26 agosto 2014

Le mie ricette - Spaghettoni con coda di rospo, finferli e crumble di pane all'aglio



Trovare i finferli a Roma non è che sia proprio facile, per cui quando li ho visti nel settore frutta  del supermercato sotto il mio ufficio non ho potuto esimermi dal farli disinvoltamente cadere nel carrello.

Poi, colto da una sorta di ritorno al passato e alle mode gastronomiche non troppo felici, mi sono avventurato in una sorta di mare e monti, abbinando ai finferli la coda di rospo.

Completa il piatto un crumble di pane e aglio, che oltre al profumo dona anche croccantezza ad un piatto di per se morbido.

Per quanto riguarda la pasta, infine, ho utilizzato gli spaghettoni del Pastificio Lagano, un pastificio romano recentemente scoperto e i cui prodotti sono oramai una presenza abituale nella mia dispensa.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di spaghettoni
  2. Tre etti di polpa di coda di rospo
  3. Tre etti di finferli
  4. Tre cucchiai ben colmi di mollica di pane
  5. Mezzo bicchiere di vino bianco
  6. Un bel ciuffo di prezzemolo
  7. Mezzo spicchio d'aglio
  8. Olio extravergine di oliva
  9. Sale e pepe

Partite con i finferli, che dovrete pulire con molta pazienza, dato che, come spero sappiate, i funghi non devono mai essere lavati in acqua.

Il mio suggerimento è di tagliare la parte finale del gambo, dove è concentrato il grosso della terra, poi rimuovere dalla parte superiore della cappella gli aghetti di pino ed altre minutaglie e, infine, dare una bella soffiata tra le lamelle, in modo da eliminare anche da lì i residui di bosco.

Prendete poi la coda di rospo e, se già non lo ha fatto il vostro pescivendolo, eliminatene la pelle, sollevandola a partire dalla coda e poi tirando con una certa decisione. Volendo potete usare un coltellino molto affilato, con il quale separerete la pelle dalla polpa, nel caso lo "strappo" risultasse difficile.

Ricavate dalla coda solamente la polpa, scartando quindi la cartilagine centrale ed eventuali altri parti dure, poi pesatela alla quantità indicata e tagliatela in pezzi regolari, idealmente dei cubi di circa un centimetro di lato, anche se non vi dovete preoccupare troppo di forma e misura, dato che la cottura ammorbidirà la coda al punto tale che questa si sfalderà naturalmente in pezzi più piccoli.

Prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere la pasta per la mantecatura finale, metteteci quattro o cinque cucchiai d’olio, i gambi del prezzemolo e portatela sul fuoco

Fate scaldare e soffriggere il prezzemolo per un paio di minuti, quindi toglietelo e unite i finferli. Salateli, pepateli e fateli cuocere, a fuoco vivace, per circa cinque  minuti, quindi unite la coda di rospo, facendola rosolare per un paio di minuti, aggiungendo poi il vino bianco.

Proseguite la cottura a fiamma vivace e senza coperchio, cuocendo la coda di rospo per altri cinque minuti, avendo cura che il fondo si restringa ma non del tutto, lasciandovi un liquido piuttosto denso, che avrà il suo ruolo nella mantecatura finale.

Assaggiate, nel caso regolate di sale, quindi spegnete e mettete da parte, con il coperchio.

Proseguite con la preparazione del crumble di pane e aglio, mettendo la mollica nel mixer - scegliete un pane casareccio che ne abbia una ben compatta - facendolo andare alla massima velocità, fino a quando la mollica non si sarà ridotta in piccole briciole.

Raccogliete la mollica in una ciotola e, usando una grattugia a lama molto fine - perfetta questa della Microplane - grattugiate il mezzo spicchio d'aglio, mescolando poi per bene in modo che questo si armonizzi con il pane.

Prendete un padellino, meglio se anti-aderente, metteteci due cucchiai d'olio extravergine e portatelo sul fuoco, a fiamma media, poi quando l'olio sarà ben caldo, unite la mollica di pane, facendola saltare e girandola, in modo che tutte le briciole possano sentire il calore in modo uniforme.

Quando la mollica avrà preso un bel colore dorato scuro, prendetela con un mestolo bucato e travasatela su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi va, ripassate prima la teoria - salatela e portatela sul fuoco e, quando sarà a bollore, unite la pasta, facendola cuocere, ma mantenendola al dente.

Mentre la pasta cuoce - gli spaghettoni hanno un tempo di cottura piuttosto lungo - prendete le foglie del prezzemolo e tritatele piuttosto finemente con il coltello.

A pochi minuti alla fine della cottura della pasta, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, quindi riportatela sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo, quindi spegnete, unite il prezzemolo tritato e i 3/4 del crumble di pane, dando un'ultima e veloce mescolata.

Impiattate rapidamente, distribuendo il crumble rimanente su ogni porzione e guarnendo come meglio credete, poi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.

Buon appetito. 

21 agosto 2014

Le mie ricette - Sgombro brulèe con fagiolini lessati, paté di pomodorini ciliegino e mandorle tostate al sale



Liberamente e spregiudicatamente ispirato ad un piatto del grande Chef  Giulio Terrinoni del ristorante "Acquolina", ecco un sgombro saltato in padella, con una nota di dolcezza data dallo zucchero di canna caramellato, esattamente come si fa normalmente per la creme brulèe (anticipo subito che vi servirà un caramellatore).

Ad accompagnare il pesce, i fagiolini lessati e tenuti ben al dente, un paté di pomodorini datterino e, per finire, delle mandorle pelate tostate in padella con del sale marino, nello specifico quello delle Saline di Cervia.

Completano il tutto un filo di olio extravergine di oliva e qualche fiocco di sale - ho usato quelli della Falksalt - che al gusto creano un bel contrasto con la dolcezza della caramellatura.

