31 ottobre 2013

Le mie ricette - Cestini di sfoglia con Asiago Mezzano, pere caramellate e noci, accompagnate da agrodolce di cipolle ramate di Montoro



Per una strana catena di fortunati eventi, sono venuto in possesso di uno splendido pezzo di Asiago Mezzano DOP, premio estratto a sorte e assegnato ai votanti del concorso Asiago CheeSfida, dove tempo fa mi piazzai al secondo posto e del quale narrai in questo post.

Come suo primo utilizzo - il pezzo è bello grosso, per cui siate pronti ad altre ricette - ho deciso per dei cestini di sfoglia, riempiti, appunto, con l'Asiago Mezzano, la pera caramellata - io ho usato la qualità Abate - le noci e, per finire, un poco di timo a dare profumo al tutto.

Sopra ad ogni cestino, poi, un leggero strato di parmigiano reggiano grattugiato, quasi a creare una sorta di copertura, che in parte possa celare il ripieno sottostante.

Ho poi accompagnato i cestini, ma solo perché ne avevo in avanzo, con un agrodolce fatto con la cipolla ramata di Montoro, accompagnamento che voi potete tranquillamente eliminare, nel caso la pigrizia si impadronisse di voi.

Per i cestini ho usato degli stampi piuttosto piccoli, di forma ovale, in modo da avere delle mono porzioni. Voi potete naturalmente procedere diversamente, ad esempio facendo una rustica unica da tagliare poi in singole fette.

Ingredienti (per 4 cestini come in foto)

Per i cestini
  1. Un rotolo di pasta sfoglia pronta
  2. Un etto di Asiago Mezzano DOP
  3. Una pera, meglio se a pasta dura
  4. Un cucchiaio ben colmo di zucchero di canna
  5. Un cucchiaio ben colmo di parmigiano reggiano grattugiato
  6. Quaranta grammi di noci già sgusciate
  7. Un tuorlo d'uovo (per spennellare la sfoglia)
  8. Un pezzetto di burro (per ungere gli stampi)
  9. Un rametto di timo
  10. Pepe
Per l'agrodolce di cipolla
  1. Una cipolla ramata di Montoro (o una cipolla ramata qualsiasi)
  2. Mezzo bicchiere di aceto di mele o di vino bianco
  3. Mezzo bicchiere d'acqua
  4. Un cucchiaio ben colmo di zucchero di canna
  5. Sale

Solita premessa sul ripieno, che al di là delle quantità descritte, deve sempre essere equilibrato nei singoli ingredienti, con proporzioni che siano loro il giusto risalto, senza che nessuno prevalga in modo netto sugli altri e sempre rispettando il loro ruolo, nel senso di ingredienti principali e ingredienti di contorno o complemento.

Bene, esaurita la premessa, partite con le pere, sbucciandole, eliminandone torso e semi e poi tagliandole a dadini piuttosto piccoli, di circa mezzo centimetro di lato.

Prendete una padella anti-aderente, metteteci lo zucchero di canna e l'acqua, poi portatela sul fuoco a fiamma media e, quando lo zucchero si sarà sciolto, unite i dadini di pera, facendole cuocere fino a quando il fondo non sarà quasi del tutto evaporato, lasciando uno sciroppo molto denso.

Spegnete e fate freddare.

Tanto che le pere si freddano, tagliate l'Asiago in dadini, anch'essi piccoli come quelli ricavati dalla pera, e raccoglieteli in una ciotola, unendo poi i gherigli di noce, che avrete ridotto in pezzi più piccoli e irregolari - la dimensione del singolo pezzo dovrà essere minore di quella dei dadini di pera e Asiago - e i dadini di pera, con tutto il loro sciroppo residuo.

Unite anche le foglioline di timo, date una macinata di pepe nero, quindi mescolate per benino, in modo da amalgamare tutti gli ingredienti, quindi mettete momentaneamente da parte

Prendete gli stampini che avete scelto e ungeteli per benino con il burro, quindi ricavate dei pezzi di sfoglia, di dimensione tale da poter foderare completamente l'interno degli stampi - per capirci, se lo stampo è tondo, ricavate un cerchio con un diametro pari a quello del fondo dello stampo più due volta l'altezza del bordo - e, appunto, foderateci gli stampi, rifilando poi i bordi con un coltellino.

Versate il ripieno nei cestini, premendolo con le dita e arrivando a filo dei bordi - il ripieno tenderà a crescere leggermente durante la cottura, per poi ridursi quando i cestini, una volta cotti, diventeranno tiepidi - quindi distribuite sopra ogni cestino un velo di parmigiano reggiano.

Con la sfoglia rimanente, ricavate delle striscioline e usatele per fare un minimo di tramatura su ogni cestino, poi spennellate con il tuorlo dell'uovo la parte a vista di sfoglia, mettete gli stampi su una teglia e infornateli a 200° per una ventina di minuti, controllando comunque per evitare che la sfogli raggiunga una doratura eccessiva (in altre parole, per evitare che la sfoglia si bruci).

Tanto che i cestini sono in forno, pulite la cipolla, eliminandone lo strato più esterno, poi tagliatela a fettine sottili, separando infine i singoli anelli che le compongono.

