21 dicembre 2018

Zuppa di cicerchie, ceci, indivia e guanciale croccante

Chi mi segue avrà notato che, recentemente, ho dato una decisa accelerazione su zuppe e minestre, un po’ visto il clima più freddo, un po’ perché adoro i legumi, tutti, senza troppa distinzione tra l’uno e l’altro.

Questa volta è stato il turno delle cicerchie, un legume a lungo tempo quasi dimenticato, che però recentemente sta tornando sulle tavole, e i ceci, legumi che ho unito in matrimonio usandoli entrambi, in un esperimento che, a dire di moglie e figli, ha avuto pieno successo.

Insieme ai legumi, che ho in parte ridotto in crema e in parte lasciati interi, l’indivia, stufata rapidamente in tegame prima di unirla a ceci e cicerchie, e che con il suo retrogusto amaro crea un bel contrasto.

Infine, per dare croccantezza, ma anche perché un romano non sa farne a meno, il guanciale, passato prima in padella, per renderlo croccante ma anche per eliminarne buona parte del grasso, e poi unito solo al momento di servire, in modo che non perdesse croccantezza, cosa che avverrebbe se unito troppo presto alla zuppa.

Infine, non certo indispensabile, una piccola guarnizione con l’indivia cristallizzata, ottenuta friggendone alcune foglie in olio ben caldo, giusto una trentina di secondi, in modo da farne evaporare l’acqua e, appunto, renderla croccate e delicata come il cristallo.

Concludo la premessa dicendovi che io ho deciso di non aggiungere parmigiano o, ancora meglio, pecorino romano, cosa che però può essere una giusta variazione, visti i sapori decisi del piatto, per cui lascio a voi la scelta.

Puntarelle in due consistenze, mozzarella di bufala bruciata e pane guttiau



Amo le puntarelle e ogni anno non vedo l’ora che arrivi la loro stagione, breve purtroppo, per farne scorpacciate, probabilmente eccessive, ma decisamente appaganti.

Aggiungo anche che il gusto di mangiarle va di pari passo con quello di arricciarle, cosa che faccio rigorosamente io, fuggendo dall’oramai consolidata abitudine di prenderle già pronte - direi massacrate, a essere sincero - cosa alla quale la frenesia di oggi ci ha ahimè abituato a fare.

Questa volta le ho preparate in due consistenze, appunto, con quella liquida ottenuta cuocendo le foglie verdi - che avrete solo se prendete le puntarelle intere - in acqua a bollore e poi frullandole insieme a un poco di colatura di alici e di aceto, in modo da ricordare la loro preparazione classica (non ho messo l’aglio solo per esplicita richiesta della famiglia).

Poi, la mozzarella di bufala campana, bruciata in superficie - vi servirà necessariamente un caramellizzatore - in modo da donarli un leggero gusto di affumicatura, completando con il pane guttiau, che è la versione saporita del più noto pane carasau, dato che nel guttiau sono presenti olio di oliva e sale.

Tutto qui, per un piatto veloce da preparare e decisamente stagionale, visto appunto la vita breve delle puntarelle.

Calamaro in olio-cottura a bassa temperatura, crema di cicerchia alla colatura di alici, maionese all’aglio e mandorle tostate al sale

Dopo il baccalà, ritengo i calamari quelli che più di ogni altri beneficiano della cottura a bassa temperatura e, nello specifico, quella in bagno d’olio, come è appunto il caso di questa ricetta, preparata in un periodo di passione affievolita, che mi sta portando a diradare di molto la mia presenza davanti ai fornelli.

I calamari, quindi, dei quali ho utilizzato solo il corpo, tagliandolo ad anelli e cuocendoli a bassa temperatura in bagno d’olio, profumato con qualche spicchio d’aglio, qualche grano di pepe nero e con i gambi del prezzemolo, che come immagino sappiate è la parte dove stanno profumo e sapore.

La cottura l’ho fatta a 62° per quaranta minuti, un tempo che può sembrare eccessivo, ma che tiene conto dell’inerzia termica dell’olio, cosa che ritarda il raggiungimento della temperatura da parte del calamaro.

Ad accompagnare il calamaro, una crema di cicerchia, un legume che sta vivendo una seconda giovinezza, lavorata con la loro acqua di cottura, con qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva, un poco di pepe e con un poco di colatura di alici, che le da quello spunto inconfondibile e che, al tempo stesso, richiama i sapori del mare.

Poi, sempre per la parte cremosa, una maionese preparata con l’albume dell’uovo e l’aglio, questo ingentilito dalla classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce.

Infine, come nota croccante, delle mandorle sfogliate tostate con del sale marino.

