30 giugno 2012

Le mie ricette - Frittata con bottarga e prezzemolo


Come Fantozzi, amo i frittatoni, che consumo comunque con una certa moderazione, anche perché, quando li faccio, non uso certo un solo e misero ovettino...

Dopo aver proposto quella fantozziana, oggi una piccola variazione, di impronta marina, rapidissima da preparare.

Ingredienti (per 10 persone)
  1. 12 uova
  2. 250 ml di panna fresca
  3. Una sacca di bottarga (se prendete le classiche confezioni da una coppia)
  4. Un bel ciuffo di prezzemolo
  5. Sale e pepe
  6. Olio extra-vergine di oliva
  7. Un po' di burro (per ungere la teglia)
Come per il frittatone fantozziano, anche in questo caso la cottura sarà al forno, in modo da cuocere alla perfezione la frittata anche all'interno, senza carbonizzare l'esterno.

Sbattete le uova in una terrina capiente, usando una frusta.

Quando tuorlo ed albume sono ben amalgamati, unite la panna fresca e continuate ad amalgamare, sempre usando la frusta, per un altro paio di minuti. Salate e date anche una generosa macinata di pepe nero.

Tritate finemente al coltello il prezzemolo e grattuggiate la bottarga, usando possibilmente una di quelle grattugge che affettano piuttosto che sbriciolare, come ad esempio quelle della Microplane.

Per il momento tenete prezzemolo e bottarga da parte, senza unirli alle uova.

Ungete una teglia tonda anti-aderente, del tipo di quelle che usate per le torte, quindi con un diametro di circa 24 cm, e versateci le uova.

Riscaldate il forno a 180° e, quando è caldo, infornate la frittata.

Dopo circa 5 minuti, unite il prezzemolo e la bottarga, facendoli cadere a pioggia su tutta la superficie della frittata. In questo modo, anche se il risultato non è garantito, prezzemolo e bottarga dovrebbero distribuirsi in modo più omogeneo in tutta la frittata, piuttosto che precipitare sul fondo, cosa che avverrebbe se fossero aggiunti a freddo, prima di infornare.

Cuocete per circa 20 minuti, comunque fino a quando la frittata avrà raggiunto una bella doratura e l'interno di sarà compattato (ve ne accorgete semplicemente muovendo la teglia e verificando che la superficie non ondeggi per effetto del suo interno ancora liquido).

Spegnete, togliete dal forno e fate freddare, poi rovesciate la teglia e trasferite la frittata su un piatto.

Tagliate a fette, come una torta, è portate in tavola, eventualmente guarnendo con altra bottarga ed una ulteriore macinata di pepe.

Bon Appetit.

Le mie ricette - Friselle di mare


Secondo weekend in quel di Anzio, peraltro lungo, in virtù delle grazie di SS. Pietro e Paolo, per cui altra infornata di ricette di taglio estivo e marinaro.

In questo caso, la classica frisella, alla quale ho regalato un bel mix di verdure fresche e croccanti e delle alici marinate, ovviamente con le mie manine.

Ingredienti (regolatevi secondo il numero di friselle)
  1. Friselle
  2. Alici, meglio se già pulite dal vostro pescivendolo (più o meno 6 per ogni frisella)
  3. Pomodorini (ciliegino, datterino, perino,...)
  4. Cipolla di Tropea (quella vera, che adesso è stagione)
  5. Un paio di friggitelli o un peperone verde
  6. Cetriolo
  7. Sedano
  8. Prezzemolo
  9. Aglio
  10. Olive di Gaeta
  11. Olio extra-vergine di oliva
  12. Limoni
  13. Aceto di vino bianco
  14. Sale e pepe
Per prima cosa, almeno con 8 ore di anticipo, dedicatevi alla marinatura delle alici, che dovrete pulire, togliendo la testa e la lisca centrale. Se siete bravi, e vi fate compatire, è possibile che il vostro pescivendolo di fiducia si commuova e ve le pulisca lui, altrimenti armatevi di santa pazienza.

La pulitura non è che sia difficile, ma anche una cosa facile, ripetuta per decine di alici, alla fine farebbe perdere la pazienza anche a Giobbe. In ogni caso, se vi volete cimentare, dovete per prima cosa strappare via la testa dell'alice, prendendola con due dita, piegarla a 90° in modo da rompere il suo legame con la lisca e rimuoverla; poi aprite l'alice usando il pollice e facendolo scorrere fra le due metà del corpo, a partire dalla testa, e fino alla coda; infine, prendete la lisca centrale, all'altezza della testa, e la sollevate in modo da separarla dal corpo, e poi, delicatamente, la tirate fino a rimuoverla del tutto.

Se siete riusciti a capire quello che ho scritto (io no), sarete fieri della vostra perizia e del vostro risultato, altrimenti tornate dal pescivendolo ancora più tristi e sconfortati e riprovate con la commiserazione.

Bene, con tutte le alicette pulite ed in trepidante attesa, procedete alla loro marinatura.

Prendete una terrina e, sul fondo, fate un primo strato di alici, senza sovrapporle. Sullo strato aggiungete, poi, qualche fettina d'aglio, qualche grano di pepe ed un po' di prezzemolo, spezzato grossolanamente con le dita e, infine, salate secondo il vostro gusto.

Ripetete gli strati, nella stessa sequenza, fino ad esaurire tutte le alici.

Preparate poi un'emulsione con due parti di limone, due parti di aceto e quattro parti d'olio extra-vergine. Ovviamente il rapporto è indicativo e potete variare leggermente le proprorzioni, soprattutto fra limone e aceto. Tenete comunque presente che sono limone e aceto che consentono la maceratura delle alici, per cui dovete sempre aver cura di non ridurre troppo la loro percentuale rispetto a quella dell'olio, altrimenti rischiate di ritrovarvi, dopo le otto ore, con le alici esattamente così come le avevate lasciate.

