30 settembre 2013

I miei dolci - Torta di ricotta, zucca mantovana e amaretti



Rieccomi con la pasta frolla - praticamente il mio unico ingrediente di base quando mi dedico ai dolci - per l'ennesima torta, il cui ripieno mi è stato suggerito da una salutare passeggiata nel mercato ortofrutticolo di Campo de' Fiori, a Roma, dove su un banco ho trovato delle bellissime zucche mantovane, una delle quali è finita nella mia sporta.

Una torta, a base di zucca, appunto, insieme alla ricotta e agli amaretti, a richiamare un altro classico della cucina mantovana: i ravioli alla zucca.

La zucca l'ho passata in forno, in modo da eliminarne l'acqua interna e accentuare il suo gusto dolce, tanto da non aver poi aggiunto zucchero al ripieno, se non una leggera spolverata in superficie.

Concludo dicendovi che io ho fatto una torta piuttosto piccola - circa dodici centimetri di diametro - avendo lasciato il grosso della pasta frolla a moglie e figlia, che l'hanno usata per biscotti e crostatine. Voi naturalmente potete prepararne una più grande, ricordando che nell'aumentare le quantità dovere tener conto del volume interno e non del diametro della teglia.

Ingredienti (per una torta di 12 cm di diametro)
  1. Un terzo di dose di pasta frolla (leggete qui per la preparazione
  2. Mezzo chilo di polpa di zucca
  3. Due etti e mezzo di ricotta (quella che preferite)
  4. Cinquanta grammi di amaretti (quelli duri e croccanti)
  5. Due cucchiai di zucchero di canna
  6. Un uovo
  7. Un tuorlo (per spennellare la frolla)
  8. Burro e farina (per ungere le teglia)
  9. Zucchero a velo (per guarnire)

Preparate la pasta frolla secondo la vostra ricetta o, se non l'avete, usando questa o ancora, se la pigrizia vi ha preso, compratela già pronta.

Dedicatevi poi alla zucca, eliminandone la buccia, i semi e i filamenti interni, e tagliando la polpa in pezzi irregolari, giusto per ridurre il suo tempo di permanenza in forno.

Prendete una teglia, metteteci un fogli di carta da forno e disponeteci i pezzi di zucca, facendo in modo che siano su di un solo strato e non ammassati tra loro.

Salate leggermente la zucca, poi infornate a 140° per almeno un'ora e mezza, in modo che la zucca possa ammorbidirsi e perdere la sua umidità interna, cosa che, come già detto, accentuerà il suo sapore e la sua dolcezza.

Tenete presente che a fine cottura la zucca dovrà aver perso almeno la metà del suo peso originario, che nel nostro caso vuol dire circa due etti e mezzo, anche meno, di polpa pronta per essere usata.

Quando la zucca è pronta, toglietela dal forno e fatela freddare.

Tanto che aspettate, prendete la ricotta e mettetela in una ciotola, unendo poi l'uovo intero, che avrete prima sbattuto, e gli amaretti, ridotti in piccoli pezzi usando semplicemente le mani.

Date una prima mescolata e tenete da parte.

Tornate alla zucca e mettete i pezzi sul tagliere, poi, usando i rebbi di una forchetta, schiacciateli fino ad ottenere un composto molto morbido, quasi una sorta di crema, senza quasi più alcun residuo solido (qualcuno inevitabilmente ne rimarrà, ma non preoccupatevi, aiuterà ad accentuare l'aspetto rustico della torta).

Unite la zucca nella ciotola e date un'ultima mescolata in modo da amalgamare tutti gli ingredienti.

Tornate alla pasta frolla, tirandola fuori dal frigorifero in modo che possa ammorbidirsi, poi stendetela e foderateci una tortiera, possibilmente una di quelle con l'anello esterno rimovibile, facendo arrivare la pasta sino alla fine dei bordi e rimuovendo con un coltellino la parte in eccesso.

Versate l'impasto di ricotta e zucca all'interno della torta, livellandolo per benino ed arrivando fino all'estremità superiore dei bordo, lasciando giusto lo spazio per la guarnizione superiore.

Prendete un altro pezzo di frolla e lavoratelo in modo da ottenere un disco, a misura della teglia, che funga da coperchio per la torta, poi, usando uno stampino circolare di piccolo diametro, fate un foro al centro del coperchio, in modo da creare il “camino”, che servirà per far uscire l’umidità durante la cottura.

Adagiate il coperchio sulla torta, lavorando i bordi con le dita, in modo da sigillare perfettamente il tutto.

Mettete il tuorlo d’uovo in una tazzina e, usando un pennellino o le dita, passatelo su tutta la frolla, in modo che durante la cottura questa possa prendere un bel colore dorato.

Infornate la torta a 180° per circa quaranta minuti - controllate ogni tanto, dato che ogni forno cuoce in modo differente - poi tiratela fuori e fatela freddare a temperatura ambiente.

Se avete usato una teglia con il bordo rimuovibile, toglietelo e trasferite la torta su un piatto e poi mettetelo in frigorifero, altrimenti mettete in frigorifero la torta con tutta la sua teglia.

