30 maggio 2012

I miei dolci - Triade di crostatine


Ecco, ci sono cascato di nuovo. 

Devo essere vittima di un sortilegio, che fa si che ogni volta che preparo un dolce, mi avanzino sempre alcuni degli ingredienti, con i quali, mio malgrado, ve lo giuro, sono costretto, per non buttarli, a farci qualcosa.

Il mago cattivo, peraltro, deve ssere stato, in una sua vita precedente, un pasticcere, dato che questo accade quasi sempre quando preparo la pasta frolla o la crema pasticcera.

Tempo fa avevo fatto una parata di crostatine e oggi, con un po' di irriverenza, ho preparato invece una triade di crostatine (per i romani spero sia chiaro il riferimento alla Triade Capitolina, formata da Giove, Giunone e Minerva - da qui l'irriverenza).

Ingredienti
  1. Pasta frolla (qui la mia ricetta)
  2. Marmellata di arancia
  3. Marmellata di visciole
  4. Fichi secchi
  5. Mandorle tritate
  6. Noci tritate
  7. Nutella
  8. Zucchero a velo
A parte gli ingredienti di base, cioè le pasta frolla, potete ovviamente usare quello che avete o quello che vi piace, come marmellate di altro tipo e creme varie.

In ogni caso, prima di lasciare briglia sciolta alla vostra vena creativa, prendete degli stampini piccolini, imburrateli ed infarinateli, togliendo la farina in eccesso e foderateli con la pasta frolla, rifilando per benino i bordi.

Fate cuocere in forno a 180° per una ventina di minuti e, comunque, fino a che la frolla avrà assunto un bel colore dorato.

Tanto che le crostatine cuociono, montate la panna, aggiungendo due cucchiaini scarsi di zucchero per ogni 250 ml di panna.

Spegnete, togliete dal forno e fate freddare, poi togliete delicatamente le crostatine dagli stampi (basta girarli, tenendoli con una mano e con l'altra dare un paio di colpettini sul fondo).

Mettete le crostatine in un piatto e partite in tromba con la farcitura

Quelle che vedete in foto sono state fatte con (dall'alto, in senso orario):
  1. Mandorle tritate grossolanamente, sul fondo, e marmellata di arancia a coprire
  2. Fichi secchi tagliati a fettine, sul fondo, e sopra la Nutella
  3. Noci tritate finemente, sul fondo, e marmellata di visciole a coprire
Finito il riempimento, date una spolverata con lo zucchero a velo e fateci una bella merenda.

So’ tutto ‘n friccicore...



Disse er carciofo quando lo immersero nell’olio bollente...

Non so voi, ma io ho un debole per il fritto. E non sto parlando solo gastronomicamente, alla faccia di Monsignor Colesterolo, ma per l’insieme, per l’armonia, per i suoni, gli odori, ... insomma, sono per l’olismo della frittura.

Il fritto trascende la somma delle sue parti !

Lo sfrigolare che a volte si ode provenire da una finestra aperta, mentre si passeggia beatamente in una Roma sorniona e assolata, è stato dimostrato avere un potere di seduzione di gran lunga superiore a quello dei migliori feromoni che mai possiate desiderare di avere.

E se è vero, come disse Antoine Lavoisier, che “nulla si crea e nulla si distrugge”, io posso umilmente aggiungere che “tutto si può friggere”, conclusione peraltro già anticipata, in modo nascosto ma geniale, dal caro Antoine, quando concluse il suo celebre detto con “tutto si trasforma, meglio se con croccantezza” (per quelli che non si ritrovano con la parte finale di questa conclusione di Antoine, posso confermare che recenti studi ermeneutici, condotti sui suoi scritti originali, hanno in realtà confermato come fosse proprio questo il suo intento – maggiori dettagli li potrete trovare nello studio completo, di prossima pubblicazione su Scientific American, che avrà per titolo “Frying revealed – A quantistic approach to the fried artichoks”).

Avete presente quei CD di musica d’ambiente, che vi consentono di sentire, che so, “il rumore di una cascata nel sottobosco”, “il ronfare del leone nella giungla”, “il brusio cacofonico e privo di struttura di una qualsiasi assemblea del Governo Italiano”, “il suono dei vostri euro che cadono nella cassa del negoziante che vi ha rifilato il CD di musica d’ambiente” ?

Avete presente ?  Bene, sappiate che io mi sono fatto masterizzare un CD con “lo sfrigolare del carciofo pastellato che gongola nell’olio”. Mirabile esempio di musica avanguardista, che presto – ne sono sicuro – consentirà finalmente di rivalutare, ahimè in peggio, il reale contributo musiografico di soggetti come Pupo o i Jalisse (a proposito, se volete ho anche la versione Karaoke, che vi permette di sfrigolare con la bocca su una base di puro silenzio).

Bene, con la certezza che abbiate capito le mie ragioni, le mie emozioni e i miei disturbi cognitivi, passiamo ad un po’ di fastidosia teoria.

Prima regola, fondamentale e da imparare a memoria e recitare prima di andare a ninna: la temperatura dell'olio, pesante un po', non è calda o fredda, ma si distribuisce in modo continuo tra questi due valori.

Seconda regola: ogni olio ha il suo punto di fumo, temperatura alla quale l'olio comincia a decomporsi, cosa che ha, al di la di tutte le menate chimiche, con parole di difficile pronuncia anche per un fine dicitore, e le implicazioni sulle salute, inclusa la morte certa, un effetto sul suo sapore e, cosa più importante, vi brucia al volo qualsiasi cosa ci mettiate dentro.

Tanto per non smentire il detto che ognuno crede di possedere la verità assoluta, è interessante notare che, se vi fate un giretto per la rete, trovate valori del punto di fumo che variano come variavano le stagioni che, oramai, lo sapete, non ci sono più.

Diciamo che è più o meno accettato il fatto che, tra gli oli, il punto di fumo più elevato è per l'olio di oliva, circa 210°, al quale segue l'olio di arachidi con 180°. Tutto il resto, come diceva Califano, è noia.