Zuppa di fagioli coll’occhio, cozze e pasta mista

Ultimamente ho ripreso a consumare i legumi, una volta sempre presenti sulla mia tavola, ma poi, senza nessun motivo particolare, quasi spariti dalle mie ricette.

Recupero quindi prontamente e, dopo aver preparato questa ricetta qualche settimana fa, eccone un’altra, che alla base vede i fagioli coll’occhio, piccoli e dal gusto delicato.

I fagioli li ho cotti nel modo classico, usando la mia pentola a pressione elettronica, che da quando l’ho presa non la mollo più, e poi ridotti in crema, usando come elemento liquido l’acqua rilasciata dalle cozze, il secondo ingrediente di questa zuppa, e l’acqua di cottura dei fagioli, necessaria per ottenere la giusta densità.

Le cozze, quindi, aperte nel modo classico in padella, con il liquido usato come vi ho appena detto, mentre i molluschi, che soffrono la cottura prolungata, li ho aggiunti alla zuppa solo all’ultimo momento, in modo che sentissero il calore ma non cuocessero più di quanto hanno già fatto durante la loro apertura.

Infine, la pasta, che ho scelto nel formato misto e cotta preventivamente in acqua, per i ¾ del suo tempo, in modo da eliminarne in buona parte l’amido, che altrimenti avrebbe rovinato il sapore della zuppa, poi aggiunta a essa per completare la cottura.

Al momento dell’impiattamento, e come si conviene per le zuppe, un classico giro di olio extravergine di oliva a crudo, per un piatto semplice da preparare, con la sola accortezza di ricordarsi di mettere in ammollo i ceci con il dovuto anticipo.

13 dicembre 2018

Spaghettoni con crema di broccoletti, burrata e pane croccante



Adoro i broccoletti, con quel loro retrogusto amarognolo il giusto, senza eccessi, che a mio avviso li rende quasi unici nel panorama delle verdure invernali.

Questa volta ho pensato di usarli per un primo, cuocendoli in acqua a bollore e poi riducendoli in crema, lavorandoli solamente con la loro acqua di cottura e con un poco di olio extravergine di oliva.

La crema ottenuta, poi, l’ho usata come base per la mantecatura della pasta, quasi una risottatura, visto che l’ho protratta per circa tre minuti, in modo che i broccoletti avessero il tempo di armonizzarsi con la pasta.

Ho poi aggiunto, sempre in mantecatura, la burrata, della quale ho utilizzato sola la parte interna, la cosiddetta stracciatella, e lavorata in padella giusto il tempo da farla fondere, in modo da ottenere una buona cremosità.

A completare il tutto, il pane croccante, ottenuto tostandone la mollica in padella, senza aggiunta di grassi e con una decisa macinata di pepe nero, in modo da un gusto piuttosto deciso.

Per quanto riguarda la pasta, ho scelto gli spaghettoni monograno di Felicetti.

6 dicembre 2018

Risotto zucca, castagne, Fiocco della Tuscia e olio al rosmarino



Chi mi segue sa che i risotti non sono il mio forte, principalmente perché non mi piacciono particolarmente - lo so, nessuno è perfetto - anche se ogni tanto li preparo, soprattutto quando mi vengono chiaramente richiesti da moglie, figlia e figlio.

Questa volta sono partito dalla zucca, che in questi mesi raggiunge il suo splendore, in particolare quella mantovana, che a mio parere è quella con il sapore più intenso e particolare, ridotta in crema dopo averla cotta in casseruola solamente con olio extravergine, sale e pepe.

Con gli scarti della zucca, principalmente semi e filamenti interni, ho preparato il brodo usato poi per portare a cottura il risotto, mentre un poco di zucca l’ho tagliata a dadini e fatta essiccare in forno, aggiungendola poi al risotto, in modo da averla in due consistenze differenti.

Le castagne, poi, le ho lessate in modo classico e aggiunte all’incirca a metà cottura del riso, in modo che avessero il tempo di armonizzarsi con esso.

Per quanto riguarda il riso, tostatura a secco, senza quindi l’utilizzo di grassi, e mantecatura con burro freddo - normalmente preferisco usare l’olio extravergine, ma la presenza del formaggio mi ha fatto propendere per il burro - Fiocco della Tuscia e parmigiano, per una cremosità piuttosto decisa.

Infine, al momento di servire, un filo di olio aromatizzato al rosmarino, preparato lasciando quest’ultimo in infusione nell’olio extravergine e portando il tutto a 60° per tre ore, in modo da agevolare il trasferimento di profumi.