Mette la cipolla in una padella, meglio se anti-aderente, insieme allo zucchero, all'aceto, all'acqua e a un pizzico di sale, poi portate la padella sul fuoco, a fiamma media e senza coperchio, facendo cuocere la cipolla fino a quando il liquido non sarà evaporato, in modo da ottenere una cipolla morbida, ma ancora sufficientemente croccante.

Naturalmente, se a voi piacesse una cipolla ben morbida, potete fare la cottura a fiamma bassa e con il coperchio, in modo da rallentare l'evaporazione e, quindi, avere un tempo di cottura maggiore.

In ogni caso, quale che sia la cottura scelta, fate in modo che alla fine rimanga un fondo molto denso, quasi caramellato.

Spegnete e fate intiepidire, poi tornate ai cestini, che nel frattempo saranno pronti, tirateli fuori dal forno e fateli intiepidire, poi, con cura e attenzione, estraeteli dagli stampi.

Bene, ci siamo e non resta che impiattare, disponendo un cestino su ogni piatto e, accanto ad essi, un poco di agrodolce di cipolla.

Guarnite a vostro gusto, poi portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: penso che un buon abbinamento per questi cestini sia quello con le bollicine, che sgrassino e ridiano la giusta freschezza in bocca, e in particolare in un Mirabella Satèn Franciacorta.

30 ottobre 2013

I miei panini - Panino con Asiago Mezzano DOP, salsiccia di Calabria e foglie di rapa



Toglietemi tutto, ma non toglietemi i panini...

Seguendo l'oramai noto rituale della domenica sera, che vede la famiglia nutrirsi di panini, spaparanzata davanti al televisore, eccomi con una prova, che associa l'Asiago Mezzano DOP, la salsiccia di Calabria, graditissimo regalo di un collega, e le foglie delle rape bianche, alle quali, piuttosto che buttarle, ho pensato di regalargli una fine migliore.

Per il pane, la mia ricetta, questa volta nella versione "base", con solo farina 00. Voi , naturalmente, potete usare la vostra o anche usare pane comprato, cercando però di prenderne uno con una bella mollica compatta e di sostanza e non quei panini eterei, che pesano pochi grammi.

Ingredienti (per un panino)
  1. Un panino (vedi sopra)
  2. Trenta grammi di Asiago Mezzano DOP
  3. Cinque fette di salsiccia di Calabria
  4. Le foglie verdi di quattro rape bianche
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale e pepe

Partite ovviamente con le foglie di rapa - unico ingrediente a richiedere cottura - che laverete, ne eliminerete la parte più dure dei gambi e poi farete saltare in padella, con un paio di cucchiai di olio extravergine, portato a temperatura prima di unirvi le foglie, sale e pepe.

Fate saltare le foglie per un paio di minuti, in modo che queste si ammorbidiscano appena, senza sfarsi, poi spegnete e fate freddare.

Tanto che le foglie di rapa si raffreddano, ricavate dall'Asiago Mezzano DOP una fetta non troppo sottile, diciamo circa mezzo centimetro, che poi taglierete in due o tre parti.

Tagliate anche le fette di salsiccia di Calabria - se non la trovate, usate un salamino mediamente stagionato - ad uno spessore minore di quella di formaggio, direi orientativamente la metà.

Bene, tutto qui e siamo pronti per la composizione del panino, dividendolo in due e disponendo, sulla metà inferiore, le foglie di rapa, poi l'Asiago e, per finire, la salsiccia di Calabria.

Ungete leggermente con olio extravergine la mollica della metà superiore del panino, poi chiudete il panino, premendo leggermente.

Se volete - ma lo consiglio solo se il pane non fosse freschissimo e già croccante - potete passare il panino nella piastra elettrica o nel forno, giusto il tempo di renderlo appena caldo e croccante.

Addentate senza indugio, in piedi, davanti alla televisione o dove diavolo preferite.

Le mie ricette - Gamberoni in panatura di granturco e zenzero, con marmellata di pomodoro



Sentivo avvicinarsi i sintomi da carenza di crostacei, e ho prontamente reagito con un acquisto mirato, che mi ha consentito di evitare conseguenze ben più gravi. La salute è una cosa seria, non scherziamo.

Tanto per non fare la solita tartare, mi sono orientato su di una semplice frittura, usando come panatura la farina di mais, molto veloce nei tempi, dato che i gamberoni, come peraltro tutto il pesce, richiede cotture brevi.

Ad accompagnare i gamberoni, una marmellata di pomodoro, leggermente profumata al timo, che potete anche preparare con un certo anticipo e in dosi maggiori, tanto la potrete conservare in frigorifero per qualche settimana.

Ingredienti (per 4 persone)

Per i gamberoni
  1. Otto gamberoni
  2. Farina di granturco
  3. Un cucchiaino di zenzero in polvere
  4. Un uovo
  5. Olio per friggere
  6. Sale e pepe nero
Per la marmellata di pomodoro
  1. Quattro pomodori rossi (San Marzano, Casalino, ...)
  2. Zucchero di canna (vedi dopo)
  3. Quattro rametti di timo

Partite con la marmellata di pomodoro, che dovrà cuocere per circa un'ora e poi freddarsi.