In conclusione, direi un piatto estivo con sapori ben in contrasto tra di loro.

Ingredienti (per 4 persone)

Per lo sgombro
  1. Uno sgombro piuttosto grande
  2. Una ventina di fagiolini
  3. Due cucchiai di zucchero di canna
  4. Due cucchiai di mandorle pelate
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale marino
  7. Pepe bianco
Per il paté di pomodorini
  1. Una ventina di pomodorini datterino
  2. Sale, meglio se integrale
  3. Zucchero semolato
  4. Olio extravergine d'oliva

Partite con la preparazione del paté di pomodorini, tagliandoli a metà, nel verso della lunghezza, eliminando i semi e la parte acquosa interna e mettendoli poi su una teglia, sul fondo della quale avrete messo un foglio di carta da forno.

Disponete i pomodorini, con la parte tagliata rivolta verso l’alto, salandoli con del sale fino e dando una spolverata di zucchero, che aiuterà a ridurre la loro componente acida e, allo stesso tempo, ad accentuare la loro dolcezza.

Infornate a circa 90° per circa un’ora e mezza e comunque fino a quando non vedrete che i pomodorini si saranno "raggrinziti", segno che l'acqua contenuta al loro interno è in buona parte evaporata.

Più o meno verso la metà del tempo di cottura complessivo, girate i pomodorini, rivolgendo la parte tagliata verso il basso, in modo che l'acqua che si sarà raccolta al loro interno possa colar via.

Quando i pomodorini sono pronti, tirateli fuori dal forno e fateli freddare, poi, usando il frullatore tradizionale o il Minipimer, frullateli insieme ad un paio di cucchiai di olio extravergine, fino ad ottenere un composto cremoso, simile appunto alla consistenza di un classico paté, con solo alcune tracce residue dei pezzi di pomodorino, pezzi che accentueranno il carattere rustico della preparazione.

Nel caso vi accorgeste che il paté contiene ancora un residuo acquoso, mettetelo in un colino a maglie molto fitte, che poggerete su di un recipiente, in modo che l'acqua possa colare via, lasciandovi un paté molto denso.

Preparato il paté, dedicatevi ai fagiolini, che laverete e poi ne eliminerete le due estremità.

Portate a bollore abbondante acqua leggermente salata e poi tuffateci i fagiolini, facendoli cuocere per circa sei minuti - regolatevi anche in funzione del loro diametro -  in modo che rimangano ben croccanti.

Tanto che i fagiolini vanno, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando i fagiolini sono cotti, prelevateli con un mestolo bucato e travasateli nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde brillante, poi scolateli e fateli asciugare.

Dopo i fagiolini, le mandorle, che metterete in un padellino anti-aderente insieme ad un cucchiaino di sale marino macinato al momento.

Portate il padellino sul fuoco, a fiamma media, fate scaldare e proseguite, girando spesso, fino a quando le mandorle non cominceranno ad assumere un bel color bruno tenue, segno che la tostatura procede come si deve. E' importante girare con continuità in modo che il sale possa aggrapparsi a tutta la superficie delle mandorle.

Spegnete e fate freddare le mandorle su un piatto e non nella padella, dato che il suo calore residuo potrebbe continuare il processo di tostatura oltre il giusto.

Per ultimo lo sgombro, che per prima cosa dovrete sfilettare.

Procuratevi quindi un coltello a lama lunga, sottile, flessibile e molto affilata, poi incidete lo sgombro all’altezza della coda, con un taglio perpendicolare alla sua lunghezza, quindi ruotate il coltello in modo che la lama sia a contatto con la lisca centrale e, infine, percorrere tutta la loro lunghezza fino ad arrivare alla testa, sempre mantenendo la lama a contatto con la lisca e facendo un altro taglio perpendicolare in modo da separare definitivamente il filetto dal resto del pesce.

Girate poi lo sgombro e procedete nello stesso modo anche per il secondo lato e il gioco è fatto.

Eliminate le lische residue, localizzando lungo la parte centrale e possibilmente usando le pinzette apposite, quindi rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto, eliminando poi anche quella parte di carne più rossa, vicina alle viscere, che di solito ha un gusto forte e amaro.

Mettete infine i due filetti sul tagliere e tagliateli a metà, ricavando quindi quattro pezzi che costituiranno le quattro porzioni, lasciando la pelle al suo posto, dato che poi questa la renderete croccante durante la cottura in padella.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con quattro cucchiai d’olio e portatela sul fuoco, a fiamma media e senza coperchio, fino a quando l'olio non sarà ben caldo, quindi unite i filetti di sgombro, con la parte della pelle a contatto con il fondo della padella.

Esercitate una leggera pressione sui filetti per il primo minuto di cottura, poi abbassate la fiamma e, sempre senza coperchio, proseguite la cottura, fino a quando la parte superiore dei filetti, quella più distante dal fondo della padella, non avrà cambiato colore, passando da un rosso molto scuro ad un rosa mediamente intenso.

Salate e pepate lo sgombro solamente nella fase finale della cottura, poi, quando lo sgombro è pronto, toglietelo dalla padella e mettetelo sul tagliere, con la pelle rivolta verso l'altro.

Prendete lo zucchero di canna e fate un sottile ma omogeneo strato su ogni pezzo di sgombro, poi usando il caramellatore fatelo fondere, fermandovi prima che lo zucchero si scurisca troppo, esattamente come si fa appunto per la creme brulèe.

Impiattate rapidamente, mettendo per prima cosa i fagiolini, sui quali farete colare un leggerissimo filo di olio extravergine e salandoli nel caso non lo fossero abbastanza, poi disponete lo sgombro, con la caramellatura rivolta verso l'altro e, per finire, un cucchiaino di paté di pomodorini, che io ho messo direttamente sul pesce, ma che voi potrete in alternativa mettete a fianco ad esso, in modo da lasciare completamente a vista la caramellatura.

