31 dicembre 2013

Le mie ricette - Crocchette di patate, baccalà e pecorino romano



Le crocchette di patate, se da un lato mi riportano alla mia infanzia, tempo in cui esistevano solo supplì e, appunto, crocchette, dall’altro confesso che non mi sono mai particolarmente piaciute, come peraltro non piacciono troppo ai miei figli.

Però un’occasione di riscatto si deve sempre dare, per cui questa volta mi sono lanciato in una crocchetta, dove alle patate ho affiancato il baccalà e il pecorino romano.

Per quanto riguarda il baccalà, premetto subito, più che altro per i miei particolari gusti che mi portano a cuocere il pesce il meno possibile, che l’ho usato a crudo, lasciando la sua cottura al momento della frittura. Voi, naturalmente, potete procedere diversamente, cuocendo preventivamente il pesce - in acqua o in padella, ma solo per pochi minuti, mi raccomando - prima di usarlo per l’impasto.

Per quanto riguarda le quantità, come regola generale, potete seguire quella di usare una quantità di baccalà pari alla metà del peso delle patate, pesate dopo che le avete lessate e passate, ed una di pecorino pari ad un terzo di quella del baccalà.

Per il pecorino, invece, prendetene uno di qualità, come ad esempio quello del caseificio Brunelli, che ha un sapore meno pungente dei tanti pecorini che si trovano in giro e, nel caso usaste uno di questi, riducete ulteriormente la quantità, per evitare che il suo sapore copra tutti gli altri.

Chiudo dicendo che, nell’impasto, non ho usato uova - che personalmente e in generale uso solo quando proprio non se ne può fare a meno - dando la giusta stabilità all’impasto facendo evaporare l’umidità interna delle patate dopo la loro lessatura, lasciandole all’aria aperta per una mezz’ora.

Ingredienti (per 6/8 crocchette)
  1. Tre etti di patate a pasta gialla (pesate dopo la lessatura)
  2. Un etto e mezzo di baccalà bagnato
  3. Cinquanta grammi di pecorino romano grattugiato
  4. Un bel ciuffo di prezzemolo
  5. Due uova intere
  6. Pangrattato
  7. Olio per friggere (oliva o arachide)
  8. Sale e pepe

Bene, per prima cosa mettete a lessare le patate, scegliendole possibilmente di qualità adatta alla lessatura e tutte approssimativamente della stessa dimensione, mettendole in una pentola sufficientemente ampia, coprendole di acqua fredda, leggermente salata, e portando il tutto sul fuoco.

Fate bollire in modo sommesso, senza coperchio, fino a quando le patate saranno ben morbide, poi scolatele usando un mestolo bucato, fatele intiepidire, poi sbucciatele e passatele al passa patate, raccogliendo la polpa in una ciotola, polpa che poi peserete per regolarvi sulla quantità degli altri ingredienti.

Lasciate le patate lessate all’aria aperta per una mezz’ora, in modo che l’umidità interna possa evaporare, cosa che, come dicevo all’inizio, darà maggiore stabilità all’impasto.

Tanto che le patate sono all’aria, dedicatevi al baccalà, al quale eliminerete la pelle, cosa che potete fare con uno strappo deciso - la pelle del baccalà è piuttosto
elastica e viene via con una certa facilità - o aiutandovi con un coltellino a lama sottile e affilata, per separare la pelle dalla polpa nei punti più ostici.

Eliminate le lische residue, poi pesate una quantità di polpa pari alla metà di quella delle patate e mettetela nel mixer, facendolo andare alla massima velocità, in modo da ridurla in una sorta di polpa.

Travasate il baccalà in una ciotola, aggiungete il pecorino romano grattugiato e il prezzemolo, che avrete prima tritato finemente con il coltello.

Tornate alle patate e, quando sarà trascorsa la mezz’ora d’aria, unitele nella ciotola, amalgamando per bene il tutto, in modo da ottenere un impasto omogeneo, che regolerete di sale e al quale aggiungerete una generosa macinata di pepe nero.

Mettete l’impasto in frigo e fatelo riposare per un’oretta, in modo che possa compattarsi ancora di più e, nell’attesa, sbattete le uova e salatele leggermente.

Tirate fuori dal frigo e cominciate a formare le crocchette, dandogli la forma desiderata e, man mano che le formate, passatele prima nelle uova sbattute, controllando che l’uovo bagni per bene tutta la crocchetta, e poi nel pangrattato, facendolo aderire in modo uniforme.

Mettete le crocchette impanate in un piatto, dove avrete messo altro pangrattato, in modo che non siano a diretto contatto con il piatto stesso.

Quando avete finito di preparare le crocchette, prendete una padella per friggere, metteteci abbondante olio per frittura, avendo cura che questo sia sufficiente a raggiungere almeno la metà di una crocchetta, cosa che vi consentirà di friggere girando una volta sola le crocchette.

Portate la padella sul fuoco, facendo scaldare l’olio fino a 170°, quindi unite le crocchette, non troppe alla volta altrimenti la temperatura dell’olio calerebbe bruscamente, e fatele friggere, girando quando serve, fino a completa doratura.

