31 luglio 2012

Nomen Omen


Oggi, amici di forchetta, puro marketing,  ovvero “l’arte di complicare laddove regna la semplicità”, di nomare (oggi sono poetico, poetico e antico) un piatto in modo tale che, nel tempo della sua attesa, voi potete immaginarvi tutto e il suo contrario, salvo poi scoprire che quello che avete ordinato come “battuto di carne, con riduzione di pomodoro in agrodolce, salsa all’uovo ed anelli di cipolla saltati, in abbraccio di pane”, altro non è che un Big Mac di Mac Donald.

Che ci volete fare, siamo nell’era della vendita e, come ci insegano i saggi, la vendita comincia con il creare un’emozione, non un bisogno (veramente non ho assolutamente idea se i saggi dicano questo, ma mi piace pensarlo).

Come dire, non importa se quello che vi arriva nel piatto è una merda, l’importante è come avete vissuto la sua attesa. Pura trepidazione, ecco l’obiettivo.

“Spaghetti al sugo” e “Grano duro lavorato al bronzo e stirato, in ristretto di polpa di pomodoro” sono la stessa cosa, ma volete mettere la tempesta neuronale che vi susciterà la versione marketingara (che, stranamente, assomiglia a marchettara...) ? Tempesta che peraltro autorizzerà il ristoratore a farvi pagare cento quello che vale dieci. Non male come esempio di offuscamento del valore.

Ma non finisce qui, perchè se la scelta del nome appartiene al corso di “Unnecessary names”, è solo nel corso “How to deceive Your commensals” che si raggiunge la piena maturità.

Eh si, amici, perchè a molti non basta inerpircarsi sui sentieri della semantica, prediligiendo le traiettorie curvilinee rispetto a quelle diritte, a questi molti serve qualcosa di più, serve dare il colpo di grazia, quello che obnubila definitivamente il commensale, che lo metta in una situazione di tale inferiorità da annullarne le capacità critiche.

Se, anche solo per una volta, le vostre sinapsi hanno dato strada ad un pensiero del tipo“come posso solo immaginare di dire che questo piatto fa schifo se non ho nemmeno capito cosa sto mangiando ?”, allora avete perso. In partenza. Inutile illudersi.

L’apparire, per voi e vostro malgrado, ha trionfato sull’essere; l’ontologico è stato spazzato via dall’ontico. Martin Heidegger ne soffrirà, ma sono sicuro che se ne farà una ragione.

Scusatemi, mi sono lasciato trasportare dalle minchiate; torno a bomba sui contenuti del corso avanzato.

Dicevo, allora, che a molti non basta lambiccarsi il cervello per trovare un modo di trasformare una frase di tre parole in una di non meno di quindici, nella speranza che la trasformazione attragga l’ospite nello stesso modo in cui una mezza chiappa sui manifesti attrae il voyeur bavoso all’interno di un cinemetto di infimo ordine.

No, il nome è solo il punto di partenza, poi si passa agli ingredienti, che non sono mai quelli che ognuno di noi, meschino, pensa di comprare. Illusi che non siete altro, l’abile venditore vi declamerà prodotti che voi mortali potete solo anelare, perchè quei prodotti ce li ha solo lui, perchè sono rari come lo sono le stagioni di una volta (che è risaputo oramai non esserci più), perchè a lui gli li ha dati un contadino, che è morto subito dopo, senza lasciare eredi e, semmai ci fossero, le sue memorie sono andate distrutte in un incendio.

Gli esempi si sprecano, e per alcuni ne ho avuto giusto conferma qualche giorno fa, in un ristorante che, prima o poi, porterò al publico ludibrio in quel di Trip Advisor:
  • l’olio non è mai un buon olio extra-vergine, no, figuriamoci, è un olio che, come minimo si è classificato tra i primi dieci d’Italia, non si sa in quale campionato, ma non importa; 
  • il pistacchio, e qui vado sul classico, è sempre di Bronte, tanto che a qualcuno verrà da chiedersi se ‘sto Bronte sia un paese o, piuttosto, un continente, tanti sono i pistacchi che produce;
  • il pomodorino è – avete già indovinato, vero ? – inevitabilmente di Pachino, con la naturale conseguenza che, se Bronte è un continente, Pachino come minimo è un intero pianeta;
  • il pane non è semplicemente comprato al supermercato, figuriamoci, ma lievitato naturalmente, con lievito madre, cotto a legna, brematurato come fosse antani. Per voi ha lo stesso sapore del pane comprato al supermercato ? Siete coglioni voi che non sapete apprezzarne la differenza, ovviamente;
  • tutti i formaggi, dico tutti, sono sempre prodotti dal caseificio che “lavora come si lavorava una volta”, incluse naturalmente le condizioni igeniche, o semmai dal contadino, che conosce solo lui, of course, e che, aggiungo io, magari nutre le bestie con mangimi alla diossina. 
Si potrebbe continuare, ma mi fermo qui, tanto avrete già capito. Spiazzare, stordire, distogliere l’attenzione da ciò che realmente conta – quello che mangio è buono o fa schifo – a favore di ciò che è premessa, non conclusione.

