31 luglio 2014

Le mie ricette - Ricomposizione di un crostino alle alici, con cialde di pomodoro, fonduta di pecorino romano e crema di zucchine e di peperoni



Questa ricetta si è classificata al secondo posto nel concorso "Il riciclo in cucina", organizzato da Magnacook.

Fedele allo spirito del concorso, ho letteralmente svuotato frigorifero e dispensa, cercando di utilizzare tutto ciò che mi fosse avanzato, con la speranza di creare comunque un piatto globalmente coerente e non una semplice collezione di ingredienti.

La base è una ricomposizione di un classico crostino alle alici, che mi riporta ai tempi della mia giovinezza, quando nelle pizzerie c'erano non più di cinque tipi di pizza e gli immancabili crostini al prosciutto e, appunto, alle alici.

Nello spirito della ricomposizione ho frullato insieme la mollica di pane, la mozzarella di bufala - me ne era avanzata un pezzo da una cena del giorno prima -  e i filetti di acciughe, fino ad ottenere un impasto molto malleabile, quasi una sorta di Pongo (altro tuffo nell'adolescenza), che ho poi modellato in cubetti e poi panati con uovo e pangrattato e infine fritti.

Poi, sfruttando gli altri avanzi trovati, ho realizzato gli elementi di contorno, a partire da una fonduta di pecorino romano, fatta con della panna in scadenza, poi una crema di zucchina romanesca ed una di peperone rosso, verdure che entrambe giacevano nel cassetto del frigorifero chissà da quanto tempo.

Infine, con una mezza bottiglia di passata di pomodoro datterino, anch'essa avanzata, ho realizzato delle cialde sulle quali ho servito la ricomposizione di crostino e che vanno a completare, in una discreta varietà di sapori, il piatto finale.

Ingredienti (per 4 persone - 3 cubetti a testa)

Per la ricomposizione di crostino
  1. Un etto di mollica di pane
  2. Un etto e mezzo di mozzarella di bufala
  3. Sei filetti di acciughe sott'olio
  4. Un uovo
  5. Pangrattato
  6. Olio per friggere (oliva o arachide)
Per la crema di zucchina
  1. Una zucchina romanesca
  2. Olio extravergine d’oliva
  3. Sale e pepe bianco
Per la crema di peperone
  1. Mezzo peperone rosso
  2. Olio extravergine d’oliva
  3. Sale e pepe bianco
Per la fonduta di pecorino
  1. Trenta grammi di pecorino romano grattugiato
  2. Sessanta grammi di panna fresca
  3. Pepe bianco
Per le cialde di pomodoro
  1. Dodici cucchiai di passata di pomodoro

Partite con la preparazione delle cialde, prendendo una teglia e mettendoci un foglio di carta da forno, quindi distribuite la passata di pomodoro, un cucchiaio alla volta e dando la giusta separazione tra il pomodoro.

Date qualche colpetto sul fondo della teglia, in modo che il pomodoro possa assumere una configurazione circolare e piatta, lasciando comunque un minimo di spessore, circa un paio di millimetri, cosa che vi metterà al riparo dalla formazione di eventuali buchi durante il processo di essiccazione.

Non aggiungete né sale né altre spezie, in modo da lasciare il pomodoro al suo gusto naturale, che per effetto dell'essiccazione sarà molto deciso.

Infornate a 60° per circa un paio d'ore, controllando ogni tanto e, comunque, tirando fuori le cialde non appena queste saranno diventate croccanti. Non abbiate fretta e non alzate la temperatura, dato che le cialde si creano per essiccazione e non per cottura e 60° sono la giusta temperatura per far evaporare l'acqua in modo non traumatico.

Tanto che le cialde sono in forno, dedicatevi alla preparazione delle due creme, di peperone e zucchina, pulendo entrambe le verdure, eliminando i semi e coste bianche interne dal peperone e parti iniziale e finale della zucchina.

Tagliate grossolanamente il peperone e mettetelo infine in una casseruola, insieme a due cucchiai di olio extravergine, due di acqua, sale e pepe bianco.

Portate la casseruola sul fuoco, con il coperchio e a fiamma bassa, cuocendo fino a quando il peperone non sarà ben morbido, facendo in modo che un poco di fondo di cottura sia ancora presente, cosa che vi servirà per ottenere la giusta densità dell’emulsione.

Tanto che il peperone cuoce, dedicatevi alla zucchina, che taglierete in grossi pezzi e bollirete in abbondante acqua, già a bollore e leggermente salata e, nell’attesa della sua cottura, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando la zucchina sarà ben morbida, prelevatela con un mestolo bucato e travasatela nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde, poi scolatela e fatela asciugare, senza buttare la sua acqua di cottura.

Tornate al peperone e quando anch'esso sarà cotto e morbido, spegnete e fatelo freddare, senza coperchio.

Mettete il peperone nel bicchiere del frullatore - potete usare quello tradizionale o quello a immersione - e aggiungete un cucchiaio di olio extravergine, lasciando per il momento il suo fondo di cottura nella casseruola.

Fate andare il frullatore alla massima velocità, fino ad ottenere un’emulsione fluida e senza più alcun residuo solido, usando il fondo di cottura dei peperoni per regolarne la densità, considerando che questa dovrà risultare piuttosto elevata, simile, per capirci, a quella del ketchup e, nel caso vi dovesse sembrare troppo liquida, portatela nuovamente sul fuoco, sempre a fiamma bassa e senza coperchio, e fatela restringere.

Se usate il frullatore ad immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria alla crema, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Procedete in modo praticamente identico per la zucchina, frullandola con un cucchiaio di olio extravergine, una leggera macinata di pepe bianco e usando la sua acqua di cottura per regolarne la densità, che dovrà essere simile a quella della crema di peperone.