Scolate le crocchette e mettetele su un piatto, dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, anche se vedrete che le crocchette non saranno così unte da doverle scolare, ricordandovi che non servirà salarle in superficie, come normalmente si usa per la frittura, dato che le crocchette sono già salate in virtù del loro impasto.

Se volete, impiattate e guarnite, oppure portate semplicemente in tavola, magari usando un foglio di carta paglia, che ben si sposa con la natura del piatto, mangiando poi rigorosamente con le mani.

Buon appetito.

30 dicembre 2013

Le mie ricette - Orecchiette con coda di rospo, crema di piselli e pangrattato all'aglio



Di primi con la coda di rospo, in passato, ne ho fatti parecchi, come ad esempio questo, quest’altro e quest'altro ancora.

Questa volta, nella ferma volontà di evitare di fare due volte lo stesso piatto, ho abbinato la coda di rospo ai piselli, questi ultimi ridotti in crema, e al pangrattato, tostato in padella con aglio e pepe e unito al piatto come fosse parmigiano e solo al momento di portare in tavola.

Per i piselli, essendo fuori stagione, ho usato i classici pisellini primavera della Findus, ma se preparerete il piatto nella stagione giusta, allora consiglio vivamente di usare quelli freschi.

Per quanto riguarda la pasta, infine, ho utilizzato le orecchiette del Pastificio Cavalieri, un nome, una certezza.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di orecchiette
  2. Una coda di rospo da circa sei o sette etti
  3. Quattro etti di pisellini primavera
  4. Tre cucchiai di pangrattato (vedi dopo)
  5. Mezzo bicchiere di vino bianco
  6. Uno spicchio d'aglio
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Sale e pepe

Partite con i piselli, mettendoli in una casseruola insieme a quattro cucchiai di olio extravergine e, se usate piselli freschi, a quattro di acqua (se usate quelli surgelati, l'acqua rilasciata durate la loro cottura sarà più che sufficiente).

Portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, e fate cuocere fino a quando i piselli non saranno ben morbidi, salandoli verso metà cottura.

Spegnete, fate intiepidire, poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducete i piselli in crema. Non vi preoccupate se la crema vi dovesse sembrare densa, dato che quando la unirete alla coda di rospo la giusta densità verrà ristabilita.

Regolate di sale, se serve, poi date una leggera macinata di pepe, mescolate per bene e tenete da parte.

Prendete poi la coda di rospo e, se già non lo ha fatto il vostro pescivendolo, eliminatene la pelle, sollevandola a partire dalla coda e poi tirando con una certa decisione. Volendo potete usare un coltellino molto affilato, con il quale separerete la pelle dalla polpa, nel caso lo "strappo" risultasse difficile.

Ricavate dalla coda solamente la polpa, scartando quindi la cartilagine centrale ed eventuali altri parti dure, poi tagliate la polpa in pezzi regolari, idealmente dei cubi di circa un centimetro di lato, anche se non vi dovete preoccupare troppo di forma e misura, dato che la cottura ammorbidirà la coda al punto tale che questa si sfalderà naturalmente in pezzi più piccoli.

Prendete una padella molto ampia, che userete anche per mantecare la pasta, metteteci otto cucchiai d’olio extravergine e portatela sul fuoco.

Quando l'olio è caldo, unite la coda di rospo, salatele e pepatela leggermente, poi regolate la fiamma sul livello alto e, dopo circa un minuto, unite il vino bianco, facendolo in parte sfumare, ma solo in parte.

Mettete il coperchio e proseguite la cottura per una decina di minuti, giusto il tempo per far cuocere la coda di rospo, mantenendola al contempo ben morbida ed evitando, quindi, che diventi stoppacciosa.

E' anche importante che rimanga, a fine cottura, un discreto fondo di cottura, costituito dai succhi rilasciati dal pesce, che poi aiuterà la mantecatura della pasta.

Quando la coda è pronta, spegnete, coprite con il coperchio e mantenete in caldo.

Se volete - io l'ho fatto, per non sprecare proprio nulla - potete mettere le parti scartate della coda di rospo in una piccola casseruola, insieme ad quattro cucchiai d'olio extravergine e mezzo bicchiere d'acqua e poi portare sul fuoco, con il coperchio, facendo andare per una mezz'ora, in modo da estrarre dagli scarti tutti i sapori e profumi, e poi unire il fondo, filtrandolo, nella padella dove avete cotto la coda.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi va, ripassate prima la teoria - salatela, portatela sul fuoco e, quando bolle, buttate le orecchiette, facendole cuocere, ma mantenendoli al dente.

Tanto che la pasta si cuoce, prendete il pangrattato - volendo potete usare della mollica di pane raffermo, tritandola prima nel mixer - e mettetelo in un pentolino anti-aderente, di dimensione tale che il pane possa formare un strato sottile, senza essere troppo ammassato.

Unite una più che generosa macinata di pepe nero e lo spicchio d'aglio, sbucciato e tritato molto finemente, poi portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e fate andare, girando quasi in continuazione, fino a quando il pane comincerà a scurirsi leggermente, quindi spegnete e travasate rapidamente la mollica in una ciotolina.