Versate l'emulsione sulle alici, facendo in modo che queste siano completamente coperte. Prima di riporle, aspettate un pochino, per dar tempo alle bolle d'aria presenti di emergere in superficie e, nel caso, per aggiungere altra marinatura.

Coprite con un foglio di pellicola trasparente e mettete in frigorifero per almeno 8 ore.

Quando le alici sono pronte, tiratele fuori e riportatele a temperatura ambiente.

Nel frattempo tagliate i pomodorini in quattro parti e tutte le altre verdure alla julienne, in modo da ottenere delle sottili listarelle.

Prendete una frisella, mettetela sul piatto, disponeteci sopra i pomodorini tagliati, in modo da coprire interamente la frisella, e salate opportunamente.

Disponente poi tutte le altre verdure tagliate alla julienne, un altro po' di sale, ma giusto un pizzico, e poi le alici marinate e qualche oliva di Gaeta.

Un bel giro d'olio, qualche cucchiaino di marinatura ed una bella macinata di pepe ed il gioco è fatto.

Ripetete per tutte le friselle, ricordando di lasciarle riposare per almeno un'oretta prima di servirle, in modo da lasciar tempo all'olio e ai liquidi di ammorbidire le friselle, che altrimenti risulterebbero un po' troppo biscottose.

Trotterellando a tavola, magari su un bel balconcino con vista mare.

28 giugno 2012

Le mie ricette - Alici in carrozza


Vi avverto, dopo che ho deciso di farle, mi sono in parte pentito, dato che ci vuole molta pazienza e perizia, soprattutto nel pulire le alici in modo che rimangano ben unite (le due metà del loro corpo) e consentano, pertanto, di creare la "carrozza" (mai capito perché si chiama così).

Alla fine, visto che andavo un tantinello di fretta, ne ho fatte poche, giusto una a testa da servire come antipasto.


Ingredienti
  1. Alici pulite
  2. Pecorino semi-stagionato
  3. Uno o due uova (dipende da quante alici fate)
  4. Farina
  5. Pangrattato
  6. Olio per friggere
Pulite le alici, togliendo la testa e la lisca centrale, o fatevele pulire, se avete un buon rapporto con il vostro pescivendolo (altrimenti provate a corromperlo).

Sciacquate le alici sotto l'acqua corrente e fatele asciugare per bene stendendole su alcuni fogli di carta da cucina.

Tanto che aspettate, tagliate il pecorino in fette sottili e poi, ciascuna fetta, in listarelle, di dimensioni tali da poter stare al centro delle alici. Ricordate che il pecorino non deve essere troppo duro, come ad esempio il classico pecorino romano, ma nemmeno troppo morbido, come ad esempio una classica caciotta di latte vaccino.

Sbattete poi le uova e preparate anche due ciotole, dove metterete, in una, la farina e nell'altra il pangrattato.

Bene, potete procedere con 'ste carrozze.

Prendete un'alice e stendetela sul tagliere, poi metteteci al centro una listarella di pecorino e sopra un'altra alice, cercando di sceglierla, per dimensione, simile alla prima.

Premete leggermente con le mani e poi passate il tutto, sempre tenendo ben unite le due alici, prima nella farina, poi nell'uovo e, infine, nel pangrattato.

Mettete le alici pronte su un piatto, ben separate fra loro.

Prendete poi una padella, ampia abbastanza da far si che le alici possano friggersi ben separate fra loro, e versateci abbondante olio per friggere, che deve essere d'oliva o di semi d'arachide (fatevi, nel caso, un po' di ripasso).

Portate la padella sul fuoco e scaldate l'olio ad una temperatura di 160° e cominciate a friggere le alici, mettendole delicatamente in padella e senza esagerare con i loro numero, ricordando che è sempre meglio friggere pochi pezzi alla volta.

Friggete le alici da entrambi i lati, girandole solo una volta e facendole cuocere per circa un paio di minuti per lato.

Tanto che le togliete, mettetele su un piatto grande, coperto da qualche foglio di carta da cucina o per frittura.

Quando le avrete fritte tutte, salatele e portatele di corsa in tavola.

Ottime come finger food de noantri.

26 giugno 2012

Le mie ricette - Vermicelli di mare e di terra


Non so voi, ma se mi chiedeste quale sia uno dei piatti che più mi fanno venire l'orticaria, dire, quasi senza esitare, gli oramai onnipresenti "fettuccine mare e monti", che hanno da qualche anno soppiantato l'altro piatto, diverso ma sempre con effetti urticanti dell'animo, "fettuccine alla boscaiola" che, con tutte le millemila varianti del nome, erano sempre un impiastro di panna, funghi, piselli e salsiccia (per fortuna, ne sono sicuro, i boscaioli, quelli veri, avevano ben altro da fare che intossicarsi con piatti simili).

Quindi, visto che però a me piace particolarmente lo sposalizio tra pesce e verdura, mi sono permesso una piccola variazione sintattica, che comunque non cela del tutto l'essenza della ricetta.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Un chilo di vongole
  2. Mezzo chilo di vermicelli (meglio di più, che di meno)
  3. Un paio di mazzetti di fiori di zucca
  4. Una ventina di pomodorini datterino o perino (sono quelli di forma oblunga)
  5. Una ventina di gamberoni
  6. Sale e pepe
  7. Aglio e peperoncino
  8. Olio extra-vergine di oliva
Bene, per prima cosa sappiate che la maggior parte del sapore del piatto viene dai liquidi che vongole e gamberi sono in grado di regalarci, per cui dovremo fare attenzione a non sprecare nulla.

