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25 agosto 2019

Il mio menù per il contest “Latti da mangiare 5.0”



Dopo l’esperienza dello scorso anno, ho deciso di accettare nuovamente la sfida e partecipare anche all’edizione 2019 del Contest Lattidamangiare 5.0, organizzato da Palagiaccio.

Come nella scorsa edizione, il tema centrale della sfida sono stati i formaggi e, ancora una volta, il Mugello, nelle sue diverse varianti:

  • Gran Mugello, a pasta semi cotta, stagionato nelle Grotte Ubaldine che si trovano in profondità, proprio sotto le fondamenta della torre merlata della Villa Palagiaccio;
  • Fior di Mugello, a pasta liscia e compatta, disponibile sia fresco che stagionato per 4 mesi;
  • Blu Mugello, a pasta cremificata, con una decisa muffatura e dal sapore veramente particolare.

Il regolamento del contest prevedeva due piatti, uno salato e uno dolce, la cui preparazione era tuttavia regolamentata: il piatto salato poteva essere un risotto o una pizza gourmet, mentre il dolce doveva essere al cucchiaio, con esclusione però del gelato.

Inutile dire che in entrambi i piatti il formaggio dovesse avere un ruolo centrale e che ogni piatto dovesse quindi essere costruito attorno ad esso, cosa che mi è venuta facile, dato il mio amore smodato per i formaggi - tutti, senza esclusione alcuna - che peraltro mi rimanda sempre e inevitabilmente alla mia adolescenza, dove le merende con pane e formaggio erano di fatto la norma.

Dopo lunga e tormentata riflessione, soprattutto sul dessert, tipologia di piatto che non amo particolarmente e, soprattutto, preparo molto raramente, ho deciso, innanzitutto, di scegliere il risotto rispetto alla pizza - amo la pizza, ma sono di gran lunga più bravo a mangiarla che a prepararla – e poi, come dolce, una variazione della classica panna cotta.

I due piatti che ho preparato sono stati, quindi:

Risotto con Fior di Mugello, spinaci in due consistenze, tuorlo fritto e pinoli tostati

Panna cotta al Blu Mugello, noci Pecan, miele di castagno, cremoso di pera e menta e pepe di Sichuan

24 agosto 2019

Panna cotta al Blu Mugello, noci Pecan, miele di castagno, cremoso di pera e menta e pepe di Sichuan



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 5.0, organizzato da Palagiaccio


Dopo la prima ricetta, ecco la seconda che completa il menù previsto dal regolamento, un menù ovviamente basato sui formaggi, nello specifico le diverse varietà del Mugello, prodotti da Palagiaccio.

Se per il primo piatto la scelta è stata tutto sommato facile - non sono un amante dei risotti, ma comunque mi piacciono - per il dessert è stata tutt’altra cosa, visto che chi mi segue sicuramente saprà che non sono la mia specialità e, peraltro, neanche mi piacciono più di tanto, visto che prediligo di gran lunga i piatti salati su quelli dolci.

Comunque, regolamento docet, per cui, dopo un iniziale orientamento su un gelato, subito accantonato dopo rilettura del regolamento - benedetto fu il dubbio e la successiva verifica - ho ripiegato su una variazione della classica panna cotta, dato che il contest prevedeva comunque un dolce al cucchiaio.

La panna cotta, quindi, preparata usando il Blu Mugello, un erborinato dal sapore deciso e pungente, a rigor di logica poco adatto a una preparazione dolce, ma d’altronde, si sa, preferisco sempre percorrere le strade curvilinee piuttosto che quelle dritte e confortevoli.

Poi, da amante dei formaggi, non ho potuto non aggiungere tutti quegli elementi che a mio avviso ben si sposano con loro, elementi che naturalmente ho dovuto rileggere in chiave di dessert.

Per prima cosa, le noci, scelte nella varietà Pecan, grossolanamente sminuzzate e legate con il miele di castagno, che con il suo sapore deciso e piacevolmente amarognolo, ben si sposa con i formaggi, soprattutto con quelli erborinati.