Fate riposare in frigorifero, per almeno un paio d'ore, in modo che l'impasto possa compattarsi, poi tirate fuori la crostata e, se avete usato una teglia tradizionale, rimuovete delicatamente la crostata, passando prima la lama di un coltellino lungo i bordi, in modo da agevolare il tutto.

Impiattate, dando una spolverata di zucchero a velo, che, lo ricordo, va dato solo al momento di portare in tavola, quindi guarnite come meglio credete e, finalmente, servite ai vostri ospiti o mangiatevela voi.

Buon appetito.

Le mie ricette - Tartare di gambero rosa e mango, con emulsione di limone e menta



Questa, e un altro paio di ricette che seguiranno, sono una sorta di canto del cigno della stagione in luogo di mare 2013, visto che il giorno del rientro definitivo a casa, a bagagli oramai pronti, non ho potuto non andare a rendere definitivo omaggio alla Pescheria Da Peppinello di Anzio e, dopo gli affettuosi soluti, mi sono anche fatto preparare un pacchettino da riportarmi a Roma, in modo da rendere graduale, attraverso la gastronomia, il ritorno alla città.

In questa ricetta, peraltro semplice e velocissima, i gamberi rosa in tartare, insieme al mango e a un'emulsione di olio extravergine e limone e, per finire, il profumo della menta fresca.

Poi, naturalmente, sale, meglio se integrale e macinato al momento, oppure anche uno di quei sali colorati che vanno oggi di moda, e pepe bianco.

A richiamare ancora di più il legame con il mare, ho servito la tartare all'interno di alcuni gusci di conchiglie, gusci che avevo travato rassettando la casa prima della partenza. Forse fa un po' kitsch, ma tant'è.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Ventiquattro gamberi rosa (in genere sono piccini)
  2. Un quarto di mango
  3. Otto foglioline di menta fresca
  4. Tre cucchiai di olio extravergine d’oliva
  5. Un cucchiaio di succo di limone
  6. Un cucchiaino di scorza di limone
  7. Sale e pepe bianco

Per prima cosa pulite i gamberi, rimuovendo la testa, il guscio e la coda, ricordando che con tali scarti, che scarti non sono, potete farci altro, come ad esempio una bisque, da usare poi per insaporire qualche altra creazione.

Rimuovete anche il filamento intestinale, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e, usando la punta di un coltellino, togliendolo.

Mettete i gamberi sul tagliere e, usando un coltello con la lama piuttosto grande e ben affilata, batteteli in modo da ridurli ad una consistenza simile a quella della carne macinata, quindi raccoglietela in una ciotola.

Passate al mango, prendendone un quarto, tagliandolo prima a fettine di circa mezzo centimetro di spessore, poi a listarelle e, infine, a dadini, che unirete nella ciotola dove avete messo i gamberi.

Al solito, al di là delle dosi indicate, valutate l'equilibrio tra gamberi e mango e, nel caso, agite di conseguenza.

Aggiungete anche la scorza di limone grattugiata, le foglioline di menta, tritate finemente con il coltello, una macinata di pepe bianco e date un'attenta mescolata in modo da armonizzare gli ingredienti.

Preparate infine l'emulsione, usando tra parti di extravergine e una di limone e mescolando energicamente e con cura, in modo appunto da creare l'emulsione, che poi verserete rapidamente sulla tartare.

Per ultimo il sale - aggiungendolo dopo l'olio eviterete l'effetto cottura indotto dal sale - e poi una mescolata finale, in modo da completare il piatto.

Fatto, non resta che impiattare, guarnire come più vi piace e portare in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: senza esitazioni, un Ca' del Bosco Cuvée Prestige! 

29 settembre 2013

Le mie ricette - Zuppetta mari e monti, con mazzancolle e funghi porcini



Il termine “mare e monti” generalmente evoca presagi funesti, visto che c’è stato un periodo - e forse c’è tutt’ora - in cui la pasta mare e monti era una presenza immancabile nei menù di molti ristoranti o presunti tali.

Io mi sono generalmente sempre tenuto alla larga, ma questa volta, complici dei bellissimi porcini trovati dal verduraio e delle altrettanto bellissime mazzancolle, trovate al solito nella Pescheria Da Peppinello, ho voluto dare uno nuova opportunità al connubio montano-marino.

Nello specifico, ho preparato una zuppetta con porcini e mazzancolle, usando poi teste e gusci di quest’ultime per fare una bisque, usata per dare il fondo alla zuppetta.

Nient’altro, con l’eccezione di un poco di prezzemolo tritato e di una doverosa macinata di pepe.

Ingredienti (per 4 persone)

Per la zuppa
  1. Sedici mazzancolle
  2. Due funghi porcini, sodi e non troppo grandi
  3. Un ciuffo di prezzemolo
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale e pepe
Per la bisque
  1. I gusci delle mazzancolle
  2. Un quarto carota
  3. Un quarto di costa di sedano
  4. Un quarto di cipolla (piccola)
  5. Olio extravergine d'oliva
  6. Sale grosso

Per prima cosa pulite le mazzancolle, rimuovendo la testa, il guscio e la coda, che terrete da parte per la bisque.

