30 aprile 2015

Le mie ricette - Insalata di carciofo romanesco, pecorino romano e guanciale croccante, al profumo di menta romana



Confesso che non l'avrei preparata se non mi fossero avanzati due bellissimi carciofi romaneschi (detti anche mammole), avanzati per il banale motivo che non mi erano entrati, insieme agli altri, nella casseruola dove avevo deciso di prepararli "alla romana". Direi quindi un classico esempio del detto "non tutti i mali vengono per nuocere".

Visto che avevo poco tempo e la fantasia non è che galoppasse poi molto, ho deciso di usarli per una piccola insalata, dai sapori molto decisi, dove al carciofo crudo ho abbinato il pecorino romano, nella versione riserva di Pitzalis, e il guanciale, reso croccante da un veloce passaggio in padella.

Come condimento, nel pieno rispetto della tradizione romana, un'emulsione di olio extravergine e limone, profumata con la menta romana, compagna indiscussa e fedele del carciofo romanesco.

Mi raccomando di preparare il piatto all'ultimo momento, in modo da ridurre il rischio di ossidazione dei carciofi.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Quattro carciofi romaneschi
  2. Sessanta grammi di pecorino romano
  3. Quattro fette sottili di guanciale
  4. Una ventina di foglioline di menta romana
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Un limone
  7. Sale e pepe bianco

Preparate per prima cosa l'emulsione di olio extravergine e limone, orientandovi su una proporzione di tre parti di extravergine ed una di succo di limone - qui il limone deve sentirsi in modo deciso - aggiungendo poi le foglioline di menta romana finemente tritate al coltello.

Mescolate velocemente, meglio ancora se usando una piccola frusta, in modo da combinare olio e limone, cosa che poi dovrete ripetere al momento di condire, dato che l'emulsione, come sicuramente saprete, non è un composto stabile, ma tende a separarsi.

Prendete poi il pecorino romano e tagliatelo a fettine molto sottili, usando un coltello ben affilato, senza preoccuparvi troppo se qualche fettina si dovesse spezzare, cosa peraltro probabile, dato che, per l'armonia complessiva del piatto, il pecorino non dovrà essere presente in pezzi troppo grandi. In sostanza, quindi,meglio una fettina sottile che si spezza, piuttosto che una più spessa che rimane integra.

Dedicatevi quindi al guanciale, ricavandone delle fette piuttosto sottili, che poi taglierete in striscioline, di circa un centimetro di larghezza, operando nel senso della lunghezza.

Prendete una padella anti-aderente e portatela sul fuoco, senza aggiungere olio o altri grassi, e quando la padella è ben calda, unite il guanciale, senza sovrapporre le singole striscioline e facendole rosolare su entrambi i lati fino a quando non saranno diventate dorate e croccanti.

Vedrete che ci vorranno circa due o tre minuti - mi raccomando, non indugiate troppo con la rosolatura, dato che il guanciale tende ad assumere un gusto amaro in caso di cotture eccessive - durante i quali il guanciale tirerà fuori buona parte del suo grasso, creando un fondo non troppo invitante, che ovviamente non dovrete usare.

Quando il guanciale è pronto, travasatelo su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo che possa asciugarsi ulteriormente dal suo grasso.

Dedicatevi infine ai carciofi, che in questo caso, visto che li utilizzerete a crudo, li pulirete in modo più aggressivo, andando un po' oltre la loro normale pulizia, rimuovendo un numero maggiore di foglie esterne ed eliminando completamente il gambo e buona parte della punta.

Una volta puliti i carciofi, tagliateli a metà, rimuovete l’eventuale barba interna (i pelucchi che si trovano al centro del carciofo) e poi, poggiandoli con la parte tagliata sul piano di lavoro, tagliateli a fettine sottili, partendo dall'estremità delle foglie e lavorando trasversalmente alla loro lunghezza, fermandovi quando arriverete vicino alla loro base.

Riunite pecorino e carciofi in una ciotola e date un mescolata per armonizzare il tutto, poi aggiungete l'emulsione di olio extravergine, limone e menta romana, mescolando nuovamente.

Personalmente ho preferito aggiungere li guanciale croccante solo al momento dell'impiattamento, lasciandolo di fatto separato dall'insalata, in modo che potesse essere mangiato quasi come una sorta di accompagnamento. Voi, naturalmente, operate come meglio credete.

In ogni caso, quale che sia la scelta sul guanciale, salate solo all’ultimo momento, altrimenti, per effetto del sale, i carciofi cominceranno a rilasciare la loro acqua interna, con il disastroso effetto di darvi un’insalata brodosa.

Bene, non resta che impiattare, guarnire come meglio credete e portare in tavola.

Buon appetito.

28 aprile 2015

Le mie ricette - Polpo bollito con olio al finocchietto selvatico, scalogno brûlée ed emulsione di peperone rosso



Polpo mon amour, dal quale proprio non riesco a separarmi se non per brevi periodi e che, peraltro, preparo quasi sempre nello stesso modo, muovendomi solamente per piccolissime variazioni.