Non lasciate il pane nella padella, altrimenti, per effetto del calore residuo, continuerà scurirsi, soprattutto quella a contatto con il fondo.

Tornate alla pasta e, a pochi minuti alla fine della cottura, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

Sempre poco prima di scolare la pasta, unite la crema di piselli nella padella dove l’aspetta la coda di rospo.

Quando la pasta è cotta, scolatela, lasciandola umida, e travasatela nella padella dove l’aspetta il condimento.

Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo gradualmente l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Bene, non resta che impiattare, unendo poi il pangrattato - orientativamente un cucchiaino a porzione - solo al momento di portare in tavola e senza mescolare, in modo che non si inumidisca per effetto del contatto prolungato con la pasta e che rimanga visibile ai commensali.

Guarnite come meglio credete, poi portate allegramente in tavola

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: con queste orecchiette suggerisco un Friuli Colli Orientali DOC di Felluga, un vino fresco e di carattere che si sposa bene con la coda di rospo e con i piselli. 

29 dicembre 2013

Le mie ricette - Calamaro d'autunno, con crema di fagioli cannellini



Nuovo esperimento con il calamaro, un cefalopode che sembra nato per essere riempito e io, naturalmente, non posso esimermi dall'assecondare ciò che la natura ha reso possibile.

Questa volta, quindi, un ripieno autunnale, a base di noci e castagne, alle quali ho poi abbinato l'immancabile pangrattato; l'uvetta passa, per avere una nota di dolce, alla quale difficilmente rinuncio; qualche pomodorino e una punta di concentrato di pomodoro e, per finire, parte dei tentacoli degli stessi calamari.

Ancora una volta non ho usato l'uovo, in genere aggiunto per dare maggiore stabilità al ripieno e per evitare la sua dispersione durante il taglio del calamaro. Voi naturalmente, se la cosa vi fa sentire più sicuri, potete usarlo.

Ho poi servito il calamaro insieme ad una crema di fagioli cannellini e guarnito il tutto con dei pistacchi di Bronte ridotti in polvere.

Per quanto riguarda i calamari, infine, io ne ho usati di dimensione media, direi intorno ad un paio d'etti ciascuno, considerandone quattro per sei persone. Voi potete scegliere diversamente, anche se sconsiglio di usare calamari troppo grandi, cosa che potrebbe causare una instabilità del ripieno al momento del taglio.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Due etti di fagioli cannellini
  2. Quattro calamari di circa due etti ciascuno
  3. Otto castagne
  4. Otto noci
  5. Quattro cucchiai di pangrattato
  6. Un cucchiaino di concentrato di pomodoro
  7. Quattro pomodorini ciliegino
  8. Due cucchiai di pistacchi sgusciati, non salati
  9. Qualche rametto di timo fresco
  10. Un uovo (opzionale, vedi dopo)
  11. Olio extravergine d’oliva
  12. Sale e pepe

Piccola premessa sui calamari, che vi dovete far pulire dal pescivendolo, specificando che li dovete fare ripieni, in modo che il loro mantello venga mantenuto integro. Poi, quando tornate a casa, verificate che la pulizia sia stata fatta per bene, cosa non scontata, soprattutto quando i calamari sono piuttosto grandi e c’è molta folla al banco del pesce.

Bene, esaurita la premessa, partite sicuramente con i fagioli cannellini, per i quali, se avete fretta, potete anche evitare l'ammollo preventivo, mettendoli in una pentola, coperti da abbondante acqua fredda, leggermente salata.

Portate la pentola sul fuoco, a fiamma media e con il coperchio, e quando l'acqua raggiunge il bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere i fagioli fino a quando non saranno molto teneri. Ci dovrebbe volere, dal momento del bollore, dall'ora all'ora e mezza (di più, ovviamente, se non avete fatto l'ammollo).

Tanto che i fagioli sono in cottura, dedicatevi alle castagne, alle quali farete una leggera incisione sul guscio - mi raccomando, non profonda, solo per inciderne la buccia - e poi metterete in una pentola, coperte da abbondante acqua fredda.

Portate la pentola sul fuoco, con il coperchio, e da quando l'acqua prenderà il bollore, calcolate circa quarantacinque minuti di cottura, quindi spegnete la fiamma e lasciate le castagne ad intiepidirsi nella loro acqua, dalla quale le prenderete una ad una per sbucciarle, eliminando anche la pellicina che si trova al loro interno.

Nel caso decideste di fare il piatto fuori stagione, o se siete semplicemente pigri, allora potrete usare le castagne già lessate, considerando che oramai si trovano abbastanza facilmente, confezionate in atmosfera protettiva e, devo dire, veramente molto buone.

Tornate ai fagioli e, quando fagioli sono cotti, spegnete e lasciateli intiepidire nella loro acqua di cottura, poi, usando un mestolo bucato, travasateli nel passa pomodoro e passateli, raccogliendo la polpa in una ciotola (se avete fretta o non avete il passa pomodoro, mettete i fagioli nel mixer a fatelo andare alla massima velocità).