L’olismo del piatto è spazzato via dalla solitudine dei singoli ingredienti e, chissà poi perché, ciò avveiene quasi esclusivamente nel mondo della gastronomia.

Pensate, domani vi andate a comprare una camicia, e il commesso, sentita la vostra richiesta, vi guarderà con accennato disgusto, dicendo che al più vi può mostrare un “lavorato di fibre, con variegatura di colori e guarnizione di dischetti in plastica forati”.

Andate dal ferramenta, nella pia illusione di cavarvela con un paio di minuti per acquistare, che so, un martello, e l’addetto vi propone una “fusione di metallo in forma tridimensionale, con julienne in legno” (il legno, naturalmente, preso in un bosco biologico e tagliato dal suo amico boscaiolo, che taglia gli alberi come si tagliavano una volta, con la scure, come faceva Gedeone in “Sette spose per sette fratelli”).

Insomma, avete capito, non nego che la presentazione di una cosa abbia il suo valore, ma solo che questo valore deve, necessariamente, essere secondario a quello della cosa stessa.

Benché io stesso, ogni tanto, o forse spesso, cedo alla tentazione, e propongo ricette con nomi che sembrano dettati da un uso smodato di sostanze psicotrope, vi esorto comunque ad una resistenza, attiva e passiva, ai tentativi di ammaliamento basati sull’esoterismo linguistico, preferendo di gran lunga quelli basati sul sapore, verso i quali dovete, al contrario, essere perfettamente permeabili.

Valorizzate i vostri piatti, anche attraverso nomi alternativi, ma senza esagerare. Date giusta evidenza agli ingredienti, ma solo se questi se la meritano: se il pomodorino lo avete preso da Lidl a 0,99 euri alla tonnellata, evitate di dire che arriva direttamente da Pachino, portato da una vostra lontana zia che, guarda un po’, li coltiva come si coltivavano un volta.

Onestà e trasparenza, prima di ogni altra cosa, poi, ma nella giusta dose, un po’ di overselling.

30 luglio 2012

Le mie ricette - Parmigiana di verdure


Non si discute, la parmigiana di melanzane, fatta come Dio comanda, beninteso, è uno dei miei piatti preferiti.

Devo però dire che comincia ad essere un piatto inflazionato: non c'è rosticceria che non te la propini al di là del vetro del bancone; non c'è pic-nic all'aperto dove non arrivi qualcuno con l'immancabile parmigiana, peraltro dicendo, con sguardo complice, che è stata fatta da qualche tata o zia e che, come dubitarne, figuriamoci, è la migliore del mondo.

Quindi, parmigiana si, ma diversa, con molte più verdure ma, udite udite, senza melanzane e, ulteriore differenza, che peraltro rende il piatto più leggero, tutte le verdure sono usate a crudo, senza frittura preventiva.

Ingredienti (per una teglia come in foto)

  1. Tre patate belle grosse (io ho usato quelle a buccia rossa)
  2. Tre peperoni, meglio se di colori diversi
  3. Zucchine romane (il numero dipende da quanto sono grosse)
  4. Quattro o cinque carote
  5. Tre pomodori belli maturi, tipo quello che si usano per i pomodori con il riso
  6. Tre mozzarelle di bufala da 250 grammi
  7. Mollica di pane (io ho usato circa un quarto di filone di pane sciapo)
  8. Una trentina di foglie di basilico
  9. Parmigiano Reggiano grattugiato
  10. Olio extra-vergine di oliva
  11. Sale e pepe

Come vi dicevo nella oramai immancabile premessa, le verdure saranno utilizzate a crudo, per cui il tutto, oltre che più leggero (ma di questo, permettetemi, chissenefrega), è anche più facile.

Aggiungo anche che tale facilità sarà ancora maggiore se avete la fortuna (o la lungimiranza) di avere una mandolina regolabile, che vi consentirà di tagliare le verdure in modo preciso e rapido.

Potete seguire l'ordine che vi pare, per cui, tanto per sceglierne uno, partiamo con le patate, che sbuccerete e poi taglierete a fettine, di spessore di circa un paio di millimetri.

Passate le fettine di patate in abbondante acqua fredda, in modo che il loro amido possa essere eliminato, poi scolatele e fatele asciugare su di un panno.

Passate poi alle zucchine, alle quali toglierete la parte iniziale e finale, e poi taglierete anche loro a fettine, sempre di un paio di millimetri di spessore.

Poi le carote, che pelerete e anche loro, indovinate un po', a fettine, nel caso un po' più sottili, dato che la carota richiederebbe un tempo di cottura un po' più lungo.

I peperoni, invece, li priverete della parte superiore, quindi dei semi e delle coste bianche interne, e poi li taglierete a spicchi, di dimensiona tale che ciascun spicchio sia il più possibile "piano", in modo da poter essere usato facilmente per farci uno strato della parmigiana (tanto per darvi un'idea, direi che un peperone dovrebbe essere tagliato in circa otto spicchi).

