30 giugno 2014

Le mie ricette - Il calamaro accoglie i piselli, il pecorino e altre cose



Titolo quasi delirante a parte, ecco l'ennesimo riempimento del calamaro, una delle cose che amo di più e che mi porta a provare veramente di tutto.

Questa volta la base del riempimento sono i piselli freschi, perfetti in questa stagione; il pecorino romano, al solito quello di Brunelli; la mollica di pane, che ha anche il ruolo di assorbire l'umidità; i pinoli, che creano un contrasto nella consistenza e, per finire, qualche filetto di acciuga sott'olio e qualche foglia di basilico.

Contrariamente alle mie recenti abitudini, questa volta ho aggiunto anche l'uovo all'impasto, dato che i piselli, anche se ridotti in una crema molto densa, non avevano quella fermezza necessaria a dare stabilità al ripieno.

Per quanto riguarda i calamari, infine, li ho scelti di medie dimensioni, circa tre etti l'uno, e, avendo servito il piatto come antipasto, ne ho considerati uno per ogni due commensali.

Ingredienti (per 6 persone)

Per i calamari
  1. Tre calamari di medie dimensioni (vedi sopra)
  2. Due etti di piselli freschi, già sgusciati
  3. Quattro cucchiai di mollica di pane
  4. Un cucchiaio ben colmo di pecorino romano grattugiato
  5. Sei filetti di acciughe sott'olio
  6. Un cucchiaio di pinoli già sgusciati
  7. Cinque foglie di basilico
  8. Un uovo
  9. Olio extravergine d’oliva
  10. Sale e pepe

Piccola premessa sui calamari, che vi dovete far pulire dal pescivendolo, specificando che li dovete fare ripieni, in modo che il loro mantello venga mantenuto integro. Poi, quando tornate a casa, verificate che la pulizia sia stata fatta per bene, cosa non scontata, soprattutto quando i calamari sono piuttosto grandi e c’è molta folla al banco del pesce.

Partite con la crema di piselli, prendendo una casseruola, che riempirete d'acqua, salandola leggermente e poi porterete sul fuoco e, quando sarà a bollore, tuffateci i piselli e fateli cuocere giusto il tempo necessario a renderli morbidi, tenendo presente che, se avete usati i pisellini primavera surgelati, saranno sufficienti cinque minuti.

Tanto che i piselli vanno, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando i piselli sono cotti, prelevateli con un mestolo bucato e travasateli nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde brillante, poi scolateli e fateli asciugare.

Passate i piselli al passa verdure, in modo da rendere la loro polpa quanto più densa possibile - se usaste il frullatore sareste costretti, per farlo lavorare bene, ad aggiungere un poco di liquido - raccogliendola in una ciotola.

Prendete la mollica di pane, possibilmente usando del pane raffermo, in modo che la mollica sia piuttosto secca, e mettetela nel mixer ad alta velocità (quello che si usa per macinare il caffè e la frutta secca) o, se non l’avete, nel mixer tradizionale o nel frullatore.

Unite il basilico e fate andare alla massima velocità, in modo da ridurre la mollica in piccole briciole e, al tempo stesso, fare in modo che il basilico, tritandosi, doni un bel colore verde al pane.

Prendete infine i filetti di acciuga, scolateli per benino dal loro olio e poi tritateli con il coltello, in modo da ottenere quasi una pasta.

Aggiungete nella ciotola con i piselli la mollica di pane, l'uovo, i filetti di acciuga tritati, due cucchiai d'olio extravergine, una generosa macinata di pepe e date una bella mescolata, in modo che l'uovo possa distribuirsi in modo omogeneo.

Mettete i pinoli sul tagliere e, usando un coltello con la lama grande, rompeteli grossolanamente a pezzi, unendoli poi nella ciotola, dove poi unirete anche il pecorino romano grattugiato, poi regolate di sale e mescolate nuovamente.

Tenete presente, in ogni caso, che al di là delle dosi indicate, il ripieno dovrà essere equilibrato negli ingredienti, per cui usate sempre anche il vostro colpo d'occhio e la vostra esperienza, senza prendere le dosi come un qualcosa di intoccabile.

Aiutandovi con un cucchiaino, riempite con l'impasto i calamari, facendo in modo che questo siano ben pieni, ma senza eccedere, dato che l'impasto si gonfierà un poco durante la cottura, cosa che, se il calamaro fosse troppo pieno, potrebbe comportare la sua rottura.

Chiudete l'estremità del calamaro con un paio stuzzicadenti, ricordando che è fondamentale che la chiusura non sia ermetica, in modo che l'impasto in eccesso possa uscire durante la cottura, senza rompere il calamaro.

Ungete una teglia da forno, adagiatevi i calamari, salateli leggermente in superficie, poi bagnateli con un altro po' di olio extravergine.

Coprite la teglia con una foglio di carta d'alluminio, al quale farete qualche foro con una forchetta, ed informate a 160° per venticinque minuti, ricordandovi, in ogni caso, che il tempo di cottura dipenderà dalla dimensione dei calamari e dal fatto che questi siano freschi piuttosto che surgelati.