Completate con le mandorle tostate al sale e portate in tavola.

Buon appetito. 

16 agosto 2014

Le mie ricette - Piccoli crostini con tartare di vitello, formaggio di capra, noci e zucchine grigliate



Mentre bighellonavo all'aeroporto di Madrid, in attesa di tornare a casa dopo cinque giorni di training intensivo - no, magari, parlo del mio lavoro vero - ho adocchiato un formaggio di capra in uno dei tanti Duty Free e, più per curiosità che per altro, l'ho preso.

Tornato a casa ho scoperto che mai acquisto era stato più felice, dato che il formaggio era veramente buono, tanto da ispirarmi questa ricetta, che più che un vero e proprio piatto direi che è qualcosa da servire durante l'aperitivo.

La base è una tartare fatta con il filetto di vitello, poi arricchita con le noci e condita con del timo fresco e con una semplice emulsione di olio extravergine di oliva.

La tartare ho poi deciso di servirla su dei crostini di pane - lo ammetto, più che altro per poterla mangiare seduto davanti alla TV - arricchendola con, appunto, delle sottili fettine del formaggio di capra spagnolo e con delle zucchine romanesche grigliate.

Naturalmente voi potete usare un altro tipo di formaggio, magari sempre di capra, ma di origini nostrane.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Due etti e mezzo grammi di filetto di vitello
  2. Due zucchine romanesche
  3. Otto fette di pane casareccio, non troppo grandi
  4. Quaranta grammi di formaggio di capra semi-stagionato
  5. Sessanta grammi di gherigli di noce
  6. Un rametto di timo fresco
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Aceto balsamico (vero)
  9. Sale e pepe

Piccola premessa sulla carne, che oltre ad essere di qualità e tagliata poco prima di usarla, vi dovete far lasciare intera dal vostro macellaio, resistendo alla tentazione di farvela macinare, cosa che lui, quando avrà saputo che ci volete fare una tartare, probabilmente vi chiederà. Vi assicuro, invece, che una tartare fatta con la carne tagliata al coltello è tutta un'altra cosa.

Prendete quindi la carne, eliminate con particolare cura tutti i residui di grasso, poi cominciate a tagliarla in piccoli pezzi, che ridurrete via via in dimensione, usando un coltello a lama grande e ben affilata, con il quale taglierete e batterete la carne.

La consistenza finale sceglietela voi, a seconda del vostro gusto, potendo andare da una sorta di battuto, con pezzi quindi molto piccoli, quasi una sorta di macinato, fino ad una consistenza maggiore, con la carne ridotta in piccoli dadini, ciascuno dei quali sia però chiaramente identificabile.

Mettete la carne in una ciotola, poi aggiungete i gherigli di noce, che ridurrete grossolanamente in pezzi usando un coltello a lama grande e data una prima mescolata.

Preparate l'emulsione di olio extravergine e balsamico, orientandovi su una proporzione di tre parti di olio ed una di balsamico, ricordando che quest'ultimo deve essere tale, motivo per cui vi suggerisco, come faccio sempre, di investire una quindicina di euro per comprarvi un aceto balsamico, dai 3 ai 5 anni di invecchiamento, piuttosto che risparmiare per comprarsi quelle melasse in vendita nei supermercati.

Emulsionate per bene e poi, agendo rapidamente per evitare che l'emulsione si smonti, versatela sulla tartare e mescolate di nuovo per armonizzare il tutto.

Aggiungete una macinata di pepe bianco, senza esagerare, mescolando nuovamente e per l'ultima volta. Per il momento non aggiungete il sale, che invece unirete all'ultimo momento, prima di comporre i crostini.

Coprite la ciotola con un foglio di pellicola trasparente e tenetela in luogo fresco, ma non in frigorifero, quindi dedicatevi alle zucchine, lavandole, eliminandone le parti iniziale e finale e poi, meglio se con una mandolina, tagliandole a fette nel senso della lunghezza, cercando di farle tutte dello stesso spessore, di circa un paio di millimetri.

Prendete poi una padella anti-aderente o una bistecchiera - preferisco usare quest'ultima, in modo da avere le classiche righe sulle zucchine, che rafforzano il concetto di grigliatura - metteteci un paio di cucchiai d'olio extravergine e portatela sul fuoco e, quando l'olio è caldo, unite le fette di zucchine, ben separate tra loro, e fatele cuocere su entrambi i lati, fino a quando non si saranno colorite al punto giuste, salandole e pepandole solo verso fine cottura.

Spegnete, togliete le zucchine e fatele riposare su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, in modo che l’olio residuo venga assorbito.

Tagliate le fette di pane casareccio, ad uno spessore non eccessivo, poi tostatele nel tostapane, in forno o dove preferite, considerando comunque che dovranno risultare croccanti all'esterno, ma con la mollica interna ancora morbida.

Riprendete la tartare e salatela, meglio se con del sale integrale macinato al momento - io uso il sale delle Saline di Cervia - mescolate e distribuitela sopra i crostini.

Tagliate il formaggio a fette sottili, poi sbriciolatele con le mani - il formaggio di capra, almeno quello che ho usato io, ha una consistenza piuttosto friabile - e distribuite il formaggio sui crostini.

Riprendete infine le zucchine e tagliate ciascuna fetta, con tagli diagonali, in due o tre pezzi, che poi distribuirete anch'essi sopra ai crostini.

Guarnite come più vi piace, poi fate colare un leggerissimo giro d'olio extravergine a crudo e portate in tavola.

Buon appetito. 

11 agosto 2014

Le mie ricette - Marmora croccante, con cipollotti in pastella e vellutata di pomodoro



Dopo averla usata per questa ricetta, ecco di nuovo la Marmora (o Mormora, che dir si voglia).