Per prima cosa, allora, puliamo i gamberoni, rimuovendo guscio e teste e mettendo queste ultime in un pentolino, con un filo d'olio extra-vergine e mezzo bichciere d'acqua.

Portate poi il pentolino sul fuoco, a fiamma bassa, e fate cuocere per una ventina di minuti, con il coperchio, in modo che le teste dei gamberoni possano rilasciare tutti i profumi e gli aromi.

Spegnete e fate riposare e, nel frattempo, passate alle vongole.

Oramai quasi tuttge le vongole che si trovano in giro sono già spurgate, per cui non serve la classica permanenza in acqua salata per le canoniche due ore. Nel caso non fosse così - chiedete sempre a chi ve le vende - muovetevi in anticipo.

Prendete una padella bella capiente, che poi userete anche per la mantecatura della pasta, metteteci quattro o cinque cucchiai di olio extra-vergine e portatela sul fuoco.

Quando l'olio sarà ben caldo, unite le vongole, coprite con il coperchio ed alzate la fiamma, in modo che le vongole possano sentire il calore ed aprirsi, rilasciando il loro liquido saporitissimo.

Quando tutte le vongole sono aperte, spegnete e, usando un colino, trasferite le vongole in una ciotola, lasciando il liquido nella padella. Ricordatevi, in ogni caso, di non eccedere con la cottura, per non far diventare di gomma le vongole (se qualche vongola non si apre, pace all'anima sua, in tutti i sensi).

Bene, con vongole e teste dei gamberoni cotti, ora dovrete filtrare i liquidi, in modo da eliminare ogni residuo di sabbia, gusci ed altro.

Prendete quindi una terrina e, aiutandovi con un elastico, copritela con un tovagliolo o un fazzoletto, quasi doveste realizzare una sorta di tamburo.

Fate poi colare con gradualità i liquidi sul tovagliolo, quello delle teste dei gamberi e quello delle vongole, in modo che questo funga da filtro e pulisca perfettamente il tutto. Togliete con attenzione il tovagliolo e vedrete che il liquido sul fondo della terrina sarà perfettamente pulito e senza alcun residuo.

Mettete il liquidino da parte e preparate le verdure.

Prendete i pomodorini, lavateli e tagliateli, prima a metà nel senso della lunghezza e poi, ogni metà, ancora a metà, in modo da ricavare, da ogni pomodorino, quattro filetti.

Passate poi ai fiori di zucca, dai quali dovrete prendere solo la parte tenera dei petali (o foglie ? Boh), togliendo quindi il gambo, la parte dura alla sua attaccatura ed il pistillo interno. Tagliate ogni fiore, o meglio ogni petalo, a metà, sempre nel senso della lunghezza.

Prendete nuovamente la padella dove avete fatto aprire le vongole, dategli una pulita sommaria usando qualche foglio di carta da cucina, e metteteci cinque o sei cucchiai di olio, l'aglio leggermente schiacciato ed il di peperoncino, regolandovi, per le quantità, secondo i vostri gusti (potete anche non mettere nessuno dei due).

Portate sul fuoco e fate dorare l'aglio, quindi toglietelo, insieme anche al peperoncino, ed unite il liquido filtrato.

Non appena il tutto riprende il calore, aggiungete i filetti di pomodorini e fate cuocere per una decina di minuti, girando spesso, in modo che i pomodorini si possano cuocere senza però spappolarsi.

Aggiungete poi i fiori di zucca e fate cuocerli, sempre girando spesso, per non più di tre o quattro minuti.

Unite infine i gamberoni, sempre girando, e fateli cuocere per un paio di minuti e poi, avendo cotto tutto quello che c'era da cuocere, regolate di sale, che potrebbe anche non servire, dato che il liquido del pesce è già ben saporito, ed una generosa macinata di pepe.

Come vedete, la cottura è piuttosto articolata, con tempi brevi ed in modo da tener conto dei diversi tempi di cottura. Questo modo di procedere è necessario, per mantenere una certa separazione tra gli ingredienti ed una loro cottura ottimale.

Concludete la preparazione del condimento, unendo le vongole che avevate messo da parte.

Bene, ce l'avete fatta e non resta che cuocere la pasta.

Mettete quindi l'acqua sul fuoco, ripassando se serve un po' di teoria e, quando bolle, buttate i vermicelli.

Verso la fine della cottura, prendete una tazza e togliete un po' dell'acqua di cottura, che vi servirà per mantecare alla perfezione il tutto.

Scolate la pasta, lasciandola piuttosto umida, e travasatela nella padella con il condimento. Riportate il tutto sul fuoco e fate mantecare mescolando con continuità. Se serve, aggiungete anche l'acqua di cottura messa da parte.

Ricordatevi che, alla fine, la pasta dovrà risultare quasi cremosa, per effetto della combinazione dell'amido con il condimento.

Spegnete o portate rapidamente in tavola, per evitare che la pasta continui a cuocersi e, di conseguenza, ad asciugarsi troppo, vanificando tutto i lavoro che avete fatto.

Servite, fornendo dettagliate spiegazioni sulla vostra reintepretazione dell'abusato concetto del mare-che-si-sposa-con-la-terra.

Le mie ricette - Gamberi in gabbia di sfoglia, su patate croccanti


Confesso che mentre scrivevo il nome della ricetta avevo io stesso un sentimento di repulsione per una forma linguistica così inutilmente complessa e pretenziosa...

E' vero, avrei potuto scrivere, che so, "Gamberi con sfoglia e patate", ma le mode, anche quando sono ingiustificate, vanno seguite. E poi mi hanno detto che se si usano nomi di ricette strumentalmente cacofonici, si rimorchia di più. Hai visto mai...