In entrambi i casi assaggiate e, nel caso, regolate di sale.

Mettete le creme da parte - se avete i biberon che si usano in cucina, mettete le creme al loro interno, in modo che sia poi più facile usarle nell'impiattamento - e dedicatevi alla preparazione della ricomposizione di crostino.

Mettete nel mixer la mollica di pane - io ho usato quella di un pane casareccio cotto a legna - la mozzarella di bufala e i filetti di acciuga, ben scolati dal loro olio di conserva. non aggiungete sale dato che gli ingredienti hanno già una loro sapidità naturale.

Fate andare il mixer alla massima velocità, fino a quando otterrete un composto compatto, umido e modellabile, con il quale formerete i cubetti, di circa un paio di centimetri di lato - dovreste riuscire agevolmente a farne dodici - che poi metterete in frigorifero per un'oretta, in modo che si possano compattare per benino.

Mentre i cubetti sono in frigorifero, preparate la fonduta di pecorino, mettendo il formaggio e la panna in un pentolino, insieme ad una leggera macinata di pepe bianco, portando poi sul fuoco a fiamma minima.

Fate scaldare fino a bollore leggerissimo, che farete proseguire per circa cinque minuti, muovendo e ruotando il pentolino in modo da facilitare lo scioglimento del formaggio e poi, quando la fonduta vi sembrerà perfettamente omogenea, toglietela dal fuoco e filtratela usando un colino a maglie fitte, raccogliendola in una tazza o, come nel caso avete fatto per le creme, in un biberon, lasciando nel colino i residui.

Come per le creme, anche in questo caso la densità della fonduta dovrà essere abbastanza elevata, in modo che la fonduta rimanga stabile quando messa nei piatti

Trascorso il tempo del raffreddamento, tirate fuori i cubetti dal frigorifero, sbattete l'uovo in una scodella, salandolo leggermente e cominciate a passare i cubetti nell'uovo sbattuto, controllando che questo li bagni per bene, e poi nel pangrattato, facendolo aderire in modo uniforme.

Man mano che li impanate, mettete i cubetti in un piatto, dove avrete messo altro pangrattato, in modo che non siano a diretto contatto con il piatto stesso.

Prendete una padella per friggere, metteteci abbondante olio per frittura, avendo cura che questo sia sufficiente a raggiungere almeno la metà dei cubetti, cosa che vi consentirà di friggerle girandole una sola volta.

Portate la padella sul fuoco, facendo scaldare l’olio fino a 170°, quindi unite i cubetti, non troppi alla volta altrimenti la temperatura dell’olio calerebbe bruscamente, e fateli friggere, girando quando serve, fino a completa doratura.

Scolate i cubetti e metteteli su un piatto, dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, ricordandovi che non servirà salarle in superficie, come normalmente si usa per la frittura, dato che i cubetti sono già salati in virtù del loro impasto.

Impiattate rapidamente, disponendo per prime le cialde di pomodoro, poi i cubetti e disponendo le creme e l'emulsione di pecorino accanto ad essi.

Guarnite a vostro piacimento e portate in tavola.

Buon appetito.

28 luglio 2014

Le mie ricette - Tartare di gambero rosso, pesca tabacchiera e pinoli, con cialda di salicornia e scorza di limone essiccata



Arriva il caldo e la voglia di accendere i fornelli si allontana, motivo per cui ripiego volentieri su piatti a base di pesce crudo, che come mia abitudine mi piace abbinare alla frutta di stagione.

Questa volta il destino ha voluto che trovassi dei bellissimi gamberi rossi, che ho prontamente preso e ai quali ho abbinato la pesca tabacchiera, che ultimamente sembra essere ritornata di moda e che, se non la trovate, potete sostituire con la più classica pesca bianca, e qualche pinolo, aggiunto per creare un contrasto nella consistenza del piatto.

Poi, visto che sul banco del pesce c'era anche la salicornia - più nota come asparago di mare - mi sono accattato anche quella e ci ho fatto una cialda di accompagnamento.

Vista la bontà del gambero rosso, poi, ho deciso per un condimento essenziale, fatto solo con sale marino, pepe bianco, olio extravergine e qualche fogliolina di menta.

Infine, più per guarnizione che altro, la scorza di limone, tagliata alla  julienne e fatta essiccare in forno e qualche dadino di pomodoro Marinda, anch'essi appassiti in forno in modo da esaltarne la dolcezza.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Otto gamberi rossi
  2. Una pesca tabacchiera
  3. Un cucchiaino di pinoli sgusciati
  4. La scorza di un limone
  5. Quattro foglioline di menta
  6. Due etti e mezzo di salicornia
  7. Un pomodoro Marinda
  8. Olio extravergine di oliva
  9. Sale marino
  10. Pepe bianco

Partite con la salicornia, eliminando le parti più dure e poi bollendola in acqua leggermente salata fino a quando non diventerà ben morbida, cosa che dovrebbe richiedere circa una ventina di minuti da quando l'acqua riprenderà il bollore dopo avervi immerso la salicornia.

Tanto che la salicornia va, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando la salicornia è cotta, prelevatela con un mestolo bucato e travasatela nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il suo bel colore verde brillante, poi scolatela e fateli asciugare.

Mettete la salicornia nel bicchiere del frullatore, o nel contenitore di quello ad immersione, insieme a mezzo mestolo della sua acqua di cottura, poi fate andare il frullatore alla massima velocità.

Regolate di sale, valutate se sia il caso di unire altra acqua di cottura per avere la giusta densità, che dovrà essere simile a quella di una passata di pomodoro, e fate nuovamente andare il frullatore per almeno un minuto, in modo da eliminare ogni residuo solido.