Questa volta, però, l'ho sfilettata e saltata in padella, dal lato della pelle, in modo da farla diventare croccante, accompagnandola poi con dei piccoli cipollotti freschi, che per continuare sul tema della croccantezza, ho fritto con una pastella a base di farina di riso.

Ad accompagnare il piatto, con una nota di morbidezza che contrasta con il resto, una vellutata fatta con pomodoro fresco e panna e qualche goccia di olio al basilico, che ben si sposa con il pomodoro e dona una nota profumata.

Ingredienti  (per 4 persone)

Per le marmore
  1. Quattro piccole marmore
  2. Uno spicchio d'aglio
  3. Qualche gambo di prezzemolo
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale e pepe bianco
Per i cipollotti
  1. Otto cipollotti freschi
  2. Farina di riso
  3. Acqua minerale gassata
  4. Un pizzico di lievito secco, per pane
  5. Olio per friggere (oliva o arachide)
  6. Olio extravergine di oliva
Per la vellutata di pomodoro
  1. Quattro pomodori rossi e maturi (io ho usato quelli a grappolo)
  2. Due etti di panna fresca
  3. Sale e pepe bianco
Per l'olio al basilico
  1. Una ventina di foglie di basilico
  2. Olio extravergine di oliva

Partite con l'olio al basilico - che preparerete in quantità abbondante per la ricetta, tanto poi lo potrete usare anche per altre preparazioni -  mettendo le foglie di quest'ultimo e otto cucchiai di olio extravergine nel frullatore, facendo poi andare alla massima velocità per una ventina di secondi, giusto il tempo di tritare il basilico e armonizzarlo con l’olio.

Lasciate riposare l'olio almeno per un'oretta - potete anche farlo il giorno prima, comunque - in modo che il basilico possa cedergli i suoi profumi, poi filtratelo usando un colino a maglie fitte, senza preoccuparvi troppo se qualche piccolo pezzo di basilico supererà le maglie, finendo nell'olio.

Mettete l'olio da parte e preparate la, diluendo la farina di riso con l'acqua gassata e aggiungendo un pizzico di lievito, ottenendo una pastella piuttosto densa, che possa rimanere ben attaccata ai cipollotti.

Mettete la pastella in frigorifero e dedicatevi alla vellutata, tuffando per prima cosa i pomodori in acqua a bollore - spegnete la fiamma prima di immergerli - e lasciandoceli per un paio di minuti, giusto il tempo di permettere alla loro buccia di staccarsi.

Scolate i pomodori, fateli intiepidire, sbucciateli, tagliateli a spicchi e, infine, rimuovete semi e parte acquosa interna.

Passata la polpa al passa pomodoro, usando un disco con i fori piccoli, raccogliendola direttamente in un pentolino, dove poi aggiungerete anche la panna, un pizzico di sale e una leggera macinata di pepe bianco.

Un'alternativa, più rapida, è quella di frullare la polpa dei pomodori insieme alla panna, anche se così facendo quest'ultima inevitabilmente tenderà a montare, cosa che vi obbligherà a frullature veloci ma brevi, per evitare di trovarvi con una sorta di burro. In ogni caso non preoccupatevi, dato che quando porterete sul fuoco il calore farà nuovamente ammorbidire la panna.

Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma bassa, mescolando con una frusta per amalgamare i due ingredienti, portando il tutto a bollore leggerissimo, che farete proseguire per circa cinque minuti, in modo da consentire alla vellutata di restringersi un pochino.

Quando siete soddisfatti spegnete e fate intiepidire, dando ogni tanto una girata in modo da rompere la pellicola che sicuramente si formerà in superficie, quindi dedicatevi allo sfilettamento delle marmore - se siete bravi e convincenti, potete sperare nella misericordia del pescivendolo e farvele sfilettare da lui - operazione per la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza, dato che sfilettare il pesce, se non l'avete mai fatto, non è proprio semplicissimo.

Usate un coltello piuttosto piccolo, con la lama flessibile e ben affilata, poi prendete le marmore e tagliategli via le teste, in modo che il corpo poggi meglio sul tagliere.

Partendo dalla coda, incidete la polpa e,tenendo la lama del coltello a contatto con la lisca centrale, tagliate per tutta la lunghezza, mantenendo sempre il coltello ben a contatto con la lisca, fino ad uscire dalla parte della testa.

Girate il pesce e ripetete per l'altro lato. Tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.

Usando un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Mettete ora i filetti su un tagliere e dividete ciascun filetto in due pezzi, facendo un taglio obliquo, così da ottenere quattro pezzi da ciascuna marmora. Ovviamente non dovrete eliminare la pelle.

Pulite anche i cipollotti, eliminando la parte verde del gambo e togliendo lo strato superficiale, poi tagliate a metà, nel verso della lunghezza, i cipollotti più grandi, mentre quelli piccolini potrete friggerli tutti interi.

Bene, ci siamo, essendo arrivato il momento della cottura, che dovrete fare in parallele - pesce e cipollotti - visto che entrambi soffrirebbero di un eccessivo riposo dopo la cottura, in attesa di essere mangiati.

Prendete due padella, una delle quali anti-aderente, e mettete in questa quattro cucchiai di olio extravergine, lo spicchio d'aglio sbucciato e leggermente schiacciato e i gambi del prezzemolo, mentre nell'altra l'olio per friggere.

Prima di portarle sul fuoco controllate la temperatura della vellutata e, se fosse troppo fredda, scaldatela quanto basta a renderla tiepida.

Portate entrambe le padelle sul fuoco e quando l'olio della padella per la cottura rosolata è caldo e aglio e prezzemolo staranno già sfrigolando, unite i filetti di marmora, con la pelle a contatto con la padella, regolate la fiamma a livello medio e fate andare senza coperchio.