Rimuovete anche il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso delle mazzancolle e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete le mazzancolle da parte, in frigorifero, meglio se su un piatto coperto con della pellicola trasparente, e dedicatevi alla bisque.

Pulite e tagliate grossolanamente carota, sedano e cipolla, poi metteteli in una padella insieme a quattro cucchiai d'olio extravergine.

Portate la padella sul fuoco e fate soffriggere leggermente le verdure, quindi unite i gusci e le teste delle mazzancolle, salate leggermente con del sale grosso, quindi coprite a filo con acqua fredda.

Fate cuocere, a fiamma media e senza coperchio, fino a quando il fondo di cottura non si sarà ridotto e, allo stesso tempo, avrà assunto un bel colore scuro, cosa per la quale ci dovrebbero volere circa quaranta minuti.

Quando il fondo è pronto, spegnete e, usando una chinoise o un colino capiente e a maglie fitte, filtrate il tutto, premendo con un cucchiaio di legno sui gusci delle mazzancolle - questa operazione è importante soprattutto per le teste - in modo da estrarne i liquidi che fossero rimasti al loro interno.

Raccogliete il liquido filtrato in un pentolino, poi assaggiatelo e, nel caso, regolate di sale.

Mettete la bisque momentaneamente da parte e dedicatevi ai funghi porcini, che pulirete, eliminando la parte terrosa sul gambo e usando un panno umido per la cappella, e poi taglierete a fette sottili, cercando per quanto possibile di mantenere gambo e cappella uniti,in modo da avere fette che ricordino la classica forma del fungo.

Prendete una padella anti-aderente, ungetela con quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma media.

Quando l’olio è caldo, unite i funghi, disponendoli su di un solo, senza sovrapposizioni, salateli, date una leggera macinata di pepe, quindi fateli cuocere per non più di un minuto per lato, poi spegnete e travasate i funghi su un piatto, dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo da assorbire l’olio in eccesso.

Riprendete le mazzancolle e tagliatele a metà nel verso della lunghezza, in modo da ottenere, da ciascuna, due mezze mazzancolle.

Riportate il pentolino con la bisque sul fuoco e, non appena il bollore riprende, tuffateci le mazzancolle, girando spesso in modo che possano sentire il calore, facendole cuocere per non più di un paio di minuti, in modo che rimangano ben tenere.

Non dovrebbe essere necessario salarle, dato che la bisque ha già un sapore molto deciso e sapido. Nel dubbio, comunque, verificate ed agite di conseguenza.

Spegnete, unite i funghi e date una mescolata in modo da armonizzare gli ingredienti, poi unite anche il prezzemolo, che avrete tritato finemente con il coltello.

Bene, ci siamo e non resta che impiattare, disponendo la zuppetta nei piatti, avendo cura che in ciascuna porzione ci sia un fondo liquido di bisque.

Completate con una leggera macinata di pepe, poi guarnite a vostro gusto e portate in tavola.

Buon appetito.

28 settembre 2013

Le mie ricette - Spaghettoni con ricciola, crema di fiori di zucca e pistacchi



Avendo trovato in un negozio in quel di Anzio i mitici spaghettoni Cavalieri, un pastificio pugliese, quasi unanimemente ritenuto fra i migliori esistenti, se non il migliore, ho pensato a lungo quale potesse essere la loro giusta celebrazione.

Poi, facendo la consueta visita giornaliera alla Pescheria Da Peppinello di Anzio, ho trovato una meravigliosa ricciola locale, appena pescata, e la scelta è stata immediata.

Una pasta, quindi, dove alla ricciola, al solito saltata brevissimamente in padella, ho abbinato una crema di fiori di zucca e i pistacchi, quest'ultimi tritati grossolanamente e aggiunti all'ultimo momento, quasi come fossero parmigiano.

In più, visto che la magnanimità di Peppinello era stata tale da regalarmi la testa della ricciola, ho fatto un brodo di pesce, nel quale ho poi cotto la pasta, in modo da avere un sapore di mare ancora più deciso.

Concludo ribadendo che continua la mia passione per una cucina essenziale, non usando ingredienti di contorno, come aglio e peperoncino, ma contando solo su quelli, per così dire, principali. Voi, naturalmente, potete procedere diversamente.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di spaghettoni
  2. Tre etti di polpa di ricciola
  3. Due rametti di fiori di zucca
  4. Mezz'etto di pistacchi sgusciati e non salati
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale e pepe

Se siete riusciti a farvi dare la testa della ricciola, o comunque altre parti di scarto con le quali preparare il brodo, partite da quest’ultimo, che dovrà cuocere per almeno un’ora.

Mettete quindi la testa e gli scarti in un’ampia pentola, considerando che la quantità di brodo dovrà essere tale da potervi poi cuocere la pasta, riempitela la pentola di acqua fredda, salatela leggermente con del sale grosso, quindi portatela sul fuoco.

In linea con la premessa fatta, non ho aggiunto odori, per un brodo di solo pesce, in purezza; voi naturalmente potete procedere diversamente.