Tornando alla temperatura per la frittura, sappiate anche che ogni tipo di frittura vuole la sua e che se friggete un supplì a 180° ve lo ritroverete bruciato fuori e freddo dentro (per non parlare dei supplì surgelati, che se fritti ad minchiam ci potete infilare uno stecco e leccarveli come un cremino), mentre se friggete una patatina a 140° vi ritroverete con una cosa moscia in mano (per molti maschietti questa non sarà una novità).

Mai scendere comunque sotto i 140°, altrimenti l’olio non riesce a creare quella barriera crostosa che impedisce a ciò che viene fritto di assorbirlo. Risultato: un fritto moscio che, quando lo addentate, trasuderà olio nello stesso modo in cui una bomba alla crema trasuda il suo gustoso ripieno.

Piccola appendice: potete anche friggere con lo strutto (se riuscite a trovarlo) o con il burro, ma quest'ultimo dovete prima chiarificarlo (procedimento lunghetto e noiosetto), in modo da eliminare la caseina e l'acqua. Personalmente non lo faccio, primo perché non mi va di mortificare il burro per il solo gusto di trovare un'alternativa all'olio, secondo perché lo strutto è un retaggio del passato, quando costituiva una alternativa economica all'olio e ad oggi non trovo un solo motivo per tornare ad usarlo (se non quello di darsi un po' di aria da snob).

Terza regola: benché, ne sono sicuro, in ognuno di noi alberga la convinzione di saper misurare ogni cosa con un semplice sguardo - "ma come stai bene ! Sei dimagrita ! Peserai si e no 50 chili! Veramente ne faccio 120"; "dai, non fa così caldo, saranno al massimo 25°. Veramente il termometro dice 40"; "di che segno sei ? Ariete ? L'avrei detto. Veramente era una burla, sono dei pesci. Ah, ma guarda che l'avevo capito, sei proprio un pesce. Veramente era un'altra burla, sono dei gemelli" - vi consiglio caldamente di acquistare l'apposito termometro, che vi portate a casa con una quindicina di euro e che vi permette di evitare, quasi fosse una prova di iniziazione, di misurare l'olio immergendoci il dito e poi, dopo aver mormorato a denti stretti "ancora un minutino", fuggire nel bagno per ululare come Fantozzi (se proprio volete farlo, allora almeno pastellatevi il dito prima di immergerlo, così se non altro, avrete un antipasto in più)

Quarta regola: la lacrima d’olio andrà bene condire l’erba (per capirci, quella che qualcuno chiama insalata), ma mal si addice alla frittura, che vuole una quantità d’olio sufficiente ad ricoprire ciò che viene fritto e, per gli alimenti che galleggiano, una quantità sufficiente a ricoprirli per metà, in modo che una sola girata riuscite a friggerli in modo uniforme.

Quinta regola: mai avere fretta e friggere poco alla volta. Se avete una vasca piccina piccina e vi preparate un bagno caldo, magari senza neanche riempire la vasca, dopo poco che vi siete immersi avrete già freddo. Il motivo è che, ovviamente, un corpo freddo, immerso in un liquido caldo, tenderà ad equilibrare la temperatura complessiva del sistema corpo-liquido (qui si potrebbe aprire una interessante analisi su quelli che d’estate, con 40° di temperatura all’esterno, aprono le finestre di casa per “rinfrescare”, nella pia illusione che sia il fresco della casa a raffreddare il globo terracqueo e non il viceversa).

In altre parole, quindi, se figgete troppe cose insieme, la loro temperatura tenderà ad abbassare quella dell’olio, vanificando tutta l’accortezza e la precisione che avrete messo nel portarlo alla giusta temperatura.

Sesta regola: a meno che non vogliate dar vita ad una manifestazione di fuochi pirotecnici nella vostra cucina, asciugate sempre per bene gli alimenti prima di friggerli, soprattutto se lo fate senza panatura o pastella. Se non lo fate, la reazione dell'acqua a contatto con l'olio bollente sarà per voi un ricordo indelebile, che vi accompagnerà lungo il restante cammino e, se proprio avete culo, diventerà una nemesi per i vostri discendenti.

Settima regola: pastellare solo al momento di friggere, soprattutto quando la frittura è con panatura di farina. Se avete fretta e non controllate la vostra ansia, correte il rischio di rovinare il tutto, per il semplice fatto che lasciate il tempo a ciò che friggerete di trasferire la propria umidità all'impanatura. Questo è particolarmente vero per le panature a base di sola farina, che ha un forte potere assorbente e che, se lo lasciate a contatto con una verdura, tanto per fare un esempio, ve la ritroverete completamente umida dopo pochi minuti, con risultati che non voglio nemmeno pensare quando immergerete il tutto nell'olio bollente.

Ottava regola: la pastellatura e l'impanatura sono un vestito leggero e non una pesante corazza e il loro scopo è creare quella leggera barriera croccante, che si frappone fra le vostre papille gustative ed i sapori che vi attendono al di la di essa.

Dovreste aver capito cosa intendo, se avete mai avuto la malaugurata idea di prendere un fiore di zucca fritto in una di quelle pizzerie che sembrano oramai essere, almeno per i fritti, una sorta di punti in franchising di una non meglio identificata "rinomata ditta di produzione di involucri di fritti", tanta è la pastella intorno, che per scoprire cosa ci sia dentro sembra sia più adatta una trivella oceanica piuttosto che coltello e forchetta.

Nona regola: disporre gli alimenti fritti su un piatto, senza cedere alla tentazione di creare modelli tridimensionali accatastando le cose fritte in forme che sfidino i principi elementari della fisica. Se lo fate, i fritti che sono sotto agli altri saranno rovinati dall'umidità generata dal calore residuo, che non potrà sfuggir via proprio per effetto della vostra vena architettonica.

Decima regola: salare gli alimenti fritti all'ultimo momento, proprio mentre li state portando in tavola. Se lo fate con troppo anticipo, o addirittura prima di friggerli, rischiate di pregiudicare la croccantezza del tutto.