Tenete sotto controllo l'olio per la frittura e nel frattempo immergete i cipollotti nella pastella, avendo cura che questa li ricopra in modo omogeneo, poi, quando l'olio ha raggiunto i 180°, immergeteli delicatamente, in modo che la pastella non si sposti, cosa che avverrebbe se li tuffaste con troppa irruenza.

Fate friggere fino a quando la pastella non si sarà dorata, tenendo nel frattempo sempre sotto controllo la marmora in rosolatura, quindi prelevateli con un mestolo bucato e trasferiteli in un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Salate leggermente i cipollotti appena fritti, poi controllate il pesce in padella, che nel frattempo dovrebbe essere arrivato a fine cottura, con la sua pelle diventata bella croccante. Salatelo e pepatelo leggermente, quindi spegnete la fiamma.

Ce l'abbiamo fatta e non resta che impiattare, disponendo i filetti di marmora e i cipollotti nei piatti - suggerisco di non usare quelli piani - e poi facendo colare delicatamente la vellutata sul fondo, in modo che scendendo si disponga tutt'intorno a pesce e cipollotti (se mettete prima la vellutata, poi diventa complicato disporre gli altri ingredienti, dato che questi scivolerebbero su di essa, bagnandosi e perdendo la loro croccantezza).

Fate cadere qualche goccia di olio al basilico sulla vellutata, quindi guarnite come meglio credete e portate in tavola

Buon appetito.

7 agosto 2014

Gamberi rossi marinati in olio al limone, lime ed erbette di stagione, con sorbetto di pesca bianca e menta e crumble di pane all’erba cedrina



Piccola rivisitazione e semplificazione di questa ricetta, preparata più che altro per aver trovato una rimanenza di gamberi rossi sul banco del pesce, che mi sono stati offerti - eravamo quasi a fine giornata - a prezzi di realizzo.

Poi, tanto per prendere un minimo di distanza da una classica preparazione a crudo, ho deciso di far marinare i gamberi per circa sei ore in una emulsione a base di olio e limone, aromatizzata con un mix di erbette fresche, come timo, maggiorana ed erba cedrina, quest’ultima usata anche per profumare il crumble di pane.

Infine, per creare contrasto e aggiungere una ulteriore nota di freschezza, ho accompagnato i gamberi con un sorbetto di pesca bianca, profumato con la menta fresca.

Concludo dicendovi che sarebbe bene usare uno stampo di silicone per cioccolatini, in modo da poter dare al sorbetto una forma più elegante e che meglio si sposa con il piatto.

Ingredienti (per 4 persone)

Per i gamberi
  • Ventiquattro gamberi rossi
  • Un rametto di timo fresco
  • Un rametto di maggiorana fresca
  • Quattro foglioline di erba cedrina
  • Un paio di fogli di pane carasau (opzionale)
  • Due piccoli limoni
  • Olio extravergine di oliva
  • Un cucchiaino di grani di pepe nero
  • Sale marino
Per il crumble di pane
  • Due fette di pane casareccio
  • Quattro foglioline di erba cedrina
  • Olio extravergine di oliva
Per il sorbetto di pesca e menta
  1. Un etto e mezzo di polpa di pesca bianca
  2. Cinque foglioline di menta fresca
  3. Un etto e mezzo di acqua
  4. Ottanta grammi di zucchero semolato

Per prima cosa pulite i gamberi, rimuovendo la testa, il guscio, la coda e il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete i gamberi in una ciotola che possa contenerli senza spreco di spazio, facendo due strati e mettendo, tra l'uno e l'altro, i grani di pepe e le erbette. Non salata i gamberi, cosa che invece farete solo al momento dell'impiattamento.

Spremete i limoni, raccogliendo il loro succo in una tazza, poi aggiungete una eguale quantità di olio extravergine ed emulsionate fino a quanto i due ingredienti saranno, appunto, emulsionati alla perfezione, quindi versate delicatamente l'emulsione sopra i gamberi, avendo cura che questi ne siano completamente ricoperti.

Nel caso l'emulsione preparata non fosse sufficiente, aggiungetene altra, sempre rispettando le proporzioni tra olio e limone.

Coprite la ciotola con un foglio di pellicola trasparente, poi mettetela in frigo per almeno sei ore e, nell'attesa, dedicatevi al sorbetto di pesca e menta, preparando per prima cosa lo sciroppo di acqua e zucchero, cosa che farete mettendo in un pentolino di acciaio l'acqua, lo zucchero e le foglioline di menta.

Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma bassa e, da quando l'acqua raggiunge il bollore, proseguite ancora per un paio di minuti, poi spegnete e fate freddare lo sciroppo.

Tanto che lo sciroppo si fredda, sbucciate le pesche, tagliate a pezzi la polpa, pesatela, prendendo nota del peso, e mettetela nel bicchiere del frullatore, quindi aggiungete un eguale peso di sciroppo - mi raccomando, aspettate che sia freddo - e poi fate andare il frullatore alla massima velocità, almeno per un minuto, in modo da ottenere un composto bello liscio.

Versate il composto negli stampi - il modo più semplice, sempre che l’abbiate, è usare un biberon, in modo da evitare di far colare il composto fuori dagli stampi e poter dosare con precisione la sua quantità - poi metteteli nel freezer, dove dovranno riposare almeno un paio d’ore.

Tanto che il sorbetto beatamente si riposa nel freezer e i gamberi si crogiolano nel frigorifero, preparate il crumble di pane, mettendo la mollica nel mixer - scegliete un pane casareccio che ne abbia una ben compatta - aggiungendo anche le foglie di erba cedrina e facendolo poi andare alla massima velocità, fino a quando la mollica non si sarà ridotta in piccole briciole.

Prendete un padellino, meglio se anti-aderente, metteteci due cucchiai d'olio extravergine, portatelo sul fuoco, a fiamma media, e quando l'olio è ben caldo, unite la mollica di pane, facendola saltare e girandola, in modo che tutte le briciole possano sentire il calore in modo uniforme.

