28 febbraio 2013

Le mie ricette - Quenelle di mozzarella di bufala, con vellutata di borragine e dadolata di pomodori Torpedino



Visto che alla mie ricette ne mancava una che utilizzasse l’ennesimo francesismo, ho tempestivamente provveduto, preparando delle quenelle di mozzarella di bufala campana, leggermente salate con del sale rosso delle Hawaii, per un leggero effetto cromatico, accompagnate da una vellutata di borragine e da una dadolata di pomodori Torpedini.

In ogni caso, spero apprezzerete il fatto che ho usato il termine “dadolata”, piuttosto che darci dentro con il francese, che per la cronaca nemmeno conosco, e dire “brunoise”.

La borragine, che per chi non dimora nel Lazio probabilmente non dirà nulla, è nella forma simile alla bieta, con le foglie che presentano una leggera peluria, tipica di questa verdura, che viene eliminata naturalmente con la cottura.

Un uso tipico, almeno nel Lazio, è quello di prepararci degli involtini fritti in pastella, con all’interno mozzarella e acciughe, un po’ come si fa con i più noti fiori di zucca.

Se non la trovate, potete sostituirla con il cavolo nero o con la cicoria, verdure che hanno comunque un sapore particolare e deciso.

Anche i pomodori, qui nella varietà Torpedino, sodi e dolci, possono essere sostituiti secondo la stagione e secondo quello che trovate. Personalmente consiglio comunque una varietà simile, come il Camone o il Marinda.

La preparazione è semplice e molto dipende, come sempre, ma qui ancora di più, dalla qualità degli ingredienti, in particolare dalla mozzarella di bufala campana DOP, che tale deve essere e non una delle tante copie che, purtroppo, si trovano in giro.

Ingredienti (per 4 persone - 2 quenelle a porzione)

Per le quenelle
  1. 250 grammi di mozzarella di bufala
  2. 100 grammi di ricotta di bufala
  3. Sale rosso
  4. Pepe bianco
Per la vellutata
  1. Mezzo chilo di borragine
  2. 250 ml di panna fresca
  3. Mezzo cucchiaino di burro
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale e pepe
Per la dadolata di pomodori
  1. Sedici pomodori Torpedino
  2. Una ventina di foglie di origano fresco (o, in alternativa, dieci di basilico)
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe

Partite con la vellutata, unico elemento che richiede cottura.

Pulite la borragine, tenendo solamente la parte tenera delle foglie, che laverete e metterete in una casseruola, meglio se anti-aderente, insieme a quattro cucchiai di olio extravergine e a un bicchiere d’acqua fredda.

Portate sul fuoco, a fiamma media e con il coperchio, e fate cuocere fino a quando la borragine non sarà ben tenera, controllando di tanto in tanto per verificare se sia o meno necessario aggiungere ancora un po’ di acqua.

Salate e pepate la borragine verso metà cottura, poi, poco prima che sia cotta, togliete il coperchio, alzate la fiamma e fate andare fino a quando il fondo di cottura non sarà del tutto evaporato, lasciando solo la componente grassa dovuta all’olio.

Spegnete, fate giusto intiepidire e poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, lavorate con cura, in modo da ridurre il tutto in crema, senza residui di foglie.

Aggiungete gradualmente la panna, fino ad ottenere la densità voluta, poi portate il pentolino nuovamente sul fuoco, sempre a fiamma bassa, unite il burro e portate a bollore leggerissimo, facendo proseguire per qualche minuto, in modo da armonizzare al meglio gli ingredienti.

Spegnete definitivamente, coprite con il coperchio e fate raffreddare il tutto.

Vedrete che, per motivi che francamente ignoro, la vellutata, raffreddandosi, assumerà una densità particolare, quasi fosse una gelatina, dando la sensazione di raggrumarsi, cosa che potrete mitigare, girando con energia, usando una piccola frusta, poco prima di impiattarla.