Prendete ora una teglia da forno e metteteci un pezzo di carta da forno, poi distribuiteci sopra la salicornia appena frullata, avendo cura che questa formi uno strato di almeno un paio di millimetri di spessore, cosa che vi metterà al riparo dalla formazione di eventuali buchi durante il processo di essiccazione.

Distribuite la salicornia frullata sbattendo delicatamente (scusate l'ossimoro) la teglia sul piano di lavoro o dandogli qualche colpetto sul fondo ed evitate di usare, invece, un cucchiaio, che renderebbe difficile farvi ottenere uno strato di spessore costante.

Infornate a 60° per circa un paio d'ore, controllando ogni tanto e, comunque, tirando fuori la cialda non appena questa sarà diventata croccante. Non abbiate fretta e non alzate la temperatura, dato che la cialda si crea per essiccazione e non per cottura e 60° sono la giusta temperatura per far evaporare l'acqua in modo non traumatico.

Tagliate poi il pomodoro a dadini e mettete anch'esso in una piccola teglia con il solito foglio di carta da forno sul fondo, poi infornate anch'essa, tanto 60° sono una temperatura adatta anche per loro.

Infine il limone, dal quale ricaverete la scorza - solo la parte gialla, mi raccomando - che poi taglierete alla julienne e infornerete esattamente come avete già fatto per salicornia e pomodori, sempre a 60°

In definitiva, quindi, spazio del forno permettendo, avrete tre teglie, tutte con la carta da forno sul fondo, e ciascuna con il suo ingrediente.

Naturalmente controllate ogni tanto, dato che i tempi di essiccazione sono diversi e dovrete essere bravi a togliere i vari ingredienti al momento giusto.

Tanto che il forno fa il suo dovere, pulite poi i gamberi, rimuovendo la testa, il guscio e la coda, ricordando che con le teste, al solito, potete farci un brodetto o una bisque, da usare poi per insaporire qualche altra creazione.

Rimuovete anche il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete i gamberi sul tagliere e, usando un coltello con la lama piuttosto grande e ben affilata e riducete i gamberi in piccoli pezzi, la cui dimensione dipenderà anche dal vostro gusto.

Raccogliete la polpa dei gamberi in una ciotola e conditela con un filo di extravergine, sale integrale macinato al momento, pepe bianco e, per finire, con le foglioline di menta finemente tritate con il coltello.

Date una prima mescolata, poi sbucciate le pesche, tagliatele a fette di circa mezzo centimetro di spessore e poi, ciascuna fetta, in piccoli dadini, realizzando quella che normalmente, e con inutile francesismo, viene chiamato taglio brunoise.

Unite i dadini di pesca nella ciotolina con i gamberi e mescolate nuovamente, poi mettete momentaneamente da parte la tartare e riducete grossolanamente in pezzi i pinoli usando la lama di un grosso coltello. Non unite subito i pinoli alla tartare, cose che farete invece solo al momento dell'impiattamento finale.

Aspettate che tutto ciò che sta in forno sia pronto, poi unite i pinoli alla tartare mescolando nuovamente e procedendo finalmente con l'impiattamento.

Ricavate per prima cosa dalla cialda di salicornia quattro dischi con i quali realizzerete la base dei piatti (se la cialda vi dovesse sembrare troppo croccante, cos che potrebbe rendere difficoltoso il taglio, lasciatela a temperatura ambiente per una quindicina di minuti e vedrete che recupererà quel poco di umidità sufficiente e renderla un pochino elastica e, quindi, tagliabile con facilità).

Mettete le cialde sul fondo dei rispettivi piatti e poi, meglio se con l'aiuto di uno stampo tondo o di un coppapasta, date forma alla tartare, considerandone circa un cucchiaio ben colmo a porzione.

Rimuovete con delicatezza lo stampo e guarnite con la scorza del limone, con la cialda di salicornia rimanente e, infine, con i dadini di pomodoro, facendo poi cadere qualche goccia di olio extravergine su ogni piatto e portando finalmente in tavola.

Buon appetito.

25 luglio 2014

Ravioli liquidi di pesce, con vongole e concassé di pomodoro alla bottarga


Questa ricetta partecipa, nella categoria “Timballo”, al Contest “I Magnifici 6: il contest dell’anno!”, organizzato dall’AIFB - Associazione Italiana Food Blogger.


Che dire, i ravioli - e in generale la pasta ripiena - hanno segnato, piacevolmente, la mia infanzia. Certo, c'erano i soldatini, le partite pomeridiane a pallone, nelle strade allora deserte, la bicicletta; un paio di canali TV che prima delle cinque di pomeriggio nulla trasmettevano se non l'affascinante quanto inquietante monoscopio, ma i ravioli, dite quello che volete, erano i ravioli...

La mia infanzia, appunto. Negli anni 60 questa era scandita, gastronomicamente parlando, dagli spaghetti al pomodoro o al burro e dalla fettina ai ferri con il purè - sorvolo sulle merende, altrimenti mi scendono i lacrimoni a ripensare a quanto semplici e genuine erano - mentre i ravioli, beh, erano una sorta di sogno proibito, che si faceva ricorrente all'avvicinarsi della domenica e ancor più lo era quando si avvicinava il Natale.

Il sogno però non bastava, dato che a quei tempi il mio amore per la cucina non era ancora sbocciato e quindi, se li volevo, 'sti benedetti ravioli, dovevo sperare che la Mamma, la Zia, la Nonna o qualche familiare caritatevole li preparasse, spesso come in una sorta di rito, visto che gli scaffali del supermercato erano molto più vuoti di quanto lo siano oggi e il famoso Cavalier Giovanni ancora non era stato illuminato sulla via di Damasco.