Prendete quindi i pomodori, che dovranno essere ben maturi, mettendoli nel passa pomodoro in modo da ricavarne solamente la polpa, eliminando buccia e semi.

In alternativa, se non avete sottomano il passa pomodoro, potete sbucciare i pomodori - se li immergete per tre minuti in acqua bollente, vedrete che la buccia verrà via con facilità - eliminarne la parte interna, quella acquosa e con i semi e poi frullarli con il mixer.

Prendete una piccola casseruola, meglio se anti-aderente, metteteci la polpa di pomodoro, una quantità di zucchero di canna pari ad un terzo del peso del pomodoro e i rametti di timo, tutti interi.

Date una mescolata, poi portate sul fuoco, a fiamma bassissima e con il coperchio, e fate cuocere per circa un'ora, fino a quando il pomodoro non si sarà ristretto di circa la metà e diventato denso come una classica marmellata.

Togliete il coperchio, fate andare ancora per una decina di minuti, in modo da eliminare completamente la componente acquosa - mi raccomando, è importante -  poi spegnete, togliete i rametti di timo e travasate la marmellata in una ciotolina di vetro o ceramica, facendola freddare.

Dedicatevi poi ai gamberoni, che pulirete, rimuovendo la testa, il guscio, ma non la code, che userete poi per afferrare il gambero dopo che questo sia stato fritto.

Rimuovete anche il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberoni e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete in gamberoni in un piatto e poi, in una ciotola, sbattete l'uovo e salatelo leggermente, poi, in un'altra ciotola, mettete la farina di granturco, lo zenzero - per questa preparazione usate quello in polvere, dato che quello fresco è troppo umido e non si mescolerebbe bene alla farina - e una abbondante di pepe nero, poi mescolate per bene in modo da armonizzare per benino tutti gli ingredienti.

Passate i gamberoni nell'uovo, tenendoli per la coda, facendo in modo che l'uovo li bagni in modo uniforme, poi, sempre tenendoli per la coda, passateli nella farina di granturco, facendo in modo che questa possa aderire uniformemente sulla loro superficie.

Man mano che impanate i gamberi, metteteli su un piatto, sul quale avrete messo un altro po' di farina di granturco, in modo che i gamberoni non siano a contatto diretto con la superficie del piatto.

Forza che ci siamo.

Prendete una padella di misura tale da poter contenere i gamberoni su di un solo strato e con un minimo di distanza reciproca, metteteci abbondante olio per friggere, e portatela sul fuoco.

Fate scaldare l'olio fino a 160°, poi unite i gamberoni, facendoli friggere da entrambi i lati per non più di un paio di minuti complessivi, altrimenti la panatura si scurirebbe troppo e, peggio, i gamberoni diverrebbero gommosi.

Scolate i gamberoni e metteteli su un piatto, sul quale avrete messo un paio di fogli di carta da cucina o per frittura, e salateli.

Bene, non resta che impiattare, disponendo un cucchiaio di marmellata di pomodoro su ogni piatto, aggiungendo un paio di gamberoni e guarnendo come meglio credete.

Portate rapidamente in tavola e buon appetito.

29 ottobre 2013

I miei panini - Panino con crema di peperoni, formaggio e lardo di Arnad



Grazie al rito della domenica sera, quando i miei figli adorano addentare un panino, procedo con gli esperimenti, sperando di non esaurire a breve la modesta vena creativa.

A questo giro, un panino con una crema di peperoni rossi, formaggio - ho scelto una caciotta mista, fatta con latte vaccino e di bufala, prodotta dal Caseificio La Baronia, il mio preferito per quanto riguarda i prodotti che ci regala mamma bufala - e il lardo di Arnad, un lardo conciato veramente notevole, che a me piace di più di quello, più celebre, di Colonnata.

Pane fatto da me, seguendo la mia ricetta, anche se voi, ovviamente, potete scegliere vie diverse, anche se il mio suggerimento è sempre quello di prendere un pane con una bella mollica compatta e di sostanza e non quei panini eterei, che pesano pochi grammi.

Per le dosi, infine,vi dovrete regolare in base al panino scelto, ricordando che ciò che conta è l’equilibrio tra i sapori - non tra le singole quantità - equilibrio necessario per evitare che ci sia un ingrediente che sovrasti gli altri.

Ingredienti (per un panino)
  1. Un panino (vedi sopra)
  2. Un peperone rosso
  3. Formaggio semi-stagionato
  4. Lardo di Arnad
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale e pepe

Piccola premessa sul formaggio, che vi suggerisco di scegliere semi-stagionato e dal sapore abbastanza deciso - perfetto un formaggio a composizione mista, mucca-pecora o mucca-bufala, come quello che ho usato io - in modo che il suo sapore non venga sovrastato da quello della crema di peperoni e del lardo.

Partite sicuramente con la crema di peperone, pulendo quest'ultimo, eliminando semi e coste bianche interne.

Tagliate poi il peperone a pezzi, senza curarvi troppo della loro forma, dato che poi frullerete il tutto, e metteteli in un pentolino, con un paio di cucchiai d'olio extravergine, un paio di acqua, sale e pepe.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa con il coperchio, e fate cuocere fino a quando il peperone non sarà ben morbido, facendo in modo che a fine cottura ci sia ancora un minimo di fondo di cottura, che vi servirà per agevolare la trasformazione in crema.

