opportuni. Questo vuol dire che non ci sarà mai una temperatura costante ma, al contrario, questa varierà tra un livello minimo, quello al quale la serpentina si accende, ad uno massimo, quello dove la serpentina si spegne.

Non vi preoccupate, va benissimo così, l'importante è che la temperatura rimanga nell'intervallo descritto.

Ingredienti
  1. Un'arista di maiale (il pezzo in foto è da circa 1,5 chili)
  2. Erbette varie (va benissimo anche una bustina di mix per arrosti)
  3. Sale e pepe
  4. Un po' di olio extra-vergine di oliva
Prendete l'arista e ripulitela, con un coltello ben affilato, da tutto il grasso. Questa operazione è fondamentale, dato che, al contrario di una cottura tradizionale, quella a bassa temperatura non consente al grasso di sciogliersi, per cui vi troveresti con delle parti decisamente poco gradevoli da mangiare.

Mettete sul fuoco una padella anti-aderente con un filo d'olio extra-vergine e, quando è caldo, procedete a "sigillare" la carne, che altro non vuol dire che farla rosolare su tutti i lati (e quando dico tutti, intendo tutti, anche i due lati minori) in modo da creare una sorta di crosticina che tenga all'interno i succhi.

Per una sigillatura completa vi ci vorranno circa 5 minuti.

Travasate la carne sul tagliere e cospargetela con il mix di erbe (se usate quelle fresche, tritatele ovviamente prima) e salatela e pepatela (controllate che il mix non contenga già il sale, nel qual caso regolatevi di conseguenza).

Ungete leggermente una teglia da forno, metteteci la carne e portate in forno già a temperatura.

Basta, non dovete far altro. La carne non va girata, umettata, disturbata. Dovete solo pazientare sino a quando sarà cotta, controllando ogni tanto che la temperatura sia nell'intervallo detto all'inizio.

La cosa buona di questo tipo di cottura è che il tempo, per così dire, è indicativo, nel senso che se lasciate la carne mezz'ora in più, ad esempio perchè siete usciti per l'aperitivo, non succederà nulla.

Spegnete, tirate fuori da forno, tagliate a fette come meglio credete e servite.

I miei dolci - Bicchierini alle creme e frutti di bosco



Ingredienti
  1. Crema pasticcera (qui la mia ricetta)
  2. Zabaione alla cannella (qui la mia ricetta)
  3. Frutti di bosco freschi (mirtilli, lamponi,... quello che trovate e che vi piace)
  4. Biscotti Digestive
  5. Burro
  6. Gocce di cioccolato
  7. Lingue di gatto
  8. Zucchero a velo
Preparate la crema pasticcera, oppure usate quella avanzata, oppure ancora comprate il preparato per la crema istantanea e poi cancellatevi dal blog.

Preparate lo zabaione, aggiungendo alle uova e al liquore anche un cucchiaino di cannella.

Fate intiepidire crema e zabaione prima di usarli e resistendo alla tentazione di ficcarci dentro un dito per assaggiarli.

Per il fondo dei bicchierini, operate come per la base del Cheesecake, frullando al mixer i biscotti Digestive ed aggiungendo ai biscotti, che avrete travasato in una ciotola, il burro sciolto con una proporzione tra burro e biscotti pari a 3/5 (ad esempio, per 75 grammi di biscotti usate 45 grammi di burro).

Per 8 bicchierini io ho usato esattamente le quantità dell'esempio.

Mettete un paio di cucchiaini di biscotti in ogni bicchierino e, aiutandovi con le dita, pressate il tutto in modo da ottenere una base di biscotti piuttosto solida.

Versate nella metà dei bicchierini la crema e nell'altra metà lo zabaione, usando un cucchiaino e senza avere fretta.

Guarnite ogni bicchierino con qualche frutto di bosco, qualche goccia di cioccolato, una o due lingue di gatto e, sul tutto, usando un colino a rete, fate cadere un po' di zucchero al velo.

Potete divorare il tutto sia con le creme ancora tiepide che fredde.

Preparazioni di base - Lo zabaione

Facile quanto la crema pasticcera, anzi ancora più facile.

Se lo volete, non avete alternative, dato che, al contrario della crema, non si sembra esistano preparati istantanei per lo zabaione (evviva).

Ingredienti
  1. 8 tuorli d'uovo
  2. 160 grammi di zucchero
  3. 100 cl di liquore (Marsala, Vino passito, Rhum,...quello che preferite)
Unite lo zucchero ai tuorli e con la frusta a mano (se siete integralisti) o con quelle elettriche lavorate il composto sino a quando non sarà diventato bello spumoso e quasi bianco.

A quel punto, sempre mescolando, unite piano piano il liquore e continuate a mescolare per un altro minuto dopo che tutto il liquore sarà stato aggiunto.

Travasate il composto in una bastardella o, se non l'avete - peccato grave - scegliete una casseruola che non abbia spigoli vivi tra i bordi ed il fondo.

Prendete un altra pentola, che sia in grado di contenere quella con lo zabaione, senza però che il fondo di quest'ultima tocchi il fondo di quella più grande, e riempitela d'acqua sino ad un livello tale che, quando ci immergerete quella con lo zabaione, l'acqua non esca di fuori (fate un prova prima di mettere sul fuoco).

Portate la pentola con l'acqua sul fuoco e, quando l'acqua sarà calda (ma prima che cominci a bollire) immergeteci quella con lo zabaione per la cottura a bagnomaria.