Confesso anche che avevo, a quel tempo, sviluppato una certa abilità nell’indurre sentimenti compassionevoli nelle mamme dei miei amici - ovviamente parlo di quelle mamme più virtuose in cucina - facendomi invitare, con abilità machiavellica, a pranzo o a cena quando subodoravo indizi della presenza del mio amato piatto.

Resta comunque il fatto che, in quei tempi ahimè lontani, la pasta ripiena era sempre e comunque considerata, almeno nella mia famiglia, come un cibo per le grandi occasioni e nemmeno per tutte. Insomma, bisognava sapersela meritare.

Ora, visto che è risaputo che l'infanzia condiziona più o meno inconsciamente ciò che siamo, facciamo e, soprattutto, mangiamo nell'età adulta, avrete già capito che sono cresciuto nel culto del raviolo (per la cronaca, il raviolo è la mia pasta ripiena preferita; i tortellini seguono a ruota; il resto sta nel gruppo, ben distanziato) e, non appena il mio amore per il cibo si è travolgentemente palesato e la mia tecnica lentamente affinata, ho cominciato timorosamente ad avvicinarmi alla loro preparazione, prima con timidezza e poi con una sempre maggiore intraprendenza.

Insomma, forse l'avrete capito, il mio primo amore è stato il raviolo. Punto.

Bene, lascio a malincuore il passato a ciò che fu, rimetto in soffitta l’amarcord e torno al presente, portando però con me quel ricordo che il passato ha segnato e dandogli nuova linfa, anche grazie al Contest, che altro non poteva vedermi partecipare se non nella categoria dove il raviolo è stato collocato (piccola nota per gli organizzatori: sono rimasto profondamente turbato nel non trovare una categoria esplicitamente dedicata al raviolo; credevo - e credo tutt’ora - nella sua universalità, nell’essere ciò da cui tutto è partito, e il vederlo inserito quasi a margine della categoria “Timballo” mi ha causato un piccolo scompenso emotivo; ma sono forte e, pur sapendo che la storia non è dalla mia parte, mi sono ripreso e con sempre maggiore determinazione sarò il paladino della sua rinascita).

Allora, cercando di non perdermi in labirinti semantici (troppo tardi, diranno alcuni), torno a bomba sulla ricetta, parlandovi di ciò che ho preparato, che altro non potevano che essere dei ravioli, questa volta riempiti con un ripieno liquido a base di brodo di pesce ben concentrato, per dei ravioli che quindi andranno mangiati in un sol boccone.

I ravioli li ho fatti usando la classica semola di grano duro rimacinata e un buon numero di uova, dato che mi serviva una pasta molto elastica, da poter tirare molto sottilmente data la delicatezza del loro ripieno, che non deve rischiare di essere sovrastato dalla pasta, con il risultato di percepire al gusto solamente quest’ultima.

Per la scelta del condimento, poi, visto che siamo nel cuore del Mediterraneo e ambasciatori della sua famosa dieta, non potevo che lasciarmi guidare dal suo spirito, scegliendo in primis il pomodoro, che oramai, mettendo da parte le teorie che ne collocano la nascita in quello o quell’altro paese, ci rappresenta nel mondo.

Poi, come secondo e terzo ingrediente, rispettivamente, le vongole, che non solo sono mediterranee, ma nel mediterraneo ci vivono e ci vengono allevate e la bottarga di muggine, una delle cose di mare più buone che abbia mai mangiato.

Pomodori, vongole e bottarga che ho poi fatto sposare (la gastronomia è ovviamente poligama, si sa), dato che con i primi ci ho fatto una concassé, poi insaporita con l'acqua delle vongole e con un poco della bottarga grattugiata al momento.

Un condimento, comunque, mantenuto volutamente minimale e piuttosto asciutto, visto che l'intento è stato quello di dare ampio risalto al cuore dei ravioli, il cui sapore, nelle intenzioni, deve prevalere in modo netto.

Insomma, una ricetta con ingredienti semplici e altrettanto semplicemente preparata, visto che ritengo la Dieta Mediterranea, non un modo di mangiare, quanto piuttosto un modo di essere, una sorta di status ontologico per chi ha la fortuna di vivere in una zona così ricca di prodotti e di tradizioni.

Un dieta - ma questo termine non gli rende giustizia - che si fonda sull’attenzione al territorio e alla stagionalità, dove gli ingredienti si valorizzano per quello che sono, senza la necessità di preparazioni complesse e con cotture essenziali.

Un modo di essere che suggerisce curiosità su ciò che il territorio ci dona e su quando ce lo dona, senza forzature; un modo di essere che dovrebbe spingerci alla varietà e all’improvvisazione, piuttosto che alla pianificazione; un modo di essere che dovrebbe suggerisci di cucinare secondo il principio di quello che trovo, qui e ora.

Insomma, che sia la natura a guidarci e non il viceversa.

Bene, concludo la premessa e le divagazioni esistenziali dicendovi che, per la preparazione, vi saranno indispensabili degli stampi in silicone per cioccolatini, che vi consentiranno di congelare il ripieno in modo da portarlo allo stato solido, necessario per poterci poi comporre i ravioli.

Altrettanto fondamentale sarà poi un discreto assortimento di stampi circolari, che userete per dare la giusta forma ai ravioli.

Ingredienti (per 4/6 persone)

Per i ravioli
  1. Tre etti di semola di grano duro rimacinata
  2. Due uova intere
  3. Quattro tuorli
  4. Brodo di pesce (vedi dopo)
Per il condimento
  1. Quattro pomodori San Marzano
  2. Mezzo chilo di vongole
  3. Un cucchiaino di bottarga di muggine grattugiata
  4. Uno spicchio d'aglio
  5. Un bel ciuffo di prezzemolo
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe bianco

Piccola premessa sulla vongole, per le quali valutate se sia necessario o meno spurgarle - se sono quelle di allevamento, come oramai accade, normalmente vengono già spurgate all'origine - e nel caso mettetele in acqua e sale per circa un’oretta, facendo ovviamente i calcoli in modo che lo spurgo termini con un minimo di anticipo rispetto al momento in cui sarete pronti per preparare il condimento.