Quando il peperone è cotto, spegnete e, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducetelo in crema, lavorando con cura per eliminare ogni residuo intero.

Mettete la crema da parte, senza coperchio, e tagliate il formaggio a fette, regolandovi nel numero in base alla dimensione del panino.

Tagliate a fette sottilissime anche il lardo di Arnad, fette che poi ridurrete a striscioline, operazione necessaria per addentare meglio il panino, dato che se lasciate il lardo intero, correrete il rischio, al primo morso, di ritrovarvi con tutta la fetta in bocca.

Tagliate il panino e scaldatelo leggermente nel forno o nel tostapane, in modo da renderlo appena tiepido, cosa che renderà il lardo morbido quel tanto che basta per esaltarne il sapore.

Su entrambe le metà del panino distribuite la crema di peperone, che dovrà essere sufficientemente liquida per essere in parte assorbita dalla mollica.

Sulla metà inferiore, poi, distribuite le fette di formaggio, sovrapponendole leggermente l’una all’altra, poi le striscioline di lardo, che non dovranno creare uno strato compatto, ma essere tra loro leggermente distanziate.

Chiudete con la metà superiore e, finalmente e meritatamente, addentate felici.

Le mie ricette - Minestra di fagioli del purgatorio, tonno, zucca mantovana e finocchietto selvatico



Adoro i fagioli e, in particolare, quelli del Purgatorio di Gradoli, dei fagioli molto piccoli, che volendo non richiedono ammollo preventivo, che hanno un gusto molto delicato e che, in passato, li avevo già utilizzati per questa zuppa e per quest’altra.

Questa volta, sempre nello spirito di piccole variazioni, ho abbinato ai fagioli il tonno fresco, la zucca mantovana e il finocchietto selvatico.

Per dare poi un’impronta più rustica, ho aggiunto anche la pasta - ho scelto le reginelle - per una minestra bella densa e di sostanza.

Pasta e tonno li ho cotti in modo passivo, unendoli alla minestra a bollore e poi spegnendo il fuoco, mentre il finocchietto, come di norma per le erbette, l’ho aggiunto solo al lomento di servire, in modo da esaltare al massimo il suo profumo.

La zucca, infine, l’ho ammorbidita in forno, a bassa temperatura, e poi unita alla minestra all’ultimo momento, in modo da mantenere una separazione tra i sapori, che fosse ben percepibile all’assaggio.

Per questa volta, poi, ho ripristinato l’uso di aglio e peperoncino - ho utilizzato un Habanero Chocolate, regalatomi da un amico e collega - ingredienti che normalmente non uso, preda oramai di una fissazione per una cucina in purezza.

Chiudo dicendovi che se non trovate i fagioli del purgatorio, potete tranquillamente usare i più classici cannellini.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di fagioli del purgatorio
  2. Quattro etti di filetto di tonno
  3. Un quarto di zucca mantovana
  4. Un etto di reginelle (o altra pasta lunga)
  5. Qualche rametto di finocchietto selvatico (prezzemolo, in alternativa)
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Due spicchi d’aglio
  8. Un pezzetto di peperoncino
  9. Sale e pepe

Partite sicuramente con i fagioli, per i quali, se avete fretta, potete anche evitare l'ammollo preventivo, mettendoli in una pentola, coperti da abbondante acqua fredda, leggermente salata.

Portate la pentola sul fuoco, a fiamma media e con il coperchio, e quando l'acqua raggiunge il bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere i fagioli fino a quando non saranno molto teneri. Ci dovrebbe volere, dal momento del bollore, dall'ora all'ora e mezza.

Quando i fagioli sono cotti, spegnete e lasciateli intiepidire nella loro acqua di cottura, poi, usando un mestolo bucato, travasateli nel passa pomodoro - tenete un poco di fagioli interi da parte, in modo da aggiungerli successivamente alla minestra - e passateli, raccogliendo la polpa in una ciotola (se avete fretta o non avete il passa pomodoro, mettete i fagioli nel mixer a fatelo andare alla massima velocità).

Aggiungete, per partire, un paio di mestoli della loro acqua e mescolate per bene, in modo da rendere più fluida la polpa dei fagioli. Usando ancora l'acqua di cottura dei fagioli, regolate la densità finale, ricordando che poi dovrete cuocerci dentro anche la pasta.

Ovviamente non buttate l’acqua di cottura residua, dato che vi potrebbe servire nelle fasi successive.

Parallelamente alla cottura dei fagioli, dedicatevi per prima cosa alla zucca, eliminandone la buccia, i semi e i filamenti interni, e tagliando la polpa in dadini di circa un centimetro di lato e, per quanto possibile, tutti simili nella forma.

Prendete una teglia, metteteci un fogli di carta da forno e disponeteci i dadini di zucca, facendo in modo che siano su di un solo strato e non ammassati tra loro.

Infornate a 120° per circa cinquanta minuti, in modo che la zucca possa ammorbidirsi e perdere la sua umidità interna, cosa che accentuerà il suo sapore e la sua dolcezza.

Quando la zucca è pronta, toglietela dal forno e tenetela da parte.