29 novembre 2018

Merluzzo cotto a bassa temperatura, broccoletti in tre consistenze e polvere di agrumi



Di tutti i pesci cotti a bassa temperatura, il merluzzo (e quindi anche il baccalà) è quello che mi regala le più belle soddisfazioni, visto che la sua polpa trae grande beneficio da una cottura delicata e non traumatica, quando invece può venir rovinato da una cottura aggressiva e protratta troppo a lungo.

Questa volta l’ho cotto sottovuoto, a 60° per venti minuti, profumandolo un poco di scorza di agrumi e condendolo, a fine cottura, solamente con olio extravergine di oliva e fior di sale.

Il profumo di agrumi l’ho poi intensificato, facendo essiccare lentamente in forno bucce di arancia, mandarino e limone, passandole poi al mixer e setacciandole, in modo da ottenere una polvere sottile e profumatissima, che ho distribuito sopra al merluzzo al momento dell’impiattamento.

Infine, i broccoletti, che adoro e qui usati in tre consistenze diverse: liquidi, riducendoli in crema dopo averli cotti in acqua a bollore; croccanti, facendo essiccare in forno le loro foglie; crudi, usando i loro bottoni fiorali più belli e freschi.

Tutto qui, per un piatto dai pochi ingredienti - oltre agli elementi principali, ci sono solo olio extravergine e sale - che spero li nobiliti nella loro freschezza e qualità.

10 novembre 2018

Zuppa di ceci, baccalà e pasta mista



Anche se non si può dire che il freddo sia arrivato, io vado con il calendario delle stagioni, per cui comincio a cimentarmi con zuppe e minestre, che peraltro sono buone sia calde, che fredde.

Come base ho scelto i ceci, che ultimamente adoro particolarmente, cotti in acqua e poi in parte ridotti in crema e in parte lasciati interi, in modo da avere un elemento di consistenza al gusto.

Ho poi utilizzato il baccalà, fatto velocemente saltare in padella con olio extravergine di oliva, aglio e peperoncino, aggiungendo poi i ceci in crema, in modo da non perdere nemmeno una stilla del sapore del pesce, e una generosa macinata di pepe nero.

La pasta, che ho scelto nel formato misto, l’ho cotta preventivamente in acqua, per i ¾ del suo tempo, in modo da eliminarne in buona parte l’amido, che altrimenti avrebbe rovinato il sapore della zuppa, poi aggiunta a essa per completare la cottura.

Infine, al momento dell’impiattamento e come si conviene per le zuppe, un classico giro di olio extravergine di oliva a crudo e una piccola guarnizione fatta con la pelle del baccalà essiccata in forno, in modo da renderla croccante.

Tutto qua, per un piatto semplice da preparare, con la sola accortezza di ricordarsi di mettere in ammollo i ceci con il dovuto anticipo.

2 novembre 2018

Spaghetti con crema di fiori di zucchina, alici e burrata



Oramai è mia abitudine che, quando trovo delle zucchine romanesche così fresche da avere ancora il loro bellissimo fiore, sodo e croccante, le prendo sempre per un doppio utilizzo: le zucchine per un contorno, così da far felice moglie e figlia; i fiori per qualche altra ricetta, da decidere secondo ispirazione del momento, come quasi sempre accade, peraltro.

Questa volta l’ispirazione si è manifestata nella forma di un primo piatto e, nello specifico, un piatto di spaghetti che ho pensato di condire con i fiori, sbollentati per pochi minuti e poi trasformati in crema, usando solo olio extravergine, sale marino e un pizzico di pepe.

A donare un sapore più deciso, le alici sotto sale, lavate e fatte andare gentilmente in padella, con olio extravergine e aglio, in modo da scioglierle e renderle quasi invisibili allo sguardo, ma ben presenti al gusto.

Infine, soprattutto perché l’adoro, ma anche perché credo ben si sposi con le alici e i fiori, la burrata, della quale ho utilizzato la parte interna, la cosiddetta stracciatella, unita alla pasta sia nelle fasi finali della mantecatura, così da donare meglio il suo sapore, sia nell’impiattamento, ha richiamare la sua presenza, altrimenti non visibile.

19 ottobre 2018

Polpo saltato, con crema di peperone rosso e cialda di pecorino romano



Finger Food semplice e dai pochi ingredienti, che richiama un piatto tipico delle coste laziali - spaghetti polpo e pecorino - dove il mare si mescola alla terra e che qui ho leggermente modificato, sostituendo il pomodoro con i peperoni rossi.

La base è quindi il polpo - ne ho usato uno piccolo, in modo che fosse adatto a un Finger Food - prima lessato e poi saltato in padella, con un filo d’olio extravergine, in modo da renderlo leggermente croccante.

La prima cottura del polpo l’ho fatta in pentola a pressione, regolandola sul livello minimo - io uso una pentola a pressione elettronica - facendo poi ridurre la pressione naturalmente, senza aprire la valvola.

