31 gennaio 2014

Le mie ricette - Calamaro ripieno con patate, pangrattato tostato e pecorino romano, con bagna cauda gentile



Ancora il calamaro e ancora ripieno, un pratica, quella del riempimento, alla quale proprio non riesco a resistere.

Questa volta un ripieno a base di patate, pangrattato tostato e profumato con aglio e prezzemolo e, per finire, il pecorino romano, quello di Brunelli, che ha un sapore decisamente meno aggressivo di certi pecorini che si comprano al supermercato.

Come al solito, per chi mi segue, non ho usato l'uovo, in genere aggiunto per dare maggiore stabilità al ripieno e per evitare la sua dispersione durante il taglio del calamaro. Voi naturalmente, se la cosa vi fa sentire più sicuri, potete usarlo.

Questa volta, inoltre, non ho aggiunto i tentacoli dei calamari all'impasto, come spesso si fa, perché volevo una netta separazione tra i sapori del fuori e del dentro.

Ho poi servito il calamaro insieme ad una bagna cauda gentile, dove aglio e acciughe sono cotte nella panna fresca, in modo da stemperarne e ingentilirne il sapore.

Per quanto riguarda i calamari, infine, io ne ho usati di dimensione piccola, con l'idea di servire un calamaro per ogni commensale. Voi potete scegliere diversamente, anche se sconsiglio di usare calamari troppo grandi, cosa che potrebbe causare una instabilità del ripieno al momento del taglio.

Ingredienti (per 6 persone)

Per i calamari
  1. Sei calamari di circa un etto e mezzo ciascuno
  2. Due patate a buccia rossa
  3. Trenta grammi di pecorino romano grattugiato
  4. Tre cucchiai di pangrattato
  5. Quattro cucchiai di pangrattato (vedi dopo)
  6. Qualche ciuffo di prezzemolo
  7. Un uovo (opzionale, vedi dopo)
  8. Olio extravergine d’oliva
  9. Sale e pepe
Per la bagna cauda gentile
  1. Sei filetti di acciughe sott'olio
  2. Dieci cucchiai di panna fresca
  3. Mezzo spicchio d'aglio
  4. Qualche gambo di prezzemolo
  5. Pepe bianco

Piccola premessa sui calamari, che vi dovete far pulire dal pescivendolo, specificando che li dovete fare ripieni, in modo che il loro mantello venga mantenuto integro. Poi, quando tornate a casa, verificate che la pulizia sia stata fatta per bene, cosa non scontata, soprattutto quando c’è molta folla al banco del pesce.

Bene, esaurita la premessa, partite sicuramente con le patate, mettendole con tutta la buccia in una pentola e poi coprendole con abbondante acqua fredda, leggermente salata.

Portate la pentola sul fuoco, a fiamma media e con il coperchio, e quando l'acqua raggiunge il bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere le patate fino a quando non saranno ben morbide.

Tanto che le patate sono in cottura, prendete il pangrattato - volendo potete usare della mollica di pane raffermo, tritandola prima nel mixer - e mettetelo in un pentolino anti-aderente, di dimensione tale che il pane possa formare un strato sottile, senza essere troppo ammassato.

Unite una più che generosa macinata di pepe nero, lo spicchio d'aglio, sbucciato e tritato molto finemente e il prezzemolo, anch'esso tritato al coltello, poi portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e fate andare, girando quasi in continuazione, fino a quando il pane comincerà a scurirsi leggermente, quindi spegnete e travasate rapidamente la mollica in una ciotolina.

Non lasciate il pane nella padella, altrimenti, per effetto del calore residuo, continuerà scurirsi, soprattutto quella a contatto con il fondo.

Tornate alle patate e, quando sono cotte, scolatele e fatele intiepidire, poi sbucciatele e passatale al passa patate, raccogliendo la loro polpa in una ciotola, nella quale poi preparerete il ripieno.

Aspettate che le patate si freddino del tutto, cosa che potrete agevolare mettendole all'aria aperta, cosa che peraltro faciliterà l'evaporazione dell'acqua residua al loro interno, poi unite il pecorino grattugiato e il pangrattato tostato.

Regolate di sale, date una generosa macinata di pepe nero, poi amalgamate con cura, in modo da ottenere un impasto omogeneo, ricordando comunque che, al di là delle quantità indicate, è importante che il ripieno sia equilibrato, per cui regolatevi anche in base alla vostra sensibilità, assaggiando il ripieno per verificare l'equilibrio dei sapori e, nel caso, agendo di conseguenza.

Riempite con l'impasto i calamari, aiutandovi con un cucchiaino, facendo in modo che questi siano ben pieni, ma senza eccedere, dato che l'impasto si gonfierà leggermente durante la cottura, cosa che, se i calamari fossero troppo pieni, potrebbe comportare la loro rottura.

Chiudete l'estremità dei calamari con uno stuzzicadenti - due se avete deciso di usare calamari grandi - ricordando che è fondamentale che la chiusura non sia ermetica, in modo che l'impasto in eccesso possa uscire durante la cottura, senza rompere i calamari.

Ungete una teglia da forno, adagiatevi i calamari, ungeteli con un altro po’ d’olio, poi salateli e pepateli in superficie.