Aggiungete un mestolo della loro acqua e mescolate per bene, in modo da ottenere la giusta densità della crema, per questa preparazione dovrà essere piuttosto ferma, altrimenti tenderebbe a spandersi quando impiatterete.

Mettete la crema da parte e passate alla preparazione del ripieno.

Prendete le castagne, che nel frattempo si saranno freddate, e mettetele sul tagliere, poi, usando un coltello con la lama piuttosto grande, tritatele piuttosto finemente, in modo che possano amalgamarsi bene con il ripieno, anche se non dovete preoccuparvi nel caso rimangano alcuni pezzetti più grandi, che anzi daranno un tocco più rustico al tutto.

Raccogliete le castagne in una ciotola e poi procedete in modo analogo per le noci, tritando i gherigli con la stessa accortezza usata per le castagne e unendoli poi nella ciotola dove sono quest'ultime.

Prendete poi i tentacoli dei calamari - io uso solo i tentacoli ma non le teste - e, usando un coltello a lama grande e ben affilata, tagliateli e batteteli come se, appunto, doveste fare un classico battuto, cercando di ridurli in pezzi molto piccoli, che poi raccoglierete nella ciotola con gli altri ingredienti.

Tagliate a metà i pomodorini, eliminatene i semi e la parte acquosa e poi tagliateli a dadini piuttosto piccoli, che ancora una volta unirete nella ciotola.

Aggiungete nella ciotola il concentrato di pomodoro, il pangrattato e le foglioline di timo, poi date una prima mescolata, aggiungendo anche il sale e il pepe, quindi bagnate con almeno otto cucchiai di olio extravergine, in modo da avere un ripieno umido, che non si secchi durante la cottura.

Infine, se avete deciso di usarlo - ripeto, io non l'ho fatto e non ho avuto alcun problema con la stabilità del ripieno - unite l'uovo sbattuto, dando un'ultima mescolata in modo da incorporarlo al resto degli ingredienti.

Ricordo comunque che, al di là delle quantità indicate, è importante che il ripieno sia equilibrato, per cui regolatevi anche in base alla vostra sensibilità, assaggiando il ripieno per verificare l'equilibrio dei sapori e, nel caso, agendo di conseguenza.

Riempite con l'impasto i calamari, aiutandovi con un cucchiaino, facendo in modo che questi siano ben pieni, ma senza eccedere, dato che l'impasto si gonfierà leggermente durante la cottura, cosa che, se i calamari fossero troppo pieni, potrebbe comportare la loro rottura.

Chiudete l'estremità dei calamari con uno stuzzicadenti - due se avete deciso di usare calamari grandi - ricordando che è fondamentale che la chiusura non sia ermetica, in modo che l'impasto in eccesso possa uscire durante la cottura, senza rompere i calamari.

Ungete una teglia da forno, adagiatevi i calamari, ungeteli con un altro po’ d’olio, poi salateli e pepateli in superficie.

Coprite la teglia con una foglio di carta d'alluminio, al quale farete qualche foro con una forchetta, ed infornate a 170° per venticinque minuti, ricordando in ogni caso che il tempo di cottura dipende dalla dimensione dei calamari, per cui regolatevi di conseguenza in base a ciò che avete scelto.

Tanto che i calamari sono in forno, mettete i pistacchi nel mixer, meglio se quello ad alta velocità, che si usa appunto per la frutta secca, facendolo andare fino a quando i pistacchi non saranno ridotti in una sorta di polvere, simile, per dimensione delle singole briciole, al pangrattato.

Tornate ai calamari e, quando sono pronti, tirate fuori la teglia e fateli freddare per bene, prima a temperatura ambiente e poi almeno un paio d'ore in frigorifero, su un piatto, in modo da compattare il suo ripieno e rendere più agevole il tagliarli a fette.

In attesa che i calamari si freddino, prendete il fondo rimasto nella teglia, incluso l'eventuale parte di ripieno fuoriuscita durante la cottura, e riportatelo sul fuoco, girando con una piccola frusta o un cucchiaio di legno, facendolo andare fino a che non si sarà addensato, riducendo il suo volume all'incirca della metà.

Quando i calamari saranno freddi, e con un minimo di anticipo rispetto a quando lo servirete, in modo da lasciargli il tempo di riprendere calore, trasferiteli sul tagliere e, usando un coltello molto affilato, tagliateli a fette, spesse più o meno un centimetro, operando con delicatezza, in modo da far si che il ripieno rimanga al suo posto.

Se volete scaldare il calamaro, che andrebbe comunque servito al più appena tiepido, fatelo nel microonde, a bassa potenza, a bagnomaria oppure nel forno, a circa 60° di temperatura.

Bene, siamo arrivati in fondo e non resta che impiattare, disponendo per prima cosa un paio di cucchiai di crema di fagioli cannellini in ciascun piatto, poi disponendo le fette di calamaro e facendoci colare sopra un poco del loro fondo di cottura, completando infine con la polvere di pistacchi, fatta cadere a pioggia, quasi come fosse parmigiano.

Guarnite come meglio credete, portate in tavola e buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: abbinerei questo piatto a un vino bianco fermo, asciutto, morbido ed armonico, come il friulano Pinot Grigio di Jermann.