Anche questa volta, quindi, un polpo bollito a bassa temperatura - no, non ho usato la mia attrezzatura, ma solo qualche piccolo accorgimento per regolare la temperatura dell'acqua - dato che, come forse saprete, una cottura del polpo in acqua ad ebollizione provoca sovente il distacco della pelle e delle ventose, dandovi dei tentacoli nudi, decisamente poco belli a vedersi.

Il polpo l'ho poi condito con un olio al finocchietto selvatico e accompagnato con un emulsione di peperoni rossi, che oltre al gusto da una piacevole nota cromatica, e con degli scalogni brûlée, che altro non sono che degli scalogni fatti cuocere in padella solo da un lato, fino quasi a bruciarli, e poi caramellati - va da se che vi servirà un caramellatore - esattamente come si fa per la crème brûlée, in modo da avere un deciso contrasto tra il retrogusto di bruciato e quello dolce dello zucchero di canna.

Come faccio spesso, poi, ho preso il polpo un paio di giorni prima e l'ho lasciato nel congelatore per ventiquattro ore e poi riportato lentamente a temperatura ambiente. Come molti sapranno, questo procedimento è di fatto equivalente alla classica battitura e ha lo scopo di rompere le tenaci fibre del polpo, a beneficio di una maggiore morbidezza finale.

Come vedete dalla foto, inoltre, ho usato solamente i tentacoli, usando le altri parti del polpo per fare altre cose. Voi naturalmente potete decidere in modo diverso.

Ingredienti  (per 4 persone)

Per il polpo
  1. Un polpo di circa un chilo
  2. Un bel ciuffo di finocchietto selvatico
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale grosso
Per l’emulsione di peperone
  1. Mezzo peperone rosso
  2. Un pezzetto di patata lessa (vedi dopo)
  3. Olio extravergine d’oliva
  4. Sale e pepe bianco
Per gli scalogni brûlée
  1. Quattro scalogni
  2. Due cucchiai di zucchero di canna
  3. Un cucchiaio di olio extravergine d'oliva
  4. Sale

Partite con l'olio al finocchietto selvatico, tritando finemente quest'ultimo e mettendolo in una tazza o in un bicchiere, coprendolo poi a filo con l'olio extravergine d'oliva.

Coprite poi la tazza o il bicchiere con un pezzo di pellicola trasparente e fate riposare in luogo fresco e con poca luce, in modo che il finocchietto possa trasferire i suoi profumi all'olio.

Procedete poi con la cottura del polpo, portando a bollore abbondante acqua leggermente salata e poi, a bollore raggiunto, togliete il coperchio, abbassate la fiamma al minimo, aspettate cinque minuti e quindi immergete il polpo (lasciate stare la classiche tre immersioni momentanee che spesso si fanno per far arricciare il polpo, che vedrete si arriccerà comunque).

Proseguite la cottura senza coperchio e con la fiamma al minimo, cosa che vi dovrebbe consentire di mantenere la temperatura dell'acqua intorno agli 85°, perfetta per una cottura non traumatica. Ovviamente, nel caso aveste un termometro da cucina, usatelo di tanto in tanto per controllare la temperatura, ma vedrete che, usando abbondante acqua, la temperatura avrà poche oscillazioni.

Il tempo di cottura, considerando la minore temperatura, sarà maggiore di quello richiesto da una cottura in acqua a bollore e nel mio caso è stato di quasi due ore, per un polpo molto morbido e con pelle e ventose intatte.

In ogni caso, visto che il tempo effettivo dipenderà da diversi fattori - polpo congelato o meno; la sua dimensione effettiva; la temperatura dell'acqua -  vi consiglio di cominciare a controllare dopo un'ora di cottura, infilzandolo
con una forchetta laddove i tentacoli si uniscono alla testa: se la forchetta entra con una certa facilità, allora ci siamo.

Quando il polpo sarà cotto, spegnete la fiamma e fatelo intiepidire nella propria acqua di cottura, dalla quale lo toglierete solo quando verrà il momento di usarlo.

Parallelamente al polpo, procedete con la preparazione dell’emulsione di peperone, sbucciando, tagliando in pezzi e lessando una piccola patata, mettendola in una pentola e coprendola con acqua fredda leggermente salata (la patata non è fondamentale e, se volete, potete anche eliminarla, anche se poi dovrete però essere più precisi per avere la giusta densità dell'emulsione).

Fate cuocere le patata fino a quando non sarà ben morbida e, nel frattempo,
pulite il peperone, eliminando i semi e le coste bianche interne, poi tagliatelo grossolanamente a pezzi, che metterete in una casseruola, insieme ad un paio di cucchiai di olio extravergine, mezzo bicchiere abbondante d’acqua, sale e pepe bianco.

Portate la casseruola sul fuoco, con il coperchio e a fiamma bassa, cuocendo fino a quando il peperone non sarà ben morbido, facendo in modo che un poco di fondo di cottura sia ancora presente, cosa che vi servirà per ottenere la giusta densità dell’emulsione.