Coprite la teglia con una foglio di carta d'alluminio, al quale farete qualche foro con una forchetta, ed infornate a 170° per venti minuti, ricordando in ogni caso che il tempo di cottura dipende dalla dimensione dei calamari, per cui regolatevi di conseguenza in base a ciò che avete scelto.

Tanto che i calamari sono in forno, dedicatevi alla bagna cauda gentile, tritando grossolanamente i filetti di acciuga e l'aglio, mettendoli poi in un pentolino, insieme alla panna fresca e ai gambi di prezzemolo.

Portate sul fuoco, a fiamma minima, e fate scaldare fino a raggiungere un bollore leggerissimo, appena percepibile, che dovrà proseguire per circa quindici minuti, in modo che la panna possa prendere i profumi e i sapori degli altri ingredienti e, al tempo stesso, addensarsi.

Quando la bagna cauda è pronta, spegnete la fiamma, togliete i gambi di prezzemolo e poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, frullate rapidamente il tutto, in modo da ottenere un composto fluido e cremoso.

Tornate ai calamari e, quando sono pronti, tirate fuori la teglia e fateli freddare per bene, prima a temperatura ambiente e poi almeno un paio d'ore in frigorifero, su un piatto, in modo da compattare il suo ripieno e rendere più agevole il tagliarli a fette.

Quando i calamari saranno freddi, e con un minimo di anticipo rispetto a quando lo servirete, in modo da lasciargli il tempo di riprendere calore, trasferiteli sul tagliere e, usando un coltello molto affilato, tagliateli a fette, spesse più o meno un centimetro, operando con delicatezza, in modo da far si che il ripieno rimanga al suo posto.

Se volete scaldare il calamaro, che andrebbe comunque servito al più appena tiepido, fatelo nel microonde, a bassa potenza, a bagnomaria oppure nel forno, a circa 60° di temperatura.

Bene, siamo arrivati in fondo e non resta che impiattare, disponendo per prima cosa un paio di cucchiai di bagna cauda gentile e poi disponendo le fette di calamaro, in modo che in parte siano sopra la bagna cauda.

Guarnite come meglio credete, portate in tavola e buon appetito.

30 gennaio 2014

Innamoramento e amore


Prendendo immeritatamente in prestito il titolo del celebre libro di Alberoni, volevo condividere con voi, amici in punta di forchetta, il momento di transizione che sto vivendo, un momento che credo segni il passagio tra la fase tumultuosa della passione a quella, più ragionata, dell’amore.

Per chi mi segue da tempo e si è preso la briga di leggere il mio messaggio di benvenuto sul Blog, saprà che la cucina mi ha accompagnato per gran parte della mia vita, come un buon amico e che, un paio di anni fa, proprio come nel film “Harry ti presento Sally”, questa amicizia si è improvvisamente trasformata in amore, quello tumultuoso dei primi momenti, della fase d’innamoramento.

La passione è stata così travolgente che, con sistematicità quasi esasperante, ho pubblicato una ricetta al giorno, un po’ come nel film “Julie & Julia”, ma per un periodo quasi doppio.

L’impegno non è stato indifferente, ma l’ho vissuto con serenità e spensieratezza, forte di una passione costante, che non ha mai avuto cedimenti, almeno non significativi.

Ora, però, dopo due anni, sento di essere vicino ad una svolta, verso quella maturità del rapporto che gradualmente trasforma, arricchendola, la passione in amore, un amore sincero, solido e, spero, eterno.

L’amore, però, lo si vive con spirito diverso, meno istintivo e forse più ragionato ed è proprio con questo rinnovato spirito, che modificherò il mio rapporto con la cucina, le ricette e il Blog.

Continuerò a cucinare, ovviamente, ma lo farò in modo diverso, più ragionato, senza lasciarmi travolgere dall’istinto non appena questo si manifesta, ma imbrigliandolo e usandolo come spunto per un qualcosa che poi, con più calma, modellerò e affinerò, in modo da giungere all’opera finita con un percorso che privilegi il viaggio piuttosto che la meta.

Cosa sto cercando di dirvi ? E’ semplice, dietro al mio solito eloquio convoluto si cela l’intenzione di diradare le pubblicazioni delle ricette: non più una al giorno, con maniacale cadenza, ma solo quando ne sentirò l’ispirazione, in modo non pianificato, cosa che potrebbe portare a periodi di torpore gastronomico ai quali, però, si potrebbero contrapporre periodi di eccitazione (sempre gastronomica, per carità), nei quali potrei anche pubblicare con cadenza frenetica.

Insomma, lascerò che sia il destino a guidarmi, ovunque esso mi porti, purchè però sia nelle vicinanze di una cucina.

29 gennaio 2014

Le mie ricette - Spaghetti con peperoni gialli, luganega e parmigiano



Un primo non proprio leggero, forse più adatto ad un pranzo rustico, con annessa passeggiatina digestiva, che ad una cenetta romantica...

Comunque, divagazioni nutrizionistiche a parte, si tratta di una pasta condita con i peperoni gialli, usati sia come crema che in una sorta di julienne, e la luganega, saltata in padella con un poco di vino rosso e che per questa volta ho sostituito al più presente guanciale, che amo particolarmente.