Rimangono i pomodori, anch'essi da tagliare a fette, secondo il verso dei "paralleli" (eravate bravi in geografia ?), in modo che ogni fetta sia grande e circolare.

Terminate con la mozzarella di bufala, che dovrete tagliare a fette, più sottilmente che potete (se la mozzarella è vera mozzarella di Bufala, come la mia preferita, del caseificio La Baronia, vedrete che non sarà facilissimo tagliarla a fette sottili), e che poi metterete a scolare, su un tagliere inclinato, per almeno una decina di minuti, in modo che possano eliminare parte del loro siero.

Tanto che la mozzarella di disidrata, preparate la mollica di pane, togliendo la crosta al pane, tagliando la mollica in grossi pezzi e mettendola nel robot da cucina, insieme alle foglioline di basilico, ad una macinata di pepe nero e ad un po' di sale.

Fate andare alla massima velocità, fino a quando la mollica non sarà ridotta in briciole. Dato che la mollica è morbida, non vi aspettate una dimensione delle molliche come quelle del pangrattato, per cui fermatevi quando, ad occhio, non ci saranno più pezzi troppo grossi.

Bene, ci siamo, possiamo partire con la preparazione della teglia.

Prendete, quindi, una teglia da forno, meglio se anti-aderente, ed ungetela con qualche cucchiaio di olio.

Fate poi uno strato con le patate, sovrapponendole leggermente in modo che possano ricoprire tutto il fondo, senza lasciare spazi vuoti.

Salate le patate, poi metteteci le fette di mozzarella, che non dovranno essere a contatto tra di loro, ma distanziate ad intervalli regolari (come in seconda foto).

Fate poi cadere a pioggia, sulla mozzarella, un po' di mollica di pane e di parmigiano grattugiato. Regolatevi ad occhio, in modo che mollica e parmigiano siano distribuiti omogeneamente, ma senza ricoprire completamente lo strato sottostante (di nuovo, come in secondo foto). Terminate con un po' d'olio versato a filo

Ripete la stessa sequenza di operazioni, cambiando verdura ad ogni strato, quindi: verdura, un po' di sale, mozzarella, mollica, parmigiano ed un filo d'olio.

Per il loro ordine, io ho seguito il seguente: patate, peperoni, pomodori, carote e zucchine. Voi, naturalmente, potete fare come preferite, secondo accoppiamenti e cromatismi che più vi piacciono.

Sull'ultimo strato di verdure, in ogni caso, a parte un po' di sale, mettete mollica e parmigiano, in dosi maggiori di quanto fatto per gli strati interni. Non mettete la mozzarella, dato che questa tenderebbe a cuocersi troppo, senza peraltro armonizzarsi con le verdure (la mozzarella di bufala è più soda di quella di latte vaccino).

Terminate con qualche fetta di pomodoro, in modo che la loro umidità, maggiore rispetto a quella delle altre verdure, contribuirà a mantenere più morbido lo strato superiore, evitando che si secchi troppo.

Anche sui pomodori, in ogni caso, mettete un po' di sale e di parmigiano e, per finire, un bel giro d'olio extra-vergine.

Infornate a 200° per almeno un'ora, regolando la temperatura in modo tale che i 200° siano reali, dato che la parmigiana non si deve stufare, ma cuocersi con vigore, in modo che i liquidi delle verdure possano evaporare.

Quando la parmigiana è pronta, spegnete, tirate fuori dal forno e fate riposare per almeno una mezz'ora, in modo che il tutto possa compattarsi.

Servite tiepida o solo leggermente calda, sicuramente non bollente, ameno che non vogliate emulare Fantozzi con il suo pomodorino da guarnizione.



29 luglio 2012

Le mie ricette - Involtini di peperoni con ricotta, pomodorini, capperi e olive, con pane croccante farcito


Volevo chiamare questo piatto "La Sicilia, nei peperoni e nel pane", poi ho pensato che avrei prestato il fianco a commenti poco benevoli, tutti più o meno indirizzati al mio delirio linguistico quando si parla di cose da mangiare, per cui alla fine non ho avuto le palle e sono andato sul classico.

Semmai farete questa ricetta, sappiate però che vi autorizzo fin d'ora ad usare, con i vostri ospiti, il nome che io non ho avuto il coraggio di usare...

Comunque, menate sul nome a parte, rieccomi con gli ingredienti che, soprattutto d'estate, amo di più.


I peperoni, la ricotta di bufala, il tonno, i capperi, le olive,....insomma, le solite note, per una composizione che, spero, sia un po' diversa dalle altre.


Poca cottura, solo per i peperoni, e tutto il resto lavorato a crudo, per un piatto fresco e estivo, buono come antipasto, ma perfetto anche come secondo o, se volete osare, anche per uno spuntino fuori orario.


Per le dosi, tenete presente che con un peperone di quelli lunghi, nome in codice "peperone corno di bue", ci fate due involtini, mentre con un peperone tradizionale, se bello grosso, ne vengono quattro.