Bene, dopo tutto 'sto sproloquio, del quale spero abbiate apprezzato il numero dieci, che riporta le regole della frittura, o meglio il loro non rispetto, a ben più note e famose decine, credo siate pronti per appuntarvi sul petto, fieri e vanagloriosi, la coccarda di "Mastro friggitore", titolo forse oramai desueto, ma che ancora gode di un certo fascino.

29 maggio 2012

Le mie ricette - Ravioli di patate e coda di rospo, con pomodorini e basilico


Vabbé, è oramai conclamato che mi piace fare i ravioli e che mi piace metterci dentro la coda di rospo.

Però concedetemi che, almeno, ogni volta provo ad accoppiare 'sto rospo con qualche verdura differente e, in questo caso, mi sono ispirato ad una ricetta di genitura ucraina (i vareneke), che prevede appunto un ripieno di patate.

Poi, al solito, vista la stagione, il pomodoro datterino ed il basilico, entrambi quintessenza della primavera (altro che le banali margherite).

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Pasta fatta in casa (qui la mia ricetta)
  2. Una coda di rospo di circa 6 o 7 etti
  3. Patate a pasta gialla (stessa quantità della coda)
  4. Pomodoro datterino (consideratene una decina a testa)
  5. 50 grammi di burro
  6. Prezzemolo 
  7. Basilico
  8. Mezzo bicchiere di vino bianco
  9. Sale e pepe
  10. Olio extra-vergine di oliva
  11. Parmigiano reggiano grattugiato
Per prima cosa, visto che ci vuole un po', mettete a lessare le patate, con la buccia ed in acqua fredda leggermente salata.
Preparate poi la sfoglia per la pasta (nel caso seguite la mia ricetta) oppure, se proprio andate di fretta o siete particlarmente pigri, comprate la sfoglia già fatta (quella che si usa per le lasagne, per capirci), avendo però cura di prendere quella fresca e non quella secca (meglio specificare, non si sa mai...).
Tanto che la pasta si riposa,prendete la coda di rospo, tagliatela in un paio di pezzi, se non altro per farla entrare meglio in padella, e portatela sul fuoco con qualche cucchiaio di olio extra-vergine.
Fate rosolare a fiamma media per un paio di minuti, poi aggiungete il vino bianco, fatelo sfumare e, infine, regolate di sale e di pepe.
Coprite con il coperchio e fate cuocere a fiamma bassa per una quindicina di minuti, girando la coda in modo che prenda calore in modo uniforme (la coda di rospo richiede una cottura un po' più lunga di quanto è necessario per pesci più tradizionali).

Verso fine cottura, togliete nuovamente il coperchio e fate restringere il liquido di cottura, in modo che questo si addensi.

Spegnete e fate freddare.

Sbucciate le patate e passatele al passa patate e raccoglietele in una ciotola.

Pulite la coda di rospo, rimuovendo la cartilagine centrale e la pelle, particolarmente grassa, e raccogliete tutta la polpa sul tagliere, poi usando un coltello a lama grande, sminuzzatelo grossolanamente ed unitelo alle patate, insieme al residuo del liquido di cottura.

Tritate, sempre con il coltello, un bel ciuffo di prezzemolo, ed unite anch'esso alle patate e alla coda.

Regolate di sale ed amalgamate per benino il tutto.

Stendete la pasta (non proprio sottilissima, visto che i ravioli devono avere una certa resistenza, altrimenti si corre il rischio di una loro rottura durante la cottura) e poi disponete cucchiai di ripieno a distanza costante.

Ovviamente non esiste una regola particolare, per cui la quantità di ripieno e la distanza tra una cucchiata e l'altra dipendono da quanto grossi volete fare i ravioli. Insomma, fate come vi pare.

Ricoprite la sfoglie con il ripieno con un'altra sfoglia, avendo cura di far uscire l'aria che inevitabilmente si creerà intorno al ripieno. Con le dite fate aderire per bene le due sfoglie di pasta e poi, con una rotella o con uno stampino per ravioli, tagliate la pasta nella misura scelta.

Fate riposare i ravioli cospagendoli con un po' di semola (seconda foto).
Per cuocere i ravioli l'ideale è una grande padella anti-aderente, dove i ravioli rimangono ben distanziati fra loro ma, naturalmente, potete usare anche una normale pentola, basta che sia grande.

Portate l'acqua a bollore, salatela e mettete i ravioli a cuocere. Il tempo di cottura, se avete steso la pasta non troppo sottile, sarà di circa 9/10 minuti per averli belli al dente.

Tanto che i ravioli si cuociono, tagliate a metà i pomodori datterino e spezzettate a mano le foglie di basilico (oppure tagliatele a listarelle con il coltello - non tritatele).
Mettete a sciogliere il burro in un padellino e, quando si sarà sciolto del tutto, unite i pomodori ed il basilico. Fate cuocere a fiamma bassa, altrimenti il burro si colora troppo, e senza coperchio, per una decina di minuti, mescolando spesso. Regolate di sale e di pepe solo verso metà cottura.

Scolate i ravioli con il mestolo (non usate mai lo scolapasta, come per la pasta tradizionale, altrimenti c'è il rischio che i ravioli si rompano), metteteli nei piatti dove li servirete e poi, su ciascun piatto, versate tre o quattro cucchiai del sughetto ed una spolverata di parmigiano.

Se volete, guarnite; se non volete, va bene lo stesso.

28 maggio 2012

Le mie ricette - Filetto di salmone con salsa al curry


Si, lo so, ne avevo già fatta una molto simile, ma a parte averne avuto coscienza quando oramai era troppo tardi, provo una blanda autodifesa dicendo che, rispetto alla precedente versione, questa volta gli ho dato un taglio diverso, cosa che, a mio avviso, ha prodotto un risultato migliore.

E' sicuramente un secondo, ma se volete fare un antipasto robusto, credo vada comunque bene.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Due filetti di salmone (non un trancio, mi raccomando)
  2. 250 ml di panna fresca
  3. 4 cucchiaini di curry
  4. 2 cucchiaini di paprika (dolce o piccante a seconda del vostro gusto)
  5. Olio extra-vergine di oliva
  6. Sale e pepe
Ricetta veloce e semplice.