Bene, esaurita la premessa, partite ovviamente con il brodo di pesce che, dovendolo surgelare, potrete preparare con largo anticipo, anche di giorni.

Nel mio caso ho usato solamente gli scarti e, in particolare, quelli di un paio di marmore che avevo usato per un carpaccio e quelli di un tombarello, usato invece per un ragù. Naturalmente non esiste una regola fissa e voi potete usare ciò che preferite, che siano scarti o pesci interi.

In ogni caso, scelto che avrete il pesce, mettetelo in una pentola e copritelo con un litro abbondante di acqua fredda, poi aggiungete la carota e la cipolla - personalmente non amo il sedano, ma voi sentitevi libero di usarlo - e portate sul fuoco.

Portate a bollore leggero, poi fate andare fino a quando il liquido non si sarà ridotto almeno della metà, in modo da ottenere un brodo ben concentrato, quasi gelatinoso quando freddo, che salerete solo verso la fine della cottura, in modo da equilibrare la sapidità naturale del pesce che avete utilizzato.

Fate la prima mezz’ora della cottura con il coperchio, poi toglietelo in modo da facilitare la riduzione del brodo.

Quando il brodo è pronto, spegnete la fiamma e fatelo freddare a temperatura ambiente, poi versatelo delicatamente negli stampini in silicone - se avete un biberon vedrete che la cosa sarà piuttosto semplice e senza sversamenti - scegliendo possibilmente quelli i cui incavi hanno una forma a cupola, senza disegni o decorazioni e poggiandoli su una piccola teglia, che possa ovviamente entrare nel vostro freezer e che vi consentirà di spostare gli stampi senza pericoli.

Mettete gli stampi nel freezer - se poi avete l’abbattitore, meglio ancora - e lasciateceli fin tanto che sarete pronti per assemblare i ravioli.

Dedicatevi ad altro, rilassatevi, modificate il vostro stato su Facebook e, quando è il momento, dedicatevi alla preparazione della pasta, usando l’impastatrice o le braccia, a secondo delle vostre inclinazioni e del vostro atletismo (le mie sono ovviamente votate alla pigrizia, per cui impastatrice per tutta la vita).

Mettete allora la semola nel recipiente dell’impastatrice o sul piano di lavoro, aggiungete le uova - le dosi indicate dovrebbero andar bene, ma ricordatevi che molto dipende anche dalla qualità della semola, dall’umidità e dalla dimensione delle uova - e cominciate ad impastare, fino ad ottenere la classica palla, che lavorerete complessivamente per almeno una decina di minuti.

Mettete la palla sotto una ciotola rovesciata e lasciatela riposare per una mezz’ora, poi cominciate a stenderla, ancora una volta a mano o con la macchina, fermandovi ad uno spessore piuttosto sottile, dato che la natura del ripieno richiede, come già vi ho detto, una sfoglia leggera, che non ne ricopra il sapore.

Prima di proseguire, ricordatevi che state lavorando con un ripieno naturalmente liquido, per cui lavorate pochi ravioli alla volta - io ho scelto sei come numero magico - rimettendo ogni volta il ripieno nel freezer, per tirarlo fuori solo quando siete pronti con l’assemblaggio.

Prendete due stampi circolari, uno dei quali con diametro maggiore dell’altro - indicativamente direi, rispettivamente, otto e sei centimetri - e cominciate a ricavare i dischi che formeranno i ravioli: quello di minore diametro per la base e quello maggiore per la copertura, che dovrà seguire il profilo del ripieno, motivo della necessità di averlo di diametro maggiore.

Ordinate il primo set di dischi sul piano di lavoro, in modo da avere su una fila le basi e sull’altra la copertura, poi tirate fuori dal freezer gli stampi con il ripieno ed estraete quest’ultimo dagli alloggiamenti, ovviamente in numero pari a quello dei ravioli che state preparando, rimettendo poi il ripieno nel freezer e tenendo le piccole cupole a portata di mano.

Usando un pennellino o le dita, inumidite leggermente le basi dei ravioli - inumidite solo al momento di comporre i ravioli, altrimenti l’acqua avrà tutto il tempo di essere assorbita dalla pasta o di evaporare - poi deponete il ripieno al centro di ciascuna base e poggiateci sopra il disco di copertura.

Fate seguire al disco superiore il profilo del ripieno, procedendo gradualmente in modo da consentire all’aria di uscire - l’aria si espande con il calore, per cui se ne rimanesse intrappolata troppa, il raviolo potrebbe rompersi durante la cottura - fino a chiudere completamente il raviolo.

Prendete ora uno stampo circolare che abbia un diametro di poco maggiore di quello della cupola del raviolo e, usandolo capovolto, cioè con il bordo tagliente rivolto verso l’alto, calatelo sul raviolo, in modo che la cupola ne sia racchiusa, premendo poi molto delicatamente in modo da creare una zona di sigillatura tra la copertura del raviolo e la sua base. Non esercitate troppa pressione, altrimenti taglierete la pasta.

Prendete infine un altro stampo, di diametro maggiore di quello appena usato e, calandolo esattamente come avete appena fatto, ma questa volta con la parte tagliente rivolta in basso, date la forma finale al raviolo.