Dedicatevi per prima cosa alla passata di fiori di zucca, prendendo dei fiori solo il petalo ed eliminando la parte più dura e, ovviamente, il gambo.

Mettete i fiori in una piccola casseruola, aggiungete un paio di cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, facendo prendere calore, quindi salate e pepate, poi aggiungete un quarto di bicchiere d’acqua, coprite con il coperchio e fate cuocere per una ventina di minuti a fiamma minima.

Quando i fiori saranno ben morbidi, spegnete e, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riduceteli in crema, insieme al loro fondo di cottura, in modo da ottenere una crema piuttosto fluida.

Mettete da parte la crema e dedicatevi alla ricciola e, usando un coltellino ben affilato, separate la polpa dalla pelle e dalla cartilagine centrale, facendo correre la lama tutta intorno ad essa, come a disegnarne il profilo.

Se siete stati bravi e precisi, dovreste ritrovarvi con quattro pezzi per ogni trancio e, precisamente, le due metà superiori e le due inferiori.

Pesate la ricciola a questo punto, in modo da avere la giusta quantità di sola polpa, poi tagliate quest'ultima in dadini di poco meno di un centimetro di lato.

Se avete fatto il brodo di pesce, rimettetelo sul fuoco, controllando il sale, altrimenti mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi va, ripassate prima la teoria – salatela e portate anch’essa sul fuoco.

Quando brodo o acqua sono a bollore, buttate le pasta, facendola cuocere, ma mantenendola al dente.

Mentre la pasta cuoce - gli spaghettoni hanno un tempo di cottura piuttosto lungo - prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere anche la pasta, ungetela con otto cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco.

Fate prendere calore e, quando l'olio è caldo, unite la ricciola, salandola, pepandola e facendola saltare, a fiamma vivace, per non più di tre minuti complessivi, in modo che rimanga ben morbida.

Spegnete, unite la crema di fiori di zucca, date una mescolata in modo da armonizzare il tutto e tenete da parte, con il coperchio, in attesa della pasta.

Sempre in attesa della cottura della pasta, mettete i pistacchi sul tagliere e, usando un coltello con la lama piuttosto grande, spezzettateli grossolanamente, in modo da ottenere pezzi irregolari, abbastanza piccoli, senza però sbriciolare del tutto i pistacchi.

Tornate agli spaghettoni e, a pochi minuti alla fine della cottura, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento.

Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Impiattate rapidamente, distribuendo un poco di pistacchi su ogni porzione e guarnendo come meglio credete, poi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.

Buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: la ricciola è uno dei pesci che preferisco, specialmente se abbinati a uno spaghettone di qualità come quello usato nella ricetta. Con piatto così invitante si può anche decidere di spendere qualcosina in più per il vino e concedersi una bottiglia di pregio, come il fantastico Terre Alte di Felluga.

27 settembre 2013

Le mie ricette - Minestra di arzilla, orzo e pomodoro casalino



Prendetela come una variazione di un classico della cucina romana, la minestra di broccoli e arzilla - “arzilla” è il termine che, nel dialetto romanesco, identifica la “razza” - dove al broccolo, non certo di stagione, ho sostituito il pomodoro casalino, la cui stagione è invece agli sgoccioli - il piatto l’ho preparato in fine d’agosto - e ho poi aggiunto anche l’orzo, che nelle minestre mi piace assai.

La cottura dell’arzilla avviene in acqua, a ricavare un brodo che ho poi usato per la cottura dell’orzo. Il pomodoro, invece, è cotto a parte, appena saltato in padella, e poi aggiunto quasi a fine cottura.

Ho anche utilizzato il fegato dell’arzilla - un’arzilla freschissima, presa al solito nella Pescheria Da Peppinello di Anzio - che ho cotto con un filo di vino, poi frullato e unito alla minestra, per avere un sapore ancora più deciso.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Un’arzilla
  2. Due etti di orzo perlato
  3. Sei pomodori Casalino o San Marzano
  4. Un bel ciuffo di prezzemolo
  5. Mezzo bicchiere di vino bianco (opzionale, vedi dopo)
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Uno spicchio d'aglio
  8. Un pezzetto di peperoncino
  9. Sale e pepe

Partite senza dubbio con la preparazione del brodo di arzilla, mettendo quest’ultima, eventualmente tagliata grossolanamente in pezzi, per soli motivi di spazio, in una pentola.

Coprite l’arzilla con abbondante acqua fredda, leggermente salata con del sale grosso, poi portate la pentola sul fuoco, a fiamma minima e con il coperchio, e fate cuocere, dal momento del bollore, per un paio d’ore, avendo cura di eliminare con una certa frequenza la schiuma che si formerà in superficie.

Tanto che il brodo va, e se avete deciso di usarlo, preparate il fegato dell’arzilla, prendendo una piccola padella, o un pentolino, ungendola con un paio di cucchiai di olio extravergine e portandola sul fuoco.

Quando l’olio è caldo, unite il fegato e fatelo rosolare per un paio di minuti, quindi salatelo, date una leggere macinata di pepe nero e poi sfumate con il vino bianco, procedendo la cottura fino a quando questo non sarà evaporato, lasciandovi un fondo piuttosto denso.

Usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, frullate il fegato insieme al suo fondo e tenetelo da parte.

Dedicatevi poi ai pomodori, che dovranno essere ben maturi, tagliandoli prima a metà, in modo da poterne eliminare semi e parte acquosa, e poi riducendoli a dadini.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma media.

Quando l’olio è caldo, unite i pomodori, salateli, alzate la fiamma al massimo e fateli saltare per circa tre minuti, in modo che abbiano giusto il tempo di ammorbidirsi un poco, senza però spappolarsi.

Spegnete è tenete anche i pomodori da parte.

Quando il brodo è pronto, togliete l’arzilla usando un mestolo bucato - “schiumarola” in dialetto romanesco - e poi filtrate il brodo usando un colino a maglie molto fitte o, meglio ancora, un tovagliolo, messo su una ciotola come fosse la pelle di un tamburo.

Rimettete il bordo nella pentola, riportatela sul fuoco e, quando il brodo bolle, unite l’orzo perlato, che avrete prima lavato in acqua corrente.

Dovrete essere così bravi da indovinare la quantità di brodo necessaria a far si che, a fine cottura, la minestra sia piuttosto densa. Nel dubbio, potete procedere come si fa con il risotto, tenendo il brodo a bollore in un’altra pentola e aggiungendolo di volta in volta all’orzo, in modo da mantenerlo sempre alla giusta densità.

Tanto che l’orzo di cuoce, tornate all’arzilla e ricavatene solo la polpa, eliminando cartilagini e ad altre parti dure, poi spezzettate grossolanamente la polpa, usando un coltello o anche direttamente le mani.

Tornate all’orzo e, quando mancano pochi minuti alla cottura, direi non più di due o tre, unite il fegato frullato, ovviamente nell’ipotesi che l’abbiate usato, i pomodori saltati in padella e la polpa dell’arzilla.

Terminate la cottura, poi spegnete il fuoco e unite il prezzemolo tritato al coltello, un paio di cucchiai di olio extravergine e una macinata di pepe.

Fatto, non resta che impiattare, guarnire come meglio credete e portare in tavola.

Buon appetito. 

26 settembre 2013

Le mie ricette - Tartare di gamberi rosa e fico d'India, con bisque di gamberi e pane croccante



Al pesce crudo e alla frutta non so resistere, soprattutto quando li metto insieme, cosa che oramai avrete capito, faccio molto spesso, soprattutto d'estate.

In genere mi lascio guidare da quello che trovo e, in questo caso, il destino mi ha condotto verso i gamberi rosa, presi al solito dalla Pescheria Da Peppinello di Anzio,e dai fichi d'India, adocchiati quasi per caso sul banco della frutta.

Ho poi deciso di servire la tartare insieme ad una bisque fatta con i gusci degli stessi gamberi - la bisque, in soldoni, è un brodo ristretto fatto generalmente con i crostacei, concentrato e ricco di sapore - e a dei dadini di pane saltati in padella, con un filo d'olio, in modo da creare contrasto con la morbidezza dei gamberi.

Per quanto riguarda i fichi d'India, mettete in conto un bel po' di scarto, visto che dovrete, con molta pazienza, eliminarne i semi interni, cosa che vi farà salvare solo una parte della polpa.

Per finire, sale nero di Cipro, più che altro per una nota di colore.

Ingredienti (per 4 persone)

Per la tartare
  1. Ventiquattro gamberi rosa (in genere sono piccini)
  2. Due fichi d'India
  3. Due fette di pane casareccio
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale nero di Cipro
  6. Pepe bianco
Per la bisque
  1. I gusci dei gamberi
  2. Un quarto carota
  3. Un quarto di costa di sedano
  4. Un quarto di cipolla
  5. Olio extravergine d'oliva
  6. Sale grosso

Per prima cosa pulite i gamberi, rimuovendo la testa, il guscio e la coda, che terrete da parte per la bisque.

Rimuovete anche il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete i gamberi puliti in frigorifero, meglio se su un piatto coperto con della pellicola trasparente, e dedicatevi alla bisque.

Pulite e tagliate grossolanamente carota, sedano e cipolla, poi metteteli in una padella insieme a quattro cucchiai d'olio extravergine.

Portate la padella sul fuoco e fate soffriggere leggermente le verdure, quindi unite i gusci e le teste dei gamberi, salate leggermente con del sale grosso, quindi coprite a filo con acqua fredda.

Fate cuocere, a fiamma media e senza coperchio, fino a quando il fondo di cottura non si sarà quasi del tutto ridotto, cosa per la quale ci dovrebbero volere circa quaranta minuti.

Quando il fondo è pronto, spegnete e, usando una chinoise o un colino capiente e a maglie fitte, filtrate il tutto, premendo con un cucchiaio di legno sui gusci dei gamberi - questa operazione è importante soprattutto per le teste - in modo da estrarne i liquidi che fossero rimasti al loro interno.