28 dicembre 2013

Le mie ricette - Quando il filetto di baccalà incontra il pacchero, la crema di zucca e i pistacchi di Bronte



Titolo un po' fastidioso, lo ammetto, d'altra parte si tratta effettivamente di una sorta di connubio, tra il classico filetto di baccalà fritto - piatto tipico della cucina romana - e una ricetta che avevo fatto tempo fa.

Fedele alle mode, ho poi deciso di scegliere gli ingredienti in modo da realizzare, nei colori, un piatto tono su tono, sostituendo la crema di piselli della ricetta originaria, con una di zucca mantovana e pistacchi di Bronte, per una nuance piacevolmente gialla.

Già dal titolo, per lunghezza prossimo alla migliore prestazione mondiale dell'anno, si capisce che si tratta di una ricetta non proprio last minute...

L'ingrediente principale è il baccalà, mantecato come da disciplinare, solo con olio extravergine e senza aggiunta di panna o altri elementi, e arricchito con dei pistacchi ridotti in polvere, baccalà che poi diventa il ripieno dei paccheri, che sono poi fritti in una classica panatura di pangrattato e uovo.

I pistacchi, poi, ritornano anche nella crema di zucca mantovana e nella guarnizione finale, come una sorta di filo comune che lega tutte le componenti del piatto.

Ingredienti (per 4 persone)

Per i paccheri
  1. Dodici paccheri
  2. Quattro etti di baccalà bagnato
  3. Due cucchiai di pistacchi sgusciati, non salati.
  4. Sei cucchiai di pangrattato
  5. Due uova
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Olio per friggere (oliva o arachide)
  8. Sale e pepe
Per la crema di zucca
  1. Un terzo di zucca mantovana
  2. Due cucchiai di pistacchi sgusciati, non salati.
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe

Partite con il baccalà, che nel caso fosse ancora salato - si, lo dovete assaggiare crudo - metterete a bagno in acqua corrente, cambiandola spesso, fino a quando il residuo salino non sarà sparito.

Eliminate poi la pelle, cosa che potete fare con uno strappo deciso - la pelle del baccalà è piuttosto elastica e viene via con una certa facilità - nel caso aiutandovi con un coltellino a lama sottile e affilata, per separare la pelle dalla polpa nei punti più ostici.

Se avete l'attrezzo per la cottura a vapore, usatelo e cuocete il baccalà, salandolo leggermente e poggiandolo su un foglio di carta da forno, in modo che il vapore non lo colpisca direttamente dal basso e, soprattutto, per evitare che si attacchi alla griglia di cottura.

In alternativa, lessate il baccalà in acqua già a bollore e leggermente salata.

In entrambi i casi, cuocete il baccalà il tempo strettamente necessario per renderlo morbido, visto che, come peraltro il pesce in generale, anche il baccalà non ama le cotture eccessive.

Quando il baccalà è cotto, scolatelo e mettetelo in corrente d'aria, in modo che l'umidità residua possa evaporare più rapidamente, visto che questa è nemica dell'olio e potrebbe compromettere il risultato finale.

Tanto che il baccalà si crogiola all'aria, dedicatevi alla zucca, eliminando la buccia e i semi interni, e tagliando la polpa in pezzi irregolari, senza curarvi troppo della loro dimensione, dato che il taglio serve solo per ridurre il suo tempo di cottura.

Prendete una casseruola, metteteci la zucca, un bicchiere scarso d'acqua, sale, pepe e quattro cucchiai di olio extravergine, quindi portatela sul fuoco.

Coprite con il coperchio e fate cuocere, a fiamma minima, fino a quando la zucca sarà ben morbida, avendo cura di mantenere una certa quantità di fondo di cottura, che vi consentirà di dare la giusta densità della crema.

Tanto che la zucca si cuoce, mettete i pistacchi nel mixer - tutti, sia quelli che userete per il baccalà, che quelli per la zucca - meglio se quello ad alta velocità, che si usa appunto per la frutta secca, facendolo andare fino a quando i pistacchi non saranno ridotti in una sorta di polvere, simile, per dimensione delle singole briciole, al pangrattato, quando però questo è grattato piuttosto grossolanamente.

Dai pistacchi appena tritati, toglietene un cucchiaino, che userete poi per la guarnizione finale.

Quando la zucca è pronta, spegnete, fate intiepidire e poi, usando il frullatore tradizionale o il Minipimer, fate andare alla massima velocità, in modo da ridurla in crema, usando il fondo di cottura della zucca per regolare la giusta densità, che dovrà essere piuttosto ferma, in modo da poter sostenere in parte i paccheri quando comporrete il piatto.

Regolate di sale, nel caso serva, poi aggiungete due cucchiai di olio extravergine a crudo e fate andare il frullatore ancora per qualche secondo, poi travasate la crema in una ciotola e aggiungeteci la metà dei pistacchi tritati, mescolando per bene in modo da armonizzare il tutto.

Mettete la crema da parte, considerando che dovrà essere appena tiepida quando la servirete.