Completa il tutto il parmigiano reggiano, aggiunto in fase di mantecatura.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di spaghetti
  2. Due peperoni gialli
  3. Tre etti di luganega
  4. Mezzo bicchiere di vino rosso (opzionale)
  5. Quattro cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe

Partite con la crema di peperoni, usando uno dei due peperoni, pulendolo, eliminandone semi e coste bianche interne e tagliandolo poi a pezzi, senza curarvi troppo della loro forma, dato che poi frullerete il tutto.

Mettete il peperone in un pentolino, con un paio di cucchiai d'olio extravergine, un paio di acqua, sale e pepe.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa con il coperchio, e fate cuocere fino a quando il peperone non sarà ben morbido, facendo in modo che a fine cottura ci sia ancora un minimo di fondo di cottura, che vi servirà per agevolare la trasformazione in crema.

Quando il peperone è cotto, spegnete e, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducetelo in crema, lavorando con cura per eliminare ogni residuo intero, facendo in modo che la densità finale sia piuttosto fluida, cosa che aiuterà la mantecatura finale della pasta.

Mettete la crema da parte e prendete poi l'altro peperone, pulite anch'esso, esattamente come avete fatto per il primo, poi tagliatelo alla julienne, non troppo sottilmente.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, poi, quando l'olio è caldo, unite il peperone appena tagliato e, a fiamma vivace e senza coperchio, fatelo andare per una decina di minuti, in modo che si ammorbidisca, ma senza perdere quella sua croccantezza naturale.

La cottura senza coperchio è necessaria per evitare che il peperone risulti stufato, cosa che gli farebbe perdere, appunto, la sua croccantezza.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta , salatela e portatela sul fuoco e, tanto che aspettate il bollore, prendete la luganega ed eliminate il suo budello esterno, in modo da ritrovarvi solamente con la carne, che spezzerete grossolanamente, con le mani o con il coltello, in modo da ricavarne dei pezzi non più lunghi di un paio di centimetri.

Prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere anche la pasta, ungetela con quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, poi, quando l'olio è caldo, unite la luganega, facendola andare a fiamma vivace e, al contempo, spezzandola ulteriormente usando un cucchiaio di legno, in modo da ottenere pezzi più piccoli e irregolari, nella forma e nella dimensione.

Quando la luganega avrà cambiato colore, e se volete, sfumate con mezzo bicchiere di vino rosso, facendolo evaporare, poi spegnete e tenete in caldo, in attesa della cottura della pasta.

Quando l'acqua è a bollore, buttate le pasta, facendola cuocere, ma mantenendola al dente e, a pochi minuti alla fine della cottura, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

Sempre a pochi minuti dalla fine della cottura, unite sia la crema di peperone che il peperone saltato nella padella con la luganega, dando una rapida mescolata in modo da armonizzare il tutto.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, poi riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Spegnete, aggiungete il parmigiano reggiano grattugiato e date una generosa macinata di pepe nero, mescolando nuovamente in modo che il parmigiano possa incorporarsi per bene alla pasta.

Impiattate rapidamente, distribuendo ancora un poco di parmigiano su ogni porzione e guarnendo come meglio credete, poi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.

Buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: per accompagnare questo saporito primo piatto ho scelto uno dei simboli della tradizione vitivinicola toscana: un Chianti Rufìna DOCG di Marchesi di Frescobaldi, un nome una garanzia! 

28 gennaio 2014

Le mie ricette - Involtini di gallinella, cavolo nero, acciughe e pecorino, con crema di peperone giallo



Ogni tanto, fra carpacci e tartare, mi scappa anche di fare i pesce in modo più tradizionale, se non altro cuocendolo, per la gioia di mia figlia, alla quale il pesce crudo non è che piaccia particolarmente.

Questa volta la gallinella, un pesce che amo particolarmente, che ho fatto ad involtini, mettendo al loro interno del cavolo nero, un'acciuga e una sottile lamella di pecorino romano, al solito quello di .

Ho poi accompagnato gli involtini con una crema di peperone giallo, che con la sua dolcezza contrasta il sapore deciso del ripieno degli involtini.

Risultato non male, considerando la velocità alla quale mio figlio li ha fatti sparire - ne avevo fatti solo due, per prova - lasciandomi senza nemmeno la possibilità di assaggiarli.

Ingredienti (per 4 involtini)

Per gli involtini
  1. Due gallinelle di medie dimensioni
  2. Due foglie di cavolo nero
  3. Due acciughe sott'olio
  4. Un pezzo di pecorino romano (vedi dopo)
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale e pepe
Per la crema di peperoni
  1. Un peperone giallo
  2. Olio extravergine di oliva
  3. Sale e pepe

Partite con la crema di peperone, pulendo quest'ultimo, eliminando semi e coste bianche interne e tagliandolo poi a pezzi, senza curarvi troppo della loro forma, dato che poi frullerete il tutto.

Mettete il peperone in un pentolino, con un paio di cucchiai d'olio extravergine, un paio di acqua, sale e pepe.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa con il coperchio, e fate cuocere fino a quando il peperone non sarà ben morbido, facendo in modo che a fine cottura ci sia ancora un minimo di fondo di cottura, che vi servirà per agevolare la trasformazione in crema.