Spegnete, tirate fuori e fate freddare i calamari, prima a temperatura ambiente e poi almeno un paio d'ore in frigorifero, su un piatto, in modo da compattare il loro ripieno e rendere più agevole il tagliarlo a fette.

Tanto che i calamari si freddano, prendete il fondo rimasto nella teglia, incluso l'eventuale parte di ripieno fuoriuscita durante la cottura, e riportatelo sul fuoco, girando con una piccola frusta o un cucchiaio di legno, facendolo andare fino a che il fondo non si sarà addensato.

Quando il calamaro sarà ben freddo, e con un minimo di anticipo rispetto a quando lo servirete, in modo da lasciargli il tempo di riprendere calore, trasferitelo sul tagliere e, usando un coltello molto affilato, tagliatelo a fette, spesse più o meno un centimetro, operando con delicatezza, in modo da far si che il ripieno rimanga al suo posto.

Se volete scaldare il calamaro, che andrebbe comunque servito al più appena tiepido, fatelo nel microonde, a bassa potenza, a bagnomaria oppure nel forno, a circa 80° di temperatura.

Bene, siamo arrivati in fondo e non resta che impiattare, disponendo le fette di calamaro, che bagnerete poi con un poco del loro fondo di cottura che avete fatto addensare.

Guarnite come meglio credete, portate in tavola e buon appetito.

27 giugno 2014

Le mie ricette - Ricotta, basilico e pane



Non proprio una ricetta, quanto piuttosto uno sfizio per consumare un piccolo omaggio di ricotta di bufala Barlotti, uno tra i migliori caseifici campani, omaggio ricevuto durante il mio consueto peregrinare tra negozi e negozietti.

Essendo una monoporzione, ho pensato di consumarla così, semplicemente a cucchiaiate, poi ho fatto un bel respiro e mi sono detto che forse valeva la pena di riflettere un momento e pensare a qualcosa che poi potessi riutilizzare come stuzzichino durante un classico aperitivo.

Alla fine, comunque nello spirito di lasciare quanto più possibile al naturale la meravigliosa ricotta, ho deciso di profumarla con un olio al basilico e arricchirla con una polvere di pistacchi di Bronte e accompagnarla poi con un piccolo crostino di pane e qualche spicchio di pomodorino disidratato in forno.

Quantità ovviamente condizionate dall'omaggio, ma proverò comunque a darvi un'idea per una porzione - l'unica eccezione sarà l'olio al basilico, che necessariamente preparerete in quantità maggiore - ricordando che poi potete semplicemente moltiplicare per il numero di ospiti che volete sfamare.

Ingredienti (per una porzione)
  1. Trenta grammi di ricotta di bufala
  2. Due pomodorini ciliegino
  3. Quattro pistacchi sgusciati, non salati
  4. Una piccola fetta di pane casareccio
  5. Una ventina di foglie di basilico
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Pepe bianco

Partite senza dubbio con la disidratazione dei pomodorini, pulendoli e tagliandoli in quattro spicchi, privandoli dei semi e della parte acquosa interna e
disponendoli in una teglia, sulla quale avrete messo un foglio di carta da forno, con la parte della buccia a contatto con il fondo.

Salate leggermente i pomodori e poi aggiungete anche un po' di zucchero, fatto cadere a pioggia, che aiuterà ad esaltare la loro dolcezza, riducendo al contempo la loro componente acida.

Infornate a 90° per un paio d'ore, e comunque fino a quando i pomodorini si saranno raggrinzite, segno che l'acqua contenuta al loro interno è in buona parte evaporata, quindi tirateli fuori dal forno e fateli freddare.

Tanto che i pomodorini sono in forno, mettete i pistacchi nel mixer, meglio se quello ad alta velocità, che si usa appunto per la frutta secca, facendolo andare fino a quando i pistacchi non saranno ridotti in una sorta di polvere, simile, per dimensione delle singole briciole, al pangrattato, quando però questo è grattato piuttosto grossolanamente, in modo che lo si possa riconoscere al morso quando vi mangerete il tutto.

Dopo i pistacchi, l'olio al basilico - come vi dicevo, questo lo preparerete in quantità maggiore, tanto poi lo potrete usare anche per altre preparazioni -  mettendo le foglie di quest'ultimo e sei cucchiai di olio extravergine nel frullatore, facendo poi andare alla massima velocità per una ventina di secondi, giusto il tempo di tritare il basilico e armonizzarlo con l’olio.

Lasciate riposare l'olio fino a quando i pomodorini non saranno pronti, in modo che il basilico possa cedergli i suoi profumi, poi filtratelo usando un colino a maglie fitte, senza preoccuparvi troppo se qualche piccolo pezzo di basilico supererà le maglie, finendo nell'olio.