Raccogliete il liquido filtrato in una ciotolina, poi assaggiatelo e, nel caso, regolate di sale.

Dedicatevi quindi ai fichi d'India.

Ora, se avete mai maneggiato un fico d'India, saprete già di quelle loro simpatiche spinette, praticamente invisibili, che si attaccano alle vostre mani e non se ne vanno mai più, causandovi quella piacevolissima sensazione di puntura perenne che vi porterà alla follia nel giro di poche ore.

Quindi, a meno che non sappiate sbucciare un fico usando solo forchetta e coltello, senza mai toccare il fico con le mani - non è facile, ma si può fare - vi consiglio di mettervi un paio di guanti in lattice, che vi consentiranno di maneggiare i fichi senza alcun problema.

Bene, avendo preso tutte le cautele, sbucciate i fichi e tagliateli a fette, spesso più o meno mezzo centimetro, quindi ogni fetta a listarelle e, per finire, ogni listarella in dadini.

Cercate di prendere quelle parti dei fichi che hanno meno semi - in genere sono quelle vicino ai bordi - eliminando poi i semi residui, mettendo comunque in conto che qualcuno ne rimarrà.

Riprendete i gamberi dal frigorifero, metteteli sul tagliere e, usando un coltello con la lama piuttosto grande e ben affilata, batteteli in modo da ridurli ad una consistenza simile a quella della carne macinata.

Raccogliete la polpa dei gamberi in una ciotola e conditela con un filo di extravergine, ed una leggera macinata di pepe bianco, quindi date una prima mescolata, poi unite i dadini ricavati dai fichi d'India e date un'altra mescolata, con molta delicatezza, in modo da armonizzarli con i gamberi.

Per ultimo salate con il sale nero - il sale nero di Cipro è ricco di carbone, per cui se lo unite subito agli altri ingredienti, parte del suo colore si trasferirà a loro, dandovi una tonalità di grigio che potrebbe non piacere - e, ancora una volta, mescolate con delicatezza.

Tagliate infine le fette di pane casareccio in piccoli dadini, di circa un centimetro di lato, poi prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con due o tre cucchiai d'olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma media.

Quando l'olio è ben caldo, unite i dadini di pane e fateli saltare fino a quando cominceranno a dorarsi, cosa che dovrebbe richiedere non più di tre o quattro minuti.

Spegnete e, tenendo la padella inclinata, in modo che il pane sia da un lato e l'olio residuo dall'altro, travasate i dadini su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo da assorbire l'olio in eccesso.

Bene, non resta che impiattare, partendo con il disporre ciascuna tartare nel relativo piatto, cosa che potrete fare aiutandovi con un piccolo stampo ad anello, che vi consentirà di darle una forma regolare.

Usando un piccolo mestolo, versate un poco di bisque in ogni piatto, in modo che questa risalga per non più di qualche millimetro sui bordi della tartare, quindi disponete qualche dadino di pane.

Guarnite come più vi piace e portate in tavola, ricordando che la presenza della bisque impone di mangiare il tutto con il cucchiaio.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: Questo splendido piatto richiede un vino bianco semplice, elegante ed equilibrato come uno Chardonnay dell'Alto Adige. 

25 settembre 2013

I miei panini - Panino con prosciutto, fichi e burrata



Le sere di fine estate, come descritto in questa ricetta, mi hanno dato l'opportunità di dedicarmi nuovamente ai panini, una di quelle invenzioni che, a mio parere, hanno fatto la storia dell'umanità.

Questa volta, comunque, un panino direi classico, che ho preparato proprio per aver trovato, nel mio peregrinare gastronomico, un prosciutto di Parma, degno di tale nome, una burrata freschissima e, complice il periodo, dei fichi succosi, dolcissimi e pure a chilometri zero.

Pane comprato all'ultimo momento, dato che il panino non era pianificato, quindi non fatto in casa, come in genere è mia abitudine.

Ingredienti (per un panino)
  1. Un panino (vedi dopo)
  2. Una o due fette di prosciutto crudo (San Daniele o Parma)
  3. Un fico
  4. Due cucchiai di burrata
  5. Pepe bianco

Per il panino, premessa a parte, consiglio di prenderne uno con una bella mollica compatta e di sostanza e non quei panini eterei, che pesano pochi grammi. In alternativa, se avete tempo e voglia, potete naturalmente farvelo in casa, seguendo la mia ricetta per il pane oppure la vostra.

Prendete i fichi, lavateli e, senza sbucciarli - io preferisco così, anche per dare una nota di colore; voi naturalmente fate come preferite - tagliateli a fette, ortogonalmente alla loro lunghezza e ad uno spessore di circa mezzo centimetro.

Tagliate in due il panino e, sulla metà inferiore, mettete le fette di fico, in modo che fuoriescano leggermente dai bordi del panino e, allo stesso tempo, siano fra loro leggermente sovrapposte.

Sui fichi, poi, il prosciutto,messo leggermente all'onda e in modo che anch'esso fuoriesca leggermente e, per finire, la burrata, che metterete invece ben al centro, in modo che quando chiuderete il panino questa non coli all'esterno.