Per il ripieno, invece e oltre alle considerazioni che farò dopo, considerate un cucchiaio bello colmo per ogni involtino.

Ingredienti (per le dosi, leggete sopra)
  1. Peperoni, meglio quelli lunghi, ma vanno bene anche quelli classici
  2. Ricotta, possibilmente di sapore deciso, quindi bufala o al più pecora
  3. Capperi, meglio sott'olio o, se non li trovate, sotto sale
  4. Olive taggiasche o di Gaeta
  5. Pomodorini dolci (datterino o ciliegino di Pachino)
  6. Filetti di tonno in olio d'oliva (io ho usato quelli prodotti da Battista Delfino)
  7. Origano fresco
  8. Basilico fresco
  9. Uno spicchio d'aglio
  10. Olio extra-vergine di oliva
  11. Sale e pepe 
Partite con i peperoni, l'unica cosa da cuocere, arrostendoli secondo i suggerimenti riportati in questa ricetta.

L'unica accortezza deve essere quella di tagliarli a misura tale da poter poi fare gli involtini, per cui se avete scelto i peperoni lunghi, li taglierete a metà, nel verso della lunghezza, mentre se avete preferito i peperoni tradizionali, allora potete tagliarli in quattro spicchi.

Tanto che i peperoni i cuociono, prendete una terrina e metteteci la ricotta, i pomodorini tagliati a piccoli dadini, i capperi, le olive, che avrete denocciolato e tagliato grossolanamente in pezzi, ed un trito fatto con le foglie di origano e di basilico.

Aggiungete poi un bel filo di olio extra-vergine, una generosa macinata di pepe nero ed un po' di sale.

Mescolate per benino, usando un cucchiaio di legno, fino a quando il tutto non sarà ben amalgamato.

Come per tutti i ripieni, non esiste una regola ferrea sulle quantità dei singoli ingredienti e, al contrario, dovrete abituarvi a valutare ad occhio l'armonia del tutto, cosa che implica che non ci sia nessun ingrediente che prevalga sugli altri.

Se proprio vi serve un aiutino, diciamo che, per un paio di cucchiai di ricotta, calcolate un cucchiaino scarso di capperi, un cucchiaino di olive e due cucchiaini di dadini di pomodoro. Ripete, prendetelo solamente come una indicazione, ma poi regolatevi in base al vostro occhio.

Bene, dopo il noioso, e forse pure saccente, approfondimento, assaggiate il composto e, nel caso, regolate di sale.

A questo punto ritornate ai peperoni e, quando saranno cotti e si saranno freddati nel sacchetto, spellateli delicatamente e metteteli, belli distesi, sul tagliere o sul piano di lavoro.

Mettete una bella cucchiaiata di ripieno vicino all'estremità più larga di ciascun filetto di peperone, e poi create l'involtino, arrotolando ogni filetto a partire da dove sta il ripieno.

Fissate ogni involtino con uno stuzzicadenti, in modo che non si riapra.

Bene, gli involtini sono pronti, e potete passare alle fette di pane, per le quali potete usare, indifferentemente, o del pane casareccio o il fondo di un panino, possibilmente tondo e non troppo grande.

Prendete una padella anti-aderente, metteteci qualche cucchiaio d'olio d'oliva e portatela sul fuoco.

Quando l'olio sarà ben caldo, metteteci le fette di pane e fatele dorare. Se avete scelto il fondo di un panino, allora lo potrete dorare solo dal lato della mollica, altrimenti, nel caso abbiate usato pane casareccio, lo farete da entrambi i lati, eventualmente aggiungendo ancora un po' d'olio al momento di girare le fette.

Quando il pane è pronto, e se vi ci piace, potrete strofinare ogni fetta con uno spicchio d'aglio sbucciato, un po' come quando fate la bruschetta.

Ci siamo, non rimanendo da fare che impiattare, disponendo gli involtini, direi non più di un paio a persona, e vicino la fetta di pane, sulla quale metterete un po' di capperi, di olive e i filetti di tonno.

Qualche fogliolina di origano sul panino, anzi sul mezzo panino, e, se volete, anche un po' di scorza di limone tagliata alla julienne.

Portate in tavola e gustatevi il tutto, da soli o in compagnia.

28 luglio 2012

Le mie ricette - Filetto al pepe con purè di pere al cardamomo e zenzero e riduzione di ribes alla grappa



Seconda digressione estiva nel mondo della carne, dopo il carpaccio che ho proposto ieri. Seconda e, probabilmente ultima, almeno per il periodo caldo.

La scelta del filetto è stata, come spesso accade, quasi casuale, visto che mentre aspettavo l'incarto del carpaccio, ho notato, in mezzo agli altri tagli, una rimanenza di filetto, che ho prontamente fatto mio, sempre in virtù del mio spirito caritatevole, paragonabile a quello di chi, visitando un canile, non riesce a non portarsi a casa un cucciolo.