Fate un ultimo controllo sul raviolo, verificando che sia ben chiuso, poi procedete con gli altri fino ad esaurire il ripieno. Naturalmente, man mano che create i ravioli, rimetteteli immediatamente nel freezer, in modo da mantenere solido il loro ripieno, ricordando che non c’è alcun problema nel cuocerli direttamente da surgelati.

Il procedimento sembra lungo e noioso, ma vedrete che dopo averci preso la mano, procederete molto più speditamente rispetto a fare i ravioli nel modo tradizionale, con due fogli di pasta grandi, con il ripieno posto ad intervalli regolari e usando poi la classica rotella per dargli la forma.

Naturalmente, visto che i ravioli riposano nel freezer e analogamente alla considerazione fatta sul brodo, potrete prepararli in anticipo o in quantità maggiore di quella richiesta, dato che la bassa temperatura li farà mantenere in salute piuttosto a lungo.

Quando siete pronti per la cottura, mettete l’acqua per i ravioli sul fuoco - che sia abbondante, mi raccomando - e, tanto che questa raggiunge il bollore, procedete con la preparazione del condimento.

Per prima cosa dedicatevi alla concassé di pomodori, tuffandoli in acqua bollente per circa un minuto e poi in acqua ghiacciata, in modo da sollevarne la pelle e poterla togliere in modo agevole.

Tagliate ogni pomodoro in quattro spicchi, poi rimuovete la parte acquosa e i semi, quindi tagliate ancora ogni spicchio in spicchi più sottili, direi di circa un centimetro di larghezza, e finalmente ogni spicchio in piccoli quadratini, esattamente come appunto si fa per la concassé.

Mettete i cubetti di pomodoro in un colino, in modo che l’acqua rilasciata possa colar via e passate alle vongole, prendendo un'ampia padella, dove poi unirete anche i ravioli per farli insaporire nel loro condimento, ungendola con sei cucchiai d'olio extravergine ed unendovi l'aglio, in camicia e leggermente schiacciato, e i gambi del prezzemolo.

Portate sul fuoco, a fiamma media, e fate andare fino a quando l'aglio non sarà ben dorato, poi toglietelo e togliete anche il prezzemolo.

Alzate la fiamma al massimo e portate la temperatura dell'olio ancora un po' in alto, poi unite le vongole, aggiungete rapidamente mezzo mestolo di acqua e coprite con il coperchio.

Vedrete che l'aggiunta dell'acqua nella padella bollente creerà una nuvola di vapore, che intrappolata dal coperchio agevolerà l'apertura delle vongole in tempi brevi.

Mi raccomando, non tenete troppo tempo la padella sul fuoco, con l'intenzione di far aprire fino all'ultima vongola, con il rischio di far stracuocere quelle già aperte solo per averne qualcuna in più da mangiare.

Quando le vongole sono aperte, spegnete, togliete il coperchio e travasate le vongole in una ciotola, poi filtrate il loro liquido di cottura, cosa che potrete fare versandolo lentamente in un altro recipiente, facendo attenzione che l'eventuale residuo sabbioso resti nella padella, oppure facendolo passare attraverso un tovagliolo di stoffa, che avrete messo sopra ad una ciotola e fermato con un elastico.

Ripeto, entrambi i modi vanno bene, e la scelta dipende da quanta sabbia riuscite a vedere e di come vi sentite più a vostro agio.

Quando il liquido sarà filtrato, rimettetelo nella padella, che avrete pulito in modo sommario, aggiungete un paio di cucchiai d’olio extravergine e portate sul fuoco, a fiamma media.

Fate restringere il fondo fatto con l’acqua delle vongole - il condimento finale dovrà essere piuttosto denso - quindi unite i cubetti di pomodoro, valutando se salarli o meno in base alla sapidità del fondo, pepateli leggermente e fateli saltare a fiamma vivace per un paio di minuti, quindi unite anche la bottarga, grattugiandola al momento, spegnete la fiamma e mescolate per benino, tenendo poi al calduccio con il coperchio.

Tornate all’acqua di cottura e, quando è a bollore, tuffateci delicatamente (scusate l’ossimoro) i ravioli, prendendoli direttamente dal freezer e facendoli cuocere per il loro tempo - una buona regola è quella di aggiungere nella pentola un pezzo di pasta avanzato e assaggiarlo per poter valutare lo stato di cottura - quindi scolateli pochi alla volta usando un mestolo bucato e travasateli delicatamente nella padella con il condimento, sotto la quale avrete acceso la fiamma regolandola al livello medio.

Muovete delicatamente la padella in modo che i ravioli possano bagnarsi del loro condimento - ricordate che i ravioli sono delicati e se si rompono tutto il loro ripieno colerà di fuori - quindi spegnete e procedete rapidamente con l’impiattamento.

Disponete i ravioli nella configurazione che preferite, facendo poi colare su ciascuno di essi un poco del condimento e disponendo qualche vongola nel piatto - quelle in avanzo mangiatevele pure lì in piedi, in cucina, senza alcun rimorso - quindi guarnite come più vi piace.

Portate in tavola, ricordando che questi ravioli vanno mangiati rigorosamente con il cucchiaio, in un solo boccone, visto che evidentemente non potrete certo tagliarli data la natura del loro ripieno.

Buon appetito.

23 luglio 2014

Le mie ricette - Zuppa di orzo perlato, telline e asparagi



Le telline mi evocano sempre ricordi d’infanzia, quando sulla spiaggia passava il tellinaro che, in coppia con l’uomo del cocco - cocco fresco, cocco bello - dava il via definitivo alle vacanze estive.

Per molto tempo le telline sono cadute nell’oblio e solo recentemente - forse i nostri mari non stanno poi così male - hanno cominciato a fare nuovamente capolino sui banchi del pesce, cosa che spero le porti a quel recupero di dignità nei confronti delle oramai onnipresenti vongole veraci, che per la cronaca sono oramai tutte di allevamento.