Tornate al baccalà e procedete alla sua mantecatura, mettendolo in una ciotola e lavorandolo rigorosamente a mano - al più potete usare una planetaria, sicuramente non il mixer o il frullatore - mescolando con un cucchiaio di legno, il cui dorso vi aiuterà a rompere il baccalà, e aggiungendo l'olio extravergine a filo, come quando fate la maionese.

La lavorazione dovrà durare almeno una decina di minuti e dovrete incorporare circa mezzo bicchiere d'olio, fino ad ottenere un baccalà molto cremoso, con i singoli pezzi sicuramente piccoli, ma ancora visibili (questo è il motivo per cui il mixer o il frullatore non vanno bene).

Quando siete soddisfatti del risultato, unite i rimanenti pistacchi tritati, poi date una generosa macinata di pepe, regolate di sale, nel caso servisse, e per finire mescolate nuovamente per un altro minuto, in modo da armonizzare il tutto.

Dedicatevi poi ai paccheri, cuocendoli e mantenendoli ben al dente, cosa che potrete fare riducendo di un venti percento il tempo di cottura indicato sulla loro confezione e, quando sono pronti, scolateli e passateli immediatamente nell’acqua fredda, in modo da interromperne la cottura, quindi fateli asciugare, disponendoli ben separati su un tagliere o su un piatto.

Bene, siamo pronti per il riempimento.

Prendete un pacchero - mi raccomando, delicatezza - poggiatelo in verticale sul piano di lavoro e poi, aiutandovi con un cucchiaino, riempitelo con il baccalà mantecato, arrivando fino all’orlo superiore e ripetendo fino ad esaurire i paccheri o il loro ripieno.

Fate in modo che ogni pacchero sia ben riempito, pressando delicatamente il suo ripieno, in modo che non rimangano fessure, nelle quali potrebbe intrufolarsi l'olio durante la frittura.

Sbattete con cura le uova, salandole leggermente, e poi mettete il pangrattato su un piatto, ampio abbastanza da poter contenere i paccheri.

Passate ciascun pacchero nell'uovo e poi rapidamente nel pangrattato, in modo che questo vi aderisca alla perfezione su tutta la sua superficie, incluse le due estremità, quelle dove il baccalà è a vista.

Prendete una padella, ampia a sufficienza da contenere i paccheri - se fossero molti, friggerete in più mandate - è metteteci abbondante olio per friggere, in modo che questo possa arrivare almeno sino alla metà dei paccheri, cosa che dovrebbe essere garantita da una profondità dell'olio di almeno un centimetro e mezzo.

Portate la padella sul fuoco e scaldate l'olio a circa 160°, quindi immergeteci i paccheri e friggeteli per un paio di muniti, giusto il tempo affinché si formi una crosticina dorata.

Man mano che i paccheri sono pronti, scolateli e metteteli su di un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, senza salarli, come normalmente si fa per il fritto, dato che sia la pasta che il ripieno sono già stati salati in precedenza.

Bene, ce l’abbiamo fatta e non resta che impiattare, disponendo sul fondo di ciascun piatto un paio di cucchiai di crema di zucca e disponendo i paccheri - tre per ciascuna porzione - secondo la configurazione che più vi aggrada.

Distribuite infine la polvere di pistacchi messa da parte, facendola cadere a pioggia su ciascuna porzione, poi guarnite come meglio credete e portate in tavola.

Buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: quando il filetto di baccalà incontra il pacchero, la crema di zucca, i pistacchi di Bronte e... il Rosato Five Roses di Leone de Castris.

26 dicembre 2013

Le mie ricette - Carpaccio di gallinella con parmigiano di patata e castagna, finocchietto, emulsione di tamarillo e sale nero



Ancora una ricetta di stretta derivazione da ciò che ho imparato durante la partecipazione ad un corso di cucina, organizzato da Coquis e tenuto dal fantastico Chef Angelo Troiani, del ristorante "Il Convivio" di Roma.

Un carpaccio di gallinella, accompagnato dalla castagna e dalla patate, entrambe grattugiate, appunto, come fossero parmigiano, condito poi con del sale nero di Cipro, qualche punta di finocchietto fresco e, per finire, da un'emulsione di olio e polpa di tamarillo, la cui pianta è detta anche albero del pomodoro.

Ingredienti  (per 4 persone)
  1. Una gallinella di medie dimensioni
  2. Una patata rossa di medie dimensioni
  3. Due castagne (o sei, se le volete usare anche per guarnire)
  4. Un tamarillo
  5. Un rametto di finocchietto fresco
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Aceto balsamico (vero)
  8. Sale nero di Cipro (o altro sale)
  9. Pepe bianco

Per prima cosa dovete lessare la patata e le castagne.

La prima la metterete, con tutta la buccia, in una casseruola, ben coperta da abbondante acqua fredda leggermente salata, che poi porterete sul fuoco, a fiamma media, facendo cuocere la patata fino a quando sarà morbida, ma ancora un po' duretta - fate la prova infilzandola con una forchetta - in modo che sia poi facile grattugiarla.

Quando la patata è cotta, scolatela e lasciatela freddare con tutta la sua buccia.

Parallelamente dedicatevi alle castagne, alle quali farete una leggera incisione sul guscio - mi raccomando, non profonda, solo per inciderne la buccia - e poi metterete in una pentola, coperte da abbondante acqua fredda.