Tornate alla patata e, quando è cotta, scolatela, fatela intiepidire e poi mettetene un pezzo nel frullatore - vi ricordo che il ruolo della patata è solo quello di fornire quel poco di amido che aiuta a legare l’emulsione, per cui non esagerate con la quantità - insieme al peperone e al loro fondo di cottura (se usate il frullatore a immersione, mettete semplicemente la patata nella casseruola dove avete cotto il peperone) poi fate andare alla massima velocità, fino ad ottenere un’emulsione fluida e senza più alcun residuo solido.

Tenete presente che la densità dell'emulsione dovrà essere piuttosto elevata, in modo da poterla usare quasi come fosse una crema. Se dovesse essere troppo liquida, quindi, usate un altro pezzo di patata per darle maggiore stabilità oppure riportatela sul fuoco per far evaporare l'acqua residua.

Se usate il frullatore a immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria, cosa che donerà all'emulsione una consistenza spumosa e piacevole.

Per ultimo preparate gli scalogni, pulendoli eliminando lo strato più esterno e poi tagliandoli a metà nel verso della lunghezza.

Prendete una padella anti-aderente e ungetela leggermente con un solo cucchiaio d'olio extravergine, che potrete distribuire in modo uniforme usando le dita o usando un pezzo di carta da cucina, quasi fosse una sorta di tampone.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma bassa, e fatela scaldare per bene, poi salate leggermente gli scalogni sulla loro parte tagliata e metteteli nella padella, con tale parte a contatto con il fondo.

Fate cuocere, senza girare e a fiamma bassa, per circa quindici minuti, in modo che la parte tagliata si scurisca molto, quasi a bruciarsi, mentre il resto dello scalogno si cuocerà più gradualmente.

Verso metà cottura salate leggermente gli scalogni anche sulla parte non a contatto della padella e poi, quando gli scalogni sono pronti, spegnete e trasferiteli sul tagliere, con il lato tagliato rivolto verso l'alto.

Fateli freddare e poi cospargete il lato tagliato degli scalogni con lo zucchero di canna, facendo con questo uno strato compatto e spesso circa un millimetro e poi, usando il caramellatore, fondetelo fino a che diventerà scuro e compatto, a creare una sorta di cialda croccante, esattamente come avviene per la crème brûlée.

Tornate al polpo e toglietelo dalla sua acqua di cottura - il polpo dovrà essere appena tiepido - mettendolo poi sul piano di lavoro e tagliando i suoi tentacoli poco sotto la loro attaccatura al corpo.

Impiattate, disponendo polpo e scalogni nella configurazione che più vi piace, facendo poi colare l'olio al finocchietto solamente sui tentacoli del polpo e disponendo infine l'emulsione di peperone rosso, meglio se in piccole quantità è in punti distinti del piatto.

Guarnite come più vi piace, facendo anche colare qualche altra goccia di olio al finocchietto sulla parte vuota dei piatti, quindi portate in tavola.

Buon appetito. 

27 aprile 2015

Biscotti di frolla e gocce di cioccolata, con panna al miele e cannella



Ecco cosa succede quando avanza un po' di pasta frolla - ovviamente chi mi conosce sa che io pratico la tecnica dell'avanzo pianificato - e non si ha la voglia di fare chissà quale torta complicata.

La frolla, quindi, preparata usando la farina Kamut (ricordo sempre che Kamut è un marchio registrato e non un tipo di grano), che consente di avere una pasta molto friabile, con la quale ho realizzato dei semplici biscotti, arricchiti con delle gocce di cioccolata e le nocciole, queste più ha fare da guarnizione che altro.

Prima di infornare ho poi spennellato i biscotti con il classico tuorlo d'uovo e fatto un leggero velo di zucchero di canna su ciascuno di essi, in modo da avere una sorta di glassatura dolce e croccante.

Ho infine accompagnato i biscotti con una panna al miele e cannella.

Ingredienti (per un bel po' di biscotti)

Per i biscotti
  1. Mezzo chilo di farina Kamut (povera di glutine è meglio)
  2. Due etti di zucchero a velo
  3. Due etti e mezzo di burro
  4. Cinque tuorli d'uovo (sei se sono piccoli)
  5. Due tuorli d'uovo (per spennellare i biscotti)
  6. Un etto e mezzo di gocce di cioccolata
  7. Nocciole pelate (vedi dopo)
  8. Zucchero di canna (vedi dopo)
Per la panna
  1. 250 ml di panna fresca
  2. Due cucchiai rasi di miele (vedi dopo)
  3. Un cucchiaino raso di cannella in polvere

Per prima cosa preparate la frolla, mettendo la farina nel mixer e aggiungete il burro freddo tagliato in pezzi, facendo andare alla massima velocità per non più di venti secondi, giusto il tempo ad incorporare il burro alla farina, ottenendo un composto granuloso.

Naturalmente, se non siete pigri quanto lo sono io o se siete amanti della manualità, potete lavorare farina e burro con le mani, anzi, con la punta delle dita, come si fa appunto per la frolla, fino ad ottenere un composto in cui i due ingredienti siano grossolanamente amalgamati.

