31 dicembre 2014

Le mie ricette - Carpaccio di ricciola con cioccolato di Modica al sale marino, granella di mandorle e fiocchi di sale



Amo la ricciola. Punto.

La amo a tal punto che ne ho fatto una sorta di metronomo della mia attività gastronomica, cercando di usarla con periodicità quasi maniacale.

Questa volta, avendone trovata una piuttosto piccola e freschissima, non ho potuto che celebrarla in purezza, usandola rigorosamente a crudo, cosa che peraltro ho fatto in due diverse ricette, per cui a seguire pubblicherò anche l'altra.

Un carpaccio, quindi, arricchito con una meravigliosa cioccolata di Modica al sale marino e con un poco di granella di mandole, il tutto per un piuttosto evidente omaggio alla splendida Sicilia.

Condimento assolutamente minimale, con giusto un poco di pepe bianco e un filo d'olio extravergine, nello specifico il SanGirolamo, mirabilmente prodotto da miei cari amici.

Nessuna salatura se non quella attraverso i fiocchi di sale - ho usato quelli della Falksalt - che non solo donano sapidità, ma creano anche un buon contrasto nella consistenza.

Come tutte le preparazioni a crudo, la ricetta è semplice e veloce.

Ingredienti  (per 4 persone)
  1. Un etto e mezzo di polpa di ricciola
  2. Quattro cucchiaini di cioccolato fondente grattugiato (vedi prima e dopo)
  3. Un cucchiaio di granella di mandorle
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Pepe bianco
  6. Fiocchi di sale

Dedicatevi per prima cosa alla ricciola, che se avete preso intera dovrete per prima cosa sfilettare, operazione per la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza (se invece state usando i tranci, allora potete andare direttamente al taglio, qualche capoverso più avanti).

Prendete per prima cosa un coltello con la lama flessibile e ben affilata, poi tagliate via la testa al pesce, in modo che il suo corpo poggi meglio sul tagliere.

Partendo dalla coda, incidete trasversalmente il pesce, fino ad arrivare alla lisca centrale, poi ruotate il coltello, in modo che la parte piatta della lama rimanga ben a contatto con la lisca, tagliate per tutta la lunghezza, fino ad uscire dalla parte della testa. Girate il pesce e ripetete per l'altro lato, tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.

Altro modo, più di precisione, è quello di usare un coltellino molto affilato e incidere il pesce nella sua parte superiore, tenendo la lama a contatto con la lisca centrale e procedere con piccoli tagli verso l’interno del pesce, fino a separare i filetti. Per capire meglio, potete guardarvi questo video di Coquis - Ateneo Italiano della Cucina.

Usando poi un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilateli, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Mettete ora i filetti su un tagliere, con la pelle rivolta verso il basso e usando sempre il coltello affilato, cominciate a ricavare le singole fettine per il carpaccio, partendo vicino alla coda e muovendovi gradualmente verso la testa, man mano che procedete con le fettine.

Dovete far lavorare la lama del coltello, senza forzare troppo, cosa che causerebbe la rottura delle sottili fettine di pesce, fettine che raccoglierete in un piatto.

Prendete ora i piatti che avete scelto e, su ciascuno, disponete le fettine di ricciola, cercando di dargli una forma che, complessivamente, richiami quella del piatto che avete scelto.

Prendete un foglio di carta da forno tagliato a misura e poggiatelo sul carpaccio, poi esercitate un minimo di pressione in modo da livellare il pesce, ripetendo ovviamente per tutti i piatti.

Quando tutti i carpacci sono pronti, fateci cadere per prima cosa un filo di olio extravergine, in modo da bagnarli in modo uniforme, ma senza eccedere e date poi una leggerissima macinata di pepe bianco.

Grattugiate poi il cioccolato - io ho usato una grattugia della Microplane a lame medie - raccogliendolo in un piattino e poi, usando un cucchiaino, distribuitelo sui carpacci. Mi raccomando, non usate le dita, dato che il calore corporeo tenderebbe a far sciogliere e impastare il cioccolato, impedendovi di fatto di distribuirlo in modo uniforme (certo, per contro potrete poi leccarvi le dita).

Aggiungete infine la granella di mandorle e i fiocchi di sale, poi guarnite come desiderate e portate velocemente in tavola.

Buon appetito.

28 dicembre 2014

I miei dolci - Piccola crostata di frolla, crema pasticcera, noci e frutti di bosco



Che dire, classico che più classico non si può...

Tutto è nato, come spesso accade, dall’aver preparato una quantità eccessiva di pasta frolla (chissà com’è, ma ogni volta che faccio la frolla me ne viene sempre troppa...), cosa che mi ha portato a preparare quante più possibili torte e crostata, tra le quali, appunto, questa decisamente classica.

Posso solo aggiungere che, in aggiunta alla crema e ai frutti di bosco, ho aggiunto anche un leggero strato di noci sul fondo della crostata, in modo da avere un contrasto nelle consistenze. Non che questo rivoluzioni la preparazione, ma almeno spero dimostri la mia buona volontà di fare una piccola variazione ad una ricetta decisamente tradizionale.

Per quanto riguarda le dosi, quelle che vi darò dovrebbero essere sufficienti a preparare dalle quattro alle sei piccole crostatine di circa dodici centimetri di diametro o, in alternativa, una classica crostata del diametro standard di ventiquattro centimetri.