Tanto che la borragine si fredda, preparate le quenelle, mettendo la mozzarella di bufala, tagliata grossolanamente in pezzi, nel mixer e facendolo andare alla massima velocità, fino a quando la mozzarella si sarà trasformata in una sorta di granulato.

Travasate la mozzarella in una ciotola e aggiungeteci la ricotta di bufala, mescolando poi con cura, in modo da amalgamare alla perfezione i due formaggi.

Salate leggermente con il sale rosso, date una leggera macinata di pepe bianco e poi formate le quenelle nel modo tradizionale, cioè usando due cucchiai, passando l’impasto dall’uno all’altro, in modo da ottenere la classica forma.

Se la cosa vi risulta difficile - io l’ho fatto per la prima volta e, devo ammettere, all’inizio la manualità ha lasciato molto a desiderare - potete formarle a mano, esattamente come fareste per i supplì o le polpette e poi, nel caso, fare l’ultimo passaggio con i cucchiai, giusto per dargli la forma finale.

Dedicatevi, infine, ai pomodori, che laverete, taglierete in quattro spicchi, ne eliminerete i semi interni e poi taglierete a dadini regolari.

Raccogliete i dadini in una ciotolina e conditeli con l’olio extravergine, il sale, una leggera macinata di pepe e le foglioline di origano, tritate finemente con il coltello, poi mescolate per benino.

Bene, siamo pronti e non resta che comporre il piatto, cosa che potete fare a vostro gusto o, se preferite, procedendo come ho fatto io, mettendo qualche cucchiaio di vellutata su ogni piatto, disponendo le quenelle in modo che siano parzialmente appoggiate sulla vellutata e, per finire, un cucchiaio di dadolata di pomodori sulla parte di vellutata lasciata libera dalle quenelle.

Completate con un giro d’olio extravergine ed una leggerissima macinata di pepe, poi portate in tavola e consumate in allegria.

27 febbraio 2013

Le mie ricette - Filetto di manzo al pepe, con piccola frittura di topinambur e crema di coppa in agrodolce



Allora, parliamo subito della crema di coppa di testa, decisamente spregiudicata e, forse, un tantinello sopra le righe, dal sapore veramente molto particolare, che coniuga quello forte del maiale, con la sfumatura data da un agrodolce a base di miele di castagno e aceto.

Non so come mi sia venuta in mente, ma tant'è e l'ho fatta.

Ovviamente è da mangiare a piccolissime dosi e, tutto sommato, si sposa bene con il filetto, dando un buon contrasto. Naturalmente, se volete oppure non ve la sentite, potete eliminarla senza particolari problemi.

Per quanto riguarda il filetto, invece, una classica cottura nel burro chiarificato - per chi non lo sapesse, il burro chiarificato è il burro al quale è stata eliminata la parte lattea e quella acquea, mantenendo solo quella grassa, che presenta una elevata resistenza al calore - profumato con il pepe e poi, a cottura ultimata, sfumato leggermente con un po' di Porto.

Se non avete il burro chiarificato - per la cronaca la Prealpi lo produce già bello e pronto - potete usare il classico olio extravergine o il burro normale, facendo però attenzione, in questo caso, a mantenere la fiamma bassa, dato che altrimenti la componente lattea tenderà a bruciarsi.

Per finire, il topinambur, noto anche come carciofo di Gerusalemme, proprio per il suo retrogusto di carciofo, che questa volta ho panato con uovo e semola di grano duro e fritto.

Un'ultima nota sul filetto, che vi consiglio di prendere intero e poi tagliarlo voi, a casa, in modo da farlo esattamente dello spessore che desiderate.

Ingredienti (per 4 persone)

Per il filetto
  1. Un pezzo di filetto di manzo di circa otto etti
  2. Due cucchiai di burro chiarificato
  3. Un cucchiaio di grani di pepe misto
  4. Mezzo bicchiere scarso di Porto
  5. Quattro fette di lardo (vedi dopo)
  6. Sale e pepe
Per il topinambur
  1. Quattro topinambur di media dimensione
  2. Un uovo
  3. Semola di grano duro
  4. Olio per friggere (oliva o arachide)
  5. Sale
Per la crema di coppa
  1. Un etto di coppa di testa
  2. Un cucchiaio di miele di castagno
  3. Tre cucchiai di aceto di vino bianco
  4. Olio extravergine di oliva

Direi di partire con la crema di coppa, così ci togliamo il pensiero.