Quando la mollica avrà preso un bel colore dorato scuro, prendetela con un mestolo bucato e travasatela su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Bene, visto che dovrete aspettare il tempo di marinatura dei gamberi, direi che potete tranquillamente sospendere la lettura e dedicarvi ad altro.

Trascorso il tempo che deve trascorrere, tirate fuori i gamberi dal frigorifero e lasciateli a temperatura ambiente per almeno un'altra mezz'ora e nell'attesa, se avete deciso di usarlo, prendete il pane carasau e ricavatene quattro dischi, che userete come base per i gamberi.

Tirate fuori dal freezer il sorbetto, in modo che possa leggermente ammorbidirsi - giusto tre o quattro minuti, non di più - e nel frattempo mettete i dischi di carasau sui rispettivi piatti.

Tornate ai gamberi e, uno alla volta, scolateli dal loro olio, salateli e pepateli leggermente e poi disponeteli delicatamente sui rispettivi piatti, sopra al carasau e scegliendo la configurazione che preferite o, se la fantasia non è della vostra, copiando quella in foto.

Distribuite un poco di crumble sui gamberi, cercando di non farlo cadere al di fuori della base di carasau e, infine, disponete il sorbetto accanto ai gamberi.

Guarnite come meglio credete, poi portate in tavola.

Buon appetito.

5 agosto 2014

Le mie ricette - Rigatoni gratinati al pecorino romano, con ripieno di moscardini



Ogni tanto mi piace riempire la pasta, cosa che normalmente faccio con i paccheri e questa volta, invece, ho fatto con i più classici - almeno a Roma - rigatoni.

Il ruolo di primo attore per il ripieno l'ho assegnato ai moscardini, quelli di Anzio, che inaspettatamente ho trovato sul banco del pesce del supermercato e che ho usato per fare una sorta di ragù, cuocendoli piuttosto a lungo insieme ad un poco di pomodoro, in modo da ottenere una salsa molto ristretta e dal sapore assai deciso.

Ho poi gratinato i rigatoni in forno, cospargendoli con del pecorino romano - come sempre quello di Brunelli - al quale ho aggiunto del prezzemolo tritato.

Per quanto riguarda il pomodoro, potete naturalmente usare quello fresco, come ho fatto io, oppure quello in scatola, nel qual caso suggerisco di preferire i classici pelati piuttosto che la passata.

In definitiva un piatto dal sapore sicuramente deciso e pungete, che ad alcuni potrà sembrare addirittura eccessivo.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di rigatoni
  2. Mezzo chilo di moscardini
  3. Due etti e mezzo di polpa di pomodoro (vedi sopra)
  4. Sei cucchiai di pecorino romano grattugiato
  5. Mezzo bicchiere di vino bianco
  6. Un bel ciuffo di prezzemolo
  7. Uno spicchio d'aglio
  8. Un pezzetto di peperoncino
  9. Olio extravergine di oliva
  10. Sale e pepe

Partite sicuramente la preparazione del ragù di moscardini, che dovrà cuocere piuttosto a lungo.

Rispetto al polpo, il moscardino ha una pelle meno spessa, per cui mi sento di dirvi che non serve eliminare quella in eccesso, cosa che io spesso faccio quando uso il polpo per preparare una salsa.

Per prima cosa, allora, ricavate la polpa di pomodoro, passando questi ultimi al passa pomodoro in modo da eliminarne buccia e semi pesandola poi alla quantità indicata. Se volete fare meno fatica, prima di passarli, tuffate i pomodori per un paio di minuti in acqua bollente, poi scolateli ed eliminate la buccia

Ovviamente, se avete invece deciso di usare pelati in scatola, non dovrete fare altro che frullarli.

Prendete poi una casseruola, metteteci quattro o cinque cucchiai di olio extravergine, lo spicchio d’aglio, sbucciato e leggermente schiacciato, i gambi del prezzemolo e il peperoncino, poi portatela sul fuoco, a fiamma media e senza coperchio.

Fate scaldare l’olio e, quando l’aglio sarà dorato, toglietelo, togliendo anche prezzemolo e peperoncino, quindi aggiungete i moscardini.

Fate rosolare moscardini giusto un minuto, girandoli spesso, poi aggiungete il vino bianco e fatelo evaporare, quindi aggiungete la polpa di pomodoro, abbassate al minimo possibile la fiamma - meglio ancora se avete una retina spargi fiamma - coprite con il coperchio e fate cuocere fino a quando i moscardini non saranno ben morbidi e il ragù ben ristretto, cosa che dovrebbe richiedere circa un paio d'ore.

In attesa della cottura, dedicatevi ad altro, ricordandovi comunque di girare di tanto in tanto il ragù.

Quando il ragù è pronto, spegnete la fiamma, togliete il coperchio e fatelo freddare, avendo cura che questo sia molto denso, tanto da poter essere utilizzato come ripieno, senza timore che coli fuori dai rigatoni. Nel caso invece il ragù vi sembrasse ancora un po' liquido, fatelo andare ancora senza coperchio, in modo da far evaporare ulteriormente la sua componente liquida.

Tanto che il ragù si fredda, dedicatevi ai rigatoni, cuocendoli in abbondante acqua leggermente salata e mantenendoli ben al dente, cosa che potrete fare riducendo di un venti percento il tempo di cottura indicato sulla loro confezione.

Quando i rigatoni sono pronti, scolateli e passateli immediatamente nell’acqua fredda, in modo da interromperne la cottura, poi fateli asciugare, disponendoli ben separati su un tagliere o su un piatto.

Tornate al ragù e, quando è freddo, mettete i moscardini sul tagliere e, usando un coltello con la lama grande e affilata, tagliatelo fino ad ottenere una consistenza simile a quella del classico ragù di carne, con pezzi quindi piccoli ma ancora distinguibili, poi rimetteteli nella casseruola, mescolando nuovamente in modo da reintegrarli nella salsa.

