23 febbraio 2016

Non chiamatemi Food Blogger, non me lo merito...



Questo post non è una critica verso qualcuno o qualcosa, ma solo un'esternazione dei miei pensieri, di ciò che sono o credo di essere. Metafisicamente parlando, è una finestra aperta sulla mia anima gastro-fanatica e su ciò che essa mi porta a fare, a dire.

Vi anticipo anche che ho scritto quello che segue come lettera di saluto, forse di addio, da una delle associazioni di cui, fino a ieri, ho fatto parte. Un’associazione che mi ha dato molto, ma alla quale io ho dato poco, ed è proprio per questo aver-ricevuto-senza-aver-dato che ho deciso di uscirne e, visto che questo distacco è stato anche sofferto, ho pensato di condividere con voi le riflessioni che mi hanno porta a fare questa scelta.

Non è una critica all'associazione o alle associazioni, come concetto, semmai è una autocritica alla mia costante indecisione su chi io sia e su cosa io faccia, un indecisione che mi porta lontano da concetti quali appartenenza o omologazione, condannandomi ad un limbo dal quale non so nemmeno se io ne voglia uscire (vabbè, lo so, stiamo solo parlando di cucina, ma qualche iperbole lasciatemela pur fare).

Non citerò l’associazione, che ritengo la più seria alla quale abbia mai aderito, proprio perché non ho nulla contro di essa, in ciò che fa e su come lo fa, anzi ne ammiro l'entusiasmo e la coerenza. Semplicemente non la sento più come casa mia. Se volete, è un po’ come quando andiamo ad una festa e ci accorgiamo che la festa non è come l’avevamo immaginata, cosa che ci porta a rimanere in disparte, limitando i convenevoli a quelli che ci detta la nostra educazione, salutando e ringraziando i padroni di casa per la loro ospitalità, senza però mai entrare in empatia con il clima generale.

La festa può essere bellissima, solo che voi non vi ci trovate. Non è questione di bello o brutto, di giusto o sbagliato, ma solo di ciò che a voi piace, che non necessariamente deve piacere agli altri. Preferisco di gran lunga la sincerità rispetto al falso compiacimento e alla piaggeria, per cui se non mi trovo bene, lo dico.

Il problema, se problema si può chiamare, è la festa e non la voglia di festeggiare. Voglio dire, non è che non abbia più la passione, al contrario, ma la passione a me piace viverla con leggerezza, giorno per giorno, senza che questa passione (che come tutte le passioni che ho avuto so già che non sarà per sempre) diventi un vincolo, un obbligo, nel fare cose che non sento mie.

A me piace cucinare. Punto. Mi piace cucinare e farlo in modo spensierato. Non mi interessa "fare cultura sul cibo" (personalmente ritengo la parola "cultura" come una delle più abusate), né "educare all'alimentazione" (chi sono io per farlo ?). Non mi interessa perché non ne sono capace e non ho tempo e voglia di applicarmi per esserlo.

Nutro il massimo rispetto per chi, invece, decide di agire in tal senso, nutro rispetto perché "fare cultura" ed "educare" sono cose che richiedono impegno e studio continui, perché implicano il dedicarsi non solo a se stessi, ma soprattutto agli altri.

Non nutro rispetto, invece, e lo dico senza alcuna remora, per chi si ammanta di quella competenza che non ha, per chi professa tesi per sentito dire, per chi si atteggia a predicatore pur non essendolo né poterlo essere. Cultura ed educazione sono concetti con i quali non si scherza e se usati malamente ci si fa male e, soprattutto, si fa male agli altri.

A me piace cucinare e raccontare come lo faccio, tutto qui. Resto nei miei confini, quelli delimitati da ciò che so fare e al di là dei quali c'è il "vorrei saper fare" o, forse, il "non mi interessa farlo". Sto bene nel mio mondo, piccolo che sia, e se un giorno deciderò, chissà, di valicare tali confini, spero che ciò avvenga dopo una adeguata preparazione e non perché, semplicemente, tutti vanno in quella direzione.

A me piace cucinare e sono per una cucina istintiva, estemporanea, e se mi viene voglia di farmi un piatto usando, che so, verdure non di stagione, lo faccio, senza troppe remore e senza per questo sentirmi in colpa. Se devo essere paladino di qualcosa, beh, preferisco esserlo di cose che ritengo più serie. Per me il cibo è gioco, nulla più.

A me piace cucinare e, certo, mi fa piacere essere apprezzato, ci mancherebbe e non sono in imbarazzo nel dirlo. Se rendo pubbliche le mie ricette è ovvio che lo faccio perché il consenso fa sempre piacere e sorrido sempre quando qualcuno sostiene di non esserne interessato, di essere presente in rete solo per una sorta di segno che ha ricevuto da una entità superiore, quasi fosse un Apostolo che diffonde il verbo.

Sinceramente, quindi, non sono un Food Blogger, almeno non nell'accezione che normalmente si attribuisce a tale termine. Mi sento a mio agio solo quando cucino, nell'intimità della MIA cucina. Divento invece insofferente quando, raramente (molto raramente), partecipo ad eventi; quando devo raccontare cose che non sento mie; quando mi prendo impegni che so non avrei dovuto prendermi.

Non sono un Food Blogger e, come tale (anzi, come non tale), faccio fatica ad inquadrarmi in una associazione, quale essa sia, per i semplice motivo che non sapendo io chi sia (gastronomicamente parlando, si intende), non posso nemmeno sapere dove e con chi potrei associarmi.