Piccola nota conclusiva, infine, sulla gelatina, che alcuni usano sulle crostata di frutta, sia per aggiungere dolcezza ai frutti di bosco, che per conservarli in ottimo stato nel caso la crostata non venga mangiata subito. Ora, visto che quest’ultima possibilità io non la prendo nemmeno in considerazione e che il troppo dolce non mi piace, io la gelatina non la uso ma voi, ovviamente, potete fare diversamente.

Ingredienti (vedi sopra)
  1. Una dose di pasta frolla (qui la mia ricetta)
  2. Una dose di crema pasticcera (qui la mia ricetta)
  3. Tre etti e mezzo di frutti di bosco (a voi la scelta)
  4. Un etto e mezzo di noci già sgusciate
  5. Burro (per ungere le teglia)
  6. Zucchero a velo (per guarnire)

Bene, per prima cosa preparate la pasta frolla e poi anche la crema pasticcera, seguendo la mia ricetta o la vostra e aumentando leggermente, in ogni caso, la dose di farina - direi di un venti percento - dato che per questa ricetta la crema deve essere ben ferma.

Se la pigrizia vi dovesse assalire, potete anche prendere la pasta frolla pronta ma, vi prego, non cedete alla tentazione di prendere uno di quei preparati per fare la crema pasticcera istantanea; ne rimarrei profondamente prostrato...

Prendete poi una teglia per crostate, quindi con i bordi non troppo alti (o le formine che avete deciso di usare) e imburratela per bene(ricordatevi che, per le preparazione a base di frolla, la teglia va trattata solamente con il burro, senza usare la farina).

Riprendete la frolla, stendetela sul piano di lavoro, lasciandola un po' spessa, direi almeno mezzo centimetro - a me piace così - e poi foderateci la teglia, avendo cura di risalire su tutto il bordo, che poi rifilerete con un coltello, in modo che questo sia a filo con quello della teglia.

Usando i rebbi di una forchetta, punzecchiate il fondo della frolla, poi metteteci un po’ di fagioli secchi, o altro tipo di legumi (se poi avete addirittura le sfere in ceramica, pensate proprio per questo scopo, allora vi sarete guadagnati la mia ammirazione e invidia), in modo da evitare che il fondo della crostata si gonfi durante la cottura (se dovesse succedere, aprite lo sportello del forno e, agendo rapidamente, schiacciate il fondo della crostata con un cucchiaio).

Infornate a 170° per una mezz’ora o poco più, controllando comunque ogni tanto, per evitare che la frolla possa dorarsi più del necessario. Vedrete che, a fine cottura, i bordi saranno sicuramente più scuri della base, cosa del tutto normale.

Togliete dal forno e fate freddare la frolla a temperatura ambiente e, nell’attesa, prendete le noci e riducetele grossolanamente in pezzi, usando un coltello con la lama piuttosto grande.

Quando la frolla è fredda, fate sul fondo uno strato con le noci, cercando di non lasciare buchi, ma senza avere uno spessore eccessivo.

Sopra lo strato di noci fate colare delicatamente la crema pasticcera, facendo in modo che questa, cadendo, non sposti le noci, rovinando quindi lo strato sottostante.

Fate arrivare la crema quasi fino ai bordi della crostata, lasciando giusto un mezzo centimetro, che vi servirà per compensare l’aumento del livello della crema, che si produrrà quando sistemerete i frutti di bosco, che affondando in parte ne alzeranno appunto il livello.

Usando i frutti che avete scelto, guarnite la crostata, o le crostatine, alternandoli e disponendoli secondo la configurazione che più vi piace e dando pieno sfogo alla vostra creatività.

Fate riposare in frigorifero, per almeno una mezz’ora, in modo che la crema possa compattarsi, poi tirate fuori la crostata, impiattatela e fateci cadere a pioggia lo zucchero a velo, cosa che dovrete fare solo all’ultimo momento, dato che l’umidità presente nei frutti di bosco tenderà ad assorbirlo e, quindi, a farlo di fatto sparire.

Portate in tavola e, senza troppi rimorsi, divorate.

27 dicembre 2014

Le mie ricette - Ritagli di pasta 'farina, albume e pomodoro', con taleggio e funghi porcini



Confesso candidamente che la ricetta è nata sulla scia degli avanzi di ciò che avevo preparato per uno dei tanti contest di cucina, preparazione che mi aveva appunto lasciato dei ritagli di pasta fatta in casa, se volete simili, per forma e dimensione, a i ben più classici maltagliati.

Inoltre, sempre a celebrare e benedire gli avanzi, ho pensato di utilizzare come base per il condimento il taleggio, anch'esso utilizzato in una preparazione per un altro contest, peraltro vinto. Il taleggio, già cremoso di suo, l'ho reso ancora più fluido, in una sorta di crema, aggiungendo una piccola quantità di panna fresca.

Insieme al taleggio, poi, i funghi porcini, al solito saltati velocemente in padella e profumati con l'erba cipollina, unita solo a fine cottura.

Non ho volutamente aggiunto il parmigiano, dato che il formaggio era già ben rappresentato dal taleggio.