Passate poi al filetto di tonno, che taglierete anch’esso a dadini, di dimensione simile a quelli di zucca e che poi,di nuovo, terrete da parte in attesa di utilizzarli.

Prendete una casseruola, ampia abbastanza da poter contenere la minestra con tutti i suoi ingredienti, metteteci sei cucchiai di olio extravergine, la parte dura del gambo dei rametti di finocchietto selvatico, i due spicchi d’aglio, leggermente schiacciati, e il peperoncino, la cui quantità la regolerete ovviamente in base al vostro gusto, ricordando che la piccantezza finale dovrà comunque essere appena accennata, per non sovrastare il sapore degli altri ingredienti.

Portate sul fuoco e fate soffriggere finocchietto, peperoncino e aglio, fino a che quest’ultimo non cominci a scurirsi, momento nel quale lo toglierete, insieme al finocchietto e al peperoncino.

Unite i fagioli passati, regolate nel caso di sale, coprite con il coperchio e portate a bollore leggero, poi unite la pasta, che avrete prima spezzato con le mani in pezzi più piccoli, e i dadini di tonno, quindi spegnete la fiamma, coprite con il coperchio e fate cuocere, passivamente, per un tempo che, orientativamente, dovrà essere di circa il 30% superiore a quello indicato per il tipo di pasta utilizzato.

Non vi preoccupate per il tonno, dato che il tempo necessario alla pasta è più che sufficiente per cuocere anche il tonno. Anzi, nel caso vi piacesse il tonno quasi crudo, potete aggiungerlo dopo cinque minuti dall’aggiunta della pasta.

Durante la cottura passiva, date giusto una girata a metà del tempo complessivo.

Quando la pasta è cotta, togliete il coperchio, unite la zucca, il finocchietto, che avrete prima tritato finemente con il coltello, e date una macinata di pepe nero, quindi girate per amalgamare il tutto.

Impiattate, guarnendo a vostro piacimento e dando un leggero giro di olio extravergine a crudo su ogni porzione e, se volete, anche un’ulteriore macinata di pepe.

Portate in tavola e buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: il vino che consiglio oggi è un rosso toscano, proveniente dalla Val di Cornia e precisamente da Suvereto (Livorno). Si chiama Ebo (Ebo era il nome di un antico insediamento etrusco) ed è prodotto da Petra. E' un vino molto piacevole con una base di Sangiovese con un'aggiunta di Cabernet Sauvignon e Merlot. 

27 ottobre 2013

Le mie ricette - Bocconcini di filetto al pepe multicolore e marsala, con passata di cicerchia



Più che una vera e propria ricetta, direi un esperimento, fatto per usare un pezzo di filetto che avevo preso per altri motivi e che poi, per altrettanti e diversi motivi, non avevo usato come inizialmente pensato.

Pensa che ti ripensa, alla fine ho deciso di cuocerlo in padella, con del burro al quale ho aggiunto il pepe multicolore, e poi sfumarlo con il marsala, in modo da avere un retrogusto dolce, che a me piace assai, soprattutto con la carne.

Insieme al filetto, poi, una passata di cicerchia, in purezza e tenuta piuttosto liquida, per un piatto da mangiarsi al cucchiaio.

Come per tutti i legumi, tenete presente il tempo necessario all'ammollo della cicerchia, legume piuttosto coriaceo, per cui pianificate il tutto dalla sera precedente o dal mattino presto, a seconda che serviate il patto a pranzo o a cena.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Un etto e mezzo di cicerchie
  2. Due etti e mezzo di filetto di manzo
  3. Un cucchiaio di pepe multicolore
  4. Mezzo bicchiere di marsala
  5. Un cucchiaio di burro
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe

Come già detto nella premessa, mettete le cicerchie in ammollo in abbondante acqua fredda e, durante l'attesa, dedicatevi ai vostri passatempi preferiti.

Trascorso il tempo dell'ammollo, scolate le cicerchie e mettetele in una pentola, aggiungete acqua fredda, in quantità abbondante, in modo che le cicerchie siano completamente coperte, considerando anche l'evaporazione dell'acqua durante la cottura.

Salate l'acqua usando del sale grosso, poi portate sul fuoco, con il coperchio, e da quanto l'acqua comincia a bollire, abbassate la fiamma e contate più o meno un'ora e mezza -  il tempo di cottura dipenderà comunque da quanto le cicerchie sono effettivamente rimaste in ammollo - controllando con una certa frequenza e, quando le cicerchie saranno ben morbide, spegnete e lasciate intiepidire nella loro acqua.

Travasate le cicerchie, prendendole con un mestolo bucato, nel frullatore (meglio) o nel mixer, aggiungete un paio di mestoli della loro acqua di cottura e fate andare alla massima velocità, facendo in modo che la crema risulti abbastanza fluida, diciamo più o meno come un passato di verdura.

A voler essere rigorosi, potreste anche usare un passa verdure al posto di frullatore o mixer, in modo da separare la buccia delle cicerchie, ricavando solo la polpa e, peraltro, giustificando il termine di "passata".

Aggiungete alla passata quattro cucchiai di olio extravergine, regolate di sale e date una generosa macinata di pepe nero, poi mescolate per bene e tenete la passata da parte, al calduccio.