Mettete la ricotta in una ciotola, aggiungeteci la polvere di pistacchi e un cucchiaio di olio al basilico, poi, usando una piccola frusta, lavoratela per circa un minuto in modo che possa diventare cremosa e, al tempo stesso, armonizzarsi con gli altri ingredienti.

Fate riposare la ricotta in frigorifero e dedicatevi ai crostini di pane, ricavando una fetta di poco più di mezzo centimetro di spessore dal pane casareccio e poi, usando uno stampo circolare, ricavatene un disco dalla sola mollica.

Prendete un padellino anti-aderente, metteteci un paio di cucchiai di olio extravergine e portatelo sul fuoco, poi, quando l'olio è ben caldo, unite il disco di pane, facendolo dorare da entrambi i lati, fino a quando non avrà assunto un bel colore dorato.

Quando girate il disco, valutate se aggiungere un altro poco di olio, in modo che i due lati dei disco ne siano egualmente bagnati, cosa che altrimenti porterebbe ad una doratura irregolare, a macchie.

Non appena il grado di doratura è quello desiderato, togliete il disco di pane dalla padella e mettetelo su un piatto, sul quale avrete messo un paio di fogli di carta da cucina, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Bene, ci siamo e potete procedere con l'impiattamento, mettendo il disco di pane sul fondo del piatto e poi, aiutandovi con uno stampino circolare, che abbia un diametro di poco inferiore a quello del disco di pane, disponete la ricotta sopra a quest'ultimo, premendo per bene prima di togliere delicatamente lo stampino, in modo che la ricotta si compatti e rimanga in posizione.

Mettete qualche spicchio di pomodorino sulla ricotta, poi guarnite come più vi piace, date un leggerissimo giro di olio extravergine e, finalmente, portate in tavola.

Buon appetito.

25 giugno 2014

Patata schiacciata all'olio e aneto con gamberoni cotti a bassa temperatura



Arriva il caldo e io sono sempre più per la semplicità...

Ancora una volta la patata schiacciata, riscoperta quasi per caso (la memoria, alla mia età, non aiuta) e della quale mi sono innamorato, nella sua essenzialità e semplicità, e che questa volta ho condito con un olio extravergine profumato all’aneto, detto anche finocchietto bastardo (quindi, se non lo trovate, usate appunto il finocchietto).

Insieme alla patata, i gamberoni, che oramai cuocio solo a bassa temperatura, ma che voi potete tranquillamente cuocere in modo tradizionale, magari preferendo il vapore alla classica lessatura.

Nella foto vedete anche una piccola guarnizione fatta con spicchi di pomodorini disidratati, che potete tranquillamente omettere, visto che aggiunge più colore che sapore.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. Otto gamberoni
  2. Due patate di medie dimensioni
  3. Un ciuffo di aneto
  4. La scorza di mezza arancia (vedi dopo)
  5. Quattro pomodorini ciliegino (opzionali)
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Sale marino
  8. Pepe bianco
  9. Zucchero (solo se usate i pomodorini)

Preparate per prima cosa l'olio all’aneto, seguendo più o meno il procedimento che si usa per il pesto alla genovese, mettendo l’aneto nel mortaio e pestandolo fino a ridurlo in una sorta di pasta, aggiungendo poi quattro cucchiai di olio extravergine, continuando ancora per un po' con il mortaio. Se non avete il mortaio, cosa peraltro probabile, potete frullare insieme olio e aneto; procedimento meno romantico ma più sbrigativo.

Fate riposare l'olio all’aneto fino a poco prima di usarlo, momento in cui procederete con il filtraggio, dato che qui useremo solo l'olio e il suo profumo.

Se avete deciso di usarli, dedicatevi alla disidratazione dei pomodorini, pulendoli e tagliandoli in quattro spicchi, privandoli dei semi e della parte acquosa interna e
disponendoli in una teglia, sulla quale avrete messo un foglio di carta da forno, con la parte della buccia a contatto con il fondo.

Salate leggermente i pomodori e poi aggiungete anche un po' di zucchero, fatto cadere a pioggia, che aiuterà ad esaltare la loro dolcezza, riducendo al contempo la loro componente acida, quindi infornate a 90° per un paio d'ore, e comunque fino a quando i pomodorini si saranno raggrinzite, segno che l'acqua contenuta al loro interno è in buona parte evaporata, quindi tirateli fuori dal forno e fateli freddare.

Lessate poi le patate, mettendole con tutta la buccia in una pentola e coprendole con abbondante acqua fredda, leggermente salata, portando poi sul fuoco e facendole cuocere fino a quando non saranno ben morbide.

Tanto che le patate vanno, passate alla preparazione dei gamberoni, pulendoli rimuovendo la testa, il guscio e la coda ed eliminando poi il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Mettete i gamberoni nel sacchetto per il sottovuoto - se volete, potete aggiungere nel sacchetto la scorza della mezza arancia - senza aggiungere il sale, cosa che tenderebbe a far rilasciare troppo liquido ai gamberoni durante la loro cottura.