Poi le pere, nella varietà Coscia, dalle quali ho estratto il succo usando un estrattore e con il quale ho preparato un cremoso, lavorato completamente a freddo, addensandolo usando la gomma di xantano. Durante l’estrazione del succo, ho anche aggiunto qualche fogliolina di menta, in modo da avere una nota aromatica, che desse maggior freschezza al tutto.

Per ultimo, il pepe di Sichuan, che ha un sapore meno deciso rispetto al pepe tradizionale, ad aggiungere una nota pungente al dessert, accentuando ancor di più il gioco complessivo di contrasti.

23 agosto 2019

Risotto con Fior di Mugello, spinaci in due consistenze, tuorlo fritto e pinoli tostati

Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 5.0, organizzato da Palagiaccio


Come per le edizione precedenti - e non poteva essere diversamente - il tema del concorso era il formaggio e, nello specifico, le diverse varietà di Mugello, un formaggio splendido, dal sapore intenso e particolare, che a mio avviso lo rende quasi unico nel panorama caseario nazionale.

Potendo scegliere tra tipi di formaggio - Fior di Mugello, Gran Mugello e Blu Mugello - il regolamento del contest prevedeva la preparazione di un menù di due piatti: un piatto salato, da potersi scegliere tra una pizza gourmet e un risotto e un dolce al cucchiaio 8ad esclusione del gelato).

Direi che la scelta è stata di fatto obbligata, dato che la pizza, pur essendo uno dei miei piatti preferiti da mangiare, non lo è certo per quanto riguarda le mie abilità preparatorie (ma prima o poi proverò a rimediare…), motivo per cui ho scelto il risotto.

Dopo un gradevolissimo assaggio dei tre formaggi, ho deciso per il più cremoso - il Fior di Mugello - dal sapore comunque intenso, che ho ritenuto il migliore per il piatto che avevo in mente, lasciando quindi agli altri due il compito di sacrificarsi per il dolce, che presenterò in una successiva ricetta.

Ad accompagnare il formaggio, gli spinaci, lavorati in due consistenze, con una parte liquida, ricavate usando un estrattore per succhi (data la consistenza degli spinaci, qui la centrifuga è decisamente meno adatta) e una secca, ottenuta essiccando gli spinaci in forno a una temperatura di 70° e poi riducendoli in polvere, setacciate per avere una consistenza molto fine.

Poi, quasi a non voler mollare la mia romanità, il tuorlo d’uovo fritto, che mantiene il cuore liquido e che, quando rotto, ricorda la deliziosa cremina della carbonara. Ovviamente, ho aggiunto il tuorlo solo al momento dell’impiattamento, lasciando agli ospiti il compito di romperlo per apprezzarne l’interno.

A completare il piatto, come elemento croccante, che personalmente non faccio mai mancare nelle mie ricette, i pinoli tostati al sale, che peraltro ricordano un altro piatto piuttosto tradizionale, quegli spinaci con pinoli, uvetta e burro, che da giovane mi facevano impazzire.

Per quanto riguarda la preparazione, ho utilizzato un riso di varietà Carnaroli, tostato a secco, senza utilizzare grassi né tantomeno sfumare con il vino, portato poi a cottura usando un brodo vegetale.

Il formaggio l’ho unito quando mancavano circa due minuti alla cottura e poi, a fiamma spenta, prima o mantecato con del burro, freddo da frigorifero in modo da accentuare lo shock termico, cosa che facilita l’azione della componente grassa. Non ho volutamente usato il parmigiano, dato che ho ritenuto il sapore del Fior di Mugello più che sufficiente a rendere ricco il risotto.

Per quanto riguarda gli spinaci, la parte liquida l’ho unita nella seconda fase della mantecatura, sempre a fuoco spento, quindi, per evitare che il calore eccessivo e prolungato portasse gli spinaci all’ossidazione; la parte secca, invece, l’ho usata durante l’impiattamento, forse più come elemento di guarnizione che per dare sapore vero e proprio.

Il tuorlo, dopo averlo delicatamente impanato, l’ho fritto per venti secondi in olio di semi di arachide, portato alla temperatura di circa 145° (temperature più alte rischierebbero di far scoppiare il tuorlo), e poi aggiunto a riso già impiattato.

