30 luglio 2018

Crostino con tuorlo d’uovo marinato, crema d’aglio e olio extravergine, bieta colorata, asparagi e mirtilli neri



Ricetta, se così si può chiamare, nata dal non saper cosa fare di un paio di tuorli delle uova che avevo usato solamente per i loro albumi - dovevo preparare una maionese leggera - tuorli che alla fine ho deciso di marinare, più che altro per avere del tempo per decidere cosa farne.

A peggiorare le cose, il fatto che mi sono quasi dimenticato della marinatura, ricordandomene all’ultimo momento, quando era quasi ora di cena e non avevo né gli ingredienti, né il tempo, per preparare qualcosa di elaborato.

Alla fine, ho allora deciso per dei semplici crostini, che ho servito alla famiglia come aperitivo, giusto per rafforzare la cena, decisamente frugale visto che eravamo appena tornati da un lungo weekend in quel di Anzio.

I tuorli d’uovo, marinati per settantadue ore con del sale bilanciato - 2/3 sale e 1/3 zucchero di canna - in modo da portarli a una consistenza piuttosto solida, senza quella cremosità residua all’interno, che contraddistingue marinature più brevi.

Poi, una crema d’aglio e olio extravergine, con l’aglio ingentilito dalla classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce, e poi lavorato, appunto, solamente con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.

A seguire, le verdure - asparagi e bieta colorata - a crudo e condite solamente con poco olio extravergine, un goccio di aceto balsamico, che con la sua dolcezza crea un buon contrasto con gli altri sapori.

Per finire, i mirtilli neri, leggermente acidi nel sapore, ancora una volta per creare contrasto, visto che personalmente ritengo la contrapposizione dei sapori uno degli aspetti più importanti di un piatto.

22 luglio 2018

Spaghetti con ricotta di bufala, pomodori secchi e pesto di basilico



A volte ti devi ingegnare, in cucina, come ad esempio quanto ti arrivano a cena, all’ultimo minuto, alcuni amici quali non puoi ovviamente direi di no.

Questa volte la salvezza è arrivata da una ricottina di bufala, omaggio ricevuto quando avevo comprato della mozzarella, dal basilico che tengo sempre sul mio balcone - costa molto meno una piantina che quello confezionato - e dei pomodori secchi, presi tempo addietro e senza un motivo particolare.

Con il basilico ci ho fatto un classico pesto - vi dico subito che, per motivi di tempo, ho usato il frullatore - che ho aggiunto alla pasta solo al termine della mantecatura, per non rovinare il basilico con un calore eccessivo.

La ricotta, invece, l’ho semplicemente lavorata insieme ai pomodori secchi, ammorbiditi in acqua e poi sommariamente tritati, in modo da avere pezzi irregolari e non troppo piccoli.

Tutto qui, per una ricetta molto semplice e veloce da prepararsi.

18 luglio 2018

Il mio menù ‘quasi americano’ per il contest “Latti da mangiare 4.0”



Quest’anno mi sono lanciato, partecipando anch’io al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio, il cui tema – e non poteva essere altrimenti – erano i formaggi e, in particolare, il Mugello, nelle sue diverse stagionature:
  • Gran Mugello, a pasta semi cotta, stagionato nelle Grotte Ubaldine che si trovano in profondità, proprio sotto le fondamenta della torre merlata della Villa Palagiaccio;
  • Fior di Mugello, a pasta liscia e compatta, disponibile sia fresco che stagionato per 4 mesi;
  • Blu Mugello, a pasta cremificata, cin una decisa muffatura e dal sapore veramente particolare.
In aggiunta ai formaggi, già di per sé sfidanti per la preparazione dei piatti, il meraviglioso Tonno di Firenze, assolutamente geniale nell’idea e del quale mi sono innamorato dopo averlo assaggiato, che a dispetto del nome è prodotto con la carne di manzo, lavorata come se fosse un tonno sott’olio, che lo ricorda nell’aspetto ma, a mio avviso, lo supera di gran lunga nel gusto.


Formaggi e tonno, quindi, con i quali si potevano scegliere due tipologie di preparazioni, con la prima ispirata alla cucina americana e la seconda a quella fusion e, indipendentemente dalla scelta, il menù doveva prevedere un piatto principale e un dessert.