Fate poi il sottovuoto, seguendo le istruzioni della vostra macchina e, mi raccomando, verificate che i sacchetti che usate siano resistenti al calore e, quindi, adatti alla cottura.

Mettete il sacchetto da parte e tornate alle patate e, quando sono cotte, scolatele, fateli intiepidire, sbucciatele, mettetele in un piatto e poi, usando i rebbi di una forchetta, schiacciatele, lavorando per bene in modo da ottenere una sorta di crema.

Prendete l'olio all’aneto e, usando un colino a maglie molto fitte, filtratelo, in modo da raccogliere solamente l'olio, poi aggiungetene un paio di cucchiai alle patate, regolate di sale, date una leggera macinata di pepe bianco lavorando ancora con la forchetta e valutando, anche in base al vostro gusto, se sia o meno il caso di aggiungere ancora un poco di olio.

Mettete le patate schiacciate da parte e portate l’acqua per la cottura dei gamberoni
alla temperatura di 63°, quindi immergeteci il sacchetto e fate cuocere per venti minuti. Naturalmente, se avete invece deciso di cuocere i gamberoni in altro modo, procedete di conseguenza.

Quando i gamberoni sono pronti, togliete il sacchetto dall’acqua, apritelo e fate colare via il liquido rilasciato durante la cottura, poi mettete i gamberoni e tagliateli in pezzi di dimensione regolare - direi più o meno un centimetro di lunghezza - avendo cura di tagliare quattro delle otto code ad una lunghezza maggiore, in modo da usarle poi nella composizione.

Bene, tutti gli ingredienti sono pronti e potete procedere con la composizione dei piatti, per la quale vi servirà uno stampo circolare con i bordi bassi e del diametro di circa sei/otto centimetri.

Poggiate lo stampo sul piatto e al suo interno metteteci la patata schiacciata, premendola bene, fino ad ottenere un’altezza di circa un centimetro.

Togliete delicatamente lo stampo e disponete i gamberoni sopra la patata - due gamberoni per ogni porzione - usando la coda lasciata più lunga come elemento centrale.

Ripetete fino a completare tutti i piatti e poi, al momento di servire, fate colare un poco d'olio extravergine su ogni porzione (non usate di nuovo quello all’aneto, altrimenti il profumo di quest’ultimo, molto deciso, prevarrebbe su tutti gli altri).

Guarnite come preferite, nel caso usando i pomodorini disidratati, poi portate in tavola.

Buon appetito.

23 giugno 2014

Le mie ricette - Mezzi paccheri con ragù di palamita e mollica di pane all’aneto



Una pasta in semplicità, direi, con la solita attenzione alla freschezza e alla qualità degli ingredienti.

Come si evince dal titolo, condimento quasi essenziale, a base di palamita e pomodoro fresco - io ho usato il casalino di provenienza siciliana - fatto decantare, in modo da eliminarne buona parte dell’acqua, riducendo drasticamente il tempo di cottura, che spesso viene prolungato proprio per far restringere il pomodoro.

Il palamita, non facile a trovarsi, l’ho preso intero, così come era arrivato dal mare, e poi sfilettato per usarne solamente la polpa, con la quale ho fatto una sorta di ragù, che però si differenzia da quello tipico di carne per il tempo di cottura estremamente breve, necessario a non mortificare, a mio avviso, né il pesce, né il pomodoro.

Per la salsa sono quindi tornando alla mia abitudine di non usare alcun elemento, per così dire, accessorio, come aglio, peperoncino o vino bianco.

Completa il piatto la mollica di pane, tostata insieme all’aneto e ad una piccola quantità di aglio, in modo da avere profumi intensi e presenti.

Infine, nel caso non trovaste il palamita, potete orientarvi sul tonno o su un altro pesce della stessa famiglia.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di mezzi paccheri
  2. Tre etti di polpa di palamita
  3. Sei etti di pomodori rossi e maturi
  4. Un bel ciuffo di aneto
  5. Uno spicchio d’aglio
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe

Partite con i pomodori, che come detto nella premessa, ho fatto decantare per circa tre ore, tempo minimo necessario per eliminare buona parte della loro componente acquosa, tenendo presente che più tempo trascorre, più i pomodori riusciranno a rilasciare la loro acqua.

Prendete quindi i pomodori, che dovranno essere ben maturi, tagliateli grossolanamente a pezzi e passateli al passa pomodoro, in modo da raccogliere solamente la polpa. L'operazione in se è un po' lunga e noiosa, a meno di non avere il passa pomodoro elettrico, cosa che vi eviterà, peraltro, una semi-paresi dell'avambraccio.

Prendete poi una ciotola, piuttosto ampia e larga, e copritela con un tovagliolo o un fazzoletto, che terrete in posizione aiutandovi con un elastico, come se questo fosse la copertura di un tamburo.

Versate il pomodoro passato sul tovagliolo, che per il peso si incurverà leggermente, mettete il tutto il luogo fresco e, nell’attesa, dedicatevi ad altro, a partire dal palamita, che dovrete sfilettare nel caso lo aveste preso intero.