I pinoli, infine, tostati in padella con del sale marino, tritati molto grossolanamente al coltello e, come gli spinaci secchi, aggiunti durante l’impiattamento, in modo da lasciarli ben visibili e, allo stesso tempo, evitando che l’umidità del risotto ne rovinasse la croccantezza.

L’attrezzatura necessaria per la preparazione del piatto è assolutamente standard, senza oggetti particolari, se non l’estrattore per succhi, mentre qualche accortezza sarà necessaria per la frittura dei tuorli, da fare all’ultimo e lavorando in parallelo con la cottura del riso.

18 luglio 2018

Il mio menù ‘quasi americano’ per il contest “Latti da mangiare 4.0”



Quest’anno mi sono lanciato, partecipando anch’io al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio, il cui tema – e non poteva essere altrimenti – erano i formaggi e, in particolare, il Mugello, nelle sue diverse stagionature:
  • Gran Mugello, a pasta semi cotta, stagionato nelle Grotte Ubaldine che si trovano in profondità, proprio sotto le fondamenta della torre merlata della Villa Palagiaccio;
  • Fior di Mugello, a pasta liscia e compatta, disponibile sia fresco che stagionato per 4 mesi;
  • Blu Mugello, a pasta cremificata, cin una decisa muffatura e dal sapore veramente particolare.
In aggiunta ai formaggi, già di per sé sfidanti per la preparazione dei piatti, il meraviglioso Tonno di Firenze, assolutamente geniale nell’idea e del quale mi sono innamorato dopo averlo assaggiato, che a dispetto del nome è prodotto con la carne di manzo, lavorata come se fosse un tonno sott’olio, che lo ricorda nell’aspetto ma, a mio avviso, lo supera di gran lunga nel gusto.


Formaggi e tonno, quindi, con i quali si potevano scegliere due tipologie di preparazioni, con la prima ispirata alla cucina americana e la seconda a quella fusion e, indipendentemente dalla scelta, il menù doveva prevedere un piatto principale e un dessert.

Alla fine, dopo lungo pensare, ho deciso per una sorta di compromesso, visto che ho scelto l’ispirazione americana, ma con contaminazioni nostrane, in modo da strizzare l’occhio anche alla cucina fusion, basata appunto sulle contaminazioni, preparando due piatti quasi americani, nello specifico:
  • Quasi Mac&Cheese
  • Quasi una Cheesecake
Dove il “quasi” indica la contaminazione, visto che in entrambe e preparazioni ho utilizzato ingredienti nostrani, rispettando la preparazione originale, ma contaminandola, appunto, con qualcosa tipico della cucina italiana.

13 luglio 2018

Quasi una Cheesecake



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio


Per chi avesse già visto la mia prima ricetta preparata per il Contest, saprà che il tema del concorso era il formaggio e, nello specifico, le varietà di Mugello, splendida produzione di Palagiaccio, diverse per stagionatura e intensità del sapore.

Il contest, inoltre, prevedeva la realizzazione di due piatti, di cui uno un dessert, che dovevano ispirarsi, in alternativa, alla cucina americana e a quella fusion.

Come si evince dalla prima ricetta - una variazione del classico Mac&Cheese - io ho scelto la cucina americana, dove anche per il dessert mi sono lasciato andare a una rielaborazione della classica Cheesecake, che ho preparato giocando sui contrasti tra ingredienti tipicamente salati, resi dolci in modo da renderli adatti alla preparazione dolce.

La base della Cheesecake l’ho preparata con le classiche friselle, alle quali, oltre al burro come legante, ho aggiunto un poco di zucchero di canna - ho usato quello della varietà Panela - per avere un contrasto con la sapidità, peraltro blanda, delle friselle.

Come elemento centrale della Cheesecake, ovviamente il formaggio, nello specifico il Blu Mugello - si, lo so, mi sono preso un bel rischio - lavorato con la panna fresca e, ancora una volta, lo zucchero di canna, che con il suo gusto caramellato ho ritenuto meglio si adattasse rispetto a quello semolato e che è anche l’artefice del colore particolare, quasi nocciolato, della Cheesecake.