Ingredienti (per 4 persone)

Per la pasta
  1. Due etti e mezzo di semola di grano duro
  2. Un etto di albumi
  3. Due cucchiai di olio extravergine d'oliva
  4. Un cucchiaino raso di concentrato di pomodoro
  5. Quattro cucchiai di acqua
Per il condimento
  1. Ottanta grammi di taleggio
  2. Sessanta grammi di panna fresca
  3. Due etti di funghi porcini
  4. Una ventini di fili di erba cipollina
  5. Uno spicchio d'aglio
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe bianco

Bene, si parte sicuramente con la preparazione della pasta, che dovrà riposarsi in ogni passaggio tra le diverse fasi della preparazione, in modo da ridurre l'umidità dell'impasto, cosa che vi consentirà di evitare l'aggiunta di semola durante la lavorazione, aggiunta che renderebbe il risultato finale non ottimale.

Per prima cosa ricavate gli albumi, pesandoli alla quantità indicata, sbattendoli per circa un minuto in modo da romperne i legami interni e facendo in modo che non siano a temperatura da frigorifero ma possibilmente sui 30°, cosa che potrete ottenere immergendo per qualche minuto la ciotola nella quale li avete raccolti nell'acqua calda (va benissimo quella del rubinetto).

Se avete l’impastatrice, metteteci la semola, gli albumi, l’acqua, il concentrato di pomodoro e l'olio extravergine, poi fate andare per circa sei minuti, fino a quando si sarà formata la classica palla, che toglierete e impasterete a mano ancora per un minuto.

Se non avete l’impastatrice o se, per qualche motivo, vi piace sentire la fatica sugli avambracci, fate la classica fontana sul tavolo, versateci al centro gli albumi, l’acqua e l'olio e poi impastate.

Tenete presente che l'impasto ottenuto sarà abbastanza morbido ed elastico.

Avvolgete la palla nella pellicola trasparente, poi mettetela in luogo fresco e fatela riposare per una mezz'ora, poi riprendetela e stendetela a circa due millimetri di spessore, cosa che potrete fare con la macchina, se l'avete, o a mano, cosa che sarà più faticosa data l'elasticità naturale dell'impasto.

A questo punto lascio a voi decidere come tagliarla, visto che non mi aspetto che abbiate gli stessi avanzi che avevo io, motivo per cui sentitevi liberi e date sfogo alla vostra fantasia, potendo spaziare dai maltagliati, irregolari e rustici, fino alle classiche tagliatelle.

Sconsiglio in ogni caso formati più piccoli, come tagliolini e tonnarelli, dato che la natura del condimento tenderebbe a farli incollare, donandovi l'oramai celebre mappazzone, assurto agli onori della cronaca dopo la versione italiana di Masterchef.

Fate riposare la pasta appena tagliata e poi mettetela su un vassoio, sul quale avrete messo un pezzo di carta da forno; se avete dato modo all'impasto di riposarsi nella diverse fasi, vedrete che non servirà aggiungere altra semola per non farle attaccare, altrimenti aggiungetene lo stretto necessario ad evitare che la pasti si attacchi.

Mettete la pasta da parte e dedicatevi alla preparazione del condimento, partendo con la crema di taleggio, tagliandolo in pezzi e mettendolo in un pentolino insieme alla panna e ad una macinata di pepe bianco, portando poi sul fuoco a fiamma minima.

Fate scaldare quel tanto che basta a sciogliere completamente il formaggio, muovendo e ruotando il pentolino in modo da facilitarne lo scioglimento, momento nel quale spegnerete e terrete da parte, mettendo il coperchio.

Nel caso la crema vi dovesse sembrare troppo liquida - ma siate tolleranti, dato che poi durante la mantecatura potrete recuperare - potete portare a bollore leggerissimo, ovviamente senza coperchio, e proseguire per qualche minuto, sempre muovendo il composto. Benché di regola il formaggio non dovrebbe mai essere sciolto a temperatura elevata, in questo caso la presenza della panna allevia il problema della separazione della parte grassa del formaggio, consentendovi una leggera l'ebollizione.

Dopo il formaggio, i funghi porcini, dai quali eliminerete la terrà più grossa con un coltellino e poi quella rimanente usando un panno o un foglio di carta da cucina inumidito - mai lavare i funghi in acqua, dato che tenderebbero ad assorbirla - poi metteteli sul tagliere e tagliateli in fettine piuttosto sottili.

Prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere anche la pasta per la mantecatura finale, aggiungeteci quattro cucchiai di olio extravergine e lo spicchio d'aglio sbucciato e leggermente schiacciato.

Portate sul fuoco, fate scaldare l'olio e dorare l'aglio, quindi toglietelo e unite i funghi, salandoli, pepandoli e alzando la fiamma per una cottura molto vivace, che dovrà durare giusto qualche minuto, in modo che i funghi non perdano del tutto la loro consistenza.

Quando i funghi sono pronti, spegnete la fiamma e unite nella padella la crema di taleggio, poi aggiungete anche l'erba cipollina tagliata in piccole rondelle - mai tritare l'erba cipollina come si fa con le altre erbette - e mescolate in modo da amalgamare il tutto, coprendo poi con il coperchio e tenendo al calduccio.

Mettete l’acqua per la cottura sul fuoco e, quando è a bollore, buttate la pasta, cuocendola al dente, cosa che per una pasta fresca fatta solo con acqua e farina dovrebbe richiedere non più di tre minuti.

Se nel frattempo si fosse raffreddato, rimettete sul fuoco la padella con il condimento, in modo che questo sia ben caldo al momento di scolare la pasta.