Per il resto ho affiancato al filetto quello che avevo a casa, nel frigorifero, secondo l'oramai consolidata strategia del "non buttare mai quello che nel frigo sta per passare a miglior vita", con l'unica eccezione del cardamomo, residuo del mia vacanza ad Istanbul, della quale vi ho parlato un po' di tempo fa.

I
ngredienti  (per 4 persone)
  1. Quattro filetti (di vitellone o di manzo)
  2. Quattro pere (quelle di stagione, io ho usato le Forelle)
  3. Due confezioni di ribes freschi (considerate almeno una trentina di bacche a testa)
  4. Una decina di semi di cardamomo
  5. Un paio di cucchiai di grani di pepe multicolore
  6. Mezzo cucchiaino di zenzero (in polvere o grattugiato dalla radice)
  7. Mezzo bicchiere di latte intero
  8. Un paio di cucchiai di grappa
  9. Un cucchiaio di zucchero di canna
  10. Olio extra-vergine di oliva
  11. Una noce di burro
  12. Sale e pepe

Per prima cosa il purè, che preparerete sbucciando le pere, togliendoli torsolo e semi e tagliandole in pezzi, grandi o piccoli poco importa.

Prendete poi una casseruola, meglio se anti-aderente, metteteci metà della noce di burro e il mezzo bicchiere di latte. Unite i semi di cardamomo, leggermente schiacciati, lo zenzero ed un pizzico di sale.

Portate sul fuoco, con il coperchio e con la fiamma al minimo, e fate cuocere fino a quando la pera non sarà morbida. Mi raccomando che la fiamma sia realmente al minimo, altrimenti il latte bollirà con troppo entusiasmo, rischiando di uscire dalla casseruola.

Quando le pere sono cotte, spegnete, togliete i semi di cardamomo e, usando il Minipimer o travasando il tutto nel frullatore tradizionale, riducete il tutto in crema.

Riportate sul fuoco, regolate eventualmente di sale, e fate andare, sempre a fiamma bassa, in modo da far evaporare l'eventuale liquido residuo e, di conseguenza, far raggiungere al purè la giusta consistenza.

Spegnete definitivamente, aggiungete la metà rimasta della noce di burro, mescolate rapidamente per farla sciogliere e poi lasciate riposare.

Secondo passo, la preparazione della riduzione di ribes, per la quale metterete le bacche in un pentolino, anche in questo caso meglio se anti-aderente, con la grappa e lo zucchero di canna.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa e con coperchi, e fate cuocere, per circa quindici minuti, e comunque fino a quando le bacche si saranno spappolate ed il tutto avrà assunto una consistenza densa, come fosse una marmellata.

Spegnete e fate freddare, senza togliere il coperchio.

Bene, ci siamo, non resta che cuocere il filetto, per il quale userete una padella anti-aderente, dove avrete messo tre o quattro cucchiai di olio extra-vergine ed i grani di pepe.

Prendete i filetti e salateli e pepateli, usando lo stesso tipo di pepe multicolore, su entrambi i lati.

Portate la padella sul fuoco e, quando l'olio è caldo, unite il filetto, facendolo cuocere a fuoco vivace, per circa due minuti per lato (se vi piace a cottura media, altrimenti regolatevi di conseguenza, riducendo o aumentando il tempo di cottura).

Spegnete e rapidamente impiattate, in modo che il filetto abbia giusto il tempo di far ridistribuire i propri succhi interni, senza che però possa freddarsi.

Portate in tavola e gustate, nel caso anche mugolando di piacere.

27 luglio 2012

Le mie ricette - Carpaccio di manzo con noci e formaggio di bufala



Piccola digressione nel mondo della carne, che già normalmente uso poco e che, d’estate, riduco ulteriormente.

In questo caso, peraltro, un piccolo compromesso, visto che, si la carne, ma cruda, in carpaccio, per una ricetta semplice e velocissima.

Il formaggio che ho usato è molto particolare, mi sembra si chiami Requadro e l’ho trovato in un punto vendità MozzaRé, ma in tutta sincerità non so se sia fatto da loro o da qualche altro caseificio (chiederò appena possibile).

E’ un formaggio fatto con il latte di Bufala lavorato a freddo, quindi di sapore molto deciso, e con una consistenza molto simile a quella della feta greca (quindi si sbriciola facilmente).

Ovviamente voi potete usare altro tipo di formagigo, anche se vi suggerisco di scegliere formaggi dal sapore deciso e con una consistenza simile a quella che vi ho descritto, come ad esempio un formaggio di capra.

Ingredienti  (per 6 persone)
  1. Due etti di carpaccio di manzo (in genere il taglio che si usa è il girello o il controgirello)
  2. Circa 70 grammi di formaggio
  3. Una decina di gherigli di noce
  4. Qualche rametto di timo fresco
  5. Olio extra-vergine di oliva
  6. Aceto balsamico (vero)
  7. Sale e pepe

Fatevi tagliare la carne dal macellaio, specificando che ci dovete fare un carpaccio, in modo che ve la tagli sottilissima, normalmente a macchina, cosa che vi permetterà di ridurla in pezzi usando semplicemente le mani.