Come addensante ho usato la classica gelatina alimentare, scegliendo di avere una consistenza molto soda, quasi a richiamare quella originale del formaggio, cosa che non a tutti potrebbe piacere, per cui voi potrete ridurre la quantità dell’addensante per adattare il tutto ai vostri gusti.

Infine, la copertura superiore, che richiama quella classica fatta con lampone o fragole, ma che qui è invece di pomodoro - ho usato i classici ciliegini - con il quale ho preparato una coulis, ancora una volta addolcita con lo zucchero di canna e addensata con l’Agar Agar, preferendola alla gelatina, che sul pomodoro agisce con difficoltà e che non rimane stabile a temperatura ambiente.

Ad accompagnare la Cheesecake e in ricordo del famoso contadino, una mousse di pera e zenzero, lavorata completamente a freddo, usando un estrattore per ricavare i rispettivi succhi e la gomma di xantano come addensante, che come sapete è in grado di agire a freddo.

In definitiva, un dessert dolce ma non troppo, il cui nome esteso potrebbe essere:

“Cheesecake al Blu Mugello, con base di friselle e coulis di pomodoro, accompagnato da mousse di pera e zenzero”

Per quanto riguarda le quantità, tenete presente che io ho utilizzato uno stampo molto piccolo, del diametro di dodici centimetri e i bordi da quattro - il sapore della Cheesecake è molto deciso, per cui ho ritenuto di servirne una piccola quantità, quasi fosse un pre-dessert - quantità che dovrete ovviamente aumentare nel caso di formati più grandi (ricordatevi che conta il volume dello stampo e non il suo diametro).

Concludo dicendovi che, per come ho lavorato i singoli elementi, il dolce può essere servito a temperatura ambiente, senza timori sulla tenuta delle singole componenti.

3 luglio 2018

Quasi Mac&Cheese



Con questa ricetta partecipo al Contest Lattidamangiare 4.0, organizzato da Palagiaccio


Il tema del concorso era ovviamente il formaggio e, nello specifico, le varietà di Mugello, splendida produzione di Palagiaccio, diverse per stagionatura e intensità del sapore.

In aggiunta al formaggio, il Tonno di Firenze, assolutamente geniale nell’idea e del quale mi sono innamorato dopo averlo assaggiato, che a dispetto del nome è prodotto con la carne di manzo, lavorata come se fosse un tonno sott’olio, che lo ricorda nell’aspetto ma, a mio avviso, lo supera di gran lunga nel gusto.

Formaggio e tonno, quindi, con i quali si potevano scegliere due tipologie di preparazioni, con la prima ispirata alla cucina americana e la seconda a quella fusion.

Dopo lungo pensare, alla fine ho deciso per una sorta di compromesso, visto che ho scelto l’ispirazione americana, ma con contaminazioni nostrane, in modo da strizzare anche alla cucina fusion, basata appunto sulle contaminazioni.

Avendo a disposizione il formaggio, il mio pensiero è andato subito al classico Mac&Cheese, un piatto che celebra il formaggio e lo fa nello spirito americano, con una sovrabbondanza di valori e senza alcuna attenzione al conteggio delle calorie.

Nel mio caso, provando a dare al piatto una maggiore eleganza, ho pensato a una sorta di scomposizione - molto, forse troppo, di moda - dove i vari ingredienti della ricetta classica, più quelli inseriti per la contaminazione, fossero lavorati separatamente.

I maccheroni, dopo averli cotti nel modo classico, lasciandoli ben al dente, li ho panati e fritti in olio di semi di arachide - non ho usato l’uovo ma ho invece sfruttato la collosità naturale dell’amido per far aderire il pangrattato - in modo da renderli dorati e croccanti.

Con il tonno di Firenze ho invece realizzato una crema, lavorandolo con un poco di pomodoro, olio extravergine di oliva e un poco d’acqua, necessaria per ottenere la consistenza desiderata, con la quale ho poi riempito i maccheroni, operazione per la quale vi aiuterà molto l’uso di una sac à poche.