Portate la pentola sul fuoco, con il coperchio, e da quando l'acqua prenderà il bollore, calcolate circa quarantacinque minuti di cottura, quindi spegnete la fiamma e lasciate le castagne ad intiepidirsi nella loro acqua, dalla quale le prenderete una ad una per sbucciarle, eliminando anche la pellicina che si trova al loro interno.

Nel caso decideste di fare la zuppa fuori stagione, o se siete semplicemente pigri, allora potrete usare le castagne già lessate, considerando che oramai si trovano abbastanza facilmente, confezionate in atmosfera protettiva e, devo dire, veramente molto buone.

Tanto che patata e castagna si cuociono, procedete con lo sfilettare la gallinella - se siete bravi e convincenti, potete sperare nella misericordia del pescivendolo e farvela sfilettare da lui - operazione per la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza.

Usate un coltello piuttosto piccolo, con la lama flessibile e ben affilata, poi prendete la gallinella e tagliategli via la testa, in modo che il corpo poggi meglio sul tagliere.

Partendo dalla coda, incidete trasversalmente il pesce, fino ad arrivare alla lisca centrale, poi ruotate il coltello, in modo che la parte piatta della lama rimanga ben a contatto con la lisca, tagliate per tutta la lunghezza, fino ad uscire dalla parte della testa.

Girate il pesce e ripetete per l'altro lato. Tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.

Usando poi un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilateli, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Mettete ora i filetti su un tagliere, con la pelle rivolta verso il basso e usando sempre il coltello affilato, cominciate a ricavare le singole fettine per il carpaccio, partendo vicino alla coda e muovendovi gradualmente verso la testa, man mano che procedete con le fettine.

Dovete far lavorare la lama del coltello, senza forzare troppo, cosa che causerebbe la rottura delle sottili fettine di pesce.

Forza che il più è fatto.

Prendete i piatti che avete scelto e disponete le fettine di gallinella nella configurazione che più vi piace, comunque cercando di fare un solo strato, senza sovrapposizioni.

Prendete un foglio di carta da forno tagliato a misura e poggiatelo sul carpaccio, poi esercitate un minimo di pressione in modo da livellare il pesce, ripetendo ovviamente per tutti i piatti.

Salate ogni porzione con il sale nero, con una leggera macinata di pepe bianco.

Tagliate a metà il tamarillo e, con un cucchiaino, estraetene la polpa, che metterete in un colino a maglie molto fitte, poggiato su una ciotolina o su una tazza.

Usando il dorso di un cucchiaio, schiacciata le polpa in modo che questa possa filtrare tra le maglie e finire nella ciotolina.

Aggiungete nella ciotola una eguale quantità di olio extravergine, mezzo cucchiaino di aceto balsamico - il suo retrogusto dolce aiuterà a contrastare il sapore leggermente amaro del tamarillo - poi emulsionate con decisione, in modo da combinare gli ingredienti.

Aiutandovi con un cucchiaino, distribuite l'emulsione su ciascun carpaccio, considerando orientativamente due cucchiaini scarsi per ogni porzione.

Prendete poi una grattugia, possibilmente di quelle che vi consentono di ottenere delle piccole scaglie - perfette è quella classica della Microplane - e grattugiate un poco di patata e di castagna sopra ogni porzione, in modo simile, appunto, a come grattugereste il parmigiano.

Per finire, distribuite il finocchietto selvatico, con moderazione e prendendo ovviamente solo le punte, più morbide.

Guarnite come desiderate e portate velocemente in tavola.

Buon appetito.

22 dicembre 2013

Le mie ricette - Tortino di alici, patate e cipolla, con crema di pecorino romano e prezzemolo



Questo piatto è profondamente ispirato (profondamente ispirato = sostanzialmente copiato) a una delle ricette storiche di Giulio Terrinoni - la "Torta di patate e baccalà con bagna cauda moderna" - descritta anche nel suo recentissimo libro "L'importanza del riccio", che ho peraltro recensito in questa discussione.

Rispetto alla ricetta originale, ho sostituito il baccalà con le alici e, al posto della bagna cauda, ho fatto una crema a base di pecorino romano e prezzemolo, che mi sembrava più in linea con la presenza, appunto, delle alici.

Per quanto riguarda il pecorino romano, cercate di prenderne uno di qualità, come ad esempio quello del caseificio Brunelli.

La cottura è piuttosto lunga, tre ore a circa 150°, per cui muovetemi in anticipo.

Ingredienti (per 10/12 persone)

Per il tortino
  1. Due chili di patate a pasta gialla
  2. Un chilo e mezzo di alici (pesate già pulite)
  3. Due cipolle ramate
  4. 250 ml di panna fresca
  5. 250 ml di latte intero
  6. Cinque tuorli d'uovo
  7. Un etto di pecorino romano grattugiato
  8. Sale e pepe
Per la crema di pecorino
  1. 250 ml di panna fresca
  2. Venti grammi di pecorino romano grattugiato
  3. Un ciuffo di prezzemolo
  4. Sale e pepe

Se il vostro pescivendolo non si è impietosito, partite con la pulizia delle alici - vedrete che con un po’ di pratica è un’operazione tutto sommato facile, forse noiosa, ma facile - rimuovendo per prima la testa, poi le interiora e, infine, la lisca centrale.