Tagliate la coppa a dadini. se ne avete un pezzo intero, oppure a strisce se l'avete in fette.

Mettetela in un pentolino, meglio se anti-aderente, insieme all'aceto di vino, al miele e ad un cucchiaio d'olio extravergine.

Portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, e fate andare fino a quando la coppa non comincia gradualmente ad ammorbidirsi, quasi sciogliersi.

Spegnete, fate giusto intiepidire e poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducete il tutto in crema, usando il fondo di cottura residuo per dare la giusta densità.

Mettete da parte, con il coperchio, ricordandovi che, quando la userete, la crema deve essere giusto tiepida.

Dopo la crema, dedicatevi alla preparazione del filetto, che poi dovrete cuocere contemporaneamente ai topinambur, in modo che entrambi siano pronti più o meno nello stesso momento, dato che riscaldarli rovinerebbe il risultato.

Prendete allora il pezzo di filetto e ricavatene le singole porzioni, tagliandolo allo spesso desiderato, che personalmente consiglio sia piuttosto elevato.

Prendete una fetta di lardo, nel caso tagliandola in modo che la sua altezza coincida con quella della fetta di filetto, ed avvolgetela tutto intorno alla carne, poi, usando del filo da cucina, fermatela in posizione.

Vedrete che, quando legherete il filo, la sua pressione farà si che il filetto assuma una forma perfettamente circolare, a tutto beneficio del risultato finale.

Salate e pepate i filetti, sia sulla parte superiore che inferiore, poi lasciateli momentaneamente su un piatto e passate ai topinambur, ai quali eliminerete la buccia e taglierete poi a fette, di circa mezzo centimetro di spessore.

Sbatte l'uovo in una scodella, salatelo leggermente e poi passateci le fette di topinambur, facendo in modo che l'uovo le bagni in modo uniforme.

Passate poi le fette di topinambur, che scolerete leggermente, in modo da eliminare l'uovo in eccesso, in un piatto, nel quale avrete messo abbondante semola di grano duro.

Man mano che impanate le fette - premetele leggermente con le dita, in modo che la panatura aderisca per bene - mettetele su di un altro piatto, dove avrete messo ancora un po 'di semola, in modo che le fette già impanate non siano a contatto diretto con la superficie del piatto.

Prendete ora due padelle, una per friggere il topinambur e l'altra per cuocere il filetto.

Nella prima mettete abbondante olio per friggere; nella seconda il burro chiarificato, o il grasso che avete deciso di usare, ed i grani di pepe.

Portate entrambe le padelle sul fuoco e, non appena il burro si è sciolto e comincia leggermente a sfrigolare, unite il filetto.

Per i topinambur, invece, aspettate che la temperatura dell'olio arrivi a 160°, quindi immergete le fette impanate e fatele friggere da entrambi i lati, per circa otto minuti complessivi.

Quando le fette sono ben dorate, toglietele e mettetele su un piatto, dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, e salatele in superficie.

Tornate al filetto e giratelo, in modo che posso rosolarsi anche dall'altro lato.

Per il grado di cottura, ovviamente, regolatevi secondo il vostro gusto e, soprattutto, tenendo conto dello spessore che avete dato alle singole fette.

Quando il filetto è pronto, toglietelo dalla padella e mettetelo su un piatto, poi riportate la padella sul fuoco, unite il Porto al fondo di cottura e fate andare ancora per qualche minuto, in modo che il fondo possa restringersi e il Porto evaporare, lasciando al suo posto i suoi profumi.

Bene, ci siamo, non resta che impiattare, disponendo il filetto, sul quale farete colare un cucchiaio del suo fondo di cottura, e accanto ad esso qualche fettina di topinambur e giusto un cucchiaino di crema di coppa di testa.