Bene, come detto sopra, “spezzettate” la carne usando le mani e disponetela sul piatto, facendo un solo strato, con una piccola sovrapposizione tra i singoli pezzi.

Salate la carne, usando preferibilmente sale grosso, o meglio ancora sale intergale, macinato al momento.

Prendete poi il formaggio e, sempre usando le mani, spezzettatelo in modo da ottenere pezzi leggermente irregolari, che disporrete i modo omogeneno sulla carne.

Prendete infine i gherigli di noce, rompeteli in modo da avere pezzi di dimensioni comparabili a quelli del formaggio – più o meno ogni gheriglio in quattro parti – e disponeteli, come fatto per il formaggio, sul carpaccio.

Per finire, sul tutto, le foglioline di timo ed una generosa macinata di pepe nero.

Per il condimento, preparate un’emulsione con tre parti di olio extra-vergine ed una di aceto balsamico, lavorandola bene in modo che i due liquidi, normalmente non miscibili, possano, appunto, emulsionarsi.

Usando un cucchiaino, distribuite velocemente l’emulsione sul carpaccio, avendo cura di bagnarlo in modo omogeneo.

Fate riposare una mezz’ora prima di servire, in modo che l’emulsione possa distribuirsi ancora meglio su tutto il piatto.

Portate in tavola e dateci dentro.

25 luglio 2012

Le mie ricette - Panino incompiuto di bufala e tonno, con anelli di cipolla e pomodorini caramellati



Dite quello che vi pare, ma credo di aver dato sfoggio di notevoli doti di marketing, dando un nome del genere a quella che, a tutti gli effetti, è una fetta di pane con qualcosa sopra.

Finito il siparietto linguistico, aggiungo solo la preghiera di scegliere ingredienti di primissima scelta, a partire dalla bufala, che io prendo sempre dalla Baronia, fino al tonno, in questo caso di tonnara, sott'olio, prodotto da Battista Delfino e comprato ad un prezzo che terrò segreto fino alla mia morte.

Ingredienti  (dosi secondo fame e ospiti)
  1. Pane casareccio (qui la mia ricetta)
  2. Mozzarella di bufala
  3. Tonno sott'olio
  4. Cipollotti freschi
  5. Peperone rosso
  6. Olive taggiasche
  7. Cipolla bianca, grossa
  8. Farina
  9. Acqua minerale (per la pastella)
  10. Pomodorini ciliegino
  11. Zucchero
  12. Olio extra-vergine di oliva
  13. Olio per friggere (oliva o arachide)
  14. Sale e pepe

Siate sereni, fate un bel respiro, qualche ahumm di pura meditazione, che la preparazione è semplice, ma bisogna fare un po' di cosette.

Direi di partire con i peperoni, che dovrete arrostire.

Il modo migliore per farlo è pulirli, togliendo la parte superiore, rimuovere il torsolo ed i semi interni e tagliare ogni peperone in quattro spicchi, togliendo da ognuno di essi, nel caso, la costola bianca che si trova nella parte interna.

Poi prendete una teglia abbastanza grande da contenere i peperoni su un singolo strato, metteteci gli spicchi di peperone, con la parte con la buccia rivolta verso l'alto e, usando un pennellino o le dita, oliateli sulla superficie.

Accendete il forno con la funzione grill (altrimenti accendetelo e basta), impostate la temperatura a 220° e mettete la teglia nella parte alta del forno (non proprio a contatto con il grill, ma nella posizione immediatamente più in basso).

Fate cuocere sino a quando la buccia dei peperoni avrà assunto un colore bruno, quasi bruciato e i peperoni avranno rilasciato la loro acqua interna.

Tanto che i peperoni si cuociono, prendete una busta di carta (quella in cui vendono il pane va benissimo) e mettetela all'interno di una busta di plastica.

Tirate fuori dal forno e mettete rapidamente i peperoni all'interno della busta di carta, poi annodate la busta di plastica che la contiene, in modo da creare una sorta di sauna. Sarà proprio l'umidità che si formerà all'interno della busta a facilitare, quando i peperoni sono freddi, la rimozione della loro buccia.

Quando sono freddi, rimuovete la buccia, facendo attenzione a non rompere i filetti, dato che vi serviranno in tutta la loro lunghezza per poter realizzare il piatto.

Visto che avete usato il forno, non spegnetelo ed usatelo per preparare anche i pomodorini, che taglierete a metà - scegliete voi il verso - e poi disporrete su una teglia leggermente unta, con la parte tagliata rivolta in alto e sulla quale spargerete un po' di sale, di pepe e di zucchero semolato.

Infornate, sempre a 220* e sempre con la funzione grill, per circa 10/15 minuti, in modo che il pomodorino mantenga la sua forma, senza sfarsi per effetto di una cottura prolungata, e allo stesso tempo la sua parte superiore abbia il tempo di caramellarsi, per effetto dello zucchero.

Spegnete definitivamente il forno, tirate fuori i pomodorini e fateli freddare.