Messa da parte la passata di cicerchia, dedicatevi al filetto, che vi suggerisco di prendere in un pezzo intero, eliminandone le parti grasse e tagliandolo a cubetti, di dimensione tale da poter essere mangiati, ciascuno di essi, in un sol boccone.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci il burro e il pepe multicolore, portatela sul fuoco e,  da quando il burro comincia a sfrigolare, abbassate la fiamma e fate andare per un paio di minuti, in modo che il pepe possa cominciare a rilasciare i suoi aromi.

Trascorsi i due minuti, alzata la fiamma a livello medio e unite i bocconcini di filetto, facendoli rosolare su tutti i lati per non più di un paio di minuti, poi salate la carne e aggiungete il marsala, alzando ancora un po' la fiamma e facendolo sfumare, sempre girando i bocconcini e fino ad ottenere un fondo di cottura piuttosto denso.

Bene, ci siamo e non resta che impiattare, mettendo un mestolo di passata di cicerchia in ogni piatto e disponendo sopra di essa i bocconcini di filetto, insieme ad una leggera macinata di pepe nero e a un poco del fondo di cottura della carne.

Guarnite come più vi piace e portate in tavola.

Buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: un ottimo rosso toscano per accompagnare degnamente questo splendido piatto, come ad esempio il "Le Volte dell'Ornellaia".

26 ottobre 2013

Le mie ricette - Tartare di manzo, melograno, funghi porcini, zucca e pecorino, con emulsione al balsamico



Chi mi ha seguito nella ultime ricette, avrà notato una quasi imbarazzante presenza di porcini e zucca, due ingredienti che amo e che, per un breve periodo, vanno a braccetto, per poi separarsi in virtù della loro stagionalità.

Come sempre accade quando le combinazioni sono felici e di breve durata, io mi innamoro perdutamente e cerco di sfruttarle con tutta l’intensità del caso, come questa volta, dove porcini e zucca prendono parte ad una tartare di manzo, insieme al pecorino, ancora una volta quello romano di Acquaranda, una splendida azienda in quel di Trevignano Romano, e al melograno, che dona al piatto un piacevole retrogusto acidulo.

Come per tutte le preparazioni a crudo, fondamentale è la freschezza e la qualità dei singoli ingredienti, a partire dalla carne, che vi suggerisco di prendere giusto qualche ora prima di quando la userete, come anche i porcini, che non amano inutili attese nel frigorifero.

Come condimento, infine, una classica emulsione di extravergine e balsamico, quest’ultimo che sia vero aceto balsamico - vi suggerisco di investire una quindicina di euro per comprarvi un aceto balsamico, dai 3 ai 5 anni di invecchiamento - e non quelle melasse in vendita nei supermercati a pochi euro.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. 240 grammi di controfiletto di manzo
  2. Due cucchiai di pecorino stagionato tagliato a dadini
  3. Due cucchiai di zucca tagliata a dadini
  4. Due cucchiai di funghi porcini tagliati a dadini
  5. Un cucchiaio di grani di melograno
  6. Un rametto di timo fresco
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Aceto balsamico
  9. Sale integrale
  10. Pepe bianco

Piccola premessa sulla carne, che oltre ad essere di qualità e tagliata poco prima di usarla, vi dovete far lasciare intera dal vostro macellaio, resistendo alla tentazione di farvela macinare, cosa che lui, quando avrà saputo che ci volete fare una tartare, probabilmente vi chiederà. Vi assicuro, invece, che una tartare fatta con la carne tagliata al coltello è tutta un'altra cosa.

Bene, esaurita la premessa, dedicatevi per prima cosa alla zucca, eliminandone la buccia, i semi e i filamenti interni, e tagliando la polpa in dadini di circa un centimetro di lato e, per quanto possibile, tutti simili nella forma.

Prendete una teglia, metteteci un fogli di carta da forno e disponeteci i dadini di zucca, facendo in modo che siano su di un solo strato e non ammassati tra loro.

Salate leggermente la zucca, poi infornate a 140° per circa mezz'ora, in modo che la zucca possa ammorbidirsi e perdere la sua umidità interna, cosa che accentuerà il suo sapore e la sua dolcezza.

Quando la zucca è pronta, toglietela dal forno e mettetela da parte.

Più o meno la stessa cosa con i funghi porcini - suggerisco di usare solo la loro cappella, eliminando la parte spugnosa - anch’essi tagliati a dadini e messi in forno, come la zucca, a 140° per una ventina di minuti, tempo leggermente più breve, dato che i funghi sono più teneri.

Poi il pecorino, che non dovrà essere troppo stagionato, anch'esso tagliato a dadini, della stessa dimensione di quelli di zucca e funghi.

Sgranate anche il melograno, estraendo con delicatezza i singoli grani, facendo attenzione che non si rompano, rilasciando il loro succo interno.

Prendete infine la carne, eliminate con particolare cura tutti i residui di grasso, per poi tagliarla, tanto per cambiare, a dadini o, se preferite - qui c’è il vostro gusto verso la carne cruda, che ad alcuni potrebbe non piacere se tagliata piuttosto grande - ulteriormente ridotti nella dimensione.

Preparate infine l'emulsione di olio extravergine e balsamico, orientandovi su una proporzione di tre parti di olio ed una di balsamico.