Prendete il filetto di salmone e, nel caso, rimuovete le spine residue, usando l'apposita pinzetta (costa poco, compratela, se vi capita) oppure una normale (quella con la quale vi piluccate i peletti...), che mi auguro avrete prima lavato e disinfettato.

Tagliate il filetto a metà, lungo la linea della cartilagine centrale (non ho idea se sia una cartilagine, ma spero mi abbiate capito), e poi ogni metà in filetti della dimensione di quelli che vedete in foto.

Mi raccomando, non rimuovete la pelle, altrimenti il salmone, durante la cottura, si sbriciolerà in mille pezzi.

Prima di cuocere il salmone, cosa che richiederà pochi minuti, preparate la salsa, mettendo in un pentolino la panna fresca, aggiungendo il curry, la paprika, un po' di sale ed una bella macinata di pepe nero. Tenete presente che le quantità riportate sono indicative, dato che potrete aumentare o diminuire, secondo il vostro gusto, le quantità di curry e paprika.

Portate sul fuoco e fata andare, a fiamma bassa, sino a quando la panna non si sarà ridotta di volume di circa 1/3 e, di conseguenza, la salsa si sarà addensata. Regolate la densità solo facendo cuocere di più o di meno la panna e resistete, invece, alla tentazione di aggiungere un po' di farina per raggiungere una maggiore densità in meno tempo.

Ritornate al salmone, finalmente pronto per la cottura, prendendo una padella anti-aderente, di dimensione sufficiente a contenere tutti i filetti in un solo strato, metteteci qualche cucchiaio di olio extra-vergine e portate sul fuoco.

Quando l'olio è ben caldo, aggiungete i filetti, con la pelle a contatto con l'olio, e fate rosolare, aggiungendo il sale dopo qualche minuto.

Non girate i filetti, in modo che questi possano cuocersi in modo graduale, da una pelle molto croccante, fino all'estremità superiore di un bel rosa pallido.

Nel caso vi sembri che questa gradualità stenti a completarsi, coprite la padella con il coperchio giusto per un paio di minuti, in modo che il calore possa accelerare la cottura della parte superiore dei filetti.

Quando i filetti vi sembrano cotti, spegnete il fuoco ed impiattate velocemente, disponendo i filetti e, sopra di essi, qualche cucchiaio della salsa al curry.

Di corsa in tavola ed altrettanto di corsa nello stomaco.

27 maggio 2012

Le mie ricette - Spada marinato con vellutata di piselli al basilico


Considerando che oramai il pesce spada si trova solo in tranci e che, salvo guizzi di fantasia, peraltro sempre più rari, lo si mangia sempre alla griglia o con pomodorini, capperi e olive, mi sono fatto paladino dei suoi diritti, ed ho deciso di farlo in un altro modo.

Come sapete (spero, altrimenti vuol dire che non siete stati attenti), amo il pesce crudo, soprattutto in matrimonio con frutta e verdura, per cui mi sono orientato su qualcosa di simile, considerando però che il pesce spada crudo è decisamente impegnativo, ho deciso di mediare tra crudità e cottura, scegliendo una marinatura di olio, limone e origano fresco.

Tenete presente, in ogni caso, che la marinatura richiede almeno 24 ore.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Un bel trancio di pesce spada (fresco, mi raccomando)
  2. Circa tre etti di piselli freschi o surgelati (meglio di più che di meno)
  3. Una decina di foglie di basilico (meglio se dal vostro orticello)
  4. Qualche rametto di origano fresco (come sopra)
  5. Olio extra-vergine di oliva
  6. Un paio di limoni
  7. Sale e pepe
Il giorno prima di condannare il pesce spada ai vostri succhi gastrici, preparate la marinatura, togliendo la pelle al trancio di spada e tagliandolo il fettine di circa mezzo centimetro di spessore.

Disponete le fettine di spada in una ciotola, dove possano stare ben disposte su un solo strato e non troppo appiccicate tra di loro.

Preparate una emulsione di olio extra-vergine e succo di limone, nella proporzione di 3/5 di succo e 2/5 di olio (spero che in aritmetica siate bravini).

Salate il pesce spada, aggiungete qualche rametto di origano fresco e un cucchiaino di grani di pepe e poi versate sul tutto la marinata, avendo cura che questa copra completamente il pesce spada.

Coprite la ciotola con un foglio di carta trasparente e mettete in frigo. Poi andate a dormire sereni, pregustando ciò che vi papperete il giorno dopo.

Il giorno dopo, almeno un paio d'ore prima di mangiarlo, tirate fuori lo spada dal frigo, in modo che questo possa tornare ad una temperaura ragionevole.

Tanto che lo spada si crogiola al calduccio della vostra cucina, mettete i piselli in un pentolino con qualche cucchiaio di olio extra-vergine, portateli sul fuoco, a fiamma bassa, e fateli cuocere coperti fino a quando saranno molto teneri.

Salateli solo verso fine cottura, poi spegnete, fate intiepidire, aggiungete le foglie di basilico e poi, con il Minipimer o con il frullatore, riducete il tutto in crema, aggiungendo altro olio se il tutto vi sembrasse troppo denso. 

Assaggiate e, nel caso, regolate di sale e di pepe.

Bene, ci siamo, manca solo l'impiattamento.

Prendete i filetti di spada e toglieteli dalla marinata. Usando qualche foglio di carta da cucina tamponateli, in modo da asciugarli per benino e, soprattutto, togliere il residuo della marinatura, che altrimenti al gusto sarebbe troppo aspra per effetto del limone.

Disponete sul piatto un po' di vellutata di piselli e poi aggiungete qualche filetto di spada. Date una macinata di pepe, aggiugnete un filo di olio extra-vergine e portate subito in tavola.