Prendete una teglia, ampia abbastanza da poter idealmente contenere i rigatoni su di un singolo strato o al più su un pio, ungetela leggermente con dell'olio extravergine, giusto un velo, mi raccomando.

Cominciate a riempire i rigatoni, operazione che, data la dimensione della pasta, suggerisco di fare direttamente con le dita piuttosto che con un cucchiaino. Il modo più semplice è quello di chiudere con le dita di una mano una delle estremità del rigatone, mentre con le dita dell'altra inserite il ripieno al suo interno.

Mano a mano che riempite i rigatoni, disponeteli direttamente nella teglia, in orizzontale, mettendoli l'uno a contatto dell'altro, in modo che siano ben stretti, cosa che aiuterà a non far uscire il ripieno.

Quando avete finito, grattugiate il pecorino e unite ad esso il prezzemolo finemente tritato e un macinata di pepe nero, mescolando poi in modo da armonizzare il tutto, poi distribuite il pecorino sopra ai rigatoni, cercando di fare uno strato sottile ma omogeneo e compatto.

Infornate per circa quindici minuti a 200° e comunque fino a quando si sarà formata una leggera crosticina sopra ai rigatoni.

Togliete dal forno, fate riposare giusto cinque minuti, quindi impiattate rapidamente, guarnite come più vi aggrada e portate in tavola.

Buon appetito.

4 agosto 2014

Le mie ricette - Il baccalà nelle sue tre cotture, con i peperoni nelle loro tre emulsioni



Che vi devo dire, amo il baccalà, in tutte le sue forme e in tutte le sue potenziali preparazioni e siccome queste preparazioni sono innumerevoli, questa volta ho voluto in parte concentrarle in un unico piatto.

Tre diverse cotture, a partire da una quenelle fatta con il baccalà mantecato come da disciplinare e al quale ho aggiunto una polvere di pistacchi, proseguendo con un baccalà in pastella - non mi piacciono le mode, per cui dico pastella invece di tempura - fatta con farina di riso in modo da avere maggior croccantezza e un pizzico di leggerezza in più, per finire poi con un baccalà rosolato in padella, con olio e rosmarino, fino a farne diventare ben croccante la pelle.

Poi, visto che tre è il numero magico, ho fatto delle emulsioni di peperone, ciascuna con un peperone di colore diverso, che ho poi usato come accompagnamento del baccalà (no, non mi chiedete il perché degli abbinamenti dei colori, dato che li ho fatti assolutamente d'istinto).

Per quanto riguarda le emulsioni inoltre, vista la poca quantità che ne ho usato, le dosi che vi darò comporteranno un deciso loro avanzo - per poter lavorare l'emulsione una quantità minima è necessaria - che sono certo riuscirete a smaltire in poco tempo, lasciando briglie sciolte alla vostra fantasia.

Ingredienti (per 4 persone)

Per la quenelle di baccalà mantecato
  1. Due etti di baccalà bagnato
  2. Due cucchiai di pistacchi sgusciati, non salati
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale
Per il baccalà in pastella
  1. Due etti di baccalà bagnato
  2. Farina di riso
  3. Acqua minerale gassata
  4. Un pizzico di lievito secco, per pane
  5. Olio per friggere (oliva o arachide)
  6. Sale
Per il baccalà in padella
  1. Due etti di baccalà bagnato
  2. Un bel rametto di rosmarino
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe bianco
Per le emulsioni di peperone
  1. Un piccolo peperone rosso
  2. Un piccolo peperone verde
  3. Un piccolo peperone giallo
  4. Una piccola patata lessa
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale e pepe

Piccola premessa sull'uso del sale, la cui quantità dovrà dipendere dalla sapidità del baccalà, considerando anche la possibilità di non usarlo affatto, nel caso questa sia ben accentuata.

Bene, partite allora con il baccalà, che nel caso fosse ancora salato - si, lo dovete assaggiare crudo - metterete a bagno in acqua corrente, cambiandola spesso, fino a quando il residuo salino non sarà sparito.

Ricavate poi otto pezzi regolari, che userete per la cottura in pastella e per quella in padella, eliminando la pelle solo a quattro di essi, mentre il baccalà per la preparazione della quenelle lo potrete cuocere intero, se volete eliminando la pelle dopo la cottura, cosa sicuramente più facile.

Considerato che lavorerete su pezzi già tagliati, vi suggerisco di eliminare la pelle usando un coltellino a lama sottile e affilata, piuttosto che togliendola con il classico strappo, che fatto su pezzi di quella dimensione rischierebbe di romperli.

Mettete i pezzi di baccalà per la cottura in pastella e in padella nel frigorifero e procedete con la cottura di quello per la quenelle, che dovrà avere il tempo di asciugarsi prima di poterlo usare per la mantecatura.

Se avete l'attrezzo per la cottura a vapore, usatelo e cuocete il baccalà, salandolo leggermente e poggiandolo su un foglio di carta da forno, in modo che il vapore non lo colpisca direttamente dal basso e, soprattutto, per evitare che si attacchi alla griglia di cottura. In alternativa, lessate il baccalà in acqua già a bollore e leggermente salata.

In entrambi i casi, cuocete il baccalà il tempo strettamente necessario per renderlo morbido, visto che, come peraltro il pesce in generale, anche il baccalà non ama le cotture eccessive. Direi che dieci minuti, forse anche qualcosina in meno, dovrebbero essere più che sufficienti.

Quando il baccalà è cotto, scolatelo e mettetelo in corrente d'aria, in modo che l'umidità residua possa evaporare più rapidamente, visto che questa è nemica dell'olio e potrebbe compromettere il risultato finale.

Tanto che il baccalà si crogiola all'aria, procedete con la preparazione delle emulsioni di peperone, che ovviamente preparate separatamente per non mischiare i colori.