Quando la pasta è cotta, prendetela usando un forchettone, senza perdere tempo a scolarla troppo, e travasatela direttamente nella padella con il condimento, mescolando per bene e aggiungendo anche un poco dell’acqua di cottura, in modo da procedere con la mantecatura, anche se in questo caso, dato il condimento molto cremoso, la quantità d'acqua necessaria sarà decisamente minore del solito.

Fate comunque in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Quando la cremosità è quella giusta, spegnete e impiattate rapidamente, quindi guarnite come meglio ritenete e portate in tavola.

Buon appetito.

24 dicembre 2014

I miei dolci - Piccola crostata alla crema pasticcera, cioccolato e pinoli, con sale e cannella



Si, lo so, è una crostata, o torta che di si voglia, piuttosto classica, visto che l'abbinamento di crema e pinoli è decisamente frequente e anche l'aggiunta della cioccolata non è che muova molto nella direzione della creatività.

D'altra parte si vive anche di classicismo, per cui anch'io mi adeguo volentieri, con l'unico guizzo, in un dolce classico di aver aggiunto una componente aromatica salata, facendo un leggero strato, tra i pinoli e la crema, a base di sale marino e cannella, entrambi macinati al momento e che hanno donato al dolce un retrogusto decisamente particolare.

Per quanto riguarda le dosi, io ho fatto un torta piccolina, di circa dodici centimetri di diametro, ma proverò a darvi comunque le dosi per una teglia di dimensione standard, ricordando che, al solito, l'importante è l'equilibrio degli strati interni, piuttosto che il dosaggio preciso dei singoli ingredienti

Ingredienti (per una teglia da 24 centimetri di diametro)
  1. Mezza dose di pasta frolla (qui la mia ricetta)
  2. Una dose di crema pasticcera (qui la mia ricetta)
  3. Un etto e mezzo di cioccolato fondente (vedi dopo)
  4. Sei cucchiai di pinoli
  5. Sale grosso
  6. Cannella
  7. Burro (per ungere le teglia)
  8. Zucchero a velo (per guarnire)

Bene, per prima cosa preparate la pasta frolla o, se andate di fretta o vi sentite affaticati, compratene un rotolo di quella pronta.

Analogamente preparate anche la crema pasticcera - se scopro che avete comprato uno di quei preparati per la crema istantanea, vi tolgo il saluto - seguendo la mia ricetta o la vostra.

Tanto che la frolla si riposa in frigorifero e la crema si fredda, prendete il cioccolato fondente - usatene uno con una percentuale di cacao non troppo alta, direi intorno al 55%-60%, altrimenti il suo gusto amaro prevarrà sul tutto - e, usando un coltello a lama grande, ricavatene delle piccole scaglie, che possano meglio sciogliersi durante la cottura in forno.

Prendete poi una teglia da dolci, che abbia il bordo non troppo alto, e imburratela (ricordatevi che, per le preparazione a base di frolla, la teglia va trattata solamente con il burro, senza usare la farina).

Tornate alla frolla, stendetela sul piano di lavoro, cercando di ottenere uno spessore di circa tre o quattro millimetri, poi foderateci la teglia, avendo cura di risalire su tutto il bordo, che poi rifilerete con un coltello, in modo che questo sia a filo con quello della teglia.

Distribuite il cioccolato fondente sul fondo della frolla, facendone uno strato omogeneo, poi versate lentamente e delicatamente la crema, in modo che questa, cadendo, non sposti il cioccolato.

Se avete trovato la cannella in bacche (non ho idea se questo sia il termine giusto, ma tant'è), allora rompetela grossolanamente e poi mettetela, insieme al sale grosso, in un macina pepe, che userete per distribuire sale e cannella sopra alla crema, facendone uno strato omogeneo ma naturalmente non compatto né spesso, altrimenti otterreste dai profumi e sapori troppo pronunciati.

Se avete invece la cannella in polvere, allora macinate prima il sale, sempre sopra la crema, e poi aggiungete un paio di pizzichi di cannella, sempre seguendo quanto detto più sopra.

Per ultimo i pinoli, con i quali coprirete completamente lo strato sottostante, in modo che questi siano di fatto a filo con l'estremità superiore dei bordi della sfoglia.

Infornate a 180° per circa quaranta minuti, poi tirate fuori la crostata e fatela freddare a temperatura ambiente, quindi estraetela dalla teglia e mettetela in luogo fresco o in frigorifero, in modo che la crema possa compattarsi.

Impiattate, dando una spolverata di zucchero a velo - lo zucchero a velo va aggiunto solo al momento di portare in tavola - poi guarnite come meglio credete e portate in tavola.

Buon appetito.

22 dicembre 2014

Le mie ricette - Spaghetti con ragù di anatra in bianco all’Armagnac e ginepro, con crema di patate al parmigiano



Tutto sommato, niente di che, visto che si tratta di una piuttosto classica pasta condita con un ragù di anatra, rigorosamente in bianco, come piace a me.

Il tutto è nato dalla presenza nel frigorifero di un petto di anatra, che quando lo trovo, lo compro, senza mai sapere bene cosa farci e così, non di rado, lì rimane fino alla sua morte naturale.

Questa volta, visto che mia figlia mi chiedeva da tempo una pasta al ragù, mi sono orientato in tal senso, preparando un ragù bianco, sfumato durante la sua iniziale rosolatura con l’Armagnac e profumato con le bacche di ginepro.