Usando un coltello molto affilato, meglio ancora se è un coltello specifico per sfilettare, fate un taglio all’altezza della coda del tonno, ortogonale rispetto alla direzione della lunghezza, in modo da arrivare fino alla lisca centrale, quindi ruotate il coltello di 90°, in modo che la lama, nella sua parte piatta, si trovi a contatto con la lisca centrale.

A questo punto non rimane che tagliare, con la lama sempre a contatto con la lisca, per tutta la lunghezza del pesce, sino ad arrivare alla testa, dove vi fermerete, facendo poi un altro taglio ortogonale, questa volta ovviamente all’altezza della testa, in modo da separare il filetto.

Tagliate in due ogni filetto, secondo la sua lunghezza e facendo due tagli, uno a destra e uno a sinistra, della sua parte centrale, dove sono le lische residue. In questo modo non dovrete perdere tempo ad eliminare le lische una a una.

Infine rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Ripetete per l'altro lato del pesce, et voilà, più facile a farsi che a dirsi.

Non resta che eliminare la pelle, cosa che farete mettendo i filetti sul tagliere, con la pelle rivolta in basso e poi, sempre con il solito coltello, cominciando a tagliare la polpa, mantenendo la parte piatta della lama a contatto con la pelle.

Ricavate tutta la polpa, poi pesatela alla quantità indicata - non siate troppo fiscali e se ne avete di più, usatela - tagliandola poi ulteriormente in pezzi più piccoli e irregolari, tenendo comunque presente che, durante la cottura, le caratteristiche del pesce saranno tali da far sfaldare ulteriormente i singoli pezzi.

Mettete la polpa da parte e lasciate trascorrere il tempo della decantazione del pomodoro - vedrete che resterete sorpresi dalla quantità di acqua che verrà rilasciata - poi prendete una padella, ampia abbastanza da poter contenere la pasta per la sua mantecatura finale, versateci il pomodoro, aggiungete sei cucchiai di olio extravergine, salate e portate sul fuoco, a fiamma vivace e senza coperchio.

Fate cuocere per circa dieci minuti - il tempo vale se avete fatto decantare il pomodoro per circa tre ore e, nel caso di tempi più lunghi, riducetelo, dato che la quantità di acqua rimanente sarà minore - poi unite il palamita e fate andare per altri cinque minuti, non di più, girando spesso in modo che tutto il pesce possa sentire il calore.

Come vedete, la cottura è molto breve e suggerisco di prolungarla, ma solo quella del pomodoro, solo nel caso questo necessiti di più tempo per far evaporare la sua acqua.

Quando la salsa vi sembra a posto, spegnete e tenete da parte, al calduccio.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi va, ripassate prima la teoria – salatela, portatela sul fuoco e, quando bolle, buttate i mezzi paccheri, facendoli cuocere ma mantenendoli bene al dente.

A pochi minuti alla fine della cottura, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale, poi quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento.

Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte, tenendo comunque presente che, data la presenza del pomodoro, questa potrà essere più rapida rispetto ad una preparazione in bianco.

Fate comunque in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il condimento comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Spegnete e procedete rapidamente con l’impiattamento, distribuendo poi un poco di mollica su ogni porzione, quasi come fosse del parmigiano, e dando un leggero giro di olio extravergine a crudo.

Guarnite come meglio credete, poi portate velocemente in tavola per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.

Buon appetito. 

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: elogio della semplicità per questi splendidi paccheri, che vedrei bene con un Pigato biologico della Riviera Ligure di Ponente. 

18 giugno 2014

Le mie ricette - Contraddizioni



Ovvero, alla ricerca di un equilibrio forse impossibile...

Che ci volete fare, ogni tanto mi piace l’azzardo, anche quando questo sembra contraddire regole da molti considerate non negoziabili, come quelle che guardano con sospetto allo sposalizio tra carne e pesce e tra crudo e cotto.

D’altra parte però, non ho mai considerato le regole come un qualcosa di inviolabile, anche perché, se così fosse, oggi cucineremo come si cucinava centinaia di anni fa, cosa che ovviamente non è.

Quindi, tornando a bomba, un piatto che combina la carne - un filetto di manzo usato a crudo - con il pesce - degli scampi cotti a bassa temperatura, a 63° per venti minuti, ma che voi potete tranquillamente lessare o cuocere al vapore - con le verdure - asparagi e piselli appena sbollentati e mantenuti quindi molto croccanti - e per finire il parmigiano reggiano.

Ad accompagnare le contraddizioni, una emulsione all’aglio, ottenuta montando l’aglio, bollito per dieci volte, di cui l’ultima nel latte, con olio di semi, proprio come si fa per la maionese.

Condimento essenziale, con olio extravergine, sale marino e pepe bianco.

