21 dicembre 2018

Zuppa di cicerchie, ceci, indivia e guanciale croccante

Chi mi segue avrà notato che, recentemente, ho dato una decisa accelerazione su zuppe e minestre, un po’ visto il clima più freddo, un po’ perché adoro i legumi, tutti, senza troppa distinzione tra l’uno e l’altro.

Questa volta è stato il turno delle cicerchie, un legume a lungo tempo quasi dimenticato, che però recentemente sta tornando sulle tavole, e i ceci, legumi che ho unito in matrimonio usandoli entrambi, in un esperimento che, a dire di moglie e figli, ha avuto pieno successo.

Insieme ai legumi, che ho in parte ridotto in crema e in parte lasciati interi, l’indivia, stufata rapidamente in tegame prima di unirla a ceci e cicerchie, e che con il suo retrogusto amaro crea un bel contrasto.

Infine, per dare croccantezza, ma anche perché un romano non sa farne a meno, il guanciale, passato prima in padella, per renderlo croccante ma anche per eliminarne buona parte del grasso, e poi unito solo al momento di servire, in modo che non perdesse croccantezza, cosa che avverrebbe se unito troppo presto alla zuppa.

Infine, non certo indispensabile, una piccola guarnizione con l’indivia cristallizzata, ottenuta friggendone alcune foglie in olio ben caldo, giusto una trentina di secondi, in modo da farne evaporare l’acqua e, appunto, renderla croccate e delicata come il cristallo.

Concludo la premessa dicendovi che io ho deciso di non aggiungere parmigiano o, ancora meglio, pecorino romano, cosa che però può essere una giusta variazione, visti i sapori decisi del piatto, per cui lascio a voi la scelta.

Puntarelle in due consistenze, mozzarella di bufala bruciata e pane guttiau



Amo le puntarelle e ogni anno non vedo l’ora che arrivi la loro stagione, breve purtroppo, per farne scorpacciate, probabilmente eccessive, ma decisamente appaganti.

Aggiungo anche che il gusto di mangiarle va di pari passo con quello di arricciarle, cosa che faccio rigorosamente io, fuggendo dall’oramai consolidata abitudine di prenderle già pronte - direi massacrate, a essere sincero - cosa alla quale la frenesia di oggi ci ha ahimè abituato a fare.

Questa volta le ho preparate in due consistenze, appunto, con quella liquida ottenuta cuocendo le foglie verdi - che avrete solo se prendete le puntarelle intere - in acqua a bollore e poi frullandole insieme a un poco di colatura di alici e di aceto, in modo da ricordare la loro preparazione classica (non ho messo l’aglio solo per esplicita richiesta della famiglia).

Poi, la mozzarella di bufala campana, bruciata in superficie - vi servirà necessariamente un caramellizzatore - in modo da donarli un leggero gusto di affumicatura, completando con il pane guttiau, che è la versione saporita del più noto pane carasau, dato che nel guttiau sono presenti olio di oliva e sale.

Tutto qui, per un piatto veloce da preparare e decisamente stagionale, visto appunto la vita breve delle puntarelle.

Calamaro in olio-cottura a bassa temperatura, crema di cicerchia alla colatura di alici, maionese all’aglio e mandorle tostate al sale

Dopo il baccalà, ritengo i calamari quelli che più di ogni altri beneficiano della cottura a bassa temperatura e, nello specifico, quella in bagno d’olio, come è appunto il caso di questa ricetta, preparata in un periodo di passione affievolita, che mi sta portando a diradare di molto la mia presenza davanti ai fornelli.

I calamari, quindi, dei quali ho utilizzato solo il corpo, tagliandolo ad anelli e cuocendoli a bassa temperatura in bagno d’olio, profumato con qualche spicchio d’aglio, qualche grano di pepe nero e con i gambi del prezzemolo, che come immagino sappiate è la parte dove stanno profumo e sapore.

La cottura l’ho fatta a 62° per quaranta minuti, un tempo che può sembrare eccessivo, ma che tiene conto dell’inerzia termica dell’olio, cosa che ritarda il raggiungimento della temperatura da parte del calamaro.

Ad accompagnare il calamaro, una crema di cicerchia, un legume che sta vivendo una seconda giovinezza, lavorata con la loro acqua di cottura, con qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva, un poco di pepe e con un poco di colatura di alici, che le da quello spunto inconfondibile e che, al tempo stesso, richiama i sapori del mare.

Poi, sempre per la parte cremosa, una maionese preparata con l’albume dell’uovo e l’aglio, questo ingentilito dalla classica serie di bolliture in acqua, in modo da mantenerne il sapore, ma non quella persistenza eccessiva, che a molti infastidisce.