Alla fine, dopo lungo pensare, ho deciso per una sorta di compromesso, visto che ho scelto l’ispirazione americana, ma con contaminazioni nostrane, in modo da strizzare l’occhio anche alla cucina fusion, basata appunto sulle contaminazioni, preparando due piatti quasi americani, nello specifico:
  • Quasi Mac&Cheese
  • Quasi una Cheesecake
Dove il “quasi” indica la contaminazione, visto che in entrambe e preparazioni ho utilizzato ingredienti nostrani, rispettando la preparazione originale, ma contaminandola, appunto, con qualcosa tipico della cucina italiana.

17 luglio 2018

Salmone marinato in sale, zucchero e timo al limone, con guacamole di fave

Ricordatevi che il pesce crudo, prima di essere preparato e servito, deve essere abbattuto o congelato (il tempo di abbattimento dipende dalla temperatura e va dalle 9 ore a -40° fino alle 96 a -15°) in modo da eliminare il rischio di contaminazioni da parte di batteri e parassiti, tra i quali il più pericoloso è sicuramente l'Anisakis. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, punti vendita e ristoranti, esiste l'obbligo di informazione al consumatore, come stabilito dal Ministero della Salute.

Continuano le mie esercitazioni con le marinature, in particolare quella del salmone, che se da un lato è un pesce non proprio eccelso - parlo di quello allevato intensivamente, che si trova oramai ovunque - dall’altro ritengo benefici non poco dalla marinatura, sia nel sapore che nelle consistenze.

La marinatura l’ho fatta sempre con sale bilanciato, aumentando questa volta al quantità di zucchero di canna - ho utilizzato, come quasi sempre, quello integrale, dal sapore caramellato - dato che volevo una dolcezza più accentuata, aggiungendo anche il timo al limone, del quale sono particolarmente innamorato, riducendo inoltre il tempo complessivo a dodici ore, visto che desideravo una consistenza molto morbida del pesce.

Ad accompagnare il salmone, un guacamole di fave fresche - ho preparato il piatto nella loro stagione di maggio fulgore - in versione mediterranea, usando al posto degli ingredienti della ricetta tradizionale, altri più nostrani, come i cipollotti di Tropea, i capperi e le alici, completando poi con il timo al limone - qui ho voluto richiamare ciò che avevo usato per il salmone - l’aceto di mele e un poco di peperoncino.

Infine, giusto come guarnizione, le immancabili foglioline di bieta rossa, che da quando l’ho piantata in balcone, la uso in modo smodato.

13 luglio 2018

Quasi una Cheesecake



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio


Per chi avesse già visto la mia prima ricetta preparata per il Contest, saprà che il tema del concorso era il formaggio e, nello specifico, le varietà di Mugello, splendida produzione di Palagiaccio, diverse per stagionatura e intensità del sapore.

Il contest, inoltre, prevedeva la realizzazione di due piatti, di cui uno un dessert, che dovevano ispirarsi, in alternativa, alla cucina americana e a quella fusion.

Come si evince dalla prima ricetta - una variazione del classico Mac&Cheese - io ho scelto la cucina americana, dove anche per il dessert mi sono lasciato andare a una rielaborazione della classica Cheesecake, che ho preparato giocando sui contrasti tra ingredienti tipicamente salati, resi dolci in modo da renderli adatti alla preparazione dolce.

La base della Cheesecake l’ho preparata con le classiche friselle, alle quali, oltre al burro come legante, ho aggiunto un poco di zucchero di canna - ho usato quello della varietà Panela - per avere un contrasto con la sapidità, peraltro blanda, delle friselle.

Come elemento centrale della Cheesecake, ovviamente il formaggio, nello specifico il Blu Mugello - si, lo so, mi sono preso un bel rischio - lavorato con la panna fresca e, ancora una volta, lo zucchero di canna, che con il suo gusto caramellato ho ritenuto meglio si adattasse rispetto a quello semolato e che è anche l’artefice del colore particolare, quasi nocciolato, della Cheesecake.

Come addensante ho usato la classica gelatina alimentare, scegliendo di avere una consistenza molto soda, quasi a richiamare quella originale del formaggio, cosa che non a tutti potrebbe piacere, per cui voi potrete ridurre la quantità dell’addensante per adattare il tutto ai vostri gusti.

