14 maggio 2012

Amore, cosa vuoi per cena ?



E me lo chiedi alle 8 del mattino ?

La cena, amore mio, è un divenire continuo, che si palesa la mattina, ma poi si affina, si specializza, si rimette in discussione, si afferma, si smentisce, si contraddice, si riafferma, lungo tutto l’arco della giornata.

La cena, per definirsi, aspetta un segno, vuole un’illuminazione.

La cena è la mela che cadde in testa a Newton e l’acqua che tracimò dalla vasca mentre Archimede faceva il bagnetto.

La cena, insomma, prende forma quando meno te lo aspetti. A volte è un odore che senti, altre un suono che odi, altre ancora qualcosa che vedi. Non è prevedibile, non sai quando accade e, quindi, non puoi pianificarla.

E’ pura serendipità (si, lo so, state buoni, è una traduzione orrenda del termine inglese serendipity, ma è questo che offre la lingua italiana).

E’ inutile provarle a dare forma alle 8 del mattino; inevitabilmente cambierà. La cena è “qui e adesso” e non “la e fra 12 ore”.

Ora, capisco anche che qualche problema potrebbe aversi se vi si palesa uno stracotto alle 8 di sera, ma purtroppo, se ciò dovesse accadere, altra scelta non avrete se non quella di prenderne atto ed agire di conseguenza.

Non è la cena, ingenuamente pianificata, che guida l’acquisto degli ingredienti, ma sono questi ultimi che la definiscono, alla ricerca di un olismo che si nutra della loro armonia.

E’ il lento camminare tra gli scaffali di un supermercato, alla ricerca di un segno, che ne disegna le forme; è l’incedere pigro tra i banchi di un mercatino rionale che la plasma, esattamente come l’abile ceramista da vita al vaso a partire da un blocco di argilla. 

Carpe diem, potremmo dire o, ancor meglio, carpe cenam et non deesset eam (per eventuali contestazioni sulla traduzione, prego rivolgersi al traduttore Google).

Cogliete l’attimo e, quando l’avrete colto, tenetelo ben stretto e cominciate a svilupparlo.

Così come la valanga che, scendendo a valle, raccoglie tutto ciò che trova sul suo cammino, affinchè possa poi a ragion veduta fregiarsi del titolo di valanga con i controcazzi, fate in modo che l’attimo colto si alimenti nel mentre del vostro ritorno a casa, durante il quale esso si affinerà, si alimenterà di ciò che, a quel punto, comincerete a comprare, per raggiungere la sua compiutezza nell’esatto momento in cui, varcando la soglia di casa, esclamerete “Io ho visto la luce !”, suscitando dapprima espressione perplessa nei vostri familiari, che rapidamente si trasformerà in sconcerto, poi in disappunto, poi ancora in rabbia e, per finire, prenderà corpo in un bel “ma io avevo già preparato tutto, cazzo !”.

A questo punto, dando sfoggio della vostra finissima strategia, voi ribbatterete “ma come, amore mio, non hai visto il messagino che ti ho mandato alle 8.30 ? No ? Che strano, è pensare che oggi avevo preso un giorno di ferie proprio per non farti faticare e pensare io alla cena... vabbè, dai, vuol dire che quello che hai preparato tu lo surgeliamo, che ne dici ?”.

PS: se la vostra strategia ha avuto successo, scrivetemi, che vi mando un piccolo opuscolo su “come fingere un guasto al vostro freezer”.

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