Per quanto riguarda la fetta di lardo, potete scegliere se lasciarla al suo posto oppure toglierla prima di formare le singole porzioni.

Per finire, date una leggera manciata di pepe nero ed un altrettanto leggero giro di olio extravergine, quindi portate in tavole e gustate, sentendovi liberi di lasciare la crema di coppa al suo posto.

26 febbraio 2013

Le mie ricette - La Svezia nel raviolo, con burro al profumo di timo e noce moscata



Era tanto che non mi cimentavo con i ravioli e, in genere, con la pasta fatta in casa, motivo per cui, ieri sera, ho fatto pubblica ammenda e, dopo aver tirato fuori la mia fedele e ottuagenaria macchina a mano per la pasta, ci ho dato dentro.

Visto che però non mi andava di andare sul classico, ho pensato di fare dei ravioli particolari, usando un avanzo di filetto di aringa, già usato per questa ricetta, le patate e il porro, anch'esso giacente da tempo nel frigo.

Dall'unione di patate e aringhe, appunto, il nome del piatto, per un sapore particolarmente deciso, appena ingentilito dal porro cotto in agrodolce, che stempera il gusto molto pronunciato dell'aringa.

La pasta dei ravioli è fatta in casa, ma voi potete, se siete pigri o avete fretta, prendere una di quelle confezioni di pasta fresca per le lasagne ed usare i fogli per ricavarne i ravioli.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Una dosa di pasta fatta in casa (qui la mia ricetta)
  2. Mezzo chilo di patate a pasta gialla
  3. Un etto di filetto di aringa affumicata
  4. Un porro
  5. Tre cucchiai di aceto di vino bianco
  6. Un cucchiaio colmo di zucchero di canna
  7. Un pezzetto di noce moscata.
  8. Qualche rametto di timo fresco
  9. Parmigiano Reggiano grattugiato
  10. Quaranta grammi di burro
  11. Sale e pepe

Partite con la lessatura delle patate, mettendole, con tutta la buccia, in un'ampia pentola coperte da abbondante acqua fredda, leggermente salata e portandole sul fuoco.

Fate raggiungere il bollore e portate a cottura le patate, avendo cura che siano ben morbide, visto che poi le dovrete passare  al passa patate.

Tanto che le patate si cuociono, pulite il porro, eliminandone la base, e poi tagliatelo a fettine sottili, partendo dalla parte bianca e procedendo fino a quando non arrivate a quella verde, dove vi fermerete.

Prendete un pentolino, meglio se anti-aderente, metteteci un cucchiaio d'olio extravergine, i porri, l'aceto di vino bianco, tre cucchiai di acqua, un pizzico di sale e lo zucchero di canna.

Portate il pentolino sul fuoco, a fuoco basso e con il coperchio, e fate andare fino a quando il porro non sarà appassito - ci vorrà circa una mezz'ora - controllando ogni tanto che ci sia ancora fondo di cottura e, nel caso, aggiungendo ancora un po' d'acqua.

Verso fine cottura, togliete il coperchio, alzate leggermente la fiamma e fate andare giusto il tempo di ridurre quasi del tutto il fondo di cottura, poi spegnete e fate freddare, sempre senza coperchio.

Nel frattempo anche le patate dovrebbero essere cotte, per cui scolatele e fatele intiepidire, se non altro per evitare di lasciarci attaccate le dita quando le sbuccerete.

Sbucciate le patate e passatele al passa patate, raccogliendo la polpa in una ciotola, che lascerete per circa quindici minuti all'aria aperta, in modo che buona parte dell'umidità residua delle patate possa evaporare, dando maggior fermezza al ripieno che preparerete.

Tanto che le patate si asciugano, prendete l'aringa, mettetela sul tagliere, tagliatela in pezzi e poi, usando un coltello con una bella lama, tritatela grossolanamente, in modo da ottenere pezzi piuttosto piccoli, che possano armonizzarsi con il ripieno.