Le mie ricette - Ratatouille in tortino di brisè, accompagnata da brie con arancio e noci


La ricetta sarebbe solo per la ratatouille, ma avendo finito i piatti durante la cena, causa esubero di antipasti, l'ho servita insieme ad brie. Chiedo venia.

Ovviamente, quindi, potrete fare come ho fatto io, oppure separare le due ricette, oppure ancora fare come vi pare.

Ingredienti (per 6 tortini)

Per i tortini
  1. Carote
  2. Asparagi
  3. Patate
  4. Piselli
  5. Due rotoli di pasta brisè (se non volete correre rischi, prendetene tre)
  6. Stracchino
  7. Olio extra-vergine di oliva
  8. Sale e pepe
  9. Burro per ungere
  10. Un tuorlo d'uovo
Per il brie
  1. Brie (io, in realtà, ho usato il fantastico Fiocco di Chiodetti)
  2. Un arancia, meglio se non trattata
  3. Qualche gheriglio di noce
  4. Zucchero di canna
  5. Acqua
  6. Rhum
Se avete deciso di fare anche il brie, allora per prima cosa preparate l'arancia, rimuovendo la scorza, solo la parte arancione, usando un pelapatate o un coltellino ben affilato (meglio comunque il pelapatate) e tagliandola poi in listarelle lunghe e strette.

Mettete le scorze in una padellina anti-aderente, aggiungete due dita d'acqua, un po' di rhum ed un paio di cucchiai di zucchero di canna.

Portate sul fuoco e fate andare, a fimma bassa, fin oa quando l'acqua e il rhum non saranno evaporati, lasciando sul fondo uno sciroppo bello denso. Spegnete e fate freddare.

A questo punto, tanto che l'arancia si fredda, partiamo con i tortini.

Per quanto riguarda le verdure, io ho usato quelle di stagione, in particolare asparagi e piselli, questi ultimi ovviamente freschi, anche perchè del "pisellino primavera" surgelato non se ne può più.

Voi potete scegliere le verdure che preferite, cercando comunque di raggiungere anche un equilibrio cromatico, in modo da avere un ripieno molto colorato (non ho idea del perchè, ma mi piaceva dirlo).

Pulite e tagliate le verdure in piccoli pezzetti (i piselli, ovviamente, potete lasciarli così come sono...), raccoglietele in una padella anti-aderente, aggiungete qualche cucchiaio di olio extra-vergine e portate sul fuoco a fiamma media, salando e pepando a vostro gusto.

Per le quantità, fate in modo di raggiungere un equilibrio tra le verdure, in modo che non ce ne sia nessuna che prevalga sulle altre.

Fate cuocere a padella coperta, girando spesso, sino a quando le verdure saranno cotte ma non spappolate, anzi fate in modo di lasciarle un po' durette, in modo da sentire lo scrocchio quando le mangerete (personalmente non sopporto le vedure cotte fino allo spappolamento, che peraltro rende impossibile distinguere una verdura dall'altra).

Tenete presente, in ogni caso, che dovrete tener conto dei differenti tempi di cottura delle verdure scelte. Nel mio caso ho scelto verdure che avevano, con un po' di approssimazione, un tempo di cottura simile, per cui le ho messe tutte insieme. Se cambiate verdure, valutate per benino e, nel caso, non mettete le verdure tutte insieme, ma partire con quella a cottura più lunga e poi, via via, aggiungete le altre.

Quando le verdure sono cotte, spegnete e fate freddare, senza coperchio.

Prendete gli stampini ed ungeteli con un po' di burro, poi ritagliate dai rotoli di pasta brisè dei dischi che abbiano un diametro tale da poter foderare tutto lo stampo. Con le dita fate aderire per bene la pasta allo stampo, schiacciando le parti dove la brisè avrà creato delle pieghe, geometricamente inevitabili, a meno di non ritagliare la pasta con una tagliatrice laser guidata da un programma di modellazione tridimensionale (terza foto)

Riempite ogni tortino con le verdure e completate con un cucchiaino abbondante di stracchino (seconda foto), poi ritagliate, dalla brisè rimanente, dei dischi dello stesso diametro degli stampi e sigillate i tortini.

Con un tuorlo d'uovo, usando un pennellino o le dita, spennellate il tortino, in modo che cuocendo assuma una bella doratura.

Mettete in formo a 180° per una mezz'oretta, controllando comunque per evitare che la doratura si trasformi in bruciatura.

Spegnete, tirate fuori dal forno e fate intiepidire una decina di minuti, poi rovesciate gli stampi facendo uscire il tortino (se avete imburrato per benino, sarà facilissimo), che deve essere mangiato tiepido, in modo che lo stracchino sia ancora bello morbido.

Tanto che i tortini si intiepidiscono, prendete i gherigli di noci e tritateli nel mixer, in modo da ridurli quasi in polvere (non esagerate, altrimenti le noci cominciano a tirare fuori il loro olio, cosa che trasformerà il tutto in una sorta di pasta).

Tagliate il brie a spicchi, impiattetlo versandoci sopra qualche goccia dello sciroppo di arancia, due o tre scorzette ed qualche pizzico delle noci tritate.

Disponete anche il tortino, con la parte dorata verso l'alto, e portate in tavola, perdendovi in una accurata descrizione di ciò che avete fatto.

Le mie ricette - Pomodoro con mollica e calamari, con pane nero al burro e basilico


Tanto più si avvicina l'estate, tanto più mi viene una smodata passione per i pomodori, che consumo in tutti i modi, anche i più improbabili.

Di pomodori ripieni ne ho fatti tanti, spesso simili, ma tant'è. Mi piacciono.

Questa volta, quindi, solito matrimonio tra pane e pesce, con un po' d'uvetta per quel pizzico di dolce, che non guasta mai.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Sei pomodori a grappolo (ma se ne fate di più non si offende nessuno)
  2. Un calamaro di media grandezza (sui 3 etti)
  3. Mollica di pane
  4. Una manciata di uvetta
  5. Basilico
  6. Burro
  7. Sale e pepe
  8. Olio extra-vergine
Per prima cosa mettete l'uvetta a mollo in acqua fredda, per almeno una decina di minuti.