Riunite tutti gli ingredienti in una ciotola, data una prima mescolata, quindi unite l’emulsione, poi il sale, meglio se integrale e macinato al momento, un poco di pepe bianco e, per finire, le foglioline di timo fresco.

Date una mescolata finale e poi impiattate rapidamente, senza inutili attese che potrebbero avviare il processo di ossidazione della carne, eventualmente usando uno stampino, in modo da dare alla tartare una forma più ordinata.

Guarnite come meglio credete e portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: un gioco di contrasti molto interessante e una presentazione all'altezza di tutte le tue ricette. Io proverei ad abbinarlo con l'eleganza discreta di un Pinot Nero del Friuli.

25 ottobre 2013

Uovo cotto a bassa temperatura con funghi porcini, fonduta di pecorino romano e crostini di pane



I lettori più fedeli e da più lunga data, forse ricorderanno cosa Babbo Natale mi ha portato come regalo nel 2012, rendendomi felice e, al contempo, consentendomi di cominciare a sperimentare la cottura a bassa temperatura.

Dopo un periodo di riposo, ho capito che era il momento di rimettere in funzione l'attrezzatura, ritornando sulle uova, uno dei piatti che, a mio avviso, meglio gode di una cottura a bassa temperatura.

Prendetela come l'ennesima variazione sulle uova, dove, fermo restando la loro cottura, gli ho abbinato i funghi porcini, una fonduta di pecorino romano - ho usato quello di Brunelli, a detta di molti uno dei migliori - e dei crostini di pane, che con la loro croccantezza contrastano la morbidezza degli altri ingredienti.

L’uovo, come già fatto in precedenza, l’ho cotto a 64° per cinquanta minuti, in modo da avere un tuorlo molto cremoso, da mangiarsi al cucchiaio.

Nota di colore finale, il sale nero delle Hawaii, scelto più che altro per creare contrasto cromatico con il bianco dell'albume.

Ingredienti (per un uovo)
  1. Un uovo freschissimo
  2. Un fungo porcino di medie dimensioni, fresco e sodo
  3. Quindici grammi di pecorino romano grattugiato
  4. Trenta grammi di panna fresca
  5. Una fetta di pane casareccio
  6. Un ciuffo di prezzemolo
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Sale nero delle Hawaii
  9. Pepe bianco
  10. Pepe nero

Come già detto nella premessa, la cottura delle uova l'ho fatta alla temperatura di 64° per cinquanta minuti, per cui portate l’acqua a tale temperatura e poi immergeteci le uova.

Mentre le uova si cuociono dedicatevi ai funghi, che pulirete eliminando la terrà più grossa con un coltellino e poi quella rimanente usando un panno o un foglio di carta da cucina inumidito -  non lavate mai i funghi in acqua, dato che tenderebbero ad assorbirla - poi  metteteli sul tagliere e tagliateli a fettine di circa due o tre millimetri di spessore.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci un paio di cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco.

Quando l'olio è ben caldo, unite i porcini, salandoli e pepandoli, con il pepe nero, facendoli poi saltare a fiamma vivace per circa una paio di minuti per lato, in modo che possano si cuocersi, ma mantenendo allo stesso un certa consistenza.

Quando i funghi sono pronti, spegnete e metteteli da pare, senza coperchio.

Passate poi alla fonduta, prendendo un pentolino, meglio se anti-aderente, mettendoci la panna e il pecorino, portandolo poi sul fuoco, a fiamma minima, fino a raggiungere un bollore leggerissimo.

Fate andare per circa tre minuti, in modo che la panna possa leggermente addensarsi, poi spegnete, aggiungete mezzo cucchiaino di prezzemolo tritato e date una leggera macinata di pepe nero.

Spegnete e tenete al calduccio, con il coperchio.

Tagliate infine la fetta di pane casareccio in piccoli dadini, di circa un centimetro di lato, poi prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con due o tre cucchiai d'olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma media.

Quando l'olio è ben caldo, unite i dadini di pane e fateli saltare fino a quando cominceranno a dorarsi, cosa che dovrebbe richiedere non più di tre o quattro minuti.

Spegnete e, tenendo la padella inclinata, in modo che il pane sia da un lato e l'olio residuo dall'altro, travasate i dadini su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo da assorbire l'olio in eccesso.

Sempre in attesa che l'uovo sia pronto, prendete un piatto adatto - se non lo avete, potete usare una piccola ciotolina - e, usando le fette di fungo porcino, create il contenitore per l'uovo, disponendo le fette tutte intorno, leggermente sovrapposte tra loro.

Sempre in attesa che le uova siano pronte, preparate anche i piatti, scegliendoli di forma adatta - se non avete piatti con la giusta forma per il cestino, usate delle ciotoline - e formando i cestini usando le fettine di funghi, disponendole in modo che ogni fette copra in parte quella precedente, mettendone poi altre al centro, in modo che non ci siano parti scoperte.

Tornate alle uova e, quando sono pronte, toglietele dall'acqua e, con molta delicatezza, rompetele direttamente all'interno del corrispondente cestino, poi fate colare intorno alle uova, e anche un po' sopra, un paio di cucchiai di fonduta di pecorino, quindi disponete i crostini di pane.