Quando il peperone è cotto, spegnete e, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducetelo in crema, lavorando con cura per eliminare ogni residuo intero.

Fate in modo che la densità finale sia piuttosto ferma, in modo che la crema, quando messa sul piatto, con sopra gli involtini, non si disperda troppo, per cui, se la crema vi dovesse sembrare troppo liquida, riportatela sul fuoco e fatela andare fino a quando, a causa dell'evaporazione dell'acqua, non avrà raggiunto la densità voluta.

Mettete la crema da parte, con il coperchio, e dedicatevi alle foglie di cavolo nero, scegliendole tra le più grandi e, usando un coltello ben affilato, separando la parte verde dal gambo, facendo un taglio continuo tra la foglia e al sua attaccatura, appunto, al gambo.

Prendete una piccola pentola, riempitela d'acqua, salandola leggermente, poi mettetela sul fuoco e portatela a bollore, quindi tuffateci dentro le foglie di cavolo nero, lasciandocele per due minuti esatti.

Scolate le foglie, meglio se una a una, con delicatezza, e mettetele in un colino ad asciugare, possibilmente in corrente d'aria, in modo da agevolare l'evaporazione dell'acqua residua.

Tanto che il cavolo nero si asciuga e nel caso non foste riusciti ad impietosire il pescivendolo, facendo fare a lui il lavoro sporco, dedicatevi alla sfilettatura della gallinella, operazione che richiede un minimo di pratica e l'uso di un coltello adatto, con la lama molto sottile, bassa e flessibile.

Prendete quindi la gallinella e, per prima cosa, tagliateli via la testa, in modo che poi il pesce possa poggiare meglio sul piano di lavoro.

Fate poi un taglio alla base della coda, trasversalmente alla lunghezza del pesce, quindi ruotate la lama, in modo che questa sia contatto con la lisca centrale, e tagliate per tutta la lunghezza, mantenendo il coltello ben a contatto con la lisca centrale, fino ad arrivare alla base della testa e poi, con un ultimo taglio, separate il filetto.

Ripetete per l'altro lato del pesce, et voilà, più facile a farsi che a dirsi.

Usando un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

A questo punto mettete nuovamente i filetti sul piano di lavoro, con la pelle rivolta verso il basso e, usando sempre lo stesso coltello, separatela dalla polpa, procedendo esattamente come avete fatto per ricavare i filetti, cioè separando leggermente la pelle dalla polpa all'altezza della coda e poi tagliando parallelamente alla lunghezza del filetto, mantenendo la lama sempre a contatto con la pelle.

Se i filetti vi dovessero sembrare troppo spessi, potete rifilarli leggermente, sempre con il coltello da sfilettatura, in modo che sia più facile avvolgerli. Con la parte eventualmente eliminata del pesce potete farci, ad esempio, un piccolo carpaccio.

Prendete i due filetti di acciuga, asciugateli per bene dal loro olio e poi divideteli a metà nel verso della lunghezza.

Infine il pecorino - vi consiglio di partire da un pezzo intero, che può essere lavorato più agevolmente - dal quale dovrete ricavare delle lamelle, molto sottili, cosa per la quale vi suggerisco di usare un pela verdure.

Bene, potete a questo punto procedere con la creazione degli involtini.

Mettete i filetti di gallinella sul piano di lavoro, salandoli e pepandoli leggermente, poi disponeteci sopra una foglia ciascuno di cavolo nero - la forma naturale della foglia sembra essere fatta a posta per quella del pesce - quindi una o due lamelle di pecorino, non sovrapposte, e per finire il mezzo filetto di acciuga.

Avvolgete i filetti, con delicatezza ma facendo in modo che gli involtini siano ben stretti, fermandoli poi con uno stuzzicadenti o, meglio ancora, se con una di quelle stecchette di legno che si usano anche per fare gli spiedini.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci quattro cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco, a fiamma bassa.

Quando l'olio è caldo, ma non bollente, unite gli involtini, facendo in modo che il loro bordo più regolare sia quello a contatto con il fondo della padella.

Salate e pepate leggermente anche l'esterno degli involtini, poi aggiungete mezzo bicchiere d'acqua, coprite con il coperchio e fate cuocere, senza girarli, per circa dieci minuti.

Ogni tanto, togliete il coperchio, prendete un poco del fondo con un cucchiaio e fatelo colare sopra agli involtini, in modo da mantenerli ben umidi.

Trascorso i dieci minuti, togliete il coperchio, alzate leggermente la fiamma e fate restringere il fondo di cottura, facendo leggermente rosolare gli involtini nella loro parte a contatto con la padella, poi spegnete.

Tanto che gli involtini vanno, e se servisse, riscaldate leggermente la crema di peperone, in modo che sia tiepida quando la servirete.

Bene, ci siamo e non resta che impiattare, mettendo per prima cosa un cucchiaio ben colmo di crema di peperone in ogni piatto e poi disponendo sopra il corrispondente involtino, con tutto il relativo legnetto di chiusura.