Infine, la copertura superiore, che richiama quella classica fatta con lampone o fragole, ma che qui è invece di pomodoro - ho usato i classici ciliegini - con il quale ho preparato una coulis, ancora una volta addolcita con lo zucchero di canna e addensata con l’Agar Agar, preferendola alla gelatina, che sul pomodoro agisce con difficoltà e che non rimane stabile a temperatura ambiente.

Ad accompagnare la Cheesecake e in ricordo del famoso contadino, una mousse di pera e zenzero, lavorata completamente a freddo, usando un estrattore per ricavare i rispettivi succhi e la gomma di xantano come addensante, che come sapete è in grado di agire a freddo.

In definitiva, un dessert dolce ma non troppo, il cui nome esteso potrebbe essere:

“Cheesecake al Blu Mugello, con base di friselle e coulis di pomodoro, accompagnato da mousse di pera e zenzero”

Per quanto riguarda le quantità, tenete presente che io ho utilizzato uno stampo molto piccolo, del diametro di dodici centimetri e i bordi da quattro - il sapore della Cheesecake è molto deciso, per cui ho ritenuto di servirne una piccola quantità, quasi fosse un pre-dessert - quantità che dovrete ovviamente aumentare nel caso di formati più grandi (ricordatevi che conta il volume dello stampo e non il suo diametro).

Concludo dicendovi che, per come ho lavorato i singoli elementi, il dolce può essere servito a temperatura ambiente, senza timori sulla tenuta delle singole componenti.

9 luglio 2018

Carne alla Bismarck 2.0



Qualche sera fa, a cena, stavo chiacchierando con la famiglia e il discorso è andato su cosa si mangiava quando eravamo piccoli, cosa che mi ha fatto venire in mente che, tra i piatti che normalmente mi preparava mia madre - per la cronaca, grande Madre, ma pessima cuoca - c’era anche la carne alla Bismarck, un piatto decisamente ricco, forse troppo per i giorni nostri.

Il ricordo è stato così forte, che ho deciso valesse la pena di cimentarsi con il piatto, ovviamente seguendo il mio spirito improntato alla sperimentazione - che peraltro non è che dia sempre buoni risultati - provando a reinterpretare il piatto in chiave moderna.

La carne - ho usato il filetto di vitellone - l’ho quindi preparata a crudo, bagnandola solamente con un filo di olio extravergine di oliva, aggiungendo poi un poco di fiocchi di sale della Cornovaglia, che danno sapidità e croccantezza, e del di pepe di Sichuan, che ha un sapore meno deciso rispetto al pepe tradizionale.

Dell’uovo, invece, ho usato solamente il tuorlo, marinato per settantadue ore con del sale bilanciato - 2/3 sale e 1/3 zucchero di canna - in modo da portarlo a una consistenza molto soda e dal sapore ben concentrato.

Il prezzemolo, anch’esso presente nella ricetta originale, l’ho fritto velocemente in olio di semi di arachide, in modo da renderlo croccante e lucido.

Infine, una crema d’aglio e olio - questa ammetto è una divagazione, visto che la ricetta originale prevede l’uso del burro - con l’aglio ingentilito attraverso la classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce, e poi lavorandolo solamente con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.

3 luglio 2018

Quasi Mac&Cheese



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio


Il tema del concorso era ovviamente il formaggio e, nello specifico, le varietà di Mugello, splendida produzione di Palagiaccio, diverse per stagionatura e intensità del sapore.

In aggiunta al formaggio, il Tonno di Firenze, assolutamente geniale nell’idea e del quale mi sono innamorato dopo averlo assaggiato, che a dispetto del nome è prodotto con la carne di manzo, lavorata come se fosse un tonno sott’olio, che lo ricorda nell’aspetto ma, a mio avviso, lo supera di gran lunga nel gusto.

Formaggio e tonno, quindi, con i quali si potevano scegliere due tipologie di preparazioni, con la prima ispirata alla cucina americana e la seconda a quella fusion.

Dopo lungo pensare, alla fine ho deciso per una sorta di compromesso, visto che ho scelto l’ispirazione americana, ma con contaminazioni nostrane, in modo da strizzare anche alla cucina fusion, basata appunto sulle contaminazioni.

Avendo a disposizione il formaggio, il mio pensiero è andato subito al classico Mac&Cheese, un piatto che celebra il formaggio e lo fa nello spirito americano, con una sovrabbondanza di valori e senza alcuna attenzione al conteggio delle calorie.