Come elemento morbido, una crema di peperone rosso, che porta anche una nota di dolcezze, preparata facendoli cuocere con olio extravergine e un poco d’acqua e poi frullandoli e setacciando il composto ottenuto.

Infine, una cialda di pecorino romano, che rappresenta la parte croccante del piatto e che questa volta preparata in forno, invece che in padella come fatto spesso in passato, guadagnandoci in semplicità.

19 settembre 2018

Crudo di filetto marinato in salsa Teriyaki e succo di cetriolo, alla liquirizia, con crema di melanzane e corallo allo zafferano


Dopo un lungo periodo estivo a base di pesce, rimetto mano alla carne, con un’ennesima tartare, visto che, come accade per il pesce, anche la carne la preferisco a crudo.

La base è il filetto di manzo, tagliato molto grossolanamente e lasciato marinare per otto ore in un mix di succo di cetriolo - vi servirà necessariamente una centrifuga o un estrattore per succhi - e salsa Teriyaki, in modo da avere un bilanciamento tra la freschezza del cetriolo e il sapore deciso e leggermente dolce della salsa, che per la cronaca - siate benevoli e comprensivi - io ho usato in una sua versione già pronta.

Dopo la marinatura, ho condito la carne con olio extravergine di oliva, fior di sale e polvere di liquerizia, questa ricavata dalla sua radice e il cui amaro crea un bel contrasto con il sapore residuo della marinatura.

Ad accompagnare la carne, una crema di melanzane, preparata cuocendole intere al forno e poi frullando la loro polpa con olio extravergine di oliva, sale marino e pepe nero.

Infine, come elemento di guarnizione, ma non solo, un corallo allo zafferano, preparato in modo classico, con farina, acqua, olio extravergine e, appunto, lo zafferano.

17 settembre 2018

Calamaro ripieno di grano spezzato, i suoi tentacoli e paté di datterini secchi, accompagnato da emulsione di alici, datterini gialli caramellati e prezzemolo cristallizzato



Chi mi segue sa che, ogni tanto, mi piace riempire i calamari e, anche quando decido di farci altro, ne prendo sempre uno in più, per poter sperimentare nuovi riempimenti.

Questa volta la base del ripieno l’ho affidata al grano spezzato, conosciuto anche come “bulgur” o “burghul”, cotto preventivamente in acqua e poi condito con un paté di datterini secchi, preparato solamente con olio extravergine di oliva, basilico e un poco di aglio.

Al ripieno ho poi aggiunto i tentacoli dei calamari, battuti al coltello in modo da ridurli in una sorta di composto quasi cremoso, esattamente come si fa con una classica tartare di carne, e il prezzemolo.

Ad accompagnare i calamari, un’emulsione di alici - l’ho messa sul fondo dei piatti, quindi dalla foto non si vede bene - preparata usando quelle sotto sale e lavorandole con olio extravergine e ghiaccio, cosa che favorisce l’azione della parte grassa.

Poi dei datterini gialli, che ho tagliato a metà, rosolati in padella con un filo d’olio extravergine, con la parte tagliata a contatto con il fondo della padella, e infine caramellati, distribuendo dello zucchero semolato sulla parte tagliata e fondendolo con il caramellizzatore, in modo da ottenere uno strato croccate, del tutto simile a quello che caratterizza la classica creme brulèe.

Infine, più come guarnizione che altro, il prezzemolo cristallizzato, ottenuto friggendo i rametti in olio ben caldo per una ventina di secondi, giusto appunto il tempo di renderli lucidi e friabilissimi.

In sostanza, quindi, un piatto dai contrasti decisi, con il gusto pieno del calamaro, quello sapido dell’emulsione e, infine, quello acido e al contempo dolce dei datterini gialli.

Concludo infine l’introduzione con una nota sulle quantità del paté e dell’emulsione, che saranno in leggero avanzo, dato che al di sotto di certi valori non si può scendere senza comprometterne la lavorazione. Non un grande problema, in realtà, dato che entrambe le preparazioni si conservano piuttosto a lungo in frigorifero.

11 settembre 2018

Spaghetti semi-integrali con Gran Mugello e due consistenze di zucchine romanesche



Poco tempo fa ho partecipato al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio, e dei tre formaggi ricevuti per preparare le due proposte previste, ne avevo utilizzati solamente due, lasciando al Gran Mugello il compito di accendere la fantasia per un piatto che ancora non sapevo quale potesse essere.

Alla fine, complici anche delle meravigliose zucchine romanesche, prese di ritorno da Anzio da un produttore locale, ho deciso per un primo piatto, dove le zucchine fossero presenti in due diverse consistenze.