Travasate l'impasto sul piano di lavoro , allargatelo e fate il classico foro al centro - la fontana, come spesso si dice - dove metterete lo zucchero a velo, facendo poi nuovamente il foro al centro, dove metterete infine i tuorli d'uovo.

Con la punta delle dita cominciate ad incorporare le uova all'impasto, raccogliendolo dai lati e portandolo al centro, come a ricreare ogni volta la fontana.

Quando le uova avranno legato tutto l'impasto, lavoratelo ancora per un minuto, fino a quando il tutto avrà raggiunto un colore uniforme e poi fate la classica palla. Ricordatevi che la frolla non va mai lavorata a lungo, altrimenti l'aumento di temperatura che ne seguirebbe potrebbe far separare la componente grassa del burro, rovinando il risultato.

Avvolgete le palla nella pellicola trasparente e mettetela in frigo per una mezz'ora, in modo che il burro possa solidificarsi nuovamente, poi tiratela fuori e stendetela sul piano di lavoro leggermente infarinato - se avete uno di quei tappetini di silicone, meglio ancora - lavorandone un pezzo alla volta, ad uno spessore piuttosto sottile (anche se qui è questione di gusti).

Dividete in due il pezzo di frolla ottenuto, possibilmente facendo in modo che le due metà abbiano la stessa forma e dimensione, poi su una di esse distribuite le gocce di cioccolata, facendo in modo che queste siano distribuite in modo uniforme, ma ovviamente distanziate le une dalle altre, altrimenti il gusto del cioccolato sarebbe decisamente troppo presente e prevalente.

Coprite con l'altra metà della frolla e poi, usando il mattarello, esercitate una leggera pressione, in modo da fissare le due metà e le gocce di cioccolato al loro interno.

Prendete uno stampo circolare, o della forma che preferite, e ricavate i singoli biscotti, dando ogni volta un bel colpo deciso sullo stampo, in modo che i biscotti abbiano i contorni ben netti.

Man mano che preparate i biscotti, metteteli direttamente su una teglia, sulla quale avrete messo un foglio di carta da forno, poi ripetete li procedimento in modo da formare tutti i biscotti.

Usando i tuorli d'uovo e un pennello in silicone o le dita, spennellate la superficie dei biscotti - mi raccomando, fate un velo sottilissimo e uniforme - poi mettete una nocciola pelata al centro di ciascun biscotto, esercitando una leggera pressione, in modo che le nocciole affondino per circa un terzo della loro altezza nella frolla.

Distribuite lo zucchero di canna su ciascun biscotto - lo zucchero rimarrà ancorato grazie alla presenza dell'uovo - ancora una volta facendo uno strato sottile ma uniforme.

Scaldate il forno a 160°, possibilmente utilizzando sia il riscaldamento inferiore che superiore, poi infornate per circa venti minuti, comunque fino a quando i biscotti avranno raggiunto una bella doratura in superficie.

Quando i biscotti vi sembrano pronti, toglieteli dal forno e fateli raffreddare per almeno mezz'ora.

Nell'attesa preparate la panna, mettendola in una ciotola o nella planetaria, aggiungendo il miele - suggerisco di usare un miele dal sapore leggero, come un classico millefiori - e la cannella, montandola poi fino a quando non sarà ben ferma.

Bene, tutto qui, non resta che servire i biscotti accompagnandoli con la panna e, se volete, spolverizzandoli leggermente con dello zucchero a velo.

Buon appetito.

24 aprile 2015

Il cinghiale nel raviolo, in compagnia di erbe, ortaggi e frutta


Questa ricetta è stata selezionata tra le tre finaliste del Contest "La macchia nel piatto", organizzato da AIFB in occasione della manifestazione “Genius Loci - La Terra è Viva”, organizzata da “La Strada del Vino e dell’Olio della Costa degli Etruschi” e dal Comune di Castagneto Carducci



Confesso che questo concorso mi ha messo in difficoltà, sia per il tema molto particolare, ma allo stesso tempo molto interessante, sia per le conseguenze che ha avuto sugli ingredienti da utilizzare, che non sono molto frequenti nelle mie ricette, in primis la carne, che uso veramente molto poco.

Però, dato che nella cucina, come peraltro nella vita, mai si deve smettere di imparare e sperimentare, ho raccolto la sfida con molto entusiasmo e dopo lunga pensatio ho prodotto quello che vedete qui.

L’elemento centrale del piatto è la cacciagione, in particolare il cinghiale che, cotto nella birra e profumato con erbe del bosco e dell’orto, costituisce il ripieno di un raviolo di dimensioni leggermente maggiori di quelle usuali.

Considerando i sapori decisi del ripieno, ho poi fatto una pasta particolarmente ricca, usando un mix di farine - una classica “00” e una tipo 2 macinata a pietra, entrambe del Mulino Marino - per accentuare la natura rustica del piatto, usando poi un buon numero di uova, il tutto per evitare che il gusto della pasta scomparisse rispetto a quello del ripieno.