Il formaggio - ho usato il Fior di Mugello - l’ho invece utilizzato per preparare una crema piuttosto densa, usando un poco di panna fresca e del pepe nero, che ho usato al momento dell’impiattamento, come una sorta di base per i maccheroni.

Infine, come ulteriori elementi croccanti, il prezzemolo cristallizzato, ottenuto con una velocissima frittura in olio, è delle cialde di pomodoro, ottenute facendo lentamente essiccare in forno un poco di passata di pomodoro, in modo da far evaporare la sua componente acquosa, senza però cuocerlo.

In definitiva, volendo dare un nome parlante al piatto, si tratta di:

“Maccheroni croccanti con crema di tonno di Firenze, fonduta di Fior di Mugello, cialda di pomodoro e prezzemolo cristallizzato”

Per quanto riguarda le quantità, tenente poi presente che quelle per la crema di tonno di Firenze saranno decisamente in abbondanza rispetto a quanta ne userete effettivamente, dato che al di sotto di certi valori non si può scendere senza comprometterne la lavorazione.

Concludo dicendovi che, alla luce di come ho trattato i singoli elementi, il piatto è perfetto anche come Finger Food, usando rigorosamente le dita per acchiappare i maccheroni e gustarseli.

11 giugno 2018

La pappa al pomodoro, in buona compagnia

Con questa ricetta partecipo alla seconda fase del Contest Pomorosso d’Autore – In Sugo Veritas, ideato da MySocialRecipe, in collaborazione con La Fiammante e Oleificio Fam


Superata la prima selezione, mi sono dovuto lambiccare il cervello per trovare una ricetta in linea con lo spirito del Contest, uno spirito volto alla semplicità ed essenzialità degli ingredienti e della materia prima - pomodoro e olio extravergine di oliva - ingredienti che ho ritenuto dover rispettare e porre al centro, pur non senza difficoltà, e non rilegarli a ruoli da comprimario, come spesso questi due ingredienti hanno.

Dopo lungo pensare, mi è rivenuta in mente la pappa al pomodoro, che in gioventù era quasi un piatto abituale e che, nella sua semplicità, da pieno spazio al pomodoro di esprimersi al meglio.

Per la preparazione della pappa al pomodoro, ho scelto innanzitutto la passata di pomodoro, ovviamente quella de “La Fiammante”, alla quale ho poi aggiunto anche i pelati, rotti a mano, per avere una salsa più grezza e rustica, che meglio rappresentasse lo spirito povero della pappa al pomodoro.

La cottura di pelati e passata l’ho fatta usando solo olio extravergine di oliva, un poco di aglio e del sale marino, per un tempo necessario a far sì che la salsa si riducesse di circa un terzo.

Come pane, invece, un filone a lievitazione naturale, con lievito madre, dalla mollica ben compatta e dal tipico retrogusto leggermente acido, del giorno prima, in modo che la sua mollica non fosse troppo umida.

Però, dovendo preparare un piatto per un concorso, non potevo semplificare troppo, motivo per cui ho scelto di circondare la pappa con altri ingredienti amici, da cui il nome del piatto, lavorati il meno possibile, in modo da poterne apprezzare il gusto così come madre natura ce lo dona.

Per prima cosa, allora, la mozzarella di bufala campana, bruciata in superficie - vi servirà necessariamente un caramellizzatore - in modo da donarli un leggero gusto di affumicatura.

Poi, i cipollotti freschi di Tropea, cotti brevemente in un agrodolce fatto con acqua, aceto di mele e zucchero di canna - ho utilizzato quello integrale, dal gusto caramellato - giusto il tempo di ammorbidirli appena, lasciandogli comunque un minimo di croccantezza.

Segue un cremoso di basilico, preparato ricavando il succo dalle foglie - vi servirà necessariamente un estrattore, visto che la centrifuga risulta in questo caso poco adatta - e lavorandolo poi completamente a freddo, usando la gomma di xantano come addensante.

Con l’olio extravergine di oliva, vista la sua centralità nel Contest, oltre a usarlo per la pappa di pomodoro, ci ho preparato anche una sorta di emulsione stabile, lavorandolo con acqua e lecitina di soia, dove quest’ultima consente di dare stabilità al tutto, che al contrario tenderebbe rapidamente a separarsi (chi volesse approfondire, può leggersi l’eccellente articolo di Dario Bressanini), aggiungendo anche del peperoncino e un pizzico di sale.