Ingredienti (per 4 persone)

Per le contraddizioni
  1. Otto scampi
  2. Un etto di filetto di manzo
  3. Cinquanta grammi di parmigiano reggiano
  4. Quattro asparagi
  5. Due cucchiai di piselli, meglio se freschi
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe bianco
Per l’emulsione di aglio
  1. Dieci spicchi d’aglio, meglio se fresco
  2. Un bicchiere di latte
  3. Mezzo bicchiere scarso di olio di semi
  4. Sale e pepe bianco

Partite senza dubbio con l’emulsione di aglio, che richiede un po' di pazienza e può poi riposare in attesa delle altre preparazioni.

Per prima cosa mettete a scaldare un paio di litri d'acqua, portandola a bollore leggero e poi prendete un piccolo pentolino, che dovrà contenere solamente gli spicchi d'aglio.

Tanto che l'acqua si scalda, togliete la buccia agli spicchi d'aglio e, se questi non sono freschi, tagliateli a metà e rimuovete l'anima centrale, di colore verde.

Mettete gli spicchi d'aglio nel pentolino, poi quando l'acqua raggiunge il bollore, prendetene un mestolo abbondante e versatela nel pentolino, che porterete sul fuoco, continuando a far bollire l'acqua con l'aglio per due minuti.

Trascorso il tempo, scolate gli spicchi e buttate via l'acqua nella quale hanno bollito, poi prendete nuovamente un mestolo abbondante di quella che bolle nella pentola, mettetela nel pentolino insieme agli spicchi d'aglio appena scolati e fate bollire, di nuovo, per due minuti.

Ripetete la sequenza fino a far bollire l'aglio per nove volte, sempre cambiando la sua acqua, poi fate l'ultima bollitura mettendo gli spicchi nel solito pentolino, ma aggiungendo il latte freddo invece dell'acqua, portando nuovamente sul fuoco, a fiamma minima, e facendo bollire per i soliti due minuti.

Scolate definitivamente l'aglio, fatelo asciugare all'aria, poi mettetelo in una ciotolina e lavoratelo con un piccola frusta esattamente come se doveste preparare una maionese, incorporando lentamente l'olio di semi - considerate la quantità riportata come indicativa - salando e pepando secondo il vostro gusto, fino ad ottenere un composto spumoso.

Mettete l'emulsione da parte e dedicatevi agli asparagi, che laverete e dei quali prenderete solo le punte e un piccolo pezzo di gambo, per ottenere dei pezzi di circa sei centimetri di lunghezza.

Portate a bollore abbondante acqua leggermente salata e poi tuffateci gli asparagi, facendoli cuocere per circa dieci minuti, non di più, in modo da mantenerli molto croccanti.

Tanto che gli asparagi vanno, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando gli asparagi sono cotti, prelevateli con un mestolo bucato e travasateli nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde brillante, poi scolateli e fateli asciugare.

Cambiate l'acqua nella pentola, salatela nuovamente, e lessate anche i piselli, seguendo gli stessi passi seguiti per gli asparagi, mantenendo anche i piselli belli croccanti e passandoli nell'acqua ghiacciata non appena cotti.

Mettete le verdure da parte e ricavate dal parmigiano delle sottilissime lamelle, una per ogni contraddizione, mettendo da parte anch'esse.

Pulite gli scampi, rimuovendo la testa, il guscio e la coda ed eliminando poi il filamento intestinale, provando ad estrarlo delicatamente o, se si dovesse rompere, facendo una piccola incisione sul dorso dei gamberi e togliendolo usando la punta di un coltellino.

Cuocete gli scampi come preferite - dovendo scegliere vi suggerirei al vapore - ma in ogni caso non più di un paio di minuti, in modo da mantenerli teneri (se volete cuocerli a bassa temperatura, potete procedere come ho detto nell'introduzione).

Non appena gli scampi saranno cotti, scolateli e teneteli al calduccio, in una scodella coperta con un foglio di carta d'alluminio, poi procedete al taglio del filetto, dal quale dovrete ricavare delle fettine sottilissime, proprio come quando si fa un carpaccio (un modo per semplificarsi la vita è quello di mettere il filetto nel freezer per una mezz'ora, in modo che possa indurirsi e rendere più agevole il taglio).

Bene, con tutti gli ingredienti a portata di mano, potete procedere con l'assemblaggio delle contraddizioni.

Stendete sul tagliere una fetta di filetto, salandola e pepandola leggermente, poi mettete una lamella di parmigiano, seguendo la lunghezza del filetto, poi una punta di asparago e uno scampo, entrambi trasversalmente al filetto, in modo che escano fuori dai bordi laterali.

Ungete leggermente con olio extravergine, poi salate leggermente lo scampo e infine arrotolate il tutto, ad ottenere una sorta di involtino, che vedrete rimarrà in forma per effetto della leggera collosità naturale della carne, accentuata dalla presenza del velo d'olio.

Mano a mano che formate le contraddizioni, mettetele direttamente nei piatti - io le ho poggiate su delle lamelle di porro fritte nell'olio bollente, che però sono solo elementi di guarnizione, per cui potete tranquillamente eliminarle dalla preparazione - salando nuovamente e leggermente la carne anche in superficie e proseguendo poi fino a completare l'assemblaggio.