Bene, quindi oggi un piatto di mare, semplice e con una cottura rapida, per non mortificare il gambero.

Ingredienti (calcolate un paio di gamberi a persona)
  1. Gamberi, meglio se freschi ma, per questa ricetta, vanno bene anche quelli decongelati
  2. Un rotolo di pasta sfoglia, meglio se rettangolare
  3. Mollica di pane (perfetta quella del pane del giorno prima)
  4. Patate di media grandezza (più o meno una patata per due porzioni)
  5. Prezzemolo
  6. Olio extra-vergine d'oliva
  7. Sale e pepe
Per prima cosa, dato che le patate hanno un tempo di cottura maggiore dei gamberi, dovrete cuocerle da sole, per poi usarle per la parte finale della ricetta.

Pelate allora le patate e tagliatele a fettine sottili, con uno spessore di un paio di millimetri, e lavate le fette sotto l'acqua corrente, in modo da eliminare l'amido residuo.

Prendete una teglia anti-aderente, ungetela con l'olio extra-vergine e deponeteci le fettine di patate, che avrete asciugate per benino, avendo cura che queste siano ben separate e non sovrapposte.

Salatele, ricordando che le patate, ahimé, vogliono abbastanza sale e poi, usando un pennellino o le dita, ungete anche la parte superiore delle patate e, finalmente, infornate per circa 15 minuti a 230°.

La temperatura alta è necessaria in quanto le patate dovranno fare una bella crosticina, per risultare, appunto, croccanti.

Tanto che le patate si cuociono, prendete i gamberi e togliete, con delicatezza e attenzione, la parte di guscio compreso tra la testa e la coda, lasciando quindi, più per motivi estetici che altro, sia la testa che la parte finale della coda.

Se vedete che il filamento intestinale è scuro e visibile, fate una piccola incisione sul dorso del gambero usando un coltellino affilato e, sempre usando la punta del coltellino, rimuovete il filamento.

Srotolate ora il rotolo di sfoglia e, usando un coltellino, ricavate delle strisce sottili, direi meno di un centimetro di larghezza. Tagliando un rotolo standard nel suo verso più lungo, una singola strisciolina dovrebbe bastare per un paio di gamberi.

Prendete uno striscia di sfoglia e, partendo dalla coda del gambero, avvolgetela a spirale sino ad arrivare alla testa. Ripiegate la parte finale ed iniziale della strisciolina su se stessa, in modo da creare una sorta di saldatura, sia sulla coda che sulla testa.

Quando avete preparato tutti i gamberi, tornate alle patate e, trascorsi i 15 minuti, toglietele dal forno, che lascerete comunque acceso, dato che poi dovrete usarlo per la parte finale della cottura.

Fate leggermente intiepidire le patate, giusto per non bruciarvi, e poi, aiutandovi con una spatola o una paletta, ridisponete le patate nella stessa teglia, creando una sorta di "letto" fatto con cinque o sei fette di patate leggermente sovrapposte.

Considerate che su ogni letto di patate metterete un paio di gamberi, per cui, sperando che siate bravini in aritmetica, regolatevi sul numero totale di letti da preparare.

Sistemate un paio di gamberi su ogni letto, salateli leggermente e, se vi piace, date anche una macinata di pepe.

Prendete ora la mollica di pane - ne basta poca - e mettetela nel mixer, meglio se quello ad alta velocità, che si usa normalmente per macinare caffè e frutta secca, unite il prezzemolo e fate andare alla masisma velocità, in modo che il prezzemolo si triti e si amalgami con la mollica.

Fate cadere un po' di mollica su ogni gambero, cercando di distribuirla in modo uniforme, e poi date un leggero giro di olio extra-vergine su ogni gambero.

Infornate, sempre a 230°, per non più di una decina di minuti, tempo necessario per rendere croccante la sfoglia ma, allo stesso tempo, per non rendere di gomma i gamberi, che come orami saprete vogliono una cottura veloce.

Togliete dal forno e, sempre usando paletta o spatola, prendete con delicatezza ogni porzione ed impiattatela.

Di corsa in tavola, pronti ad essere sbeffeggiati per il nome della ricetta.

25 giugno 2012

Le mie ricette - Insalatina di moscardini, misticanza e noci


Oramai avrete capito che il mio primo weekend ad Anzio è stato gastronomicamente molto intenso.

Sarà perché la vita da ombrellone non mi stuzzica più di tanto - peraltro quando sto sbracato sul lettino, altro non faccio che pensare a cosa cucinerò per cena - ma la voglia di pastrocchiare in cucina aumenta sensibilmente quando sono in luogo di mare.

In questo giro, nel rispetto dei principi di freschezza e semplicità, un'insalatina classica, con l'unica variante dell'uso della misticanza, che altro non è che quella insalatina di campo, a foglia piccola, che credo sia conosciuta con nomi diversi in giro per lo stivale.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Mezzo chilo di moscardini (o, se non li trovate, di polpo)
  2. Una confezione di noci già sgusciate (se ne trovano di varie marche)
  3. Una manciata di misticanza (vi regolerete ad occhio)
  4. Aceto balsamico (vero)
  5. Olio extra-vergine di oliva
  6. Sale e pepe
  7. Pane carasau (per guarnizione)
Un piccola premessa sul moscardino, che spesso è associato a quei piccoli polipetti che si fanno in frittura, ma che in realtà è una sorta di polpo, didimensioni ridotte, caratterizzato dall'avere una testa più piccola e tentacoli con una sola fila di ventose.

Per prima cosa, quindi, lessate il moscardini, immergendoli in acqua già a bollore, leggermente salata, e facendoli cuocere, a fiamma bassa e con il coperchio, per circa 40 minuti.