Bene, rigurgiti nostalgici a parte, questa volta le ho usate per una zuppa, abbinandole all’orzo perlato, che adoro, e agli asparagi, fatti cuocere direttamente nella zuppa, in modo da non disperdere nulla del loro sapore.

La cottura dell’orzo l’ho fatta in due tempi: prima la classica bollitura in acqua e poi il passaggio finale nel liquido delle telline, che ho reso leggermente più abbondante con un brodo di pesce leggero, fatto con gli avanzi di un paio di marmore che avevo usato per questa ricetta, ma che voi potete tranquillamente eliminare.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Tre etti di orzo perlato
  2. Un chilo di telline
  3. Un mazzo di asparagi
  4. Un mestolo di brodo di pesce leggero (vedi sopra)
  5. Un bel ciuffo di prezzemolo
  6. Due spicchi d'aglio
  7. Un pezzetto di peperoncino
  8. Olio extravergine d’oliva
  9. Sale e pepe

Per prima cosa spurgate le telline, mettendole in una capiente ciotola - va bene anche usare la vasca del lavandino - coprendole con abbondante acqua salata, nella dose di un cucchiaio di sale grosso per ogni litro di acqua, lasciandole lì almeno per un paio d’ore.

Nel frattempo, e se avete deciso di usarlo, preparate un brodo di pesce leggero - io l’ho fatto usando solo gli scarti del pesce, senza aggiungere verdure - mettendo ciò che avete deciso di usare in una casseruola, dove aggiungerete circa un litro di acqua fredda, non salata.

Portate sul fuoco e, da quando l’acqua raggiunge il bollore, fate andare per una mezz’ora, poi spegnete, fate intiepidire e infine filtrate il brodo e tenetelo da parte.

Mettete sul fuoco una pentola con abbondante acqua leggermente salata - ricordatevi che il liquido rilasciato dalle telline è già ben sapido di suo - e quando raggiunge il bollore unite l’orzo e fatelo cuocere fino a quando sarà al dente - una mezz’ora di tempo dovrebbe essere sufficiente - ricordando che poi ci sarà una seconda e breve cottura nel liquido delle telline ed eventualmente nel brodo di pesce.

Tanto che l’orzo si cuoce, pulite gli asparagi e tagliateli in pezzi di circa un centimetro di lunghezza, fermandovi quando raggiungete la parte più dura del gambo.

Se volete potete tenere da parte qualche punta, da usare come guarnizione e che bollirete per non più di quattro minuti in acqua leggermente salata, tuffandole poi in acqua ghiacciata per raffreddarle e mantenere il loro bel colore verde.

Tornate alle telline e, trascorso il tempo dello spurgo, prendete un'ampia padella, ungetela con quattro cucchiai d'olio extravergine, aggiungeteci gli spicchi d’aglio sbucciati e leggermente schiacciati, il peperoncino e i gambi del prezzemolo, poi portatela sul fuoco, a fiamma media.

Fate scaldare l’olio e dorare l’aglio, quindi toglietelo, insieme ai gambi del prezzemolo e al peperoncino, poi unite le telline, alzate la fiamma al massimo e aggiungete rapidamente mezzo mestolo di acqua, quindi coprite con il coperchio.

Vedrete che l'aggiunta dell'acqua nella padella bollente creerà una nuvola di vapore, che intrappolata dal coperchio, agevolerà l'apertura delle telline in tempi brevi, preservando il mollusco da una cottura eccessiva.

Mi raccomando, non tenete troppo tempo la padella sul fuoco, con l'intenzione di far aprire fino all'ultima tellina, con il rischio di far stracuocere quelle già aperte solo per averne qualcuna in più da mangiare.

Quando le telline sono aperte, spegnete, togliete il coperchio e travasatele in una ciotola, poi filtrate il loro liquido di cottura, cosa che potrete fare versandolo lentamente in un altro recipiente, facendo attenzione che l'eventuale residuo sabbioso resti nella padella, oppure facendolo passare attraverso un tovagliolo di stoffa, che avrete messo sopra ad una ciotola e fermato con un elastico.

Ripeto, entrambi i modi vanno bene, e la scelta dipende da quanta sabbia riuscite a vedere e di come vi sentite più a vostro agio.

Pulite sommariamente la padella, aggiungeteci un alto paio di cucchiai d’olio e tenetela a portata di mano, per la seconda fase della cottura dell’orzo.

Sempre in attesa della cottura dell’orzo, separate il mollusco dal suo guscio - lo so, è una operazione piuttosto noiosa e lunga, data la dimensione delle telline -  raccogliendole in un’altra ciotola, lasciando comunque un po’ di telline intere, in modo da poterle usare per guarnire il piatto.

Nel caso vi accorgeste che i molluschi contengano ancora un po’ di sabbia, il modo migliore per eliminarla è immergerli nel liquido delle telline, lasciarli lì qualche minuto, in modo che la sabbia si possa depositare sul fondo, poi toglierli con delicatezza e filtrare nuovamente il liquido.

Quando mancano un paio di minuti alla fine della prima fase della cottura dell’orzo, riportate la padella sul fuoco, a fiamma media, e quando l’olio è caldo, unite il liquido delle telline, un mestolo del bordo di pesce, se lo avete preparato, quindi unite l’orzo, prelevandolo direttamente con un mestolo bucato dalla pentola dove sta cuocendo.

Fate riprendere il bollore, quindi unite gli asparagi e proseguite la cottura per circa cinque minuti, in modo da dare tempo agli asparagi di cuocersi, rimanendo comunque duretti, e far restringere leggermente il fondo, in modo da ottenere una zuppa piuttosto densa.