Pulite le cipolle, togliendoli la buccia esterna e la parte superiore ed inferiore. Poi tagliatela a fette spesse - più o meno due o tre fette per ogni cipolla, a seconda della sua dimensione - nel verso della latitudine, dove la parte superiore ed inferiore, che avete tolto, sono i poli (se vi siete persi, fate un ripasso di geografia e/o scienze).

Con delicatezza, prendete ogni fetta e separate tutti gli anelli che la compongono, poi metteteli a mollo in acqua fredda, in attesa di friggerli.

Ora passate all'incompiuto, prendendo la fetta di pane e tostandola nel forno o, se lo avete, nella piastra per i toast. Non esagerate nella tostatura, per evitare un effetto biscotto, dato che il pane dovrà risultare croccante fuori, ma con un interno ancora morbido.

Tagliate la mozzarella di bufala a fette, non troppo spesse, e lasciatele qualche minuto su un tagliere inclinato, in modo che un po' del loro siero possa colare.

Sfilettate i peperoni, tagliando ogni spicchio in filetti di circa un centimetro di larghezza.

Pulite i cipollotti freschi e tagliateli esattamente come avete tagliato le cipolle: prima a fette, in questo caso molto sottili, e poi ne separate gli anelli.

Cominciate ad impiattare, mettendo la fetta di pane sul piatto e facendolo colare a filo un po' di olio extra-vergine, poi disponeteci sopra le fette di mozzarella, i filetti di tonno sott'olio,  i filetti di peperone, le olive taggiasche - meglio se denocciolate - e infine gli anellini di cipollotto.

Date ancora un filo d'olio sul tutto e, se vi piace, una macinata di pepe.

Tanto che l'incompiuto si riposa ed i sapori si armonizzano, passate alla preparazione degli anelli di cipolla.

Per prima cosa fate una pastella con la farina, l'acqua minerale frizzante e freddissima, un filo d'olio ed un po' di sale.

Fate in modo che la pastella sia piuttosto densa, altrimenti scivolerà via dalla cipolla, che è molto liscia e con pochi "appigli" per la pastella.

Prendete una padella, metteteci abbondante olio per friggere, portatelo sul fuoco e scaldatelo fino a 170°, poi unite gli anelli di cipolla, scolati dall'acqua dove riposavano e passati con cura nella pastella.

Come da teoria, friggete pochi anelli alla volta, poi scolateli, travasateli su un piatto dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura e salateli.

Forza, ce l'abbiamo quasi fatta, non resta che guarnire i piatto con un po' di pomodorini caramellati e qualche anello di cipolla appena fritto.

Portate in tavola e godete (spero).

Le mie ricette - Crostini di gamberoni alla senape e zenzero, con porri in agrodolce


Visto che l’altra sera, credo a causa di una congiuntura economica particolare, con un epicentro al ribasso nel supermercato vicino a casa, ho trovato dei gamberoni, decongelati ma belli, ad un prezzo imbarazzantemente basso, mi sono sacrificato (e voi sapete quanto mi costano questi sacrfici) e li ho portati a casetta con me.

Come li faccio, come non li faccio, alla fine ho seguito l’oramai nota regola del “fine vita”, prendendo dal frigo e dalla dispensa ciò che era prossimo alla scadenza.

Ingredienti  (per 4 persone)
  1. Sedici gamberoni (freschi o decongelati)
  2. Un porro
  3. Un paio di cucchiaini di senape forte
  4. Una punta di miele
  5. Un pezzetto di radice di zenzero
  6. Quattro fette di pane casarecio (qui la mia ricetta)
  7. Olio extra-vergine di oliva
  8. Aceto di mele
  9. Salsa di soia
  10. Zucchero di canna
  11. Sale e pepe
Bene, per prima cosa preparate i porri, ai quali toglierete per prima cosa la parte verde, dura, e poi tagliate la parte più bianca a rondelle sottili. Poi separate, in ogni rondella, gli anellini della quale è composta.

Prendete una padella anti-aderente, metteteci due o tre cucchiai d’olio extra-vergine e portatela sul fuoco. Quando l’olio sarà caldo, unite i porri e fateli rosolare, a fiamma media, per qualche minuto, girandoli spesso.

Quando i porri cominciano ad appassirsi, salateli ed unite un paio di cucchiai di aceto di mele, un paio di cucchiai di salsa di soia ed un cucchiaino colmo di zucchero di canna.

Fateli saltare, a fiamma allegra, fino a quando il fondo di cottura non si sarà assorbito ed i porri saranno cotti, ma ancora un po’ duretti.

Risolta la questione con i porri, dedicatevi ai gamberoni, che pulirete, togliendogli le teste, che potrete usare per farci una base per un sugo o una salsa, il guscio ed il filamento intestinale (quello dei gamberoni si toglie facilmente afferrandolo e tirandolo delicatamente con due dita).

Lasciate solamente la coda e l’ultimo pezzetto di guscio, più per motivi estetici che per altro.