Infine, a dare croccantezza al piatto, le foglie di basilico e i capperi, entrambi velocemente fritti in olio di semi di arachide, cosa che dona lucentezza alle foglie e fa aprire i capperi, quasi fossero dei piccoli fiori.

Insomma, una ricetta dalle molte preparazioni, alcune semplici, altre un po’ meno, che punta sulla semplicità e sui contrasti, sia nelle consistenze, che nei sapori e che, volendole dare un nome esteso e parlante, potremmo chiamare:

“Pappa al pomodoro, con mozzarella di bufala bruciata, cipollotti di Tropea in agrodolce, cremoso di basilico, emulsione piccante di olio extravergine di oliva, capperi fritti e foglie di basilico fritte”

Concludo dicendovi che il piatto, nonostante alcune cotture, va servito a temperatura ambiente.

1 giugno 2018

Risotto in fiore



Questa ricetta partecipa al Contest Rice Food Blogger 2018 – Chef Giuseppina Carboni” presentato da Parmigiano Reggiano e con la collaborazione di Risate e Risotti, Chef Academy, Le Creuset, Associazione Italiana Food Blogger e L’Isola d’oro


 
   

Confesso che i risotti non sono il mio forte, anche se cerco sempre di applicarmi, forte del fatto che la crescita passa anche attraverso il preparare piatti che uno non sente suoi, quale che ne sia il motivo.

A tale proposito, non posso non ringraziare Risate e Risotti, che ogni anno, con il suo concorso centrato sul riso, mi obbliga psicologicamente a provarci, dato che, come alcuni di voi già sanno, difficilmente riesco a resistere ai richiami della competizione.

Questa volta sono partito dai fiori di zucca, quelli pastellati che immagino tutti conoscano - parlo di quelli fatti in casa, ovviamente, e non di quei malloppi di pastella, quasi sempre surgelati, che ti servono oramai ovunque - che ho pensato di smontare e usarli come base per il risotto, che volendolo chiamare con il suo nome esteso, altro non è che un

“Risotto con crema di fiori di zucca, cotto nel loro brodo e mantecato con mozzarella di bufala, olio e alici, con croccante di pane e lische fritte”

Come spero si intuisca dal nome esteso, ci sono più o meno tutti gli ingredienti tipici dei fiori, a partire dai fiori stessi, ovviamente, passando per la mozzarella e dalle alici, immancabili nel loro ripieno, per arrivare al pane, che richiama la pastella, e all’olio dove i fiori sono fritti.

Per quanto riguarda i fiori, li ho usati in due modi: i petali, cotti velocemente in acqua, per preparare una crema, lavorata solamente con la loro acqua di cottura e sale; i gambi per preparare un brodo, usato poi per la cottura del riso, questo preventivamente tostato a secco, senza quindi l’utilizzo di grassi.

Con la mozzarella di bufala - potete ovviamente usare anche quella vaccina, se preferite -  e con le alici, ho preparato un battuto, unito al risotto nelle fasi finali della cottura, giusto per dare tempo alla mozzarella di sciogliersi nel riso, mentre la mantecatura finale l'ho fatta con l’olio extravergine di oliva, preventivamente solidificato in freezer, in modo da accentuare lo shock termico e privilegiare l’azione della parte grassa piuttosto che quella liquida.

Infine, al momento di servire, ho distribuito sul risotto un croccante di pane, tostato in padella con olio extravergine, e una polvere ricavate dalle lische delle alici - ho usato quelle sotto sale - che ho prima fritto in olio di semi di arachide, in modo da renderle croccanti e consentirne lo sbriciolamento.

2 maggio 2018

I ravioli, arrabbiati e scomposti



Con questa ricetta partecipo al Contest Pomorosso d’Autore – In Sugo Veritas, ideato da MySocialRecipe, in collaborazione con La Fiammante e Oleificio Fam


Pomodoro e olio extravergine, nella loro semplicità ed essenzialità, sono una bella sfida per pensare a una ricetta, che li nobiliti, senza nasconderli dietro a troppi altri ingredienti, relegandoli a ruolo di spalla, quando invece, almeno da quanto ho inteso io, il concorso ha l’obiettivo di renderli primi attori.