Poi passate ai pomodori, ai quali taglierete via la parte superiore, che dovete tenere da parte e alla quale toglierete, con precisione chirurgica, la parte centrale, quella dove si attacca il picciolo.

Usando uno scavino o, se non lo avete (ma potete sempre comprarlo), un coltellino ben affilato, svuotate con attenzione il pomodoro, facendo attenzione a non forare la buccia e lasciando un minimo delle coste interne, che aiuteranno a tenere "in forma" il pomodoro durante la cottura, evitando che si afflosci su se stesso.

Mettete da parte i pomodori, capovolti, in modo che perdano un po' della loro acqua e passate ai calamari.

Dando per scontato che ve li siete fatti pulire, tagliate i calamari in piccoli pezzi e poi, usando un coltello con una bella lama, tritateli grossolanamente. I tentacoli tenenteli da parte e, se volete, li userete come guarnizione del piatto (io ci avevo pensato, ma poi me li sono pappati tanto che stavo lì, in cucina...).

Passate poi alla mollica di pane, che prenderete dal pane avanzato dal giorno prima, meglio se casareccio e fatto da voi. Naturalmente se non vi è avanzato nulla, scendete e compratevi un pezzo di pane adatto allo scopo.

Tritate la mollica al mixer o con il robot da cucina (meglio il mixer ad alta velocità, tipo quello che si usa per macinare il caffè).

Scolate, strizzate l'uvetta ed asciugatela usando un foglio di carta da cucina.

Raccogliete i calamari in una terrina, aggiungete la mollica di pane (per regolarvi, considerate una eguale quantità, in volume, non in peso, di calamari e di mollica) e l'uvetta.

Bagnate con abbondante olio extra-vergine e regolate di sale, date una bella macinata di pepe e, per finire, mescolate per benino.

Riprendete i pomodori, salateli leggermente all'interno e poi riempiteli con l'impasto appena preparato. Dato che l'impasto non si gonfierà durante la cottura, potete riempire fino al bordo.

Mettete i pomodori in una teglia appena unta d'olio, mettete ad ogni pomodoro il suo coperchio (non entrate in agitazione se non vi ricordate l'accoppiamento corretto, l'importante è che, più o meno, ogni coperchio chiuda bene il pomodoro).

Un'altra piccola spolverata di sale ed un altro filo d'olio sui pomodori e poi in forno a 170° per almeno un'oretta. Non alzate la temperatura, dato che il pomodoro deve cuocersi, o meglio appassirsi, con molta lentezza.

Quando sono cotti, spegnete, tirate fuori dal forno e fate freddare.

Se volete guarnire come ho fatto io, prendete una noce di burro, tritate con il coltello una decina di foglie di basilico e amalgamatelo al burro, al quale aggiungerete anche un pizzico di sale e di pepe.

Prendete le fette di pane nero (io ho usato quello di segale), spalmatele con il burro e poi tagliatele nelle forma che preferite.

Impiattate, servite e divorate.

25 maggio 2012

Le mie ricette - Gnocchi di patate e zucchine con crema di peperoni e basilico


Dopo gli gnocchi di patate e zucchine, preso da una smodata passione per i diminutivi, ho fatto anche gli gnocchi di patate e zucchine (certo, avrei potuto osare di più, con gnocchetti di patatine e zucchine, ma non me la sono sentita).

Per il condimento ho scelto ciò che c'era nel frigorifero, avanzo della mozzarella in abbraccio di peperoni e, nel rispetto delle risorse oramai limitate del pianeta, gli ho dato una seconda chance.

Ingredienti
  1. Patate a pasta gialla
  2. Zucchine romane
  3. Peperoni
  4. Panna fresca
  5. Parmigiano Reggiano grattugiato
  6. Farina
  7. Basilico
  8. Sale e pepe
  9. Olio extra-vergine di oliva
Per le quantità regolatevi ad occhio, considerando, come regola assolutamente generale, un peso uguale di patate, zucchine e farina. E' soprattutto su quest'ultima, la farina, che vi dovrete regolare ad occhio, dato che la quantità che verrà assorbita dall'impasto dipende da molti fattori, come l'acqua residua nelle patate e nelle zucchine, la loro temperatura, ecc.

Partiamo allora con la cottura.

Le patate potete lessarle, se avete un po' più di tempo, mettendole in una pentola, con la buccia e con acqua fredda e portandole poi a bollore. Se il tempo è meno, allora sbucciatele e cuocetele a microonde, alla massima potenza, per circa 15 minuti.
Le zucchine potete semplicemente lessarle in acqua già a bollore, con l'unica accortezza, se potete, di farlo con un certo anticipo e lasciare poi asciugare le zucchine all'aria in modo che perdano molta della loro acqua di cottura (che altrimenti finirebbe nell'impasto, costringendovi ad usare più farina del necessario).

Quando sia le patate che le zucchine sono fredde, passatele al passapatate e raccoglietele sul piano di lavoro.

Cominciate ad aggiungere la farina e impastate, aggiungendo via via altra farina sino a quando l'impasto non risulterà più colloso. Come dicevo, non esiste una regola aurea e, quindi, vi dovrete regolare ad occhio, considerando che l'impasto dovrà risultare non appiccicoso ed abbastanza elastico.

Ovviamente non serve lavorarlo a lungo, come si fa per la pasta fatta in casa, anche perché più lo lavorate, più vi verrà la tentazione di aggiungere altra farina, con l'effetto finale di avere uno gnocco troppo duro.

I più attenti avranno notato che non ho parlato di sale, che non è necessario aggiungere all'impasto, dato che poi gli gnocchi saranno lessati in acqua salata.

Bene, ritornate all'impasto e preparate gli gnocchi. Prendete un pezzo di impasto e lavoratelo con le mani fino ad ottenere un cilindro lungo e stretto (non dovete fare altro che usare le mani come un mattarello, appoggiandole sul pezzo di impasto ed andando avanti e indietro) e poi, con un coltello, tagliate gli gnocchi e metteteli da parte, spolverizzandoli con un po' di farina ed avendo cura di tenerli distanziati fra di loro per evitare che si attacchino l'uno all'altro.
 