Per quanto riguarda la cottura dei moscardini, e in generale del polpo, potete seguire quanto descritto in questa ricetta, ricordando comunque che per capire quando sono cotti, il modo migliore è provare ad infilzarli con una forchetta dove i tentacoli si uniscono alla testa: se la forchetta entra con una certa facilità, allora sono cotti.

Quando i moscardini sono pronti, spegnete il fuoco e fateli freddare nella loro acqua di cottura, dalla quale li toglierete solo al momento di prepararli.

Tanto che aspettate, lavate l'insalata e asciugatela per benino, poi prendete le noci e spezzettatale grossolanamente con le dita. Come indicazione di massima, ogni metà del gheriglio dovrebbe essere ridotta in quattro parti.

Quando i moscardini si saranno freddati, toglieteli dalla loro acqua di cottura, scolandoli con cura e poi, usando le mani, toglieteli la pelle (basta far i tentacoli nel palmo della mano) e tagliateli in pezzi.

Riunite i moscardini in una terrina, unite le noci e la misticanza. Sulla quantità di quest'ultima dovrete regolarvi ad occhio, facendo in modo che ci sia un buon equilibrio tra moscardini ed insalata.

Preparate poi un'emulsione con quattro parti di olio extra-vergine ed una di aceto balsamico (già ve lo detto, è vero, ma se potete compratevi una bottiglietta di aceto balsamico vero, non troppo invecchiato; ve la cavate con 12-15 euro, ma almeno avrete qualcosa di diverso dagli sciroppi che trovate a meno di 3 euro al supermercato).

Versate l'emulsione sull'insalata e mescolate per bene e salate solo al momento di andare in tavola, altrimenti vi ritroverete con una sorta di brodaglia, dovuta al rilascio dell'acqua da parte dell'insalata causata dalla presenza del sale.

In ogni caso, comunque, è bene che tutto il condimento sia fatto all'ultimo momento, per far si che la misticanza mantenga i suoi colori e la sua freschezza, invece di "ammalvarsi" (parola strana, ma che rende l'idea) per effetto dell'aceto.

Impiattate, disponendo l'insalata sopra una fetta di pane carasau e dando un bel giro di olio extra-vergine sul tutto.

Portate in tavola e divorate con allegria e spensieratezza.

Le mie ricette - Tonno scottato con mousse di avocado, peperone e lime


Visto che dopo aver preparato un carpaccio di tonno e pesca, per celebrare l'avvio della stagione estiva in quel di Anzio, mi era avanzato un bel pezzo di tonno, che non poteva certo finire dimenticato da qualche parte nel frigo, ho deciso di dargli degna sepoltura nel piatto.

L'idea è nata anche da un piccolo errore, dovuto all'aquisto di un avocado, che confesso non avevo mai usato, al posto di un mango (orrore, direte voi; errore, dirò io, soprattutto quando si fa la spesa con un collega al telefono e la figlia che ti parla nell'altro orecchio).

La preparazione è velocissima. 

Ingredienti (per la dose in foto)
  1. Un filetto di tonno
  2. Un avocado
  3. Un quarto di peperone
  4. Mezzo lime
  5. Un po' di timo fresco
  6. Olio extra-vergine di oliva
  7. Sale e pepe
  8. Un pezzo di pane carasau
Per prima cosa prendete l'avocado, tagliatelo a metà, apritelo, togliete il grosso nocciolo centrale e, usando un cucchiaino, svuotatelo della polpa, che raccoglierete in una terrina e poi, usando una forchetta, schiaccerete fino a ridurla in una sorta di crema.

Prendete poi il peperone, tagliatelo prima a striscioline, quasi un julienne, e poi ciascuna strisciolina in piccoli dadini, che aggiungerete alla polpa di avocado.

Salate e pepate l'avocado, aggiungeteci le foglioline di timo prese da due o tre rametti, e infine il succo di mezzo lime. Completate con un cucchiaio di olio extra-vergine.

Mescolate per benino e fate riposare.

Passate finalmente al tonno, che taglierete in pezzi regolari, con uno spessore di circa un paio di centimetri e lungheza di quattro o cinque centimetri (ovviamente le misure dipenderanno anche dalla forma del filetto dal quale partite).

Prendete una padella anti-aderente, versateci un paio di cucchiai di olio di extra-vergine e portatela sul fuoco.

Quando l'olio è ben caldo, unite i pezzi di tonno, facendoli rosolare da ogni lato, per non più di una quindicina di secondi e salando molto leggermente ogni volta che girerete i pezzi. In totale, quindi, non più di un minuto di cottura, in modo che il tonno risulterà rosolato in superficie e crudo all'interno, creando un buon contrasto nel momento in cui lo addenterete.

Quando il tonno è pronto, passate all'impiattamento, disponendo una fetta di pane carasau, sul quale deporrete il tonno e vicino ad esso la mousse di avocado.

Completate con un giro di olio-extra vergine e portate in tavola.

24 giugno 2012

Le mie ricette - Carpaccio di tonno e pesca bianca con cipolla di Tropea in agrodolce, al profumo di menta e limone


Ecco, amici, ci siamo. Questa ricetta inaugura di fatto l'inizio della stagione estiva, con l'annuale transumanza in quel di Anzio, dove tra chiacchiere da ombrellone e girovagare nelle stradine di quella che un tempo fu la capitale dei Volsci, cerco ispirazione per dare un senso alla mia presenza.

Facile indovinare che nei prossimi mesi ci sarà un presenza, quasi patologica, di pesce, verdura e frutta, dato che ad Anzio, battutacce a parte, ha una produzione locale, e veramente a chilometri zero, che merita molto più di quanto se ne possa credere, forse scontata per il pesce, ma sicuramente da scoprire per frutta e verdura.