Per prima cosa cuocete una patata e, visto che il suo amido ci serve, suggerisco di sbucciarla, tagliarla a pezzi e cuocerla a microonde, alla massima potenza, per circa otto minuti, fino a quando i pezzi non saranno molto morbidi. In alternativa, ovviamente, potrete bollirla in modo classico, mettendola in acqua fredda leggermente salata e portandola sul fuoco.

Per quanto riguarda invece i peperoni, ovviamente il procedimento è sempre lo stesso, a prescindere dal colore, per cui per prima cosa pulite i peperoni, eliminando i semi e le coste bianche interne, poi tagliateli grossolanamente a pezzi e metteteli in tre casseruole, una per ciascun colore, insieme ad un paio di cucchiai di olio extravergine, mezzo bicchiere d’acqua, sale e pepe bianco.

Portate le casseruola sul fuoco, con il coperchio e a fiamma bassa, e cuocete fino a quando i peperoni non saranno ben morbidi - tenete presente che i tempi di cottura saranno leggermente diversi - facendo in modo che il fondo di cottura sia ancora presente, cosa che vi servirà per ottenere la giusta densità dell’emulsione.

Quando i peperoni sono cotti, spegnete la fiamma e fateli freddare e poi, procedendo un'emulsione alla volta, travasateli nel bicchiere del frullatore o nel recipiente apposito se usate quello ad immersione, aggiungete un pezzo di patata - un cubetto di circa un paio di centimetri di lato dovrebbe andar bene - metà del loro fondo di cottura residuo e fate andare alla massima velocità, fino ad ottenere un’emulsione fluida e senza più alcun residuo solido.

Valutate la densità finale e, se vi sembra troppo liquida, aggiungete ancora un pezzetto di patata, mentre se vi sembrasse troppo densa, allungatela con ancora un poco del fondo di cottura.

Se usate il frullatore ad immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria all’emulsione, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Tornate al baccalà, che nel frattempo dovrebbe essersi asciugata, e procedete alla sua mantecatura, mettendolo in una ciotola e lavorandolo rigorosamente a mano - al più potete usare una planetaria, sicuramente non il mixer o il frullatore - mescolando con un cucchiaio di legno, il cui dorso vi aiuterà a rompere il baccalà, e aggiungendo l'olio extravergine a filo, proprio come quando fate la maionese.

La lavorazione dovrà durare almeno una decina di minuti e dovrete incorporare circa otto cucchiai d'olio, fino ad ottenere un baccalà molto cremoso, con i singoli pezzi sicuramente piccoli, ma ancora visibili (questo è il motivo per cui il mixer o il frullatore non vanno bene).

Mettete i pistacchi nel mixer, meglio se quello ad alta velocità, che si usa appunto per la frutta secca, facendolo andare fino a quando i pistacchi non saranno ridotti in una sorta di polvere, simile, per dimensione delle singole briciole, al pangrattato, quando però questo è grattato piuttosto grossolanamente.

Unite la polvere di pistacchi al baccalà, regolate di sale, nel caso servisse, e mescolate nuovamente per un altro minuto, in modo da armonizzare il tutto, poi formate le quenelle nel modo classico, cioè usando due cucchiai e passando l’impasto dall’uno all’altro, in modo da ottenere la classica forma, cosa che richiede un minimo di pratica ma, credetemi, una volta presa la mano vedrete che sarà facile.

Bene, mettete le quenelle in frigorifero e preparate la pastella, diluendo la farina di riso con l'acqua gassata e aggiungendo un pizzico di lievito, ottenendo una pastella piuttosto densa, che possa rimanere ben attaccata al baccalà.

Fate riposare la pastella in frigorifero per almeno una mezz'ora, poi tiratela fuori e dategli un'altra mescolata e preparatevi per le due ultime cotture, che dovrete fare praticamente in parallelo.

Prendete due padelle, una delle quali anti-aderente, e mettete in questa quattro cucchiai di olio extravergine e il rametto di rosmarino, mentre nell'altra l'olio per friggere.

Portate entrambe sul fuoco e quando l'olio della padella per la cottura rosolata è caldo e il rosmarino starà già sfrigolando, unite i pezzi di baccalà, con la pelle a contatto con la padella, regolate la fiamma a livello medio e fate andare senza coperchio.

Tenete sotto controllo l'olio per la frittura e nel frattempo immergete i restanti pezzi di baccalà nella pastella, avendo cura che questa li ricopra in modo omogeneo, poi, quando l'olio ha raggiunto i 180°, immergeteci delicatamente il baccalà, in modo che la pastella non si sposti, cosa che avverrebbe se li tuffaste con troppa irruenza.

Fate friggere fino a quando la pastella non si sarà dorata, tenendo nel frattempo sempre sotto controllo il baccalà in rosolatura, quindi prelevateli con un mestolo bucato e trasferiteli in un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Salate leggermente il baccalà appena fritto, poi controllate ancora quello in padella, che nel frattempo dovrebbe essere arrivato a fine cottura, con la sua pelle diventata bella croccante. Salatelo solo se ritenete che il baccalà ne abbia bisogno, mentre date sicuramente una leggera macinata di pepe.

Bene, ce l'abbiamo fatta e non resta che impiattare, disponendo i tre baccalà nel piatto e accanto a ciascun pezzo un poco di emulsione di peperone, scegliendo l'abbinamento cromatico lasciandovi guidare dalla vostra ispirazione.

Guarnite come meglio credete e portate in tavola

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: sarei tentato di proporre un vino diverso per ogni preparazione, magari un bianco, un rosato e un rosso, ma sarebbe sicuramente poco pratico e fattibile. Scelgo allora un vino bianco del Veneto, un Trebbiano di Soave che a mio avviso si sposa benissimo con questo "pittorico" tris di baccalà: il Massifitti di Suavia.