Tanto che gli gnocchi si riposano, in attesa della loro degna fine, passate alla preparazione del condimento.

Prendete i peperoni, puliteli, togliete le parti dure ed i semi e tagliateli in pezzi, senza badare troppo alla precisione.

Mettete i peperoni in una casseruola, meglio se anti-aderente, aggiungete un po' d'olio extra-vergine, due dita d'acqua, salate e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio.

Fate cuocere piano piano, per circa una mezz'ora, fino a quando i peperoni non saranno sufficientemente morbidi da poter essere frullati con facilità. Nel caso ci fosse ancora liquido di cottura, fate andare a fiamma più vivace e senza coperchio fino a quando il liquido sarà evaporato.

Spegnete e fate intiepidire, poi aggiungete una bella manciata di foglie di basilico e frullate il tutto, con il Minipimer o con il frullatore tradizionale.

Rimettete la crema di peperoni e basilico nella casseruola, aggiungete la panna fresca, orietativamente nella stessa quantità, in peso, dei peperoni e portate nuovamente sul fuoco, regolando di sale e di pepe.

Fate cuocere a fiamma bassa in modo che il tutto possa legarsi ed addensarsi. Direi non più di 10 minuti in tutto.
Ritornate agli gnocchi a procedete con la loro cottura.

Prendete una pentola molto grande, riempitela d'acqua, salatela e portatela a bollore, quindi versate gli gnocchi delicatamente, prendendoli singolarmente e non a manciate, con il rischio, di nuovo, di farli attaccare fra loro.

Come sicuramente saprete, lo gnocco è cotto quando viene a galla, per cui siate pronti con un colino e, non appena gli gnocchi riemergono, prendeteli e metteli in una ciotola, dove avrete già messo il condimento, ben caldo. 
Ogni volta che aggiungete altri gnocchi, date un girata in modo che questi prendano subito il condimento.

Quando tutti gli gnocchi saranno pronti, aggiungete il parmigiano, date un'ultima mescolata, impiattate (ma anche no) e portate in tavola.

24 maggio 2012

Le mie ricette - Malloreddus con zucchine e calamari


Ennesima prova di matrimonio tra pesce e verdure, un connubio che amo molto, che piace a grandi e a piccini, a lui e a lei, al nobile, al borghese e al popolo e che tanto fa bene grazie alla presenza di proteine, vitamine ed altre minchiate del genere.

Ingredienti (per 4 persone, con dose abbondante, quasi da piatto unico)
  1. Mezzo chilo di malloreddus
  2. Mezzo chilo di zucchine romane
  3. Mezzo chilo di calamari
  4. Pangrattato
  5. Origano fresco
  6. Mezzo bicchiere di vino bianco (buono)
  7. Uno spicchio d'aglio (o di più se vi piace la "fiatella")
  8. Peperoncino
  9. Sale e pepe
  10. Olio extra-vergine di oliva
Nella consapevolezza che abbiate notato la perfezione aritmetica delle quantità, indossate la parannanza e partite.

Pulite le zucchine, lavandole e togliendo la testa e la coda (come per la grappa), cioè il fiore e la sua attaccatura e la parte più dura posteriore.

Prendete metà delle zucchine e lessatele in acqua bollente, salata, fino a quando saranno ben morbide. 

Quando si saranno intiepidite, toglietele dalla loro acqua e frullatele, con il Minipimer o con il frullatore tradizionale. Aggiungete un paio di cucchiai di olio extra-vergine, regolate di sale e date anche una macinata di pepe. Se avete frullato le zucchine appena tirate fuori dalla loro acqua, la densità della crema dovrebbe essere perfetta, se invece dovesse sembrarvi eccessivamente densa, quasi il frullatore facesse fatica a frullare, aggiungete un po' dell'acqua di cottura.

Prendete la metà rimanente delle zucchine e tagliatele a bastoncini, della lunghezza di tre o quattro centimetri. Il modo migliore per farlo è di dividere in due ogni zucchina nel senso della lunghezza, poi ogni metà ancora in due e poi, infine, tagliare ogni quarto in bastoncini della lunghezza desiderata. Se la zucchina è particolarmente grossa, potete ulteriormente dividere ogni quarto a metà e poi ricavare i bastoncini.

Inutile dire, comunque, che se avete una qualche forma di ritrosia verso le forme lineari, potete tagliare le zucchine a rondelle, a semicerchio o anche a nastro di Moebius.

Mettete le zucchine tagliate in una teglia da forno, meglio se anti-aderente e di dimensione adatta a contenerle in un solo strato, salatele, pepatele e aggiungete quattro o cinque cucchiai di olio extra-vergine.

Infornate a forno molto caldo, intorno ai 230°, per circa una mezz'ora, in modo che le zucchine abbiano alla fine una sorta di crosticina. La temperatura molto alta fa si che la zucchina si abbrustolisca senza sfarsi e la cottura in forno, invece che in padella, garantisce una distribuzione più uniforme del calore.

Passate ora ai calamari, che ovviamente vi sarete fatti pulire dal vostro pescivendolo, e che taglierete a pezzi non troppo piccoli. Se i calamari sono piccoli, potete lasciare intera la parte dei tentacoli, altrimenti dividetela in due.

Prendete una padella grande abbastanza da poter poi contenere la pasta, versateci abbondante olio extra-vergine, aggiungete l'aglio, sbucciato e schiacciato (usando il palmo della mano, mano che potrete poi usare per salutare, con una bella stretta, un eventuale ospite che non vi stia tanto simpatico) e, se volete, un po' di peperoncino.

Portate sul fuoco, a fiamma media, e fate scaldare fino a quando l'aglio avrà un bel colore dorato (la cosa migliore è di tenere inclinata la padella, in modo che l'aglio sia completamente immerso nell'olio).