Ho poi aggiunto un crema di patate al parmigiano reggiano, che ho usato come base per l'impiattamento, piuttosto che unirla direttamente durante la mantecatura finale della pasta.

Ingredienti (per 6 persone)

Per la pasta
  1. Mezzo chilo di spaghetti
  2. Mezzo chilo di polpa di anatra
  3. Mezzo bicchiere di Armagnac
  4. Mezza carota
  5. Mezza cipolla
  6. Mezza costa di sedano
  7. Un cucchiaio raso di bacche di ginepro
  8. Brodo vegetale leggero (carota, sedano e cipolla)
  9. Tre cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato (vedi dopo)
  10. Olio extravergine di oliva
  11. Sale e pepe
Per la crema di patate
  1. Due patate a pasta gialla di medie dimensioni
  2. Brodo vegetale leggero (carota, sedano e cipolla)
  3. Due cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale e pepe bianco

Preparate per prima cosa almeno un litro di brodo vegetale leggero, che vi servirà sia per la crema di patate che per bagnare il ragù durante la sua cottura.

Pulite quindi le verdure e mettetele in una pentola e coprendole con acqua fredda, nella misura di circa un litro e mezzo, in modo da compensare la sua evaporazione e ritrovarvi alla fine con la quantità desiderata.

Salate leggermente con del sale grosso e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, facendo cuocere, da quando l'acqua prende il bollore, per un'ora e mezzo, togliendo poi le verdure e, se vi sembra il caso, filtrando il tutto, in modo da eliminare ogni residuo solido e tenendo poi il brodo in temperatura, lasciandolo sul fuoco con la fiamma al minimo.

Prendete il petto d’anatra ed eliminatele con cura la pelle, quindi tagliate la polpa in piccoli dadini - volendo, se lo avete, potete anche macinare la carne come si fa per il ragù tradizionale, anche se a me piace più l’idea di usare i dadini - e tenetela momentaneamente da parte.

Preparate le verdure per il soffritto, tritando al coltello la carota, la cipolla e il sedano, ma senza esagerare nella loro finezza, dato che il soffritto vuole una dimensione, piccola si, ma con le singole verdure chiaramente distinguibili.

Prendete le bacche di ginepro e, usando un coltello, rompetele più o meno a metà, in modo che il loro profumo possa poi trasferirsi al ragù. Mettete le bacche in un cuoci spezie o, se non lo avete, in uno di quei filtri in metallo per preparare il the o, ancora, se non avete nemmeno quello, avvolgetele in un paio di garze, che poi chiuderete con un pezzo di spago da cucina in modo da ottenere una sorta di sacchetto (se non avete nemmeno la garza, andate a cena al ristorante).

Scegliete una casseruola di dimensione adatta alla quantità di carne, metteteci quattro cucchiai di olio extravergine di oliva, le verdure appena tritate e portatela sul fuoco, a fiamma minima e, meglio ancora, usando una retina spargi fiamma.

Fate appassire le verdure, che non devono prendere colore, per almeno una decina di minuti, quindi unite la polpa di anatra, alzate la fiamma e fatela rosolare per circa cinque minuti, girando spesso in modo che la carne possa sentire il calore in modo uniforme.

Quando la carne è rosolata, salatela e pepatela, poi unite l’Armagnac e fatelo sfumare, quindi coprite a filo con il brodo, unite il cuoci spezie con le bacche di ginepro, coprite con il coperchio, regolate la fiamma al minimo possibile e fate cuocere per circa due ore e mezza, controllando di tanto in tanto la presenza del fondo di cottura e, nel caso, aggiungendo poco brodo alla volta.

Tanto che il ragù è in cottura, dedicatevi alla crema di patate, pelando e tagliando a pezzi queste ultime e lavandole sotto l'acqua corrente - per questa preparazione è importante eliminarne l'amido, che altrimenti renderebbe collosa la crema - mettendole infine in una casseruola, copriteli con abbondante brodo e portate la casseruola sul fuoco, con il coperchio.

Fate cuocere fino a quando i pezzi di patata non saranno morbidi, momento nel quale li scolerete, mettendoli ancora bollenti nel bicchiere del frullatore, potendo usare sia quello tradizionale che a immersione.

Unite il parmigiano grattugiato, due cucchiai di olio extravergine e un mestolo scarso di brodo - non quello dove hanno cotto le patate, ovviamente - quindi fate andare il frullatore alla massima velocità, in modo da ridurre il tutto in una crema piuttosto fluida, con il parmigiano perfettamente amalgamato grazie alla temperatura del composto.

Tenete presente che la patata tende ad assorbire parecchio liquido, per cui tenete il brodo a portata di mano in modo da usarlo quando serve.

Se usate il frullatore ad immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria alla crema, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Quando la densità è quella voluta, regolate di sale, date una macinata di pepe bianco, poi fate andare il frullatore per un'ultima volta, mettendo infine la crema da parte e tenendola al calduccio.

Tornate al ragù e, trascorso il tempo, togliete il coperchio, rimuovete il cuoci spezie con il ginepro e fate ridurre il fondo di cottura, in modo che questo risulti ben denso e composto quasi esclusivamente dai succhi rilasciati dalla carne durante la cottura.