Guarnite come più vi piace e portate velocemente in tavola.

Buon appetito. 

27 gennaio 2014

Le mie ricette - Gnocchi di zucca, semolino e Asiago stagionato DOP, con burro ai profumi del bosco e dell'orto



Con voto unanime la famiglia tutta mi ha imposto di fare gli gnocchi di semolino, cosa che io ho accettato volentieri ma, con abilità politica, ho imposto un compromesso, che mi consentisse di distaccarmi leggermente dalla ricetta tradizionale.

Ricevuta l'approvazione dell'aula, ho deciso di abbinare il semolino alla zucca mantovana, che amo particolarmente, in modo da avere un piatto più delicato, con una nota di dolce, data appunto dalla zucca, che creasse un minimo di contrasto.

In aggiunta al semolino e alla zucca, l'Asiago stagionato, aggiunto durante la cottura, esattamente come nella ricetta tradizionale si fa con il parmigiano.

Infine, un condimento piuttosto classico, come vogliono peraltro gli gnocchi, il cui sapore risiede nell'impasto, con altro Asiago stagionato e con il burro, scaldato a bagnomaria e profumato con bacche di ginepro, semi di cardamomo, alloro, rosmarino, salvia e grani di pepe nero.

Cottura finale in forno, a temperatura elevata, per ottenere quella crosticina, al limite del bruciacchiato, che crea un contrasto nella consistenza, tra il croccante del fondo degli gnocchi e la morbidezza della loro parte superiore.

Ingredienti (per 6/8 persone)
  1. Due etti e mezzo di semolino
  2. Due etti di Asiago stagionato DOP
  3. Un litro di latte intero
  4. Tre tuorli d'uovo
  5. Un quarto di zucca mantovana
  6. Un etto di burro (per l'impasto e per condire)
  7. Un cucchiaino di bacche di ginepro
  8. Un cucchiaino di semi di cardamomo
  9. Un cucchiaino di grani di pepe nero
  10. Una foglia di alloro
  11. Due rametti di rosmarino
  12. Due foglie di salvia
  13. Sale e pepe

Partite con la zucca, eliminando la buccia e i semi interni, e tagliando la polpa in pezzi irregolari, senza curarvi troppo della loro dimensione, dato che il taglio serve solo per ridurre il suo tempo di cottura.

Prendete una casseruola, metteteci quattro o cinque cucchiai di olio extravergine, uno dei due rametti di rosmarino, lasciandolo intero, e portatela sul fuoco.

Fate prendere il calore, in modo che il rosmarino cominci a cedere il proprio profumo all’olio, poi toglietelo - mai far bruciare il rosmarino, pena un gusto amaro affatto piacevole - quindi unite la zucca, salatela, pepatela e unite infine un bicchiere d'acqua.

Coprite con il coperchio e fate cuocere, a fiamma minima, fino a quando la zucca sarà ben morbida, avendo cura di mantenere una certa quantità di fondo di cottura, che vi consentirà di dare la giusta densità della crema.

Quando la zucca è pronta, spegnete, fate intiepidire e poi, usando il frullatore tradizionale o il Minipimer, fate andare alla massima velocità, in modo da ridurla in crema, usando il fondo di cottura della zucca per regolare la giusta densità, che dovrà comunque risultare piuttosto elevata, pena il rischio di diluire troppo l'impasto degli gnocchi.

Mettete la crema di zucca da parte, grattugiate l'Asiago stagionato, mettendone poi da parte mezz'etto che userete per condire gli gnocchi prima di infornarli, e tirate fuori il burro dal frigorifero, in modo che possa ammorbidirsi.

Prendete una casseruola, ampia abbastanza da contenere un volume almeno doppio a quello del latte, meglio ancora se anti-aderente, versateci il latte, aggiungete un cucchiaino scarso di sale e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio.

Portate il latte ad una temperatura prossima al bollore, poi cominciate a versare a pioggia il semolino, mentre con l'altra mano, usando una frusta, mescolate rapidamente per evitare grumi ed incorporare per bene il semolino al latte.

Fate cuocere, girando in continuazione, fino a quando il semolino non si sarà ben rappreso, raggiungendo una densità stabile, cosa che richiederà circa una decina di minuti.

All'incirca ai due terzi della cottura del semolino, quindi dopo circa sei o sette minuti che l'avete versato, aggiungete sei cucchiai di crema di zucca, girando rapidamente in modo da incorporarla al semolino, che vedrete prenderà un bel colore giallo-arancione.

Aggiungete anche la metà del burro e l'Asiago grattugiato, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno - l'impasto sarà bello duro e colloso, per cui la frusta non andrà più bene - in modo da incorporali all'impasto.

Quando il semolino è pronto, spegnete il fuoco e aggiungete i tuorli d'uovo, leggermente diluiti con un cucchiaio di latte, e dando un'ultima mescolata, ancora una volta fino a quando i tuorli non si saranno perfettamente amalgamati all'impasto.

Ora, se avete la fortuna (e la mia invidia) di avere un tavolo con il piano di marmo, dategli una inumidita e versate l'impasto direttamente sul piano di lavoro, altrimenti prendete un paio di fogli di carta di forno, stendeteli sul tavolo in modo che ne coprano un'area sufficiente, teneteli fermi con un paio di pesi (altrimenti quando ci versato l'impasto vi partono per la tangente) e versateci sopra l'impasto.