Chiudete con la metà superiore e, se preferite, scaldate leggermente il panino - a rigor di logica questo non andrebbe fatto, dato che il prosciutto crudo ne soffrirebbe - quindi addentate con voracità.

24 settembre 2013

Le mie ricette - Involtini di calamaro con fiori di zucca, acciuga e finocchietto selvatico



Stanco di riempire il calamaro in tutti i modi possibili, come peraltro fatto in molte precedenti ricette, questa volta ho pensato a degli involtini, dove il calamaro è avvolto con all'interno il fiore di zucca, un filetto di acciuga sott'olio e un poco di finocchietto selvatico, che se voi non trovate potete sostituire con dell'origano fresco o anche con il prezzemolo.

Cottura in padella, molto breve e appena sfumata con del vino bianco, per non far indurire i calamari, che per questa ricetta devono essere piuttosto piccoli.

Volendo, potete tenere da parte alcuni fiori e usarli come base per servire gli involtini, come si può vedere dalla foto.

Ingredienti (per ogni involtino)
  1. Un calamaro piuttosto piccolo
  2. Un fiore di zucca (due se volete usarlo anche come base)
  3. Mezzo filetto di acciuga sott'olio
  4. Un piccolo rametto di finocchietto selvatico
  5. Due cucchiai di vino bianco
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Sale e pepe

Fatevi pulire i calamari dal pescivendolo, chiedendogli di aprirne il corpo, cosa che peraltro gli permetterà di pulirli al meglio.

Separate poi i tentacoli dal corpo e teneteli da parte, poi eliminate anche le due pinne che al corpo sono attaccate, in modo da ritrovarvi con un corpo dalla forma triangolare e con i lati tondeggianti.

Pulite quindi i fiori di zucca, prendendone solo il petalo ed eliminando la parte più dura, quella con il gambo.

Aprite ciascun fiore facendo un taglio nel verso della sua lunghezza, in modo che ogni fiore possa poi essere disteso, analogamente a quanto farete con il corpo del calamaro.

Stendete il corpo dei calamari sul piano di lavoro, quindi salateli leggermente, poi, su ciascuno, metteteci un fiore di zucca, facendo in modo che questo non esca al di fuori dei bordi del corpo.

Sopra al fiore disponete il mezzo filetto d'acciuga, il rametto di finocchietto selvatico, poi date una leggera macinata di pepe.

Arrotolate ciascun involtino, fermandolo poi con uno o due stuzzicadenti. Mi raccomando, fate questa operazione con cura, dato che il calamaro, durante la cottura, tenderà a distendersi, con il rischio di aprire l'involtino.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con qualche cucchiaio d'olio extravergine - potete considerare due cucchiai per ogni involtino - e portatela sul fuoco.

Se avete deciso di usare i fiori anche come base per gli involtini, allora cuoceteli prima di quest'ultimi, disponendoli ben aperti nella padella, con olio già caldo e salandoli leggermente, facendoli andare per non più di un minuto, quindi scolateli e fateli asciugare su qualche foglio di carta da cucina e, nel caso, rabboccate nuovamente l'olio, per compensare quello assorbito dai fiori.

Quando l'olio è di nuovo caldo, unite i tentacoli messi da parte e gli involtini, salandoli leggermente anche in superficie - mi raccomando, non esagerate, dato che li avete già salati all'interno e, in più, c'è anche l'acciuga a dare il suo contributo - facendoli rosolare uniformemente su tutta la loro superficie.

Fate andare per una decina di minuti, non di più, poi sfumate con il vino bianco e proseguite fino a quando questo non sarà evaporato, quindi spegnete.

Bene, non resta che impiattare, disponendo eventualmente i fiori da usare come base e, su di essi, gli involtini, sui quali farete poi colare un po' del fondo di cottura rimasto nella padella.

Guarnite come meglio credete, portate in tavola e buon appetito. 

23 settembre 2013

Le mie ricette - Couscous in minestra di mare



Volevo fare una minestra di mare, semplice, a base di pomodoro e pesce, qualcosa di molto più semplice rispetto alla zuppa di pesce o al cacciucco livornese, qualcosa che esaltasse i sapori e i profumi, ma al contempo non fosse troppo impegnativa, alla preparazione e al consumo.

Alla fine ho deciso per una minestra a base di pomodoro fresco e di pesce, nel caso specifico triglia e fragolino, al quale ho poi aggiunto, a fine cottura, il couscous, per una sorta di gemellaggio arabo-mediterraneo.

Del pesce, naturalmente, è stato utilizzato tutto, visto che il pomodoro è stato cotto insieme alle lische, testa ed altre parti meno nobili, mentre la polpa, sfilettata e privata dalla pelle, è stata aggiunta alla fine, in modo da cuocerla giusto per qualche minuto e mantenerla morbida.

Ultima nota sulle dosi, che io vi darò, ma che per questa ricetta consiglio di integrarle con il solito colpo d'occhio, valutando voi il giusto equilibrio, in particolare quello tra pomodoro e couscous.