Mettete sul fuoco l’acqua per la pasta, salandola con del sale grosso e, quando è a bollore, buttate la pasta, facendola cuocere mantenendola ben al dente.

Tanto che la pasta cuoce, prendete una padella nella quale mantecherete la pasta e travasateci il ragù, tenendo il tutto in temperatura, in modo da essere pronto quando scolerete la pasta.

A pochi minuti dalla fine cottura della pasta, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua di cottura, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, quindi riportatela sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte e, se avete scelto di usarlo, il parmigiano (io non l’ho aggiunto, dato che questo è già presente nella crema di patate, ma voi naturalmente fate come meglio credete).

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Spegnete e impiattate rapidamente, distribuendo un mestolo di crema di patate sul fondo di ciascun piatto e poi delicatamente la pasta, dando infine un leggero giro di olio extravergine.

Guarnite come meglio credete, poi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.


Buon appetito.

21 dicembre 2014

Le mie ricette - Mazzancolle in panatura di pistacchi, con chutney piccante di fichi d'India e peperoni



Dopo aver visto il prezzo delle mazzancolle, che languidamente mi guardavano dal banco del pesce, ho fatto due conti e ho capito che ne potevo prendere giusto qualcuna, a meno di non dover accendere un mutuo direttamente alle casse.

Tornato a casa, dopo lungo pensare, ho deciso di prepararle in una sorta di celebrazione della splendida Sicilia, usando come elementi principali i pistacchi e fichi d'India.

Con i pistacchi ho preparato una sorta di farina, nella quale ho panato e fritto le mazzancolle, mentre con fichi d'India e peperoni ci ho fatto un chutney leggermente piccante.

La preparazione è piuttosto semplice e veloce, con la sola eccezione del chutney, che richiede almeno un'ora di cottura. Naturalmente potete deciderne di farne in quantità maggiore, in modo da usarlo in seguito per altre preparazioni, visto che il chutney, se ben conservato, dura tranquillamente un mesetto.

Ingredienti (per 4 persone)

Per le mazzancolle
  1. Sedici mazzancolle
  2. Un etto di pistacchi sgusciati e non salati
  3. Un uovo (due se volete stare tranquilli)
  4. Olio per friggere (oliva o arachide)
  5. Sale
Per il chutney
  1. Tre fichi d'India
  2. Mezzo peperone rosso
  3. Un pezzetto di peperoncino
  4. Un pizzico di paprika forte
  5. Due cucchiai di zucchero di canna
  6. Quattro cucchiai di aceto di vino bianco o di mele
  7. Sale e pepe bianco

Senza dubbio partite con la preparazione del chutney, che come già detto potete anche fare con giorni di anticipo.

Ora, se avete mai maneggiato un fico d'India, saprete già di quelle loro simpatiche spinette, praticamente invisibili, che si attaccano alle vostre mani e non se ne vanno mai più, causandovi quella piacevolissima sensazione di puntura perenne che vi porterà alla follia nel giro di poche ore. Quindi, a meno che non sappiate sbucciare un fico usando solo forchetta e coltello, senza mai toccare il fico con le mani - non è facile, ma si può fare - vi consiglio di mettervi un paio di guanti in lattice, che vi consentiranno di lavorare i fichi senza alcun problema.

Bene, avendo preso tutte le cautele, sbucciate i fichi e tagliateli in grossi pezzi, che metterete in un pentolino, meglio se anti-aderente. Pulite poi il peperone, togliendo semi e coste bianche interne, poi tagliatelo a dadini e unite anch'essi nello stesso pentolino.

Sempre con i guanti, mi raccomando, prendete un pezzetto di peperoncino, scegliendolo della varietà che preferite e nella relativa quantità in base alla piccantezza che volete ottenere - io ho usato un Habanero Red - e unitelo nel pentolino.

Per ultimi aggiungete lo zucchero di canna, l'aceto, la paprika, un pizzico di sale e una macinata di pepe bianco, quindi portate sul fuoco con il coperchio e la fiamma al minimo - se avete una retina spargi fiamma, usatela - facendo cuocere per circa un'ora e, comunque, fino a quando frutta e verdura non saranno molto morbide, quasi sfatte.

Verso la fine della cottura, togliete il coperchio, alzate leggermente la fiamma e fate andare ancora in modo che il fondo di cottura possa restringersi, lasciandovi una sorta di sciroppo ben denso.

Spegnete, fate intiepidire e poi, usando il frullatore tradizionale o quello a immersione, date una rapida frullata - nella preparazione del chutney questa operazione in genere non è prevista, ma tant'è - e poi, usando una chinoise o un colino a rete fitta, setacciate la salsa, in modo da eliminare i semi di fichi d'India e le altre parti eventualmente ancora solide.

Raccogliete il chutney in una ciotolina, fatelo freddare e, se lo avete preparato in anticipo, mettetelo in frigorifero fino a quando non lo userete.

Dedicatevi poi alle mazzancolle, che pulirete, rimuovendo testa, guscio, coda e filamento intestinale, questo provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso delle mazzancolle e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Le teste, se volete, potete tenerle e usarle come elemento di guarnizione commestibile, friggendole in olio bollente prima di friggere le mazzancolle panate.

Mettete poi i pistacchi nel mixer, meglio se quello ad alta velocità che si usa appunto per la frutta secca, facendolo andare fino a quando i pistacchi non saranno ridotti in una sorta di polvere, simile, per dimensione delle singole briciole, al pangrattato, travasandoli poi in un piatto piano.