Poi, tavolo di marmo o normale, prendete un altro foglio di carta da forno (per la cronaca, vi consiglio sempre di acquistare quella professionale, che ha una larghezza maggiore di quella che normalmente si trova nei supermercati), appoggiatelo sull'impasto e con il mattarello o le mani (meglio) fate pressione in modo da stendere l'impasto ad uno spessore uniforme di circa un centimetro.

Riposatevi e, tanto che il tutto si fredda, imburrate una teglia da forno.

Poi, sempre in attesa di poter tagliare gli gnocchi, mettete il burro in un pentolino, insieme alle bacche di ginepro, leggermente schiacciate con la lama di un coltello, i semi di cardamomo, anche essi schiacciati in modo che i semini interni possano essere a contatto con il burro e, l'alloro, la salvia, il rosmarino e i grani di pepe.

Fate sciogliere il burro, possibilmente a bagnomaria o in forno, a circa 60° - il burro non deve bollire - e tenete al calore per almeno venti minuti, in modo che tutti gli aromi possano svilupparsi, poi mettete da parte, in luogo tiepido, in modo che il burro non si rapprenda.

Ritornate all'impasto e, quanto è freddo, con un bicchiere o uno stampo tondo, cominciate a ricavare gli gnocchi e, ogni volta che ne tagliate uno, mettetelo direttamente nella teglia imburrata, sovrapponendolo leggermente al precedente.

Potete naturalmente comporre gli gnocchi nella configurazione che preferite, sempre però facendo in modo che questi siano, nel caso, solo appena sovrapposti, in modo che poi tutti gli gnocchi possano prendere l'ulteriore condimento.

Finito il primo giro di gnocchi, impastate nuovamente il residuo dell'impasto, stendetelo come avete fatto la prima volta e ricavate altri gnocchi. Proseguite impastando e tagliando fino ad esaurire l'impasto.

Forza che ci siamo.

Prendete il burro aromatizzato e, con un pennellino o usando le vostre dita, ungete leggermente gli gnocchi in superficie, poi distribuiteci sopra l'Asiago grattugiato che avete messo da parte, completando con una leggera macinata di pepe nero.

Infornate a 200° per 10 minuti - 220° se vi piace avere una base degli gnocchi bella croccante - poi a 220°, con la funzione grill, per altri 5, in modo da far dorare leggermente anche la superficie degli gnocchi.

Spegnete, togliete dal forno e distribuite, usando un cucchiaino, ancora un poco del burro aromatizzato, senza esagerare con la quantità, e un altro po' di Asiago, facendolo cadere a pioggia.

Fate riposare giusto un paio di minuti, poi impiattate, guarnite come meglio credete e, soprattutto, servite ai vostri ospiti.

Buon appetito.

24 gennaio 2014

Le mie ricette - Carpaccio di spigola e arancia, con mandorle sfogliate tostate, fiocchi di sale affumicato ed emulsione di balsamico



Grazie ad un avanzo di spigola di Anzio, presa dalla meravigliosa Pescheria di Anzio, in occasione del cenone della Vigilia di Natale 2013, ho prontamente provveduto a dargli degna fine, con uno dei miei soliti carpacci.

Questa volta, insieme alla spigola, l'arancia pelata al vivo, le mandorle sfogliate, tostate per accentuarne il sapore, i fiocchi di sale affumicato, che creano un particolare e piacevole contrasto e, per finire, un'emulsione di extravergine e balsamico, il cui retrogusto dolce si contrappone alla tenue acidità dell'arancia.

Qualche fogliolina di menta romana, infine, giusto come guarnizione, per creare un contrasto cromatico con la tonalità del piatto.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Un etto di spigola, pesata già pulita
  2. Un arancia
  3. Due cucchiai di mandorle sfogliate
  4. Quattro cucchiai di olio extravergine d’oliva
  5. Un cucchiaio di aceto balsamico (vero)
  6. Qualche foglioline di menta romana (per guarnire)
  7. Sale affumicato (o sale normale)
  8. Pepe bianco

Partite con le mandorle, mettendole in un padellino anti-aderente e portandolo sul fuoco, a fiamma media.

Fate scaldare e proseguite, girando spesso, fino a quando le mandorle non cominceranno ad assumere un bel color bruno tenue, segno che la tostatura procede come si deve.

Girate spesso, come dicevo, per far si che la tostatura sia uniforme, quindi spegnete e fate freddare le mandorle su un piatto e non nella padella, dato che il suo calore residuo potrebbe continuare il processo di tostatura oltre il giusto.

In alternativa - metodo altrettanto valido - potete tostare le mandorle in forno, anche se la cosa richiederà qualche minuto in più.

Dedicatevi poi alla sfilettatura della spigola - se siete bravi e convincenti, potete sperare nella misericordia del pescivendolo e farvela sfilettare da lui - operazione per la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza.

Prendete un coltello non troppo grande, con la lama flessibile e ben affilata, poi prendete la spigola e tagliategli via le testa, in modo che il corpo poggi meglio sul tagliere.