Con la parte esterna delle zucchine, quella di un bel verde, ho preparato una polvere, essiccandola in forno e poi passandola al mixer, mentre con l’interno, una crema, lavorata a freddo e usando solo la loro acqua di cottura, qualche foglia di basilico e un poco di olio extravergine di oliva.

Infine, in mantecatura, ho aggiunto un poco di pepe nero e il Gran Mugello grattugiato, che porta un bel sapore deciso e dà anche il suo contributo alla cremosità del piatto.

Chiudo la premessa con il tipo di pasta utilizzato, che in questo caso sono gli spaghetti semi-integrali del Pastificio Girolomoni.

5 settembre 2018

Crudo di gamberi gobbi al prosecco, con le loro uova, cocomero, mandorle tostate e menta romana



Ricordate che il pesce crudo, prima di essere preparato e servito, deve essere abbattuto o congelato (il tempo di abbattimento dipende dalla temperatura e va dalle 9 ore a -40° fino alle 96 a -15°) in modo da eliminare il rischio di contaminazioni da parte di batteri e parassiti, tra i quali il più pericoloso è sicuramente l'Anisakis. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, punti vendita e ristoranti, esiste l'obbligo di informazione al consumatore, come stabilito dal Ministero della Salute.

Oramai immagino sappiate che adoro i gamberi e, in particolare, il gambero gobbo, che con le sue tipiche uova blu è probabilmente la migliore varietà di gamberi da potersi mangiare a crudo.

Non si trovano così spesso come vorrei, forse perché sono ancora poco conosciuti, per cui quando ho la fortuna di adocchiarli non me li lascio certo sfuggire, sicuro del fatto che, nel tragitto verso casa, riuscirò a partorire un’idea che rafforzi la loro presenza nell’Olimpo degli antipasti, come è puntualmente accaduto e, tra le varie idee di antipasti di pesce, ho scelto di farne uno freddo.

Visto che sono un amante delle bollicine, ho deciso di marinare i gamberi gobbi nel prosecco, per una durata di otto ore, tempo che ha consentito di donare loro un piacevolissimo retrogusto, leggermente acido.

Dopo la marinatura, ho condito i gamberi in modo minimale, usando le loro uova - parlando con la pescheria, ho appreso con orrore che c’è ancora qualcuno che le scarta - olio extravergine di oliva e fior di sale, che con la sua grana media aggiunge anche una gustosa nota croccante.

Ad accompagnare i gamberi, il cocomero, che aggiunge dolcezza, le mandorle, tostate con del sale marino e, per finire, la menta romana, che dona una nota di freschezza e crea un bel contrasto con il sapore del cocomero.

1 settembre 2018

Gambero rosa marinato in lime, Aperol e menta, con cetrioli, patate schiacciate allo zafferano e olio al prezzemolo



Ricordate che il pesce crudo, prima di essere preparato e servito, deve essere abbattuto o congelato (il tempo di abbattimento dipende dalla temperatura e va dalle 9 ore a -40° fino alle 96 a -15°) in modo da eliminare il rischio di contaminazioni da parte di batteri e parassiti, tra i quali il più pericoloso è sicuramente l'Anisakis. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, punti vendita e ristoranti, esiste l'obbligo di informazione al consumatore, come stabilito dal Ministero della Salute.

Chi mi segue con una certa costanza, avrà notato che ultimamente mi sono appassionato alle marinatura, sia asciutte, a base di sale bilanciato, che umide, con liquidi di varia natura, come in questo caso, dove ho usato una combinazione di Aperol e succo di line, aggiungendo poi anche la menta fresca.

I gamberi rosa sono quelli di Anzio, freschissimi e presi al solito nella pescheria “Amore di mare”, marinati per ventiquattro ore in un mix fatto, come vi dicevo, da 3/5 di Aperol, 1/5 di succo di lime e 1/5 di acqua, marinatura che peraltro ha dato ai gamberi un bel colore arancione e, ovviamente, un sapore molto particolare, aggiungendo anche alcune foglie di menta fresca pestate.

Dopo la marinatura, ho condito i gamberi solamente con olio extravergine e fior di sale, senza aggiungere altri aromi, visto che gli effetti della marinatura erano già sufficienti al sapore complessivo del piatto.

Ad accompagnare i gamberi, le patate cotte in acqua e zafferano, poi schiacciate e condita con un poco di pepe bianco e dell’olio al prezzemolo, e il cetriolo, al naturale, che porta una nota croccante al piatto.

Tutto qui, per un piatto fresco, semplice e veloce da prepararsi, che non richiede tecniche particolari, ma solo la pazienza di aspettare il tempo necessario affinché la marinatura possa completarsi.