Per la ricetta ho quindi pensato a un piatto semplice, del mio territorio e che avesse anche un ruolo particolare nella mia infanzia, quando appunto la semplicità, e non solo a tavola, la faceva da padrona.

L’arrabbiata, allora, condimento semplice e verace, qui però scomposto nei sui elementi principali e abbinato, invece che alla solita pasta, ai ravioli, preparati solamente con acqua e farina, quest’ultima di tipo 0, dato che un condimento così minimale avrebbe reso poco appropriata una preparazione classica, con le uova.

Il ripieno dei ravioli è liquido, fatto solamente di passata di pomodoro e olio extravergine, senza gli altri elementi tipici dell’arrabbiata che, come vi dicevo, giocano un ruolo diverso.

I ravioli, dopo la loro classica cottura in acqua, li ho fatti saltare in padella, solo dal lato della base e con un filo d’olio extravergine, in modo da renderli in parte croccanti, in modo da creare un contrasto con la morbidezza del loro ripieno.

Con l’aglio ho preparato invece una crema, ingentilendo prima gli spicchi con la classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce, e poi lavorandola solamente con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.

6 settembre 2017

Il tiramisù incontra la frolla alle nocciole e i frutti di bosco



Questa ricetta si è classificata al primo posto nella categoria "dolci" del Contest “MEDEATERRANEAN FOOD BLOG AWARD”, organizzato dall’Accademia Enogastronomica MedEATerranea


Sinceramente, quando rifletto sulla cucina mediterranea, a tutto penso tranne che ai dolci, forse erroneamente, ma la mediterraneità mi evoca il ricordo di ingredienti nostrani, che fanno parte della nostra tradizione, mentre i dolci mi suggeriscono qualcosa di più preparato, di meno naturale.

Ripeto, probabilmente - anzi, sicuramente - è un mio limite, ma tant’è e quando ho visto il contest di MedEATerranea a tutto ho pensato tranne ai dolci, anche se alla fine ho ceduto, preparandone uno semplice, una sorta di rielaborazione di un dolce tradizionale e direi amato da tutti, le cui origini sembrano essere sicuramente italiane, anche se ancora si dibatte sulla sua paternità regionale.

L'idea è stata quindi quella di fare una sorta di piccolo millefoglie con la frolla e poi realizzare gli strati con la crema del tiramisù, usando poi le scaglie di cioccolato per arricchire ulteriormente il tutto.

Completano il dolce alcuni frutti di boschi, che hanno anche il ruolo di elementi di guarnizione.

Merluzzo cotto a bassa temperatura al profumo di arancia, con agrodolce di cipolla, crema di topinambur, emulsione di alici, capperi fritti e croccante di pane al finocchietto



Con questa ricetta partecipo al Contest “MEDEATERRANEAN FOOD BLOG AWARD”, organizzato dall’Accademia Enogastronomica MedEATerranea


Il tema del contest è la cucina mediterranea, che per me significa attenzione verso quegli ingredienti che nel nostro Paese trovano la loro collocazione naturale, per il ruolo che giocano nelle nostre tradizioni e per il fatto che la loro produzione richiama ciò che di tipico abbiamo.

Visto però che amo anche le contaminazioni, in questo piatto ho usato anche il topinambur, noto anche con il nome di carciofo di Gerusalemme, che si ritiene sia originario del Nord America, anche se è stato poi introdotto in Italia sin dal XVII secolo.

Il ruolo di primo attore è comunque appannaggio del merluzzo - sto parlando del “Merluccius merluccius”, noto anche come nasello, e non del merluzzo nordico - qui cotto sottovuoto a bassa temperatura - 64° per trenta minuti - solamente con l’aggiunta della scorza di arancia.

A cottura ultimata, ho poi salato il pesce e, nella sua parte superiore, ho distribuito un velo di agrodolce di cipolla, in modo da avere un buon contrasto in termini di acidità, sopra al quale ho distribuito un croccante di pane al finocchietto selvatico.