Partendo dalla coda, incidete la polpa e,tenendo la lama del coltello a contatto con la lisca centrale, tagliate per tutta la lunghezza, mantenendo sempre il coltello ben a contatto con la lisca, fino ad uscire dalla parte della testa.

Girate il pesce e ripetete per l'altro lato. Tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.

Usando un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Mettete ora i filetti su un tagliere, con la pelle rivolta verso il basso e usando sempre il coltello affilato, cominciate a ricavare le singole fettine per il carpaccio, partendo vicino alla coda e muovendovi gradualmente verso la testa, man mano che procedete con le fettine.

Dovete far lavorare la lama del coltello, senza forzare troppo, cosa che causerebbe la rottura delle sottili fettine di pesce.

Passate poi all'arancia, che dovrete pelare al vivo, che vuol dire sbucciare le arance, eliminando anche la parte bianca, in modo che, appunto, vi si mostri la polpa in tutto il suo splendore.

Per la pelatura, quindi, mettete l'arancia sul tagliere e, usando un coltello molto affilato, tagliate la buccia, partendo dall'alto, prendendo anche la parte bianca, avendo cura di lasciare, come vi dicevo, la polpa a vista.

Dopo la pelatura, dovrete anche ricavare i singoli spicchi, anche in questo caso senza la sottile buccia bianca che li ricopre. Per fare questo, dovete prendere un coltellino affilatissimo, praticamente un rasoio, e fare dei tagli che seguano la pellicina bianca di ciascuno spicchio, in modo che questo possa poi separarsi dall’arancia, lasciando al suo posto la pellicina.

Se il tutto non vi è chiaro, qui c’è un video, trovato su YouTube, che illustra il procedimento.

Mi raccomando, la pulitura al vivo è importante, altrimenti, quando vi mangerete il carpaccio, vi ritrovereste con la pellicina bianca tra i denti, cosa che rovinerebbe, in parte, l'armonia del tutto.

Una volta ottenuti i singoli spicchi, sempre usando un coltello molto affilato, dividete in due o in tre ciascuno spicchio, nel verso della lunghezza, in modo da ottenere, in sostanza, degli spicchi più sottili.

Mi raccomando, cercate di ottenere degli spicchi molto sottili, quasi delle fettine, altrimenti il gusto delle arance prevarrà su quello del rombo.

Bene, il più è fatto e non resta che comporre il tutto.

Prendete i piatti dove servirete il carpaccio e poi fate una sequenza alternata di spigola e arancia, cominciando e terminando l'alternanza con il pesce.

Preparate poi l'emulsione di olio extravergine e balsamico, orientandovi su una proporzione di quattro parti di olio ed una di balsamico, mescolate per bene, quindi bagnateci rapidamente il carpaccio, senza esagerare e aiutandovi con un cucchiaino.

Su ogni porzione date infine una leggera macinata di pepe bianco, distribuite qualche fiocco di sale affumicato e completate con le mandorle sfogliate e con qualche fogliolina la menta romana.

Portate in tavola e buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: ottimo e invitante antipasto, da gustare con un calice di Prosecco Superiore di Valdobbiadene di Foss Marai.

23 gennaio 2014

Le mie ricette - Tonno all'olio fatto in casa, con paté di pomodorini e maionese casalinga



Altra ricetta nata dalla fortuna di aver trovato un bellissimo tonnetto sul banco della Pescheria di Anzio, in occasione della spesa per il cenone della Vigilia di Natale.

Questa volta un semplice tonno sott'olio, cotto al vapore, accompagnato da una maionese fatta in casa e da un paté di pomodorini. Vedetela pure come una versione casalinga di qualcosa che spesso prepariamo tutti i giorni usando prodotti in scatola.

Per quanto riguarda la preparazione della maionese, oltre a leggervi questo interessante articolo, dovrete sapervi regolare ad occhio, alternando sapientemente il succo di limone e l’olio e, per quanto riguarda quest’ultimo, scegliendo quale tipo usare, considerando che, usando solo olio extravergine, rischiate di ottenere una maionese con un gusto troppo deciso, dove l’olio coprirà gli altri sapori.

Per quanto mi riguarda, io ho usato un mix di olio extravergine e olio d'arachide, nella misura di 2/3 e 1/3, per una quantità totale di circa 250 cl, per una quantità di maionese abbondante rispetto alle esigenza della ricetta, ma che potrete tenere in frigo per qualche giorno e usarla per altre preparazioni.

Ingredienti (per 4 persone)

Per il tonno sott'olio
  1. Tre etti abbondanti di polpa di tonno
  2. Olio extravergine
  3. Grani di pepe nero
  4. Sale
Per il paté di pomodorini
  1. Una ventina di pomodorini ciliegino
  2. Olio extravergine
  3. Sale e zucchero
Per la maionese
  1. Due tuorli d’uovo, freschissimi
  2. Olio extravergine di oliva
  3. Olio di oliva
  4. Mezzo limone
  5. Sale
  6. Pepe bianco

Partite sicuramente con il tonno, che dovrà riposare nell'olio almeno per qualche ora e, volendo, lo potete preparare anche il giorno prima.