22 agosto 2018

Rigatoni con calamari, pomodorini e pecorino romano


Ogni tanto ritorno anch’io alla semplicità - qualcuno direbbe al Confort Food - visto che non si può vivere solo di sperimentazioni e ogni tanto fa bene, al gusto e allo spirito, affidarsi ai classici, come ho appunto fatto in questo caso.

Rigatoni, quindi, con calamari e pomodorini, cotti insieme a lungo, per circa quarantacinque minuti, fino a ridurne il fondo, ottenendo una salsa molto densa e ricca di sapore.

Completano il piatto, il prezzemolo tritato, aggiunto dopo la mantecatura, a fuoco spento, e il pecorino romano - ho usato quello di Brunelli - distribuito dopo l’impiattamento e che, a dispetto qualcuno possa considerarlo un azzardo, appartiene alla tradizione marinara laziale, abbinato a volte al polpo, a volte ai calamari.

Concludo dicendovi che come formato di pasta ho scelto i rigatoni, per il solo fatto che moglie e figlia preferiscono i formati corti e io, ogni tanto, mi piego volentieri al loro volere.

6 agosto 2018

Calamaro, melanzane e pinoli


Mi ero preso una lunga pausa dalle operazioni di riempimento dei calamari, ma complice anche la freschezza di quelli di Anzio, presi al solito dalla pescheria “Amore di mare”, la mia preferita, ho interrotto volentieri la pausa e mi sono rimesso ai fornelli.

Questa volta, le melanzane, saltate prima in padella, con olio extravergine di oliva e aglio, e poi usate come base per il ripieno, aggiungendo le alette e parte dei tentacoli dei calamari, entrambi battuti al coltello per renderli quasi cremosi, poi i pinoli, che danno croccantezza e, infine, un poco di prezzemolo tritato.

Visto poi che il ripieno era leggermente in avanzo - non è facile valutare l’esatta quantità dei singoli elementi, prima di cuocerli - ho deciso di saltarlo velocemente in padella, giusto per far sentire il calore alle parti del calamaro che lo compongono, e poi aggiungerlo al momento dell’impiattamento, nella forma di una quenelle, visto che, dopo averlo assaggiato, mi sono reso conto che valesse la pena gustarlo anche al naturale.

Concludo ribadendo la questione del ripieno, che è sempre meglio averne in avanzo piuttosto che rimanerne senza, considerando poi che, come ho fatto io, lo potrete utilizzare come descritto.

30 luglio 2018

Crostino con tuorlo d’uovo marinato, crema d’aglio e olio extravergine, bieta colorata, asparagi e mirtilli neri



Ricetta, se così si può chiamare, nata dal non saper cosa fare di un paio di tuorli delle uova che avevo usato solamente per i loro albumi - dovevo preparare una maionese leggera - tuorli che alla fine ho deciso di marinare, più che altro per avere del tempo per decidere cosa farne.

A peggiorare le cose, il fatto che mi sono quasi dimenticato della marinatura, ricordandomene all’ultimo momento, quando era quasi ora di cena e non avevo né gli ingredienti, né il tempo, per preparare qualcosa di elaborato.

Alla fine, ho allora deciso per dei semplici crostini, che ho servito alla famiglia come aperitivo, giusto per rafforzare la cena, decisamente frugale visto che eravamo appena tornati da un lungo weekend in quel di Anzio.

I tuorli d’uovo, marinati per settantadue ore con del sale bilanciato - 2/3 sale e 1/3 zucchero di canna - in modo da portarli a una consistenza piuttosto solida, senza quella cremosità residua all’interno, che contraddistingue marinature più brevi.

Poi, una crema d’aglio e olio extravergine, con l’aglio ingentilito dalla classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce, e poi lavorato, appunto, solamente con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.

A seguire, le verdure - asparagi e bieta colorata - a crudo e condite solamente con poco olio extravergine, un goccio di aceto balsamico, che con la sua dolcezza crea un buon contrasto con gli altri sapori.

Per finire, i mirtilli neri, leggermente acidi nel sapore, ancora una volta per creare contrasto, visto che personalmente ritengo la contrapposizione dei sapori uno degli aspetti più importanti di un piatto.

22 luglio 2018

Spaghetti con ricotta di bufala, pomodori secchi e pesto di basilico



A volte ti devi ingegnare, in cucina, come ad esempio quanto ti arrivano a cena, all’ultimo minuto, alcuni amici quali non puoi ovviamente direi di no.

Questa volte la salvezza è arrivata da una ricottina di bufala, omaggio ricevuto quando avevo comprato della mozzarella, dal basilico che tengo sempre sul mio balcone - costa molto meno una piantina che quello confezionato - e dei pomodori secchi, presi tempo addietro e senza un motivo particolare.