Completate con il sale nero e il pepe bianco, che distribuirete solamente sulle uova, quindi guarnite a vostro piacimento e portate in tavola.

Buon appetito.

24 ottobre 2013

Le mie ricette - Tartine con pane nero, miele, pera disidratata, caprino e pistacchi, accompagnate da praline di nocciole, zucchero e cannella



Telefono, come spessissimo accade, al punto vendita di Via Scirè del Caseificio "La Baronia", di gran lunga il mio preferito per quanto riguarda la mozzarella di bufala, e Pietro mi dice che, quando passerò a ritirare la mozzarella, mi farà assaggiare qualcosa di nuovo.

Arrivato lì, trepidante come un bambino il giorno di Natale - che ci volete fare, ognuno ha le sue debolezze - assaggio un meraviglioso caprino - un caprino vero, intendo - prodotto dall'Azienda "Monte Jugo", in provincia di Viterbo.

Tornato a casa ho cercato fra quello che avevo in frigorifero e in dispensa e, alla fine, ho deciso di usare il caprino per delle tartine, da servire insieme all'aperitivo, ma volendo anche come antipasto.

Come base delle tartine, il pane nero di segale, sul quale ho steso un leggerissimo strato di miele di bosco, poi le fettine di pere, precedentemente disidratate per un'oretta in forno, il caprino, ovviamente, e per finire i pistacchi e il timo.

Visto poi che avevo delle nocciole, ho fatto anche delle praline profumate alla cannella e addolcite con lo zucchero di canna.

Per le quantità potete sicuramente andare ad occhio, regolandovi in base a quante tartine volete fare, mentre per le praline di nocciole le quantità che vi darò dovrebbero consentirvi di prepararne circa una decina.

Ingredienti (vedi sopra)

Per le tartine
  1. Pane nero di segale (io ho usato quello della Pema)
  2. Pere, meglio se piuttosto sode (io ho usate le Abate)
  3. Formaggio caprino
  4. Miele, di intensità media
  5. Pistacchi sgusciati, non salati
  6. Timo fresco
  7. Pepe bianco
Per le praline di nocciola
  1. Un etto di nocciole, sgusciate ma non tostate
  2. Un quarto di cucchiaino di cannella in polvere
  3. Due cucchiai ben colmi di zucchero di canna

Partite con le pere, che laverete e, senza sbucciarle, taglierete a fettine sottili, trasversalmente alla loro lunghezza, in modo da ottenerle di forma circolare, rimuovendo laddove serva la parte centrale di torsolo e semi.

Prendete una teglia che possa contenere le fette di pera senza sovrapposizioni, metteteci un foglio di carta da forno e poi disponete le fette di pera.

Infornate a 90° per circa un'ora, in modo che le pere possano in parte perdere la loro acqua, cosa che ne accentuerà il sapore, quindi tiratele fuori dal forno e fatele freddare a temperatura ambiente.

Nell'attesa, passate alle nocciole, che devono essere pelate ma non tostate, mettendole nel mixer ad alta velocità (quello che si usa per macinare il caffè o, appunto, la frutta secca), facendolo andare alla massima velocità, in modo da ridurre le nocciole in polvere e, al tempo stesso, far uscire il loro olio naturale.

Vedrete che ci vorrà un pochino - nel caso fate riposare il mixer - ed è importante che si proceda sino a quando il tutto non sarà diventato quasi una sorta di pasta,
collosa e malleabile.

Travasate la pasta di nocciole in una terrina, aggiungeteci la cannella e un cucchiaino ben colmo di zucchero di canna, poi lavorate il tutto, meglio se usando le mani, in modo che zucchero e cannella possano distribuirsi in modo omogeneo.

Mettete lo zucchero di canna rimanente in un piatto, quindi prendete un po’ di pasta di nocciole - direi un cucchiaino colmo - e modellatela con le mani dandogli la forma che preferite, in modo da ottenere la pralina.

Passate la pralina nello zucchero, in modo che questo possa aderire su tutti i lati, ripetendo fino all’esaurimento della pasta di nocciole, per poi trasferire tutte le praline nel frigo, in modo che possano compattarsi per bene.

Sempre in attesa delle pere, usando uno stampo circolare di diametro simile a quello delle fette di pera - potete usare diametri diversi in base alla dimensione delle fette, così da avere tartine diverse tra loro - ricavate dal pane nero dei dischi, sui quali stenderete un sottilissimo velo di miele.

Quando le pere sono fredde, disponetene una fetta su ogni tartina - il miele, fungendo da collante, le aiuterà a mantenerle ben ferme - e sopra alle pere distribuite il caprino, non lesinando nella quantità e rompendolo in pezzi irregolari, cosa che sarà agevolata dalla consistenza stessa del formaggio.

Mettete i pistacchi sul tagliere e, usando un coltello con una lama piuttosto grande, rompeteli in pezzi più piccoli e irregolari, che poi disporrete sopra al caprino, senza però esagerare nella loro quantità.

Completate con una leggera macinata di pepe bianco e con qualche fogliolina di timo fresco, poi impiattate, guarnendo a vostro piacimento, senza dimenticarmi di disporre le praline di nocciole accanto alle tartine.

Portate in tavole e addentate.

Buon appetito.