Se il tonno lo avete preso intero, sfilettatelo, facendo un taglio all’altezza della coda, ortogonale rispetto alla direzione della lunghezza, in modo da arrivare fino alla lisca centrale, quindi ruotate il coltello di 90°, in modo che la lama, nella sua parte piatta, si trovi a contatto con la lisca centrale.

A questo punto non rimane che tagliare, con la lama sempre a contatto con la lisca, per tutta la lunghezza del pesce, sino ad arrivare alla testa, dove vi fermerete, facendo poi un altro taglio ortogonale, questa volta ovviamente all’altezza della testa, in modo da separare il filetto.

Tagliate in due ogni filetto, secondo la sua lunghezza e facendo due tagli, uno a destra e uno a sinistra, della sua parte centrale, dove sono le lische residue. In questo modo sprecherete forse una minima quantità di polpa, ma perderete meno tempo ad eliminare le lische una a una.

Infine rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto e rimuovete anche la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Ripetete per l'altro lato del pesce, et voilà, più facile a farsi che a dirsi.

Per quanto riguarda la pelle, vi suggerisco di toglierla dopo che avrete cotto il tonno, cosa che ne faciliterà di molto il distacco.

Tagliate infine ogni filetto in cubetti di circa due o tre centimetro di lato, poi procedete con la loro cottura a vapore - per questa preparazione la cottura a vapore direi che è d'obbligo - usando la vaporiera, se l'avete, oppure una pentola sulla quale appoggerete uno scolapasta in metallo o l'apposito cestino.

Salate il tonno in superficie e fatelo cuocere per non più di dieci minuti, altrimenti si indurirà troppo, poi lasciate il tonno in corrente d'aria, in modo che tutta l'umidità residua possa evaporare e, per finire, se non l'avete già fatto, eliminate la pelle, che vedrete verrà via con facilità.

Quando il tonno è ben asciutto, mettetelo in una ciotola, in modo che i pezzi possano stare ben vicini tra loro, senza spreco di spazio, aggiungete qualche grano di pepe nero e coprite a filo con olio extravergine, poi coprite la ciotola con una foglio di pellicola trasparente e mettetela in un luogo fresco - non in frigo, mi raccomando - lasciando riposare il tutto per almeno tre ore.

Messo da parte il tonno e dedicatevi al paté di pomodorini, tagliandoli a metà ed eliminando i semi interni e la parte acquosa.

Prendete poi una teglia, metteteci sul fondo un foglio di carta da forno e poi disponete i pomodorini, con la parte tagliata rivolta verso l’alto, salandoli con del sale fino e dando una spolverata di zucchero, che aiuterà a ridurre la loro componente acida e, allo stesso tempo, ad accentuare la loro dolcezza.

Informate a circa 90° per almeno due ore e comunque fino a quando non vedrete che i pomodori si saranno "raggrinziti", segno che l'acqua contenuta al loro interno è in buona parte evaporata.

Quando i pomodorini sono pronti, tirateli fuori dal forno e fateli freddare e poi, usando il frullatore tradizionale o il Minipimer, frullateli insieme ad un paio di cucchiai di olio extravergine, fino ad ottenere una crema piuttosto densa, simile appunto alla consistenza di un classico paté.

Per finire, la maionese, che io normalmente preparo in modo intermedio, tra l’approccio classico, amanuense con frusta, e quello sbrigativo, con il Minipimer.

Uso quindi un robot da cucina, sul quale monto una piccola frusta che, non troppo velocemente e con movimento orbitale, mi consente di lavorare con una certa delicatezza.

Per prima cosa, allora, mettete i tuorli d’uovo nella ciotola dove li lavorerete e tenete a portata di mano l’olio - o gli oli, se userete un mix - il succo di limone e il sale.

Cominciate a lavorare le uova, aggiungendo l’olio a filo leggerissimo, ogni tanto interrompendo il flusso, in modo che le uova possano incorporarlo. Bilanciate sempre l’olio con un po’ di succo di limone, elemento fondamentale per stabilizzare la maionese.

Non appena la maionese comincia a prendere consistenza, salatela secondo il vostro gusto e poi assaggiate per valutare l’equilibrio dei sapori, in particolare quelli di olio e limone, correggendo leggermente in caso di sbilanciamenti.

Quando la maionese è pronta, travasatela in una ciotolina e tenetela al fresco, ma assolutamente non in frigorifero, dato che una temperatura così bassa farebbe condensare l’olio, soprattutto se avete usato solo l’extravergine, con il risultato di ritrovarvi con una maionese gelatinosa.

Bene, ci siamo e, se il tonno ha riposato a sufficienza, potete procedere con l'impiattamento, disponendo per prima cosa un cucchiaio di paté di pomodorini in ciascun piatto, poi adagiandoci parzialmente sopra qualche cubetto di tonno sott'olio, completando infine con un cucchiaio di maionese, che metterete accanto al tonno, in modo che ciascun commensale possa usarla nella quantità che preferirà.

Guarnite infine come più vi piace, poi portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: abbinamento consigliato con un Vermentino di Bolgheri, dal gusto sapido, persistente, fresco e con piacevole retrogusto fruttato.