Ingredienti (regolatevi ad occhio)
  1. Un pezzo di filetto di tonno o, ancor meglio, una fetta tagliata davanti ai vostri occhi
  2. Pesche bianche, in quantità dipendente da quanto filetto avete
  3. Una cipolla di Tropea
  4. Zucchero di canna
  5. Qualche cucchiaio di aceto di vino o balsamico (io ho usato un mix dei due)
  6. Qualche fogliolina di menta fresca
  7. Un po' di scorza di limone
  8. Olio extra-vergine di oliva
  9. Sale e pepe
Bene, si parte, direi con l'unico ingrediente che deve essere cotto.

Prendete quindi la cipolla di Tropea, pulitela è tagliatela a fettine sottili, poi raccogliete le fettine in una pentolina, meglio se anti-aderente, aggiungeteci un paio di cucchiai di zucchero di canna, due o tre cucchiai di aceto di vino o balsamico (oppure un mix dei due) ed altrettanti cucchiai di acqua e, per finire, un pizzico di sale.

Sull'equilibrio dello zucchero con l'aceto non è che esista una regola aurea, piuttosto regolatevi in base ai vostri gusti, scegliendo quale dei due sapori debba prevalere leggermente sull'altro.

Portae sul fuoco e fate cuocere, a fiamma medio-bassa, fino a quando tutto il liquido non sarà evaporato, lasciando una sorta di sciroppo sul fondo.

Spegnete e fate freddare a temperatura ambiente.

Passate quindi a filetto di tonno, sul quale ci sarebbe molto da dire, visto che oramai si trova ovunque, spesso in colori che fanno venire il più che lecito sospetto di qualche riverniciatura di troppo (diffidate del tonno che appare troppo rosso).

In questo caso, avendo la fortuna di poter accedere al pescato locale, ho preso una fetta di tonno, tagliata davanti ai miei occhi, dalla quale ho poi ricavato il filetto.

Comunque, quale che sia la storia personale del tonno che ha avuto la fortuna a finire nel vostro piatto, affettate il filetto in fettine sottili, massimo un paio di millimetri di spessore, e di lunghezza di circa cinque centrimetri.

Prendete poi le pesche bianche, pelatele e tagliate anche loro a fettine, cercando di ottenerle simili, per dimensione e spessore, a quelle del tonno.

Bene, avete quasi finito.

Impiattate, dispondendo in modo alternato le fettine di tonno e quella di pesca, se volete come in foto, e poi mettendo al centro la cipolla in agrodolce. Sulla pesca e sul tonno, fate cadere un po' di sale, ma senza esagerare.

Prendete poi le foglioline di menta e tritatele grossolanamente con il coltello, poi la scorza del limone - solo la parte gialla - che invece taglierete prima alla julienne e poi in piccoli quadratini.

Fate cadere a pioggia menta e limone sul carpaccio e completate con un bel giro di olio extra-vergine.

Come vedete, condimento ridotto al minimo, in modo da poter apprezzare al meglio il gusto del pesce e della frutta.

Non resta che portare in tavola e spazzolare.

Le mie ricette - Casarecce con pesto di zucchine e guanciale croccante


Vabbé, pesto di zucchine è un po' pretenzioso, dato che alla fine ho frullato tutto nel mixer, con buona pace di mastro mortaio, il cui uso nella tradizione ligure è considerato elemento irrinunciabile.

Mi perdonino gli amici liguri, ma sono stato vittima di un attacco di pigrizia acuta.

Comunque, ciance a parte, ho scoperto che in questo modo le zucchine piacciono anche ai più piccini, ai quali piace un po' meno il guanciale, ma tant'è, gli adulti hanno sempre ragione.

Ingredienti (per 5 persone)
  1. Mezzo chilo di caserecce (naturalmente va bene qualsiasi altro tipo di pasta corta)
  2. Mezo chilo di zucchine romanesche
  3. 5 fette di guanciale (guanciale, non pancetta)
  4. Parmigiano Reggiano grattugiato
  5. Una bustina di pinoli
  6. Una decina di foglie di basilico
  7. Aglio (se vi piace)
  8. Olio extra-vergine di oliva
  9. Sale e pepe
Per prima cosa direi di lessare le zucchine, mettendole in abbondante acqua salata e già a bollore. Cuocetele fino a quando non saranno ben morbide, considerando che poi le dovrete frullare.

Quando sono cotte, scolatele, tenendo da parte un po' della loro acqua di cottura, e fatele intiepidere.

Mettete quindi le zucchine nel frullatore, insieme alle foglie di basilico, a quattro o cinque cucchiai di olio extra-vergine e, se vi ci piace, mezzo spicchio d'aglio tagliato a fettine sottili. Fate andare il frullatore fino a ridurre le zucchine in crema e, se questa vi sembra troppo densa (non dovrebbe), aggiungete qualche cucchiaio dell'acqua di cottura tenuta da parte.

Regolate di sale e pepe, poi aggiungete i pinoli ed un paio di cucchiai di parmigiano grattugiato e fate andare nuovamente il frullatore, in modo che i pinoli si spezzino in piccoli pezzi, ma senza "scomparire" del tutto, cosicché quando mangerete il tutto potrete sentire in bocca la loro presenza.

Mettete il pesto di zucchine in una ciotola, la stessa dove poi verserete la pasta per condirla.

Prendete ora le fette di guanciale, che dovranno essere abbastanza sottili, diciamo circa 3 millimetri di spessore, e tagliatele a listarelle, come se doveste fare una julienne (la cosa migliore, e che vi consiglio, è di prendere un pezzo di guanciale intero, che si conserva per un bel po', e di farvi voi le fette, senza dover andare dal salumiere muniti di calibro e specifiche progettuali, nella speranza che ve le tagli come desiderate).