Infine, come nota croccante, delle mandorle sfogliate tostate con del sale marino.

Zuppa di fagioli coll’occhio, cozze e pasta mista

Ultimamente ho ripreso a consumare i legumi, una volta sempre presenti sulla mia tavola, ma poi, senza nessun motivo particolare, quasi spariti dalle mie ricette.

Recupero quindi prontamente e, dopo aver preparato questa ricetta qualche settimana fa, eccone un’altra, che alla base vede i fagioli coll’occhio, piccoli e dal gusto delicato.

I fagioli li ho cotti nel modo classico, usando la mia pentola a pressione elettronica, che da quando l’ho presa non la mollo più, e poi ridotti in crema, usando come elemento liquido l’acqua rilasciata dalle cozze, il secondo ingrediente di questa zuppa, e l’acqua di cottura dei fagioli, necessaria per ottenere la giusta densità.

Le cozze, quindi, aperte nel modo classico in padella, con il liquido usato come vi ho appena detto, mentre i molluschi, che soffrono la cottura prolungata, li ho aggiunti alla zuppa solo all’ultimo momento, in modo che sentissero il calore ma non cuocessero più di quanto hanno già fatto durante la loro apertura.

Infine, la pasta, che ho scelto nel formato misto e cotta preventivamente in acqua, per i ¾ del suo tempo, in modo da eliminarne in buona parte l’amido, che altrimenti avrebbe rovinato il sapore della zuppa, poi aggiunta a essa per completare la cottura.

Al momento dell’impiattamento, e come si conviene per le zuppe, un classico giro di olio extravergine di oliva a crudo, per un piatto semplice da preparare, con la sola accortezza di ricordarsi di mettere in ammollo i ceci con il dovuto anticipo.

13 dicembre 2018

Spaghettoni con crema di broccoletti, burrata e pane croccante



Adoro i broccoletti, con quel loro retrogusto amarognolo il giusto, senza eccessi, che a mio avviso li rende quasi unici nel panorama delle verdure invernali.

Questa volta ho pensato di usarli per un primo, cuocendoli in acqua a bollore e poi riducendoli in crema, lavorandoli solamente con la loro acqua di cottura e con un poco di olio extravergine di oliva.

La crema ottenuta, poi, l’ho usata come base per la mantecatura della pasta, quasi una risottatura, visto che l’ho protratta per circa tre minuti, in modo che i broccoletti avessero il tempo di armonizzarsi con la pasta.

Ho poi aggiunto, sempre in mantecatura, la burrata, della quale ho utilizzato sola la parte interna, la cosiddetta stracciatella, e lavorata in padella giusto il tempo da farla fondere, in modo da ottenere una buona cremosità.

A completare il tutto, il pane croccante, ottenuto tostandone la mollica in padella, senza aggiunta di grassi e con una decisa macinata di pepe nero, in modo da un gusto piuttosto deciso.

Per quanto riguarda la pasta, ho scelto gli spaghettoni monograno di Felicetti.

6 dicembre 2018

Risotto zucca, castagne, Fiocco della Tuscia e olio al rosmarino



Chi mi segue sa che i risotti non sono il mio forte, principalmente perché non mi piacciono particolarmente - lo so, nessuno è perfetto - anche se ogni tanto li preparo, soprattutto quando mi vengono chiaramente richiesti da moglie, figlia e figlio.

Questa volta sono partito dalla zucca, che in questi mesi raggiunge il suo splendore, in particolare quella mantovana, che a mio parere è quella con il sapore più intenso e particolare, ridotta in crema dopo averla cotta in casseruola solamente con olio extravergine, sale e pepe.

Con gli scarti della zucca, principalmente semi e filamenti interni, ho preparato il brodo usato poi per portare a cottura il risotto, mentre un poco di zucca l’ho tagliata a dadini e fatta essiccare in forno, aggiungendola poi al risotto, in modo da averla in due consistenze differenti.

Le castagne, poi, le ho lessate in modo classico e aggiunte all’incirca a metà cottura del riso, in modo che avessero il tempo di armonizzarsi con esso.

Per quanto riguarda il riso, tostatura a secco, senza quindi l’utilizzo di grassi, e mantecatura con burro freddo - normalmente preferisco usare l’olio extravergine, ma la presenza del formaggio mi ha fatto propendere per il burro - Fiocco della Tuscia e parmigiano, per una cremosità piuttosto decisa.

Infine, al momento di servire, un filo di olio aromatizzato al rosmarino, preparato lasciando quest’ultimo in infusione nell’olio extravergine e portando il tutto a 60° per tre ore, in modo da agevolare il trasferimento di profumi.