Come elemento morbido, una crema preparata con il già citato topinambur e, ancora una volta, con il finocchietto selvatico, che quindi rappresenta una sorta di elemento di continuità, ottenuta cuocendo il tubero in acqua e poi lavorandolo al frullatore solamente con olio extravergine d’oliva, sale e pepe.


Spaghettoni ‘sgombro all the way’, con crema di zucchine romanesche, asparagi croccanti e croccante di pane alla menta romana



Con questa ricetta partecipo al Contest “MEDEATERRANEAN FOOD BLOG AWARD”, organizzato dall’Accademia Enogastronomica MedEATerranea


Un contest incentrato sulla cucina mediterranea è qualcosa che un Food Blogger italiano - non è che io mi senta proprio appartenente a questa categoria, ma tant’è - non poteva certo farsi scappare, per cui mi ci sono buttato con tutte le scarpe, provando a proporre qualcosa per quasi tutte le categorie previste.

In questo caso, come piuttosto ovvio dal nome del piatto, un primo, che combina pesce e verdure, una combinazione che amo terribilmente e dalla quale non riesco a staccarmi.

Come pesce, lo sgombro, un pesce povero dalle mille risorse, che ho usato in tre diverse consistenze: con gli scarti ci ho fatto un brodo, che ho poi usato per la cottura della pasta; parte della polpa l’ho invece battuta, come se dovessi farci una tartare, e unita alla pasta al momento della mantecatura; la rimanente polpa, infine, lo tagliata in pezzi e poi saltata in padella dal lato della pelle, in modo che questa divenisse croccante, pezzi che ho poi unito solo al momento dell’impiattamento.

20 maggio 2017

Paccheramisù



Con questa ricetta partecipo alla seconda fase del Contest Pomorosso d’Autore – Ricette di Pasta, realizzato da MySocialRecipe in collaborazione con La Fiammante e La Fabbrica della Pasta di Gragnano


Non c’è due senza tre, motivo per cui, dopo la prima ricetta e la seconda, non mi sono fermato, lanciandomi nella terza e ultima ricetta - ultima giusto perché il regolamento ne prevede al più tre - che, per una volta, ho deciso dovesse essere un dolce, cosa che ha per me rappresentato una vera sfida, visto che i dolci non li preparo praticamente mai.

L’idea, che ammetto mi era venuta da subito, non appena aperto il pacco dono ricevuto da La Fabbrica della Pasta di Gragnano, dove ho trovato dei particolarissimi paccheri al caffè Kimbo, che mi hanno fatto subito pensare al tiramisù, pensiero che non sono riuscito a scacciare e che, alla fine, ha rappresentato l’essenza del piatto che ho preparato. 
Quindi, come il nome del piatto suggerisce, i paccheri rappresentano l’involucro esterno del tiramisù, quasi fossero dei cannoli ripieni, per una combinazione croccante-cremoso, che si allontana dalle usuali consistenze del tiramisù classico.

I paccheri li ho cotti nel latte, aromatizzato con una stecca di vaniglia e dolcificato in modo che la pasta, già di suo, avesse un retrogusto dolce, e poi li ho fritti brevemente usando una panatura fatta con i savoiardi, altro elemento fondamentale della ricetta classica.

Il tiramisù, invece, l’ho preparato con il sifone, in modo da avere una consistenza più spumosa, ma anche per poterlo poi inserire più facilmente nei paccheri.

Poi il pomodoro, elemento obbligato del contest e che ha messo a dura prova la mia creatività e con il quale, alla fine, ho fatto delle piccole meringhe, da accompagnare ai paccheri, usando nello specifico il classico San Marzano.
 

Vi anticipo subito, che non avendo ben chiaro quale potesse essere il risultato finale, ne ho fatte due versioni, che di differenziano per la quantità di pomodoro presente e che, nella foto, potete riconoscere per il loro differente colore.

Infine, più come elementi di guarnizione che altro, qualche lampone, che comunque con la loro nota acida ben contrastano gli altri sapori del piatto, e qualche chicco di caffè.