Togliete l'aglio e il peperoncino ed aggiungete i calamari. Alazate la fiamma, aspettate un paio di minuti e poi aggiungete il vino bianco. Salete e fate cuocere allegramente, direi per una decina di minuti, di cui cinque con il coperchio e cinque senza e avendo cura di lasciare sul fondo un po' del liquido di cottura, che vi servirà per la mantecatura finale.

Spegnete, fate intiepidire e poi unite ai calamari, sia le zucchine cotte nel forno che quella frullate.

Portate a bollore l'acqua per la pasta (un piccolo ripasso della teoria non vi farà male) e cuocete i malloreddus. Verso la fine della cottura, prendete una tazza dell'acqua di cottura e tenetela da parte.

Tanto che la pasta si cuoce, prendete qualche cucchiaio di pangrattato e mettetelo in un padellino anti-aderente (senza olio), aggiungete una bella macinata di pepe ed una manciatina di foglie di origano fresco.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa, e fate andare fino a quando il pangrattato comincia a colorirsi, facendo molta attenzione perchè a passare da appena colorito e carbonizzato ci mette un attimo.

Scolate la pasta e travasatela nella padella con il condimento. Portate nuovamente sul fuoco e mantecate per un minuto, facendo attenzione acchè la pasta non si asciughi troppo. Se ciò dovesse accadere, usate l'acqua di cottura messa da parte per ridare al tutto la giusta consistenza.

Impiattate, date una spolverata con il pangrattato (senza esagerare), portate in tavola e mangiate con sana spensieratezza.

23 maggio 2012

Le mie ricette - Mozzarella di bufala in abbraccio di peperoni


Semmai ancora non si fosse capito, io adoro la mozzarella di bufala. 

Quella vera e buona, ovviamente; quella fatta solo con latte di bufala, non pastorizzato, e non le mille varietà che oramai si trovano in giro e che, per quantità, fanno sorgere qualche legittima domanda.

Più si avvicinano le stagioni calde, più io entro in crisi di astinenza, per cui, non appena posso, corro dal mio spacciatore di fiducia e faccio rifornimento.

La mozzarella di bufala è buona così com'è, per cui le ricette dovrebbero essere semplici, normalmente a crudo, e con una attenzione particolare all'abbinamento, che complementi il sapore e l'odore della mozzarella.

Vabbè, visto che quello che ho scritto non è chiaro nemmeno a me, direi di passare subito alla ricetta.

Ingredienti
  1. Mozzarella di bufala (taglio minimo da 250 grammi)
  2. Peperoni rossi (considerate un peperone ogni due fette di mozzarella)
  3. Pane casareccio o pagnottine tonde
  4. Filetti di acciuga
  5. Capperi sotto sale
  6. Prezzemolo
  7. Aglio (se vi piace)
  8. Olio extra-vergine di oliva
  9. Sale e pepe
Per prima cosa dovete arrostire i peperoni. 

Il modo migliore per farlo è pulirli, togliendo la parte superiore, rimuovere il torsolo ed i semi interni e tagliare ogni peperone in quattro spicchi, togliendo da ognuno di essi, nel caso, la costola bianca che si trova nella parte interna.

Poi prendete una teglia abbastanza grande da contenere i peperoni su un singolo strato, metteteci gli spicchi di peperone, con la parte con la buccia rivolta verso l'alto e, usando un pennellino o le dita, oliateli sulla superficie.

Accendete il forno con la funzione grill (altrimenti accendetelo e basta), impostate la temperatura a 220° e mettete la teglia nella parte alta del forno (non proprio a contatto con il grill, ma nella posizione immediatamente più in basso).

Fate cuocere sino a quando la buccia dei peperoni avrà assunto un colore bruno, quasi bruciato e i peperoni avranno rilasciato la loro acqua interna.

Tanto che i peperoni si cuociono, prendete una busta di carta (quella in cui vendono il pane va benissimo) e mettetela all'interno di una busta di plastica.

Spegnete, tirate fuori dal forno e mettete rapidamente i peperoni all'interno della busta di carta, poi annodate la busta di plastica che la contiene, in modo da creare una sorta di sauna. Sarà proprio l'umidità che si formerà all'interno della busta a facilitare, quando i peperoni sono freddi, la rimozione della loro buccia.

Quando sono freddi, rimuovete la buccia, facendo attenzione a non rompere i filetti, dato che vi serviranno in tutta la loro lunghezza per poter realizzare il piatto.

Prendete ora un bel ciuffo di prezzemolo, qualche filetto di acciuga, una decina di capperi sotto sale, che avrete ovviamente lavato ed asciugato, mettete il tutto sul tagliere e, con il coltello, tritate per benino. Raccogliete il tritato in una tazza ed aggiungeteci l'olio extra-vergine, in modo che questo lo ricopra per bene. Date una mescolata e fate riposare.

Prendete ora il pane e ricavatene delle fette che siano a misura delle fette di mozzarella che taglierete poi (io ho usato il fondo di alcuni panini, fatti oviamente con la pasta di pane classica e non all'olio o al latte), poi prendete una padella anti-aderente, metteteci un filo d'olio e portatela sul fuoco a fiamma vivace.

Quando l'olio è caldo, metteteci le fette di pane (se usate il fondo dei panini, la parte con la mollica dovrà essere quella a contatto con la padella) e fatele abbrustolire leggermente, in modo che le fette abbiano un colore leggermento brunito ma non siano biscottate.

Spegnete, togliete le fette e, se vi piace, strofinatele con uno spicchio d'aglio.

Bene, ci siamo quasi.

Tagliate la mozzarella a fette ben spesse e poi, usando due filetti di peperone, avvolgete la fetta di mozzarella, formando una croce con i peperoni (come in foto). Considerando che il trito preparato è salato di suo (capperi e acciughe) non dovrebbe essere necessario salare anche i peperoni, ma ovviamente regolatevi secondo il vostro gusto.

Adagiate la mozzarella abbraciata ai peperoni su una fetta di pane e, sul tutto, versate un paio di cucchiaini del trito che avete preparato, avendo cura di non prendere solo il trito, ma anche un po' del suo olio.

Impiattate e divorate.