Ad accompagnare il raviolo, una crema di patate al brodo di asparagi; le punte di asparagina, sbianchite e saltate velocemente in padella; i pinoli, saltati insieme al sale marino e che rappresentano l’elemento croccante del piatto e, per finire, una riduzione agrodolce di ribes, preparata unendo alle bacche l’aceto di ribes e lo zucchero di canna, che con la sua acidità funge anche da bilanciamento, visti i sapori caldi e avvolgenti degli altri ingredienti.

Condimento quasi minimalista, con del burro profumato con le stesse erbe usate per la cottura del cinghiale e con poco pecorino dolce e stagionato, anch’esso peraltro usato per il ripieno dei ravioli.

Concludo dicendovi che per la preparazione vi saranno indispensabili degli stampi a semisfera in silicone, che vi consentiranno di dare la giusta forma e consistenza al ripieno, e un discreto assortimento di stampi circolari, che userete per dare la giusta forma ai ravioli.

Ingredienti (per 6/8 persone)

Per la pasta dei ravioli
  1. Un etto e mezzo di farina “00”
  2. Un etto e mezzo di farina di tipo 2
  3. Otto tuorli (vedi dopo)
  4. Albume d'uovo (vedi dopo)
  5. Due cucchiai di olio extravergine
Per il ripieno
  1. Mezzo chilo di polpa di cinghiale
  2. Mezzo litro di birra scura (a temperatura ambiente)
  3. Tre cucchiai di pecorino dolce stagionato grattugiato
  4. Due foglie di alloro
  5. Tre rametti di timo fresco
  6. Tre foglie di salvia
  7. Due ciuffi di rosmarino
  8. Una decina di bacche di ginepro
  9. Due spicchi d’aglio
  10. Un uovo
  11. Olio extravergine di oliva
  12. Sale e pepe
Per il burro alle erbe
  1. Un etto di burro
  2. Una foglia di alloro
  3. Due rametti di timo fresco
  4. Due foglie di salvia
  5. Due ciuffi di rosmarino
  6. Una decina di bacche di ginepro
Per la crema di patate
  1. Due patate a pasta gialla di medie dimensioni
  2. Il gambo di una decina di asparagi
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe bianco
Per l’agrodolce di ribes
  1. Cinquanta grammi di ribes rosso
  2. Due cucchiaini rasi di zucchero di canna
  3. Due cucchiaini di aceto di ribes (di mele o bianco se non lo avete)
Per il resto del condimento
  1. Un mazzo di asparagina
  2. Due cucchiai di pecorino dolce stagionato grattugiato
  3. Due cucchiai di pinoli sgusciati
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale marino e pepe bianco

Partite con la cottura del cinghiale, che richiederà circa un paio d’ore, prendendo la polpa ed eliminandone le parti più grasse e nervose, che comprometterebbero la pastosità del ripieno, tagliando poi la polpa in pezzi di circa un paio di centimetri, come se doveste fare uno spezzatino.

Prendete una casseruola dalle pareti piuttosto spesse - se l’avete, potete anche usare una casseruola in coccio - ungetela con quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma bassa.

Tanto che l’olio si scalda, prendete un cuoci spezie - se non lo avete potete usare un filtro per il te oppure qualche foglio di garza - e mettete al suo interno tutte le erbette, gli spicchi d’aglio con tutta la loro buccia e le bacche di ginepro, che avrete prima tagliato a metà usando un coltello con la lama piuttosto grande.

Quando l’olio è caldo, unite la polpa di cinghiale e fatela rosolare per due o tre minuti, girandola così che possa sentire il calore in modo uniforme, quindi salatela, pepatela e poi unite lentamente la birra, in modo che non formi troppa schiuma.

Abbassate la fiamma al minimo e, se l’avete, usante anche una retina spargifiamma, poi coprite con il coperchio e fate cuocere delicatamente per un paio d’ore e ricordandovi, nell’ultima mezz’ora, di togliere il coperchio, rimuovere il cuoci spezie e alzare leggermente la fiamma, in modo da far ridurre il fondo di cottura, che dovrà alla fine risultare molto denso e quasi del tutto evaporato.

Tanto che il cinghiale è in cottura, dedicatevi alla crema di patate, preparando per prima cosa il brodo di asparagi, lavando i gambi, quelli che normalmente vengono scartati, e mettendoli in una pentola insieme ad un litro di acqua.

Salate leggermente con del sale grosso - non esagerate, dato che l’evaporazione dell’acqua accentuerà la salinità del brodo - e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, facendo cuocere, da quando l'acqua prende il bollore, per una quarantina di minuti, in modo da ottenere un brodo non troppo intenso nel sapore.

Quando il brodo è pronto, spegnete, eliminate gli asparagi e fatelo freddare. Non dovrebbe essere necessario filtrarlo, dato che i gambi degli asparagi sono piuttosto sodi e non tendono a sfaldarsi, ma voi naturalmente valutate e nel caso fatelo.

Parallelamente al brodo dedicatevi alle patate, pelandole, tagliandole a pezzi e lavandole sotto l'acqua corrente - per questa preparazione è importante eliminarne l'amido, che altrimenti renderebbe collosa la crema - mettendole infine in una casseruola.