Con il basilico ci ho fatto un classico pesto - vi dico subito che, per motivi di tempo, ho usato il frullatore - che ho aggiunto alla pasta solo al termine della mantecatura, per non rovinare il basilico con un calore eccessivo.

La ricotta, invece, l’ho semplicemente lavorata insieme ai pomodori secchi, ammorbiditi in acqua e poi sommariamente tritati, in modo da avere pezzi irregolari e non troppo piccoli.

Tutto qui, per una ricetta molto semplice e veloce da prepararsi.

18 luglio 2018

Il mio menù ‘quasi americano’ per il contest “Latti da mangiare 4.0”



Quest’anno mi sono lanciato, partecipando anch’io al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio, il cui tema – e non poteva essere altrimenti – erano i formaggi e, in particolare, il Mugello, nelle sue diverse stagionature:
  • Gran Mugello, a pasta semi cotta, stagionato nelle Grotte Ubaldine che si trovano in profondità, proprio sotto le fondamenta della torre merlata della Villa Palagiaccio;
  • Fior di Mugello, a pasta liscia e compatta, disponibile sia fresco che stagionato per 4 mesi;
  • Blu Mugello, a pasta cremificata, cin una decisa muffatura e dal sapore veramente particolare.
In aggiunta ai formaggi, già di per sé sfidanti per la preparazione dei piatti, il meraviglioso Tonno di Firenze, assolutamente geniale nell’idea e del quale mi sono innamorato dopo averlo assaggiato, che a dispetto del nome è prodotto con la carne di manzo, lavorata come se fosse un tonno sott’olio, che lo ricorda nell’aspetto ma, a mio avviso, lo supera di gran lunga nel gusto.


Formaggi e tonno, quindi, con i quali si potevano scegliere due tipologie di preparazioni, con la prima ispirata alla cucina americana e la seconda a quella fusion e, indipendentemente dalla scelta, il menù doveva prevedere un piatto principale e un dessert.

Alla fine, dopo lungo pensare, ho deciso per una sorta di compromesso, visto che ho scelto l’ispirazione americana, ma con contaminazioni nostrane, in modo da strizzare l’occhio anche alla cucina fusion, basata appunto sulle contaminazioni, preparando due piatti quasi americani, nello specifico:
  • Quasi Mac&Cheese
  • Quasi una Cheesecake
Dove il “quasi” indica la contaminazione, visto che in entrambe e preparazioni ho utilizzato ingredienti nostrani, rispettando la preparazione originale, ma contaminandola, appunto, con qualcosa tipico della cucina italiana.

17 luglio 2018

Salmone marinato in sale, zucchero e timo al limone, con guacamole di fave

Ricordatevi che il pesce crudo, prima di essere preparato e servito, deve essere abbattuto o congelato (il tempo di abbattimento dipende dalla temperatura e va dalle 9 ore a -40° fino alle 96 a -15°) in modo da eliminare il rischio di contaminazioni da parte di batteri e parassiti, tra i quali il più pericoloso è sicuramente l'Anisakis. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, punti vendita e ristoranti, esiste l'obbligo di informazione al consumatore, come stabilito dal Ministero della Salute.

Continuano le mie esercitazioni con le marinature, in particolare quella del salmone, che se da un lato è un pesce non proprio eccelso - parlo di quello allevato intensivamente, che si trova oramai ovunque - dall’altro ritengo benefici non poco dalla marinatura, sia nel sapore che nelle consistenze.

La marinatura l’ho fatta sempre con sale bilanciato, aumentando questa volta al quantità di zucchero di canna - ho utilizzato, come quasi sempre, quello integrale, dal sapore caramellato - dato che volevo una dolcezza più accentuata, aggiungendo anche il timo al limone, del quale sono particolarmente innamorato, riducendo inoltre il tempo complessivo a dodici ore, visto che desideravo una consistenza molto morbida del pesce.

Ad accompagnare il salmone, un guacamole di fave fresche - ho preparato il piatto nella loro stagione di maggio fulgore - in versione mediterranea, usando al posto degli ingredienti della ricetta tradizionale, altri più nostrani, come i cipollotti di Tropea, i capperi e le alici, completando poi con il timo al limone - qui ho voluto richiamare ciò che avevo usato per il salmone - l’aceto di mele e un poco di peperoncino.

Infine, giusto come guarnizione, le immancabili foglioline di bieta rossa, che da quando l’ho piantata in balcone, la uso in modo smodato.

13 luglio 2018

Quasi una Cheesecake



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio


Per chi avesse già visto la mia prima ricetta preparata per il Contest, saprà che il tema del concorso era il formaggio e, nello specifico, le varietà di Mugello, splendida produzione di Palagiaccio, diverse per stagionatura e intensità del sapore.