Nel mio caso, provando a dare al piatto una maggiore eleganza, ho pensato a una sorta di scomposizione - molto, forse troppo, di moda - dove i vari ingredienti della ricetta classica, più quelli inseriti per la contaminazione, fossero lavorati separatamente.

I maccheroni, dopo averli cotti nel modo classico, lasciandoli ben al dente, li ho panati e fritti in olio di semi di arachide - non ho usato l’uovo ma ho invece sfruttato la collosità naturale dell’amido per far aderire il pangrattato - in modo da renderli dorati e croccanti.

Con il tonno di Firenze ho invece realizzato una crema, lavorandolo con un poco di pomodoro, olio extravergine di oliva e un poco d’acqua, necessaria per ottenere la consistenza desiderata, con la quale ho poi riempito i maccheroni, operazione per la quale vi aiuterà molto l’uso di una sac à poche.

Il formaggio - ho usato il Fior di Mugello - l’ho invece utilizzato per preparare una crema piuttosto densa, usando un poco di panna fresca e del pepe nero, che ho usato al momento dell’impiattamento, come una sorta di base per i maccheroni.

Infine, come ulteriori elementi croccanti, il prezzemolo cristallizzato, ottenuto con una velocissima frittura in olio, è delle cialde di pomodoro, ottenute facendo lentamente essiccare in forno un poco di passata di pomodoro, in modo da far evaporare la sua componente acquosa, senza però cuocerlo.

In definitiva, volendo dare un nome parlante al piatto, si tratta di:

“Maccheroni croccanti con crema di tonno di Firenze, fonduta di Fior di Mugello, cialda di pomodoro e prezzemolo cristallizzato”

Per quanto riguarda le quantità, tenente poi presente che quelle per la crema di tonno di Firenze saranno decisamente in abbondanza rispetto a quanta ne userete effettivamente, dato che al di sotto di certi valori non si può scendere senza comprometterne la lavorazione.

Concludo dicendovi che, alla luce di come ho trattato i singoli elementi, il piatto è perfetto anche come Finger Food, usando rigorosamente le dita per acchiappare i maccheroni e gustarseli.

2 luglio 2018

Insalata di gambero gobbo e le sue uova, olive taggiasche, pera coscia, mandorle tostate al sale, frutti di cappero, bieta colorata e croccante di pane, con cremoso di melagrana



Ricordate che il pesce crudo, prima di essere preparato e servito, deve essere abbattuto o congelato (il tempo di abbattimento dipende dalla temperatura e va dalle 9 ore a -40° fino alle 96 a -15°) in modo da eliminare il rischio di contaminazioni da parte di batteri e parassiti, tra i quali il più pericoloso è sicuramente l'Anisakis. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, punti vendita e ristoranti, esiste l'obbligo di informazione al consumatore, come stabilito dal Ministero della Salute.

Come forse qualcuno di voi saprà, considero il gambero gobbo, con le sue tipiche uova blu, la migliore varietà di gamberi da potersi mangiare a crudo, anche meglio del gambero rosso, almeno per quanto riguarda i miei gusti.

Non facili a trovarsi, anche perché ancora non così conosciuti come meriterebbero, quando ho la fortuna di trovarli sul banco del pesce, non me li lascio scappare, come è accaduto questa volta nella pescheria “Amore di mare” in quel di Anzio, dove mi rifornisco abitualmente quando sono lì.

Gamberi a crudo, dunque, usati come base per un’insalata colorata e fresca, dove ho giocato sulle consistenze, con elementi morbidi e croccanti, e sui contrasti nei sapori.

I gamberi li ho conditi usando le loro uova, dell’olio extravergine di oliva, un pizzico di fior di sale di Sardegna e un poco di radice di zenzero grattugiata, giusto per dare loro una nota leggermente pungente e fresca.

A fare compagnia ai gamberi, la pera coscia, dolce e soda; le olive taggiasche; i frutti di cappero in salamoia, più delicati dei capperi; la bieta colorata - da quando l’ho piantata sul balcone, la infilo ovunque - le mandorle, tostate con del sale marino e, per finire, un croccante di pane, anch’esso tostato in padella con un goccio di olio extravergine di oliva.


In definitiva, quindi, un piatto semplice, che non richiede cotture, se non la tostatura delle mandorle e del pane.