Aggiungete abbondante acqua fredda, che salerete leggermente, poi portate la casseruola sul fuoco, con il coperchio, facendo cuocere fino a quando i pezzi di patata non saranno morbidi, momento nel quale li scolerete, facendoli poi freddare a temperatura ambiente.

Mettete le patate nel bicchiere del frullatore, potendo usare sia quello tradizionale che a immersione, unite quattro cucchiai di olio extravergine e un mestolo scarso di brodo di asparagi, facendo poi andare il frullatore alla massima velocità, in modo da ridurre il tutto in una crema piuttosto fluida.

Tenete presente che la patata tende ad assorbire parecchio liquido, per cui tenete il brodo a portata di mano in modo da usarlo quando serve, considerando che la crema dovrà risultare abbastanza fluida, con una densità simile a quella di un passato di verdura.

Se usate il frullatore a immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria alla crema, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Quando la densità è quella voluta, regolate di sale, date una macinata di pepe bianco, poi fate andare il frullatore per un'ultima volta, mettendo infine la crema da parte, magari direttamente in una piccola casseruola, così che sarà più facile scaldarla quando impiatterete.

Sempre in attesa della cottura del cinghiale preparate l’agrodolce di ribes, per il quale separerete le bacche dai rametti - se siete pigri, potete anche lasciarli, tanto poi filtrerete il tutto - e le metterete in un pentolino, insieme allo zucchero di canna e all’aceto di ribes.

Portate sul fuoco, a fiamma minima e con il coperchio e fate cuocere, girando di tanto in tanto in modo da rompere le bacche, fino a quando il fondo di cottura non si sarà quasi del tutto asciugato - ci vorranno circa quindici minuti - quindi spegnete.

Usando una chinoise o un colino a maglie fitte, filtrate la riduzione, in modo da raccogliere in una ciotolina solo la parte sciropposa, scartando tutte le bucce e i semi, poi mettete da parte la riduzione, in modo che la sua temperatura possa calare fino a quella ambiente.

Tornate al cinghiale, che nel frattempo dovrebbe aver raggiunto il giusto livello di cottura, verificate che il fondo si sia effettivamente ristretto, quindi spegnete e fate freddare, senza coperchio.

Nell’attesa preparate il burro aromatizzato, mettendolo in un pentolino di acciaio - o comunque che possa andare in forno - e aggiungendo tutte le erbe e le bacche di ginepro, quest’ultime ancora una volta tagliate a metà.

Mettete il pentolino nel forno impostando la temperatura a 50°, per uno scioglimento gentile e non traumatico, lasciandolo al suo interno fino a quando non dovrete usarlo per il condimento finale.

Se non avete il forno elettrico, portate il pentolino sul fuoco, ancora una volta a fiamma bassissima, e fate sciogliere il burro, avendo cura che questo non bolla e tenendolo poi al caldo, ad esempio immergendolo parzialmente il pentolino in acqua calda o tenendolo sopra ad un termosifone.

Mentre il burro si aromatizza, dedicatevi alla preparazione della pasta, usando l’impastatrice o le braccia, a secondo delle vostre inclinazioni e del vostro atletismo (le mie sono ovviamente votate alla totale pigrizia, per cui impastatrice tutta la vita).

Unite le due farine nel recipiente dell’impastatrice o sul piano di lavoro, aggiungete l’olio extravergine e le uova - le dosi indicate dovrebbero andar bene, ma ricordatevi che molto dipende anche dalla qualità delle farine, dall’umidità e dalla dimensione delle uova - e cominciate ad impastare, fino ad ottenere la classica palla, che lavorerete complessivamente per almeno una decina di minuti.

Su durante la fase di impasto, il tutto vi sembrasse troppo asciutto, unite un poco di albume alla volta, fino a quando comincerà a formarsi la palla, che dovrà risultare abbastanza umida ed elastica, in modo che poi sia facile formare i ravioli.

Mettete la palla sotto una ciotola rovesciata e lasciatela riposare per una mezz’ora, preparando nel frattempo il ripieno, cosa che farete raccogliendo il cinghiale nel mixer e aggiungendo poi l’uovo intero e il pecorino dolce grattugiato.

Fate andare il mixer alla massima velocità per una trentina di secondi, in modo da amalgamare gli ingredienti e ottenere un impasto cremoso, nel quale però ci sia ancora qualche piccolo pezzo di carne visibile.

Prendete gli stampi a semisfera in silicone - data la dimensione del raviolo, dovreste sceglierli in modo che la base della semisfera sia di circa quattro centimetri - e, usando le dita, riempiteli con l’impasto per il ripieno, esercitando una certa pressione in modo che questo si compatti per benino all’interno delle semisfere.

Mettete lo stampo nel freezer, tenendo presente che il ripieno non dovrà congelarsi, ma solamente indurirsi in modo tale che sia poi più facile dare la forma ai ravioli (se l’impasto è a temperatura ambiente, un’oretta di freezer dovrebbe essere più che sufficiente).

In attesa dell’indurimento dell’impasto, prendete la pasta e cominciate a stenderla, ancora una volta a mano o con la macchina, fermandovi ad uno spessore non troppo sottile, data la natura rustica dei ravioli e la loro dimensione, in modo che il sapore della pasta bilanci meglio quello del ripieno, che ha un gusto assai deciso.