Prima di procedere con la panatura, prendete una padella per friggere - io uso quasi sempre un wok - metteteci abbondante olio per friggere, e portatela sul fuoco, scaldando l'olio a circa 160°.

E' importante lavorare in parallelo per evitare che le mazzancolle, una volta panate nei pistacchi, rimangano troppo in attesa, cosa che farebbe inumidire troppo la panatura dandovi un risultato non ottimale nella frittura.

Sbattete l'uovo e salatelo leggermente, quindi passateci una alla volte le mazzancolle, facendo in modo che questo le bagni in modo uniforme, fatele sgocciolare in modo da eliminarne quello in eccesso e, infine, passatele nei pistacchi macinati, facendo in modo che questi aderiscano uniformemente sulla loro superficie.

Man mano che le impanate, mettete le mazzancolle su un piatto sul quale avrete messo giusto un velo di pistacchi, in modo non siano a contatto diretto con la superficie del piatto.

Quando l'olio è alla giusta temperatura, e se avete deciso di usarle, friggete per prima cosa le teste delle mazzancolle, così, al naturale, mettendole poi su un piatto, sul quale avrete messo un paio di fogli di carta da cucina o per frittura, e salatele leggermente in superficie.

Passate poi alle mazzancolle, tuffandole delicatamente (mi perdonerete l'ossimoro) nell'olio e facendole friggere da entrambi i lati per non più di un paio di minuti complessivi, altrimenti la panatura si scurirebbe troppo e, peggio, le mazzancolle diverrebbero gommose.

Operate con delicatezza, dato che la panatura di pistacchi aderisce di meno rispetto a quella classica di pane con il conseguente rischio che poi si stacchi dalle mazzancolle al momento di scolarle.

Man mano che sono pronte, mettete le mazzancolle su un piatto, sul quale avrete messo, ancora una volta, un paio di fogli di carta da cucina o per frittura, salandole poi leggermente in superficie.

Bene, non resta che impiattare, disponendo le mazzancolle nei rispettivi piatti e, accanto ad esse, un cucchiaio di chutney.

Guarnite come più vi piace e portate in tavola.

Buon appetito.

19 dicembre 2014

Le mie ricette - Paccheri ripieni di patate, speck e Asiago, con polvere di speck e finta maionese di zucca



Quasi la copia carbone di questa ricetta, preparata per il concorso AsiagoCheeSfida 2014, dove ho solo modificato la seconda cottura dei paccheri, passando dalla loro frittura ad un più tradizionale passaggio in forno, come in un classico timballo.

Il motivo di questa piccola variazione è piuttosto semplice: mi erano avanzati sia i paccheri che il loro ripieno e, piuttosto che farli nello stesso modo, ho preferito variare, anche se di poco.

Rimane dunque il ripieno, fatto con patate lesse, Asiago fresco DOP, una piccola quantità di speck - in questo caso leggermente più abbondante rispetto all’altra preparazione, per avere un gusto più deciso - e un poco di erba cipollina.

Anche l’accompagnamento è lo stesso, con una finta maionese fatta con la zucca gialla e lo zafferano, e con la polvere di speck.

Ingredienti (per 4/6 persone)

Per i paccheri
  1. Venti paccheri
  2. Due etti e mezzo di polpa di patate (vedi dopo)
  3. Un etto di Asiago fresco DOP
  4. Quaranta grammi di speck
  5. Due cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
  6. Dieci fili di erba cipollina
  7. Una punta di noce moscata
  8. Sale e pepe
Per la finta maionese
  1. Due etti di zucca gialla
  2. Due etti di panna liquida
  3. Una bustina di zafferano
  4. Un cucchiaino raso di maizena
  5. Sale e pepe
Per la polvere di speck
  1. Quattro fette di speck

Partite lessando le patate, cosa che farete senza buccia e tagliandole in pezzi, visto che per questa preparazione il loro amido non ci serve.

Mettete quindi le patate in una pentola, copritele con abbondante acqua fredda leggermente salata e portate sul fuoco, con il coperchio, facendo cuocere fino a quando le patate non saranno morbide, momento nel quale le scolerete e le passerete, ancora calde, al passa patate, raccogliendone la polpa in una ciotola, pesandola alla quantità indicata e facendola poi freddare.

Tanto che le patate si freddano, preparate la finta maionese, prendendo la polpa della zucca gialla e tagliandola in pezzi, giusto per farla cuocere prima.

Mettete la zucca in un pentolino, salatela leggermente e aggiungete mezzo bicchiere d’acqua, poi portate sul fuoco, a fiamma minima e con il coperchio, e fate cuocere fino a quando la zucca non sarà ben morbida, cosa che dovrebbe richiedere circa una mezz’ora.

Quando la zucca è pronta, con ancora un poco di fondo di cottura residuo - se questo si riducesse troppo durante la cottura, unite un altro poco di acqua - spegnete e, usando il frullatore tradizionale o quello a immersione, riducete il tutto in crema, lavorando per bene in modo da eliminare ogni residuo solido.

Rimettete la crema di zucca nel pentolino, dopo averlo sommariamente pulito, unite la panna fresca e portate nuovamente sul fuoco, sempre con la fiamma al minimo ma senza coperchio e, dal raggiungimento del bollore, che deve essere leggerissimo, proseguite per un paio di minuti, girando con una piccola frusta.