Ho anche pensato, per un brevissimo momento, di considerare una associazione (le associazioni) come una sorta di contenitore, come un qualcosa pro domo mea, dove prendere senza dare. Credo siate d'accordo con me che non è questo lo spirito giusto; essere parte di una associazione non è né un diritto né un dovere, ma una responsabilità, che io non sono in grado di assumermi, sia per gli impegni di lavoro, quello vero, sia per quanto vi ho appena detto. Non sono in grado di farlo, ma sinceramente non so nemmeno se ne avrei voglia, pur potendolo fare.

Considero l'essere parte di un'associazione non un punto di arrivo, ma di partenza; non un riconoscimento al proprio ruolo, alla propria visibilità, quanto piuttosto l'inizio di un "livello successivo", dove ciò che si è fatto fino a quel momento viene ora messo a disposizione dell'associazione e, per contro, da essa se ne assume e se ne persegue lo spirito. Ecco, a me  assieme alla parola "spirito" viene in mente "libero" ed è così che mi sento e che voglio essere e se qualcuno penserà (a ragione) che non voglio assumermi impegni o responsabilità, io rispondo che è così, per i cibo; impegni e responsabilità me li prendo tutti i giorni, per la famiglia, per me e per il lavoro.

Non credo ci sia molto altro da dire, se non che, nel mondo del Food Blogging, io probabilmente ne sono un paria, considerazione che non faccio con compiacimento, con la volontà di essere sempre e comunque fuori dal coro, ma semplicemente con la serenità che deriva da considerare la mia passione come, appunto, una passione; un divertissement che spezza la consuetudine e la alleggerisce; un soffio nella bonaccia, probabilmente effimero e del quale non conosco la durata, ma finché c'è me ne lascio accarezzare, secondo lo spirito del "qui e adesso", senza sapere come e dove soffierà il vento domani.

La chiudo qui, con leggerezza, citando il grande Woody Allen: “Io non vorrei mai appartenere a nessun club che contasse tra i suoi membri uno come me”.

Un abbraccio a tutti.

10 commenti:

  1. Andrea tu sei un grande e come tale meriti rispetto delle tue decisioni. Ammiro questo tuo voler restare libero per dar voce solo alla tua piu' intima passione per la cucina e per il piacere ed il divertimento che ti dona. io continuero' sempre a seguirti e ad ammirare i tuoi capolavori che rispecchianoil tuo essere. un caro abbraccio,Peppe.

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    1. Grazie Peppe per le tue parole, che ho molto apprezzato. Hai colto il punto, mi sento uno "spirito libero" e, come tale, non mi piace far parte di una associazione, una qualsiasi, se non ne condivido fino in fondo lo spirito, che non vuol dire criticarne i comportamenti, anzi, ma solamente prendere atto del fatto che esistono diversità, che non vanno giudicate, ma delle quali se ne deve solo prendere atto. A presto!

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  2. "Preferisco di gran lunga la sincerità rispetto al falso compiacimento e alla piaggeria, per cui se non mi trovo bene, lo dico."
    Questa frase mi appartiene piu' di ogni altra e, piu' di ogni altra, mi ha procurato un monte di grane ovunque, fin che non ho scoperto che ti colpisce solo cio' che lasci arrivare vicino.
    Assodato questo, alzi lo scudo repellente e vai per la tua strada senza che niente -parlando sempre di cibo e food blogger, non di cose davvero serie e drammatiche- possa scalfirti.
    Ammiro la tua decisione: viene un momento in cui ci pensiamo tutti a questo benedetto "vale la pena" di far una cosa o stare in un posto o sentirsi adeguati o meno senza che ce ne importi gran che.
    La vita e' una e decidere verso cio' che ci fa star bene e' solo il minimo che dobbiamo a noi stessi.
    Ti diro' che mi sento paria anch'io -con la differenza che probabilmente lo sono davvero- ma nel momento in cui mi prendessi troppo sul serio per sentirmi una che conta non sarei piu' io.
    Quindi W i paria felici.
    Ad majora, caro mio: il web e' grande, ma l'eco di cio' che facciamo arriva sempre ovunque ci si trovi.

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    1. Grazie Silvia, molte delle considerazioni che hai fatto avrei voluto farle io, a partire da quella dell'eco che tutto raggiunge :-) Un abbraccio e a presto !

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    2. Silvia, sai che anche a me è saltata subito all'occhio quella stessa frase? Andrea, io non ho fatto in tempo a conoscerti nell'associazione, ma condivido molte delle tue parole e chissà mai, che un giorno, ci si possa conoscere nella realtà... Sicuramente hai la grinta e la personalità giusta per essere libero e al di fuori di qualsiasi scatola. Per ora un augurio che la tua passione ti accompagni sempre e che ti dia tanta gioia.

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    3. Grazie Elena, per le parole e gli auguri e, certo, speriamo di conoscerci, un giorno, in qualche evento per noi gastro-fanatici. A presto !

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  3. Vivere con coerenza e una virtù di pochi. Non ti auguro che ti si aprano porte o ti si presentino davanti delle magnifiche strade ma che sia tu, e solo tu, a costruire la TUA strada.

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  4. Ammiro il tuo coraggio e il tuo voler essere coerente e libero, doti sempre più rare. E apprezzo la tua sincerità, hai scritto cose che condivido, sempre senza nessun riferimento ad associazioni, ma proprio come modo di vivere il web e il rendere pubblici dei contenuti. Un vero maestro è colui che non tiene i segreti per sè, ma anche chi sa di dover imparare molto dagli altri e non suppone mai di avere la verità in tasca. Buone cose.

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    1. Grazie Rita, hai colto appieno lo spirito con il quale ho scritto il post. Credo che la coerenza sia l'elemento chiave, che non deve essere soggetta a compromessi, di alcun tipo. Semplicemente si deve prendere atto che esistono punti di vista differenti, senza che nessuno debba prevalere sull'altro. Siamo semplicemente diversi e la diversità va rispettata, sempre e comunque. A presto

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