Il contest, inoltre, prevedeva la realizzazione di due piatti, di cui uno un dessert, che dovevano ispirarsi, in alternativa, alla cucina americana e a quella fusion.

Come si evince dalla prima ricetta - una variazione del classico Mac&Cheese - io ho scelto la cucina americana, dove anche per il dessert mi sono lasciato andare a una rielaborazione della classica Cheesecake, che ho preparato giocando sui contrasti tra ingredienti tipicamente salati, resi dolci in modo da renderli adatti alla preparazione dolce.

La base della Cheesecake l’ho preparata con le classiche friselle, alle quali, oltre al burro come legante, ho aggiunto un poco di zucchero di canna - ho usato quello della varietà Panela - per avere un contrasto con la sapidità, peraltro blanda, delle friselle.

Come elemento centrale della Cheesecake, ovviamente il formaggio, nello specifico il Blu Mugello - si, lo so, mi sono preso un bel rischio - lavorato con la panna fresca e, ancora una volta, lo zucchero di canna, che con il suo gusto caramellato ho ritenuto meglio si adattasse rispetto a quello semolato e che è anche l’artefice del colore particolare, quasi nocciolato, della Cheesecake.

Come addensante ho usato la classica gelatina alimentare, scegliendo di avere una consistenza molto soda, quasi a richiamare quella originale del formaggio, cosa che non a tutti potrebbe piacere, per cui voi potrete ridurre la quantità dell’addensante per adattare il tutto ai vostri gusti.

Infine, la copertura superiore, che richiama quella classica fatta con lampone o fragole, ma che qui è invece di pomodoro - ho usato i classici ciliegini - con il quale ho preparato una coulis, ancora una volta addolcita con lo zucchero di canna e addensata con l’Agar Agar, preferendola alla gelatina, che sul pomodoro agisce con difficoltà e che non rimane stabile a temperatura ambiente.

Ad accompagnare la Cheesecake e in ricordo del famoso contadino, una mousse di pera e zenzero, lavorata completamente a freddo, usando un estrattore per ricavare i rispettivi succhi e la gomma di xantano come addensante, che come sapete è in grado di agire a freddo.

In definitiva, un dessert dolce ma non troppo, il cui nome esteso potrebbe essere:

“Cheesecake al Blu Mugello, con base di friselle e coulis di pomodoro, accompagnato da mousse di pera e zenzero”

Per quanto riguarda le quantità, tenete presente che io ho utilizzato uno stampo molto piccolo, del diametro di dodici centimetri e i bordi da quattro - il sapore della Cheesecake è molto deciso, per cui ho ritenuto di servirne una piccola quantità, quasi fosse un pre-dessert - quantità che dovrete ovviamente aumentare nel caso di formati più grandi (ricordatevi che conta il volume dello stampo e non il suo diametro).

Concludo dicendovi che, per come ho lavorato i singoli elementi, il dolce può essere servito a temperatura ambiente, senza timori sulla tenuta delle singole componenti.

9 luglio 2018

Carne alla Bismarck 2.0



Qualche sera fa, a cena, stavo chiacchierando con la famiglia e il discorso è andato su cosa si mangiava quando eravamo piccoli, cosa che mi ha fatto venire in mente che, tra i piatti che normalmente mi preparava mia madre - per la cronaca, grande Madre, ma pessima cuoca - c’era anche la carne alla Bismarck, un piatto decisamente ricco, forse troppo per i giorni nostri.

Il ricordo è stato così forte, che ho deciso valesse la pena di cimentarsi con il piatto, ovviamente seguendo il mio spirito improntato alla sperimentazione - che peraltro non è che dia sempre buoni risultati - provando a reinterpretare il piatto in chiave moderna.

La carne - ho usato il filetto di vitellone - l’ho quindi preparata a crudo, bagnandola solamente con un filo di olio extravergine di oliva, aggiungendo poi un poco di fiocchi di sale della Cornovaglia, che danno sapidità e croccantezza, e del di pepe di Sichuan, che ha un sapore meno deciso rispetto al pepe tradizionale.

Dell’uovo, invece, ho usato solamente il tuorlo, marinato per settantadue ore con del sale bilanciato - 2/3 sale e 1/3 zucchero di canna - in modo da portarlo a una consistenza molto soda e dal sapore ben concentrato.

Il prezzemolo, anch’esso presente nella ricetta originale, l’ho fritto velocemente in olio di semi di arachide, in modo da renderlo croccante e lucido.

Infine, una crema d’aglio e olio - questa ammetto è una divagazione, visto che la ricetta originale prevede l’uso del burro - con l’aglio ingentilito attraverso la classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce, e poi lavorandolo solamente con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.