Trascorsi i due minuti, unite la maizena, setacciandola con un colino a maglie fitte, e lo zafferano, sempre mescolando e proseguendo fino a quando la crema non comincerà ad addensarsi, raggiungendo una densità simile, appunto, a quella di una maionese (ricordatevi che la densità aumenterà con il freddarsi del composto, per cui regolatevi di conseguenza).

Spegnete e fate freddare a temperatura ambiente, girando di tanto in tanto in modo da rompere la pellicina che si formerà in superficie.

Dedicatevi poi alla polvere di speck, prendendo le fette, che devono essere tagliate piuttosto sottilmente, eliminandone la parte grassa e mettendole poi in una teglia nella quale avrete messo un foglio di carta da forno.

Infornate a 100° per una mezz’ora, fino a quando le fette non risulteranno ben secche al tatto, momento in cui le toglierete dal forno e le farete freddare.

Mettete le fette di speck sul tagliere, copritele con un foglio di carta da forno - questa operazione serve ad evitare che lo speck cominci a spargersi per tutta la cucina - e usando un pesta carne o un matterello esercitate una pressione in modo da frantumare lo speck.

Volendo potete poi rifinire il tutto, togliendo la carta da forno e usando un coltello a lama grande, con il quale triterete lo speck come fosse un erbetta.

Prendete ora l’Asiago fresco e tagliatelo in pezzi molto piccoli, che poi possano armonizzarsi bene con le patate e lo stesso fate con lo speck, che metterete sul tagliere e ridurrete in pezzi altrettanto piccoli. Potete sia scegliere di usare uno speck tagliato spesso, ricavandone dei dadini molto piccoli, oppure la classiche fette, che ridurrete prima in sottili striscioline e poi in pezzi.

Mi raccomando, usate una piccola quantità di speck, dato che il suo sapore molto deciso dovrà essere appena percepibile nel ripieno dei paccheri e non, al contrario, prevalere su tutti gli altri.

Tornate alle patate, aggiungendo nella ciotola dove le avete messe l’Asiago e lo speck e poi, per finire, l’erba cipollina tagliata in piccole rondelline (l’erba cipollina, lo sapete, non va mai tritata, ma sempre tagliata). Mi raccomando, non aggiungete l'Asiago se le patate sono ancora calde, dato che la temperatura farebbe fondere il formaggio.

Mescolate per bene, in modo da avere un composto omogeneo, poi regolate di sale e date una leggera macinata di pepe ed una di noce moscata.

Mettete l’impasto in frigorifero, in modo che si raffreddi e diventi ben solido, e dedicatevi alla prima cottura dei paccheri, cuocendoli in acqua a bollore e leggermente salata e mantenendoli ben al dente, cosa che potrete fare riducendo di un venti percento il tempo di cottura indicato sulla loro confezione.

Quando i paccheri sono pronti, scolateli e passateli immediatamente nell’acqua fredda, in modo da interromperne la cottura, quindi fateli asciugare, disponendoli ben separati su un tagliere o su un piatto.

Bene, siamo pronti per il riempimento.

Prendete un pacchero - mi raccomando, delicatezza - poggiatelo in verticale sul piano di lavoro e poi, aiutandovi con un cucchiaino, o meglio ancora con le mani, riempitelo con l’impasto di patate, arrivando fino all’orlo superiore ed esercitando un minimo di pressione, in modo che l’impasto dia una forma perfettamente cilindrica al pacchero, che in genere, per effetto della cottura, tende invece a schiacciarsi, ripetendo il procedimento fino ad esaurire i paccheri o il loro ripieno.

Prendete una teglia e metteteci un foglio di carta da forno sul fondo, che poi ungerete leggermente.

Disponete i paccheri nella teglia, facendone un solo strato e, possibilmente, lasciando un minimo di spazio tra l’uno e l’altro, poi ungeteli leggermente in superficie - potete usare un pennellino o le dita - e distribuiteci sopra il parmigiano grattugiato, facendo cadere su ogni pacchero, in modo che questo ne sia uniformemente ricoperto.

Mi raccomando, è importante ungere i paccheri, sia per evitare che questi secchino troppo durante il passaggio in forno, che per far in modo che il parmigiano vi aderisca alla perfezione.

Infornate i paccheri a 180° per circa venti minuti, in modo che il parmigiano possa sciogliersi ma senza colorirsi (qui è questione di gusti personali, per cui se invece a voi piace la crosticina, operate di conseguenza, ma facendo attenzione a non far seccare troppo i paccheri).

Trascorso il tempo, togliete i paccheri dal forno e lasciateli riposare per cinque minuti. Nel caso un po’ di ripieno fosse uscito dall’interno dei paccheri, potete rimetterlo dentro usando la parte piatta della lama di un coltello, usandola come se fosse una spatola.

Bene, non resta che impiattare, disponendo i paccheri nei rispettivi piatti, secondo la configurazione che più vi aggrada, e accanto a loro un cucchiaio di finta maionese e un cucchiaino di polvere di speck, distribuendo quest’ultima anche sopra ai paccheri, quasi fosse del parmigiano.

Guarnite come meglio credete, portate in tavola e buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: complimenti per questa ennesima prodezza che accompagnerei con un Lagreindel Sudtirol di Tramin.