Ora fate un bel respiro, dato che viene la parte più delicata, soprattutto se questa è la prima volta che formate ravioli in questo modo.

Prendete due stampi circolari, uno dei quali con diametro maggiore dell’altro - indicativamente direi, rispettivamente, dieci e sei centimetri - e cominciate a ricavare i dischi che formeranno i ravioli: quello di minore diametro per la base e quello maggiore per la copertura, che dovrà seguire il profilo del ripieno, motivo della necessità di averlo di diametro maggiore.

Per evitare di far ammorbidire troppo il ripieno, non lavorate troppi ravioli tutti insieme - io ho scelto come numero magico il sei - completandoli per fasi e rimettendo ogni volta il ripieno nel freezer.

Ordinate quindi il primo set di dischi sul piano di lavoro, in modo da avere su una fila le basi e sull’altra la copertura, poi tirate fuori dal freezer gli stampi con il ripieno ed estraete quest’ultimo dagli alloggiamenti, ovviamente in numero pari a quello dei ravioli che state preparando, rimettendo poi il rimanente ripieno nel freezer.

Usando un pennellino o le dita, inumidite leggermente le basi dei ravioli - inumidite solo al momento di comporre i ravioli, altrimenti l’acqua avrà tutto il tempo di essere assorbita dalla pasta o di evaporare - poi deponete il ripieno al centro di ciascuna base.


Coprite il ripieno con il disco superiore, facendogli seguire il profilo del ripieno, procedendo gradualmente in modo da consentire all’aria di uscire - l’aria si espande con il calore, per cui se ne rimanesse intrappolata troppa, il raviolo potrebbe rompersi durante la cottura - fino a chiudere completamente il raviolo.


Prendete ora uno stampo circolare che abbia un diametro di poco maggiore di quello della cupola del raviolo e, usandolo capovolto, cioè con il bordo tagliente rivolto verso l’alto, calatelo sul raviolo, in modo che la cupola ne sia racchiusa, premendo poi molto delicatamente in modo da creare una zona di sigillatura tra la copertura del raviolo e la sua base. Non esercitate troppa pressione, altrimenti taglierete la pasta.


Prendete infine un altro stampo, di diametro maggiore di quello appena usato e, calandolo esattamente come avete appena fatto, ma questa volta con la parte tagliente rivolta in basso, date la forma finale al raviolo.


Fate un ultimo controllo sul raviolo, verificando che sia ben chiuso, poi procedete con gli altri fino ad esaurire il ripieno.


Il procedimento sembra lungo e noioso, ma vedrete che dopo averci preso la mano procederete molto più speditamente rispetto a fare i ravioli nel modo tradizionale, usando due fogli di pasta grandi, con il ripieno posto ad intervalli regolari e usando poi la classica rotella per dargli la forma.

Riponete i ravioli in frigorifero in attesa di cuocerli o, se la stagione non è troppo calda, teneteli semplicemente in luogo fresco.

Forza che ci avviciniamo alla fine.

Dedicatevi ora all’asparagina, che laverete e della quale prenderete solo le punte, lasciando il resto per altre preparazioni.

Prima di procedere con la cottura, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Portate a bollore abbondante acqua leggermente salata e poi tuffateci le punte di asparagina, facendole cuocere per due minuti, non di più, in modo da mantenerle molto croccanti, quasi crude.

Trascorsi i due minuti, prelevate le punte con un mestolo bucato e travasatele nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde brillante, poi scolatele e fatele asciugare per bene.

Prendete un padellino, meglio se anti-aderente, ungetelo con un paio di cucchiai di olio extravergine e portatelo sul fuoco e poi, quando l’olio è caldo ma non bollente, unite le punte di asparagina, facendole saltare per un paio di minuti a fiamma vivace, regolando di sale e aggiungendo una leggera macinata di pepe bianco.

Spegnete la fiamma e travasate le punte in un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo da assorbire l’olio in accesso.

Per ultimo i pinoli, che metterete in un padellino anti-aderente insieme ad un cucchiaino di sale marino macinato al momento.

Portate il padellino sul fuoco, a fiamma media, fate scaldare e proseguite, girando spesso, fino a quando i pinoli non cominceranno ad assumere un bel color bruno tenue, segno che la tostatura procede come si deve. E' importante girare con continuità in modo che il sale possa aggrapparsi a tutta la superficie dei pinoli.

Spegnete e fate freddare i pinoli su un piatto e non nella padella, dato che il suo calore residuo potrebbe continuare il processo di tostatura oltre il giusto.

Bene, non resta che procedere con la cottura dei ravioli, per la quale metterete l’acqua sul fuoco - che sia abbondante, mi raccomando - e, tanto che questa raggiunge il bollore, riportate la crema di patate alla giusta temperatura - calda, ma non bollente - e, se l’avete, mettete l’agrodolce di ribes in una pipetta da cucina, in modo che sia poi facile dosarla in gocce.