Preparate ora la salsa a base di senape, prendendo una ciotolina, aggiungendoci la senape, un filo d’olio extra-vergine, una punta di cucchiaino di miele (sceglietene uno con un sapore non troppo deciso, tipo il classico millefiori), ed il pezzetto di radice di zenzero grattugiata.

Prendete una teglia da forno, meglio se anti-aderente ed ungetela appena appena con un po’ d’olio.

Aiutandovi con un pennellino di silicone (qui vi ci vuole; le dita non vanno altrettanto bene), spennellate per bene ogni gambero con la senape, non lesinando nella quantità.

Disponete i gamberi nella teglia, salateli e pepateli ed infornate a 200° per 6 minuti, non di più, altrimenti i gamberoni vi diventano di gomma.

Tanto che i gamberoni si cuociono, tagliate a metà le fette di pane casareccio e fatele dorare in una padella anti-aderente leggermente unta. Visto che il pane tende ad assoribire tutto l’olio che trova, mettetene inizialmente poco e poi aggiungetene dell’altro quando girate le fette, in modo che entrambi i lati possano ungersi nella misura giusta.

Se invece siete fra quelli che, per motivi a me ignoti, si mangiano di tutto, ma vanno in ansia se vedono cose anche solo leggermente unte, allora potete tostare i crostini nel tostapane o nel forno, senza usare l’olio.

Spegnete, tirate fuori ed impiattate come meglio credete.

Le mie ricette - Tagliata di tonno con patate all’aglio e rosmarino



La ricetta, in se, non è che sia proprio originale, visto che oramai il tonno sembra essere diventato il motivo ricorrente in tutti quei risotranti che vogliono darsi un tono (e che raramente ci riescono).

D’altra parte il tonno, se scelto bene, è buono, si prepara facilmente, lo si può mangiare sia cotto che crudo, lo potete surgelare, senza che si perda troppo nei sapori, è simile alla carne, così, magari, lo mangiano pure i bambini viziati...insomma, un alimento buono per tutte le stagioni.

Questa volta, dopo qualche ricetta basata sul crudo, ritorno alla cottura, appena accennata, per una tagliata da preparare in poco tempo.

Ingredienti  (per 4 persone)
  1. Un filetto di tonno o un trancio, tagliato ad uno spessore di almeno un centimetro e mezzo
  2. Un paio di patate a pasta gialla
  3. Rosmarino
  4. Aglio
  5. Olio extra-vergine di oliva
  6. Sale e pepe

Partiamo con le patate, che sbuccerete, taglierete a fettine con un spessore di un paio di millimetri e laverete, per rimuovere l’amido.

Cercate ovviamente di fare fettine più o meno della stessa dimensione, quindi altrettanto ovviamente scegliete patate di dimensione simile, in modo che l’impiattamento finale sia più ordinato.

Prendete una teglia da forno anti-aderente (le patate tendono ad attaccarsi), ugentela con un po’ di olio extra-vergine e deponeteci le fettine di patate, mantenendole ben distanziate tra di loro.

Usando un pennellino, o anche le vostre dita, ungete anche la parte superiore delle patate, poi salatele e date una leggera macinata di pepe nero.

Fate poi un trito con il rosmarino – solo le punte, ovviamente – e l’aglio, che doserete secondo il vostro gusto.

Distribuite il trito sulle patate, senza esagerare, ma facendo in modo che ogni patata abbia la sua giusta dose del trito.

Scaldate il forno a 200° e, quando sarà a temperatura, infornate le patate e fatele cuocere per 20 minuti, senza girarle, in modo che si possa formare una crosticina sul lato a contatto con la teglia.

Tanto che le patate si cuociono, rivolgete la vostra attenzione al tonno e, se lo avete preso in tranci, pulitelo eliminando la pelle e la cartilagine centrale, in modo che vi rimangano solamente i quattro pezzi che sono intorno alla cartilagine.

Prendete una padella, anche in questo caso meglio se anti-aderente, ungetela con qualche cucchiaio di olio extra-vergine e portatela sul fuoco, a fiamma media.

Quando l’olio è caldo, unite il tonno e fatelo cuocere giusto qualche minuto per lato, in modo che la superficie sia rosolata, ma al centro rimanga rosso. Salatelo leggermente su entrambi i lati, ma solo dopo che il lato sia rosolato (per capirci, mettete il tonno, fatelo rosolare da un lato; giratelo; salate il lato appena rosolato; rosolate anche l’altro; spegnete; girate un’ultima volta e salate).

Portate il tonno sul tagliere e, usando un coltello molto affilato (il tonno è delicato e, se usate un coltello che taglia poco, rischiate di non riuscire ad ottenere delle fette regolari o, peggio, a non ottenerle affatto).

Impiattate, facendo un strato con le patate, leggermente sovrapposte tra loro e, su di esse, le fette di tonno appena cotte.

Date un’ultima macinata di pepe nero ed un filo d’olio a crudo sul tutto.

Portate in tavola e, se volete, scoprite se i vostri ospiti sono in grado di distinguere una tagliata di manzo da una di tonno.