Girate continuamente lo zabaione usando una frusta o un cucchiaio di legno, avendo l'accortezza di seguire un movimento che "percorra" tutto lo zabaione (in particolare fate attenzione ai bordi dove, a causa del contatto con l'acqua, lo zabaione tenderà a cuocere prima che in altri punti).

Fate in modo che l'acqua non bolla mai completamente, lasciando la fiamma quasi al minimo, in modo che l'acqua "vibri" senza bollire in modo violento.

Per la cottura dovete regolarvi "a vista", fermandola quando lo zabaione si sarà addensato (rispetto alla crema pasticcera, lo zabaione, a causa della mancanza del latte rispetto alla crema, parte già denso). Diciamo che, sollevando il cucchiaio di legno, lo zabaione dovrà colare lentamente ma sempre con un flusso continuo e non, al contrario, "a blocchi".

Spegnete a fate intiepidire.

Se decidete di usare lo zabaione freddo, ricordatevi di girarlo con una certa frequenza, per evitare che il liquore tenda a separarsi dal resto.

Se volete (e dovreste), lanciatevi in qualche guizzo di creatività, giocando con il tipo di liquore o aggiungendo alle uova e allo zucchero, qualche aroma tipo cannella, vaniglia o altro.

24 marzo 2012

I miei dolci - Scorzette d'arancia candite



Allora, premessa di rito: questa ovviamente non è una mia ricetta (non c'è molto da essere creativi su una ricetta così essenziale), ma dato che le scorzette d'arancia candite sono la mia passione, la riporto comunque sul blog.

Altra premessina. Ci sono essenzialmente due modi per preparare le scorzette: il primo è quello tradizionale, che vi porta via 4 giorni (di attesa), l'altro, quello che vi racconto qui, è per chi smania di prepararle e divorarle. La differenza sostanziale è che nel primo caso le scorzette sono tenute a bagno nell'acqua fredda per periodi molto lunghi (24 ore ad ogni cambio di acqua), nel secondo si usa l'acqua a bollore per ridurre tale tempo.

Devo ammettere, comunque, che la consistenza finale delle scorzette è migliore con la preparazione tradizionale.

Allora, si parte, senza la solita lista degli ingredienti. 

Prendete le arance, meglio se non trattate, ma visto che non tutti hanno un albero di arance in salotto, prendetele anche dal vostro fruttivendolo di fiducia, scegliendo quelle con la buccia spessa e lavatele per benino.

Poi, con un coltellino molto affilato, rimuovete la parte di buccia ai due poli delle arance (cioè, nel caso foste debolucci in Scienze della Terra, il sopra e il sotto) e incidete degli spicchi nella buccia, come quando la si sbuccia per mangiarsela, solo più ravvicinati.

Rimuovete delicatamente ogni spicchio, togliendo sia la parte arancione della buccia che quella bianca sottostante (l'arancio, per capirci, deve rimanere perfettamente sbucciato). Se gli spicchi vi sembrano troppo larghi, divideteli in due o più e poi, con attenzione, fate una prima pulizia togliendo gli eventuali "pelucchini ribelli" della parte bianca (gli altri li toglierete dopo la bollitura).

Ora passiamo alla bollitura, che come immagino avrete capito, serve a togliere l'amaro dalle scorze.

Mettete le scorze in una casseruola e ricopritele di acqua fredda; portate sul fuoco e, da quando l'acqua comincia a bollire, contate due minuti, poi spegnete il fuoco e lasciate le scorze nell'acqua sino a quando saranno fredde. Controllate la parte bianca e, nel caso, rimuovete i soliti "pelucchini" ribelli.

Scolate l'acqua e ripetete l'operazione per altre due volte (acqua fredda, bollore, due minuti, freddare, pelucchini).

Scolate per l'ultima volta le scorze e pesatele. Poi prendete una uguale quantità, in peso, di acqua e di zucchero (ad esempio, se le scorze pesano 3 etti, prendete 3 etti d'acqua e 3 di zucchero).

Mettete acqua e zucchero in una casseruola e portate sul fuoco, regolando la fiamma piutosto bassa. Non appena lo zucchero si sarà sciolto, aggiungete le scorzette d'arancia e fatel cuocere, sempre a fuoco basso, sino a quando lo sciroppo non si sarà quasi del tutto completamente ritirato.

Non abbiate fretta e resistete alla tentazione di alzare il fuoco, altrimento correte il rischio di far colorire, se non caramellare, lo sciroppo.

Alla fine le scorze dovranno sembrare "collose" per effetto del poco sciroppo rimasto, che sarà ovviamente molto denso.

Prendete una teglia da forno e ricopritela con carta da forno e poi disponeteci le scorzette ben separate tra loro.

Mettete la teglia in un luogo fresco e ventilato e fatele asciugare. Tenete presente che l'asciugatura è piuttosto lunga (anche più di 24 ore), con un tempo che sarà anche influenzato dalla temperatura e dalla ventilazione (io le ho fatte asciugare in balcone, ovviamente in un posto riparato dal sole).

Se volete fare le scorzette al cioccolato, allora dovrete avere pazienza ed aspettare la loro perfetta asciugatura; se invece le volete ricoprire di zucchero (come in foto), allora, quando sono ancora appiccicose, passatele nelle zucchero che, per effetto dell'appiccicosità, si attaccherà alla perfezione alle scorzette.

Una volta pronte, le potete conservare piuttosto a lungo, anche un paio di mesi (anche se dubito che durino più di un paio di giorni...)