Mettete la julienne di guanciale da parte e passate alal cottura della pasta, per la quale fate un ripassino, che male non vi farà.

Quando l'acqua bolle, buttate le casarecce.

Prendete fiato, aggiornate il vostro stato su Facebook, scrivendo una delle solite minchiate e quando la cottura della pasta è più o meno a metà, mettete un padellino anti-aderente sul fuoco con un po' d'olio extra-vergine.

Fate scladare per bene l'olio, uniteci il guanciale e fatelo rosolare allegramente, fino a quando diventerà di un bel color oro, tendente al bronzo (fate attenzione, per evitare che dal bronzo si passi poi all'onice e, da questa, alla pattumiera).

Quando la pasta è cotta, scolatela e versatela nella ciotola dove avevate messo il pesto di zucchine ed uniteci il guanciale appena rosolato e ancora caldo.

Mescolate per benino ed impiattate, aggiungendo un altro po' di parmigiano, giusto per dare un certo tono al piatto (non so cosa voglia dire, ma mi piaceva dirlo).

Portate in tavola, per la gioia dei piccini, ai quali ovviamente nasconderete la presenza del guanciale, ma stando pronti con una scusa credibile quando vi chiederanno cos'è quella cosa strana e croccante.

21 giugno 2012

Le mie ricette - Piccola lasagna con patate, cernia e mozzarella di bufala


Volevo chiamare questo piatto "Lasagne dei tre regni", in virtù del connubio tra mare, mondo vegetale e mondo caseario, ma poi ho capito che avrei prestato il fianco a qualche considerazione di troppo sulla mia propensione all'eloquio inutilmente complesso e vanaglorioso (appunto, ne ho appena dato un esempio...).

Per cui, molto più modestamente, una piccola lasagna, più fresca di quella tradizionale ed adatta alle stagioni più calde.

Ingredienti (per la lasagna in foto)
  1. Un paio di patate di media grandezza
  2. Una mozzarella di bufala da 200 grammi
  3. Un filetto di cernia (si trovano già pronti in pescheria)
  4. Due fette di pane casareccio
  5. Prezzemolo
  6. Sale e pepe
  7. Olio extra-vergine di oliva
Partiamo con le patate, che pelerete e poi taglierete a fettine sottili, circa tre millimetri di spessore e farete cuocere, in acqua già a bollore e salata, contando 5 minuti da quando le immergete nell'acqua.

Questa sorta di precottura è necessaria dato che la patata ha un tempo di cottura più lungo del pesce, per cui se la usaste a crudo, vi ritrovereste, a seconda dei casi, con una lasagna dove la patata vi scrocchia in bocca o, in alternativa, con una patate perfetta ma un pesce troppo cotto ed indurito.

Quando sono trascorsi i 5 minuti, scolate delicatamente le patate, usando un colino e non rovesciando la pentola come quando scolate la pasta, ed immergete le patate in acqua fredda per fermarne la cottura.

Mettete le patate da parte, in modo che si possano asciugare.

Tagliate la mozzarella di bufala in fette e mettetele su un tagliere inclinato, in modo che possano perdere un po' del loro siero, che altrimenti vi bagnerebbe troppo la lasagna.

Prendete il filetto di cernia e tagliatelo in pezzi più piccoli, che poi batterete leggermente con un batticarne in modo da sfinarli leggermente (se non avete il batticarne, usate la lama di un grande coltello oppure il fondo di un bicchiere).

Dai, che piano piano ci stiamo avvicinando alla fine.

Prendete le fette di pane, rimuovete la crosta e passate la mollica nel mixer ad alta velocità, insieme ad un ciuffo di prezzemolo. Fate andare fino a quando il prezzemolo sarà sminuzzato ed avrà ceduto il suo colore alla mollica di pane, che quindi risulterà di un bel verde.

Travasate la mollica in una ciotolina ed aggiungeteci un po' di sale ed una generosa macinata di pepe nero.

Bene, siamo pronti per comporre la lasagna, operazione per la quale vi consiglio di usare uno stampo come quello nella seconda foto, un anello con i bordi molto alti, che impedirà alla lasagna di "spapagnarsi" durante la cottura. Se non lo avete, direi che valga la pena farvi una passeggiata e comprarvelo.

Prendete una teglia anti-aderente, ungetela con un po' d'olio e metteteci l'anello e poi, al suo interno, cominciate con gli strati.

Sul fondo fate uno strato di patate, poi i filetti di cernia, che salerete (ricordate di farlo per ogni strato), le fettine di mozzarella di bufala e, per finire, una spoleverata di mollica di pane con il prezzemolo.

Versato a filo un po' d'olio extravergnie e ripetete la stessa sequenza di strati per una seconda volta.

Completate con uno strato di patate,un po' di mollica di pane e, sopra a tutto, un altro po' di mozzarella di bufala.

Ancora un filo d'olio extra-vergine sul tutto e poi in forno a 200° (reali, quindi usate il termometro da forno) per circa 30 minuti.

Quando la lasagna è cotta, toglietela dal forno e fatela intipedire per una decina di minuti prima di sfilare l'anello ed impiattare.


Trotterellando in tavola, per il piacere vostro e dei vostri ospiti.

20 giugno 2012

Umbilicus Domus



La cucina. Ventre materno. Attrattore gravitazionale delle traiettorie casalinghe. Brodo primordiale della vita familiare. Se la casa è il Sé, allora la cucina è l'Io.

Se l'Umbilicus Urbe è il centro di Roma, la cucina è chiaramente l'Umbilicus Domus.