Completate l'impiattamento mettendo un poco di emulsione vicino a ciascuna contraddizione, poi distribuite qualche pisello lessato e, per finire, guarnite come meglio credete.

Portate in tavola e buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: lo splendido quanto insolito abbinamento carne/pesce, complicato (dal punto di vista del vino da abbinare) dalla presenza dell'asparago, mi impone di suggerire quello che si può definire un vero jolly, ossia un grande Franciacorta classico, dal gusto equilibrato, piacevolmente fresco e acidulo, come il Ca' del Bosco Cuvée Prestige.

11 giugno 2014

Le mie ricette - Piccola insalata di ricciola, riso venere e mela, al profumo di limone e menta



Confesso che il riso venere, pur piacendomi, è qualcosa che preparo di rado, anche forse per il suo tempo di cottura, veramente eterno.

Questa volta, visto che ne avevo un avanzo nella dispensa, ho deciso di usarlo per un'insalata, abbinandogli la ricciola, che io ho cotto a bassa temperatura, ma voi potete tranquillamente farla a vapore, e la mela, per dare una leggera nota di acidità al tutto.

Il riso l'ho bollito in acqua aromatizzata con qualche fogliolina di menta e scorza del limone, scorza che ho usato anche per la cottura della ricciola, in modo da avere un profumo piuttosto evidente.

Condimento molto semplice, con olio extravergine emulsionato con il succo di limone, sale marino e pepe bianco, accompagnando poi il tutto con dei fiocchi di sale al limone della Falksalt.

Ingredienti  (per 6 persone)
  1. Due etti di riso venere
  2. Due etti di polpa di ricciola
  3. Una mela (io ho usato la Granny Smith)
  4. Due limoni
  5. Una decina di foglioline di menta
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale integrale
  8. Pepe bianco

Partite senza dubbio con la cottura del riso - il riso venere ha tempi di cottura molti lunghi, a meno di non prendere quello precotto - prendendo una pentola, mettendoci tre litri di acqua, leggermente salata, la scorza di uno dei due limoni, le foglioline di menta - potete metterle in un cuoci spezie o avvolgerle in una garza, in modo che sia poi più facile toglierle - e portando poi l'acqua a bollore.

Quando l'acqua bolle, togliete la scorza e le foglioline di menta e unite il riso venere, facendolo cuocere fino a quando non sarà cotto, cosa che richiederà quasi un'ora, ricordando comunque che il riso venere rimane comunque sempre bello duretto, caratteristica che ben si adatta alla preparazione di insalate.

Tanto che il riso cuoce, preparate la ricciola, separando la polpa dalla pelle e dalla cartilagine centrale, facendo correre la lama di un coltellino ben affilato intorno ad essa, come a disegnarne il profilo.

Se siete stati bravi e precisi, dovreste ritrovarvi con quattro pezzi per ogni trancio e, precisamente, le due metà superiori e le due inferiori.

Pesate la polpa della ricciola in modo da avere la giusta quantità di sola polpa, poi mettetela nel sacchetto per il sottovuoto, insieme alla metà della scorza del secondo limone, facendo poi il sottovuoto come da istruzioni della vostra macchina. Mi raccomando, verificate che i sacchetti che usate siano resistenti al calore e, quindi, adatti alla cottura.

Immergete il sacchetto nel'acqua e cuocete la ricciola a 64° per una trentina di minuti. Ovviamente, se non volete o potete cuocere a bassa temperatura, vi suggerisco di procedere con una cottura al vapore, per non più di dieci minuti, mettendo la scorza del limone direttamente nell'acqua.

Tornate al riso e, quando è cotto, scolatelo e passatelo in acqua fredda, facendolo poi sgocciolare per benino e, nel frattempo, prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con quattro cucchiai di olio extravergine, aggiungendo l'ultimo pezzo di scorza, che in questo caso però grattugerete molto finemente, cosa che farete con una grattugia adatta, come ad esempio quelle delle Microplane.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e quando la scorza di limone comincia a sfrigolare, unite il riso e fatelo saltare per un paio di minuti, alzando la fiamma al massimo, quindi spegnete e fatelo freddare.

Aspettate la fine della cottura della ricciola, quindi estraetela dal sacchetto, facendo cola r via il liquido prodotto, rompetela grossolanamente - la polpa della ricciola è tale da rendere questa operazione molto naturale - e raccoglietela in una ciotola, ampia abbastanza da contenere poi l'insalata completa.

Sbucciate la mela, eliminando il torsolo centrale, e tagliatela a dadini, di poco meno di un centimetro di lato, unendoli poi nella ciotola dove avete messo la ricciola.

Unite anche il riso, che nel frattempo si dovrebbe essere freddato e date una prima mescolata.

Preparate un'emulsione usando quattro parti di olio extravergine e una di limone - a naso direi otto cucchiai di olio e due di succo di limone - e versatela rapidamente sull'insalata, mescolando nuovamente in modo da bagnarla in modo omogeneo.