Ovviamente, per quanto riguarda il pesce, voi potete sostituire triglie e fragolini, scegliendo quello che più vi piace o che trovate in pescheria

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Una triglia di medie dimensioni
  2. Un fragolino di medie dimensioni
  3. Un chilo e mezzo di pomodori da sugo (San Marzano, Casalino, ...)
  4. Un bicchiere di couscous precotto
  5. Un bel ciuffo di prezzemolo
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Uno spicchio d'aglio
  8. Un pezzetto di peperoncino
  9. Sale e pepe

Per quanto il pesce, cercate di farvelo sfilettare quando lo comprate, altrimenti, prima di partire con gli altri ingredienti, dovrete provvedere voi all'operazione, usando un coltello adatto e molto affilato, come quelli specifici per sfilettare, che hanno una lama molto sottile, bassa e flessibile, che vi consente di seguire il taglio in modo perfetto.

Prendete quindi il pesce e fategli un taglio alla base della coda, trasversalmente alla lunghezza del pesce, poi ruotate la lama, in modo che questa sia contatto con la lisca centrale, e tagliate per tutta la lunghezza, mantenendo il coltello ben a contatto con la lisca centrale, fino ad arrivare alla testa, all'altezza della quale farete un altro taglio trasversale, in modo da separare il filetto.

Tagliate in due ogni filetto, facendo due tagli, uno a destra e uno a sinistra, della sua parte centrale, dove sono le lische residue. In questo modo non dovrete perdere tempo ad eliminare le lische una a una.

Infine rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Ripetete per l'altro lato del pesce, et voilà, più facile a farsi che a dirsi.

Mettete tutti i filetti su un tagliere, con la pelle rivolta verso il basso e, sempre partendo dalla coda, fate una piccola incisione tra pelle e polpa e poi, esattamente come già fatto per la sfilettatura, separate la pelle facendo correre la lama del coltello a contatto con essa, fino ad uscire dalla parte opposta del filetto.

Ovviamente, con l'eccezione della pelle, non buttate gli scarti, dato che saranno proprio loro a dare sapore alla minestra.

Tagliate i filetti in cubetti o, comunque, in pezzi non troppo grandi, metteteli in frigorifero e dedicatevi poi ai pomodori, che dovranno essere belli maturi, mettendoli nel passa pomodoro in modo da ricavarne solamente la polpa, eliminando buccia e semi.

In alternativa, se non avete sottomano il passa pomodoro, potete sbucciare i pomodori - se li immergete per tre minuti in acqua bollente, vedrete che la buccia verrà via con facilità - eliminarne la parte interna, quella acquosa e con i semi e poi frullarli con il mixer.

Prendete una casseruola bella larga, metteteci 5 o 6 cucchiai di olio extravergine, lo spicchio d'aglio leggermente schiacciato e il peperoncino, poi portate sul fuoco a fiamma bassa.

Fate rosolare aglio e peperoncino, poi toglieteli e aggiungete gli scarti del pesce, facendoli andare per un paio di minuti, quindi aggiungete il pomodoro, regolate di sale, date una leggera macinata di pepe, poi coprite con il coperchio, abbassate la fiamma al minimo possibile e fate cuocere per circa un'ora, controllando ogni tanto.

Trascorso il tempo - il pomodoro dovrà essersi ridotto, in volume, di circa la metà - spegnete, fate intiepidire, poi filtrate il tutto usando un colino a maglia non troppo fine, altrimenti il pomodoro non riuscirà a filtrare.

Dai residui del pesce ricavate l'eventuale polpa rimasta attaccata, poi buttate tutto il resto, pulite grossolanamente la casseruola e versateci nuovamente il pomodoro appena filtrato.

Riportate sul fuoco, sempre a fiamma bassa, fate riprendere il bollore e, nel caso, fate restringere ancora un poco il tutto, poi unite i filetti di pesce tagliati a pezzi che avevate messo da parte e fateli cuocere non più di cinque minuti.

Regolate di sale, aggiungete il prezzemolo finemente tritato, quindi spegnete e fate freddare, senza coperchio.

Tanto che la minestra si raffredda, dedicatevi infine al couscous, che cuocerete seguendo le istruzioni, che nel mio caso ha comportato il mettere il couscous in una piccola teglia, in modo da formare uno strato piuttosto basso, ungerlo con due cucchiai d'olio, mescolando poi per distribuirlo uniformemente e, infine, unendovi una stessa quantità di acqua bollente, coprendo poi con un foglio di alluminio e lasciando riposare per cinque minuti.

Trascorsi i cinque minuti, togliete la copertura e, usando una forchetta, sgranate per benino il couscous e mettetelo in una ciotola, unendo tutti gli altri ingredienti.

Quando la minestra è quantomeno tiepida, e non con troppo anticipo rispetto a quando la servirete, aggiungete il couscous, mescolando per benino e facendo in modo che ci sia un buon equilibrio tra pomodoro, pesce e couscous.

Al momento di servire - la minestra dovrebbe essere consumata al più tiepida, sicuramente non bollente - impiattate, dando un bel giro d'olio extravergine a crudo e una macinata di pepe su ogni porzione, poi guarnite e portate in tavola.

Buon appetito.