Non appena l'acqua è a bollore, tuffateci delicatamente (scusate l’ossimoro) i ravioli e facendoli cuocere per il loro tempo, che nel mio caso, visto lo spessore della pasta, è stato più o meno di sette minuti (una regola pratica per valutare la cottura, piuttosto che sacrificare i ravioli all’assaggio, è quella di aggiungere nella pentola un pezzo di pasta avanzato e assaggiarlo per poter valutare il loro stato di cottura).

Mentre i ravioli sono in cottura, travasate il burro aromatizzato in una padella, ampia abbastanza da contenere agevolmente i ravioli, tenendola poi al caldo - potete usare il fuoco più piccolo con la fiamma regolata al minimo - in modo che il burro sia alla giusta temperatura al momento di scolare i ravioli.

Sempre nell’attesa dei ravioli, preparate i piatti - se avete modo di scaldarli, meglio ancora - mettendo sul loro fondo un velo crema di patate.

Non appena i ravioli sono cotti, scolateli usando un mestolo bucato e travasateli delicatamente nella padella con il burro, muovendo delicatamente la padella in modo che i ravioli possano bagnarsi del loro condimento, quindi spegnete e procedete rapidamente con l’impiattamento.

Disponete delicatamente i ravioli nei piatti, facendo attenzione al fondo fatto con la crema di patate, colando ancora un poco di burro su ciascun raviolo e poi distribuendo poco pecorino dolce grattugiato, facendolo cadere a pioggia prevalentemente sui ravioli, ma sconfinando leggermente anche sulla crema di patate.

Disponete poi le punte di asparagina, i pinoli tostati al sale e le gocce di agrodolce di ribes, scegliendone la configurazione in base alla vostra vena artistica.

Guarnite come più vi piace e, finalmente, portate in tavola.

Buon appetito.

23 aprile 2015

Le mie ricette - Spaghettoni con broccolo romanesco, bottarga e pecorino



Un primo tutto sommato semplice e veloce da preparare, che tanto per cambiare combina mare e terra, dove al broccolo romanesco, cotto insieme alla pasta, ho abbinato la bottarga di muggine, un leggero sentore di aglio e, con un poco di spregiudicatezza, il pecorino romano, quasi a infrangere la consuetudine che non vuol e il formaggio con il pesce, che in questa ricetta, invece, credo ben si sposi con un piatto dai sapori decisi.

Come ho detto, le cimette dei broccoli le ho cotte insieme alla pasta, grazie anche al tempo di cottura degli spaghettoni che non è proprio ridotto.

Bottarga e aglio, invece, li ho velocemente fatti rosolare in padella, con abbondante olio extravergine, padella dove ho poi aggiunto la pasta e i broccoli per la mantecatura finale, con il pecorino aggiunto infine a fuoco spento.

Gli spaghettoni sono quelli dell’eccellente Pastificio Lagano, una bella realtà romana nel campo della pasta di qualità, mentre il pecorino è quello “Gran Riserva” di Pitzalis.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di spaghettoni
  2. Un broccolo romanesco
  3. Una sacca di bottarga di muggine
  4. Due cucchiai di pecorino romano grattugiato
  5. Uno spicchio d’aglio
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe

Come già detto, preparazione molto veloce e con pochi passaggi, adatta quindi anche per un classico last minute.

Partite pulendo il broccolo romanesco, del quale dovrete prendere solo le cimette, eliminando i gambi, più duri, e avendo cura di separarle il più possibile, in modo che siano piccole e possano cuocere nel tempo richiesto dalla pasta.

Mettete sul fuoco l’acqua della pasta, salandola con il sale grosso e, quando è a bollore, tuffateci le cimette di broccolo e poi, alla ripresa del bollore, unite gli spaghettoni.

Tanto che la pasta e i broccoli sono in cottura, prendete una padella molto ampia, tale da poter contenere la pasta per la mantecatura finale, e metteteci sei cucchiai di olio extravergine e la bottarga, che grattugerete usando una grattugia a lame non troppo sottili, come questa della Microplane che ho usato io.

Sbucciate lo spicchio d’aglio e, usando questa volta una grattugia a lame sottili, come questa sempre della Microplane, grattugiate l’aglio, quasi a ridurlo in una sorta di pasta, unendolo poi alla bottarga (in alternativa alla grattugia, potete usare un classico schiaccia aglio).

Quando mancano un paio di minuti alla fine della cottura della pasta, prendete una tazza e riempitela con la sua acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale, poi portate sul fuoco la padella con bottarga e aglio, facendo soffriggere il tutto giusto per il tempo rimanente per la pasta.

Scolate velocemente la pasta e i broccoli e, senza perdere tempo ad eliminare completamente l’acqua di cottura, unitela nella padella con il condimento, alzando la fiamma e procedendo con la mantecatura, usando l'acqua di cottura messa da parte e facendo in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Quando la cremosità è quella giusta, spegnete, aggiungete il pecorino romano grattugiato, date ancora una veloce mescolata, poi impiattate rapidamente per evitare che la pasta si asciughi.

Guarnite come meglio credete e portate velocemente in tavola.

Buon appetito.