Bene, ci siamo e non resta che impiattare, cosa che farete aiutandovi con un stampo circolare o con un coppapasta, poggiandolo sui piatti e dando forma all'insalata.

Guarnite come più vi piace, nel caso usando anche voi i fiocchi di sale, e portate in tavola.

Buon appetito.

10 giugno 2014

Decostruzione di fave e pecorino



Già in passato - e ammetto che la cosa, soprattutto per il nome, scatenò una breve quanto intensa ironia da parte di amici e famigliari - mi lanciai in alcune decostruzioni, come questa e quest’altra.

Questa volta, complice anche la stagione, ho puntato l’attenzione su una delle classiche consuetudini della gastronomia laziale: le fave e pecorino, che spesso accompagnano le classiche scampagnate domenicali.

La decostruzione, quindi, l’ho interpretata nella direzione di trasformare il piatto nella sua versione liquida, abbinando una crema di fave fresche, particolarmente buone in questa stagione, con una fonduta di pecorino romano, al solito quello di Brunelli.

Completano il piatto dei dadini di pane tostati in padella, che donano anche un buon contrasto nella consistenza del piatto.

In conclusione un piatto estremamente semplice, con pochi ingredienti, usati in purezza in modo da potersi concentrare sui loro sapori, nello spirito del loro consumo secondo la tradizione laziale.

Ingredienti (per 4 persone)

Per la crema di fave
  1. Tre etti di fave fresche
  2. Due fette di pane casareccio
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe bianco
Per la fonduta di pecorino
  1. Sessanta grammi di pecorino romano grattugiato
  2. Venti grammi di panna fresca

Partite sicuramente con la crema di fave, portando sul fuoco abbondante acqua leggermente salata e tuffandoci le fave quando questa raggiunge il bollore, facendole cuocere a fiamma molto vivace e senza coperchio.

Tanto che le fave vanno, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo preventivamente la ciotola con l'acqua nel frigorifero.

Quando le fave sono pronte, prendetele con un mestolo bucato e travasatele nell’acqua ghiacciata, in modo da mantenerne il loro bel colore verde brillante, poi scolatele e fateli asciugare.

Ricordatevi di non buttare la loro acqua di cottura, dato che vi servirà per dare la giusta densità alla crema.

Eliminate la buccia dalle fave - è un'operazione un po' noiosa, ma non difficile: basta prendere ogni fava tra il pollice e l'indice e fare un movimento simile a quando schioccate le dita e vedrete che la polpa sguscerà fuori dalla buccia - raccogliendo la polpa nel bicchiere del frullatore.

Aggiungete quattro cucchiai di olio extravergine, una macinata di pepe bianco e mezzo mestolo dell'acqua di cottura della fave, poi fate andare il frullatore alla massima velocità, fino ad ottenere un composto liscio e senza residui solidi.

Se usate il frullatore ad immersione, fatelo lavorare in parte fuori dal composto, in modo da agevolare l’incorporamento dell’aria alla crema, cosa che le donerà una consistenza spumosa e piacevole.

Regolate di sale e valutate la densità della crema, che non dovrà essere troppo fluida, regolandola nel caso usando altra acqua di cottura o, se dovesse essere troppo fluida, riportandola sul fuoco per farla restringere.

Mettete la crema di fave da parte e dedicatevi alla fonduta di pecorino, mettendo il formaggio e la panna in un pentolino, insieme ad una leggera macinata di pepe bianco, portando poi sul fuoco a fiamma minima.

Fate scaldare quel tanto che basta a sciogliere completamente il pecorino, muovendo e ruotando il pentolino in modo da facilitare lo scioglimento e poi, quando la fonduta vi sembrerà perfettamente omogenea, toglietela dal fuoco e filtratela usando un colino a maglie fitte, raccogliendola in una tazza e lasciando nel colino gli eventuali residui.

Per finire, i dadini di pane, per i quali sceglierete un pane casareccio dalla mollica ben compatta, come ad esempio il pane toscano o quello di Lariano.

Ricavate le fette di pane, poi eliminate la crosta e tagliate la mollica in dadini regolari, di circa un centimetro di lato.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci due o tre cucchiai d'olio extravergine, portatela sul fuoco, a fiamma media, e quando l'olio è ben caldo, unite i dadini di pane, facendoli saltare velocemente e girandoli, in modo che possano dorarsi su tutti i lati.

Quando i dadini sono pronti, travasateli su un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Bene, ci siamo e non resta che comporre il piatto, mettendo per prima cosa la crema di fave e poi aggiungendo la fonduta di pecorino, meglio se usando un biberon, in modo da potervi sbizzarrire secondo il vostro estro artistico.

Completate con i dadini di pane, poi guarnite come più vi piace e portate in tavola.

Buon appetito.

Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: se non avete a portata di mano un bel Frascati bianco, allora vi suggerisco un delizioso Tramin.