Sciacquate le alici sotto l’acqua corrente, rimuovendo le ultime lische, quelle minuscole vicino ai bordi del corpo, poi fatele sgocciolare per una ventina di minuti e, infine, asciugatele per bene, aiutandovi con qualche foglio di carta da cucina.

Pelate le patate - consiglio si sceglierle grandi, così fate meno fatica - lavatele e poi, usando necessariamente una mandolina, tagliatele a fette di spessore di poco meno di un millimetro.

A questo punto decidete voi se mette o meno a bagno le patate, in modo da eliminarne l'amido. In teoria, quando si fa un tortino, l'amido può risultare utile, dato che agisce da legante tra le singole fette. In questa ricetta, tuttavia, si utilizzerà un altro legante, motivo per cui - ma a me l'amido non piace - io ho lasciato a bagno le singole fette in abbondante acqua per circa un'ora, per poi scolarle e asciugarle per bene.

Dopo le patate, passate alle cipolle, eliminandone lo strato superficiale e, sempre usando la mandolina, tagliandole a fette, questa volta più sottili, direi circa mezzo millimetro.

Dedicatevi infine alla preparazione del legante, cioè di quella componente che aiuterà a legare gli strati del tortino, mantenendoli allo stesso tempo umidi e morbidi.

Prendete una ciotola e metteteci i tuorli d'uovo, che sbatterete rapidamente usando una piccola frusta,. per poi aggiungere la panna e il latte, mescolando ancora in modo da incorporarli alle uova.

Aggiungete il pecorino romano grattugiato, un cucchiaino raso di sale, un poco di pepe nero macinato e amalgamate ancora il tutto, in modo da ottenere una sorta di salsa piuttosto liquida.

Prendete una teglia rettangolare - considerate che dovrete fare almeno cinque strati, per cui regolatevi con la sua dimensione - e foderatela con un foglio di carta da forno leggermente bagnata, in modo che possa aderire meglio alla teglia (se la teglia è anti-aderente, potete evitare l'uso della carta da forno).

Fate sul fondo un primo strato di patate, sovrapponendole leggermente e coprendo per bene tutta le superficie, poi salatele e pepatele leggermente.

Sopra le patate distribuite le alici, senza però farne uno strato compatto, come quello di patate, ma lasciando invece un minimo di spazio tra una alice e le altre, poi distribuite anche le fettine di cipolla, o meglio i singoli anelli che la compongano, sempre in modo omogeneo ma sparso, altrimenti il suo sapore coprirebbe quello degli altri ingredienti.

A questo punto versate sul primo strato un paio di mestoli del legante che avete preparato, avendo cura di distribuirlo in modo omogeneo.

Continuate con gli altri strati, ripetendo l'intera sequenza, fino ad esaurire gli ingredienti - o uno di essi - ricordandovi di terminare con uno strato di patate.

Esercitate un minimo di pressione sul tortino, in modo da compattarlo per benino, poi versate ancora un mestolo di legante sulla sua superficie, sempre distribuendolo omogeneamente e aspettando qualche minuto in modo che possa penetrare tra gli strati.

Coprite la teglia con un foglio di carta di alluminio, avendo cura di ripiegarlo sui bordi, in modo che possa si fatto sigillare il tutto. Fate in modo che il foglio di alluminio sia ben teso, in modo che durante la cottura non venga in contatto con il tortino, cosa che potrebbe far bruciare le patate in corrispondenza dei punti di contatto.

Infornate a 150° per tre ore e, nel frattempo, dedicatevi alla crema di pecorino, mettendo in una pentolino la panna, il pecorino e il prezzemolo, che avrete prima tritato al coltello, privilegiando l'uso i gambi, dove sta tutto il profumo, piuttosto che le foglie, che sono un concentrato di clorofilla.

Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma bassissima, portate a bollore leggero e fate andare fino a quando il volume complessivo non si sarà ridotto più o meno della metà, quindi spegnete e tenete al calduccio.

Tornate al tortino e, quando sono trascorse le tre ore, tiratelo fuori dal forno, togliete la carta d'alluminio e fatelo intiepidire.

Bene, ci siamo e potete procedere con l'impiattamento, ricavando le singole porzioni dal tortino, agendo direttamente nella teglia - se usate un coppapasta, circolare o quadrato, la cosa risulterà piuttosto facile - e mettendole nei rispettivi piatti.

Fate poi colare, su ogni porzione, un cucchiaio di crema di pecorino, versandola direttamente su un lato del tortino, in modo che in parte possa colare sul piatto.

Guarnite come più vi piace e poi portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: questo tortino, per gli ingredienti che lo compongono si presta a diversi abbinamenticome con un bianco fermo e di media struttura, una bollicina Brut o Pas Dosè e altri. A me incuriosirebbe assaggiarlo con un rosso, leggermente vivace, come sanno fare sui Colli Piacentini: il Gutturnio di Croci.