Naturalmente, se invece la zuppa vi piacesse invece più liquida, potete regolarne la densità aggiungendo altro brodo o, se non lo avete, un poco dell’acqua di cottura dell’orzo.

Spegnete, date una abbondante macinata di pepe, aggiungete se vi ci piace un cucchiaio di prezzemolo tritato - io, per la cronaca, non l’ho fatto - mescolando poi il tutto.

Impiattate, guarnendo usando le telline tenute intere ed eventualmente le punte degli asparagi, dando su ogni piatto un giro d’olio extravergine a crudo.

Portate in tavola e buon appetito.

21 luglio 2014

Le mie ricette - Mezzi paccheri con crema di zucchine, stracchino, pinoli tostati e pomodorini disidratati



Tutto nacque da una esplorazione del frigorifero, prodromica alla sua pulizia, che mi fece scoprire alcune zucchine romanesche avanzate e uno stracchino prossimo al suo fine vita.

Lungi da me la seppur vaga idea di buttare via qualcosa, ho deciso per la loro immolazione, combinandoli come condimento per la pasta, con le zucchine ridotte in crema, con l'aggiunta del basilico, e lo stracchino a donare quella leggera nota di acidità e rendere ancora più cremoso il tutto.

A completamento del condimento, un poco di pinoli tostati in padella e dei pomodorini ciliegino disidratati in forno, in modo da accentuarne ancora di più il sapore.

Per finire il parmigiano reggiano, grattugiato piuttosto grossolanamente e unito solo al momento di servire.

La pasta è ancora una volta quella del Pastificio Lagano, un pastificio romano, recentemente scoperto, che mi ha decisamente colpito per la qualità del prodotto.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di mezzi paccheri
  2. Quattro zucchine romanesche
  3. Una trentina di pomodorini ciliegino
  4. Un etto e mezzo di stracchino
  5. Due cucchiai di pinoli sgusciati
  6. Quattro cucchiai ben colmi di parmigiano reggiano grattugiato
  7. Una decina di foglie di basilico
  8. Olio extravergine di oliva
  9. Sale e pepe

Partite senza dubbio con la disidratazione dei pomodorini, che laverete e taglierete a metà, senza eliminare i semi dato che questi non disturbano più di tanto, considerando anche che i pomodorini non verranno frullati, cosa che estrarrebbe dai semi un poco di amaro.

Disponete i pomodorini in una teglia sulla quale avrete messo un foglio di carta da forno, quindi salateli leggermente e aggiungete anche un po' di zucchero, fatto cadere a pioggia, che aiuterà ad esaltare la loro dolcezza, riducendo al contempo la loro componente acida.

Infornate a 90° per circa un'ora e mezza, e comunque fino a quando i pomodorini non risulteranno raggrinziti, segno che l'acqua contenuta al loro interno è in parte evaporata, momento in cui li tirerete fuori dal forno per farli freddare.

Tanto che i pomodorini sono in forno, dedicatevi alla preparazione della crema di zucchine, pulendole, tagliandole grossolanamente e mettendole in un pentolino, insieme a due cucchiai di olio extravergine e quattro di acqua, poi salate e pepate e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, facendo cuocere fino a quando le zucchine non saranno ben morbide e con un residuo di fondo di cottura, che vi servirà per regolare la densità della crema.

Quando le zucchine sono pronte, travasatele nel frullatore o usate quello a immersione, unite il basilico e fate andare alla massima velocità, in modo da ottenere una crema fluida e senza residui solidi.

Il fondo di cottura residuo e la struttura della polpa delle zucchine dovrebbero essere sufficienti a darvi una crema piuttosto fluida, simile per densità a quella di un passato di verdure. Se così non fosse, regolatela al giusto livello, aggiungendo altra acqua nel caso fosse troppo densa o riportandola sul fuoco se fosse troppo liquida.

Se usate il frullatore ad immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria alla crema, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere la pasta per la mantecatura finale, travasateci la crema di zucchine e riportatela sul fuoco, a fiamma bassa.

Quando la crema è calda, unite lo stracchino e, aiutandovi con un cucchiaio di legno, fatelo sciogliere in modo che possa incorporarsi alle zucchine, quindi spegnete e tenete al calduccio, con il coperchio.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta, ripassando nel caso la teoria, poi salatela, portatela sul fuoco e, quando bolle, buttate la pasta, facendola cuocere, ma mantenendola al dente.

Mentre la pasta cuoce, grattugiate grossolanamente il parmigiano reggiano, raccogliendolo in una ciotolina e, se volete, unendo anche una generosa macinata di pepe nero, nel qual caso mescolerete per armonizzarlo con il parmigiano.

A pochi minuti dalla fine della cottura della pasta, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale, anche se in questo caso, data la presenza di un condimento molto cremoso, la quantità richiesta dovrebbe essere minima se non nulla.

Quando la pasta è cotta, scolatela, lasciandola umida, e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, quindi riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo gradualmente l'acqua di cottura messa da parte nel caso riteneste debba servire.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Spegnete, unite i pomodorini e i pinoli e date una veloce mescolata in modo da distribuirli in modo omogeneo. Come ho detto nella premessa, io ho unito il parmigiano solo al momento dell'impiattamento; voi regolatevi secondo il vostro gusto, ad esempio unendo metà del parmigiano durane la mantecatura e il rimanente dopo aver fatto le singole porzioni.

Impiattate rapidamente, distribuite il parmigiano sopra ciascuna porzione, guarnite come più vi aggrada e portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: oggi suggerisco uno Chardonnay del Collio di Livio Felluga, particolarmente adatto, secondo me, ad accompagnare primi piatti estivi e vegetali come questo