E dato che la leggenda ci narra che il prospiciente Lapis Niger possa essere la tomba di Romolo, io, molto più modestamente, chiederò di essere tumulato prospicentemente alla mia cucina, anzi sotto di essa, dotata di un bel pavimento in pietra lavica azzurra, cosicché, in un futuro remoto, possa la leggenda narrare di analoga ed altrettanto nobile sepoltura sotto il Lapis Caelestis.

Perché la cucina, come stanza, trascende ampiamente i banali principi architettonici del costruire; supera d’un balzo le piatte ed omologate regole dell’arredamento d’interni; umilia, peraltro senza alcun rimorso, le prevalenza dell’apparire sull’essere.

La cucina è il luogo. Tutte le altre stanze sono spazi.

Quando vi viene a trovare un amico caro, dove ci scambiate quattro chiacchiere sorseggiando un caffé ? In cucina, I suppose ? Molto più intimo e meno freddo del salotto, seduti sul divano di pora nonna.

Dove prende inizio la vostra giornata, con le caccole agli occhi, il pigiamino di Oviesse e la bocca che emana quel simpatico afrore di cibo mal digerito e barriccato nel vostro stomaco per l’intera notte ? Ma in cucina, che diamine ! Non certo sul tavolo delle grandi occasioni, che se ne sta tronfio nel vostro salotto.

In cucina ci si sta. Nelle altre stanze ci si passa.

Ci sarà pur stato un motivo, se le nostre nonne tenevano i salotti perennemente chiusi, con il cellophane sui divani, no ?

Citiamo spesso i nostri avi in merito alla loro saggezza, al vivere la vita secondo principi e valori che oggi non ci sono più (per non parlare delle stagioni) e poi dimentichiamo che, nell’antichità, la vita si svolgeva in cucina ?

La cucina è custode della memoria. Le altre stanza sono custodi di cose.  

I quadri della nonna, dopo un po’, se ne vanno soli soletti in cantina; il divano della mamma, a lungo andare, viene spodestato da quello dove ci ha posato il culo la Ferilli; il tappeto orientale, che giace in salotto da anni, si autoarrotola grazie agli acari che lo vivono, e si esilia nel classico spazio tra armadio e muro (alzi la mano chi in casa non ha almeno uno spazio-tra-armadio-e-muro).

Il pentolame no, non si butta. Si stratifica a futura archeologica memoria; si rintana nell’angoliera della cucina, si nasconde nel più profondo dei cassetti, ma non si butta. Mai.

Voglio che la mia cucina sia la culla dell'umanità, ne sia la storia. Semmai un giorno mi citofonassero gli alieni, io farei salire i simpatici ometti verdi e gli mostrerei la mia cucina, e tutte le cose in essa celate, a testimonianza della nostra millenaria esistenza e del progresso che l'ha accompagnata.

E quando i discendenti di E.T, scambiandosi uno sguardo complice e, dando prova di perfetta conoscenza semiotica, si picchettassero la tempia con il dito indice leggermente piegato, io risponderei, fiero e tronfio, "non capite un cazzo" e li accompagnerei gentilmente alla porta.

Che soddisfazione ! Altro che quella minchiata del Voyager Golden Record, che nessun marziano mai leggerà. Io sono colui che svelerà l'essenza dell'umana stirpe !

Eh già, perché io nella mia cucina ho di tutto, di tutte le fogge e di tutte le epoche: da esemplari in bronzo, credo di epoca neolitica, di pela-verdura, fino a ciotoline di chiara origine etrusca, dove immagino, un tempo, i nostri vicini della Tuscia servissero fraga et cremor.

Come ci sono finiti, non lo so. Secondo me sono sempre stati lì e la casa è stata costruita intorno ad essi.

Ovviamente mai li uso e mai li userò. Però stanno lì, rassicuranti, quasi a dirmi "amico, puoi sempre contare su di noi. Se un giorno ci sarà l'apocalisse nucleare, ed ogni forma di energia sparisse, noi saremo al tuo fianco, in modo che, anche nel periodo più buio dell'umanità, quando tristezza e desolazione saranno le tue uniche compagne, tu potrai sempre prepararti una macedonia, fosforescente si, ma pur sempre una macedonia".

Se non ricordo male, credo che la filosofia abbia creato lo Yin e lo Yang come conseguenza di un'attenta osservazione della cucina, altro che quella strampalata ipotesi dell'osservazione del giorno che si trasforma in notte e viceversa. Quanta banalità in questa teoria.

Cucina e pentolame. Yin e Yang. Ontico e ontologico. Il tutto per la parte, la parte per il tutto.

Ah, quanto sarebbe avanti la filosofia se avesse guardato nella direzione giusta !

Avete ancora qualche dubbio ? Sentite che qualcosa si agita nella vostra mente, ma temete che sia la vostra coscienza che vi suggerisce di consigliarmi un buon analista ?

Pavidi. E' tutto scritto. Da tempo. Voi guardate ma non vedete.

Anche il linguaggio ce lo conferma: la cucina è l'unico luogo che si fregia di un nome sintomatico di ciò che in essa si fa. In cucina si cucina, ma in salotto non si salotta, né in camera da letto ci si letta.

Qualche ingenuo potrà pensare che nello studio si studia, quando in realtà ci si scrivono minchiate come quella che state leggendo, e che in bagno ci si bagna, quando invece, è risaputo, ci si compila la settimana enigmistica.

Rimane solo un ultimo mistero da svelare, complesso a tal punto da meritare una trattazione separata, che sta alla cucina come il sarcofago del faraone sta alla piramide che lo contiene: il frigorifero.

Ne parleremo quando saremo emotivamente pronti. Perché è sul frigorifero, o meglio sul suo contenuto e sul modo di disporlo, che si sono sviluppati i più grandi conflitti che l'umanità abbia mai vissuto.