Fato lo stesso anche con il porro, in modo che anch'esso si amalgami bene con il ripieno, lasciandovi il suo sapore ma senza che i singoli pezzi siano poi percepibili quando vi papperete i ravioli.

Unite aringa e porro alle patate e mescolate per bene, fino a quando l'impasto non vi sembrerà perfettamente amalgamato, quindi regolate di sale, date una macinata di pepe nero, un leggero filo d'olio extravergine e, per finire, date un'ultima mescolata.

Mettete il ripieno in frigorifero e dedicatevi alla preparazione della pasta, seguendo la mia ricetta, la vostra o, se proprio volete, comprandola già fatta.

Fate riposare la palla di pasta per una mezz'ora e poi, finalmente, preparatevi alla preparazione dei ravioli.

Stendete la pasta, fermandovi ad uno spessore sottile ma non troppo, leggermente maggiore, ad esempio, di quello tipico delle fettuccine, dato che i ravioli saranno piuttosto grandi e dovranno contenere una generosa dose di ripieno.

Potete ovviamente stendere sia a mano che, se l’avete, con la macchina per la pasta.

Usando un cucchiaio, disponete il ripieno su un primo strato di pasta, considerando un cucchiaio ben colmo per ogni raviolo e distanziando ogni ripieno di circa sei centimetri dal successivo.

Prendete poi un altro foglio di pasta, di dimensione tale da poter coprire quello sottostante, considerando che, in più, il foglio che ricopre deve poter creare la cupoletta con il ripieno, ed adagiatelo delicatamente su quello sottostante.

Usando le dita, fate aderire per bene il foglio superiore di pasta al ripieno, facendo uscire le sacche d’aria, che inevitabilmente si formano, poi, sempre con le dita, premete leggermente tutto intorno, in modo da far aderire perfettamente i due fogli di pasta (a tale proposito, prima di unire i due fogli di pasta, ricordatevi di eliminare il più possibile la semola che avrete usato durante la lavorazione della sfoglia, semola che impedirebbe la corretta unione dei due fogli).

Usando uno stampo per ravioli, uno di quelli con il bordo dentellato, oppure una rotellina taglia pasta, sempre a bordi dentellati, ricavate i ravioli, dandogli la forma che preferite.

Controllate che i bordi siano ben chiusi e, se così non fosse, sollevate leggermente lo strato superiore e poi, usando le dita, inumidite leggermente con l’acqua quello inferiore, poi richiudete. Questo dovrebbe garantire una sigillatura perfetta.

Se decidete di cuocere i ravioli più tardi, metteteli nell’attesa su di un foglio di carta da forno, sul quale avrete messo un po’ di semola.

Quando siete pronti, mettete l’acqua per la cottura sul fuoco, scegliendo una pentola molto grande o, meglio ancora, una grossa padella anti-aderente, dove i ravioli possano sguazzare per benino (per padella grossa, intendo di almeno 36 centimetri di diametro).

Quando l’acqua è a bollore, immergeteci delicatamente i ravioli e fateli cuocere, considerando che il tempo di cottura dipenderà dallo spessore al quale avete tirato la pasta. Nel mio caso, con uno spessore della pasta piuttosto sottile, ci sono voluti circa 10 minuti dalla ripresa del bollore.

Una buona regola per valutare la cottura, considerando che non potete certo assaggiare uno dei ravioli, è quella di aggiungere nella pentola un pezzo di pasta avanzato, ripiegato su se stesso, in modo che abbia lo stesso spessore dei ravioli, ed assaggiarlo per poter valutare lo stato di cottura dei ravioli.

Tanto che i ravioli si cuociono, prendete il burro e mettetelo in un pentolino, insieme alle foglioline di timo e alla noce moscata, grattugiata finemente. Per le rispettive quantità non esiste una regola ferrea, quanto piuttosto quella del vostro gusto, che vi porterà a trovare il perfetto equilibrio tra i due profumi.

Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma bassa, e fate sciogliere il burro, lasciandolo poi sfrigolare per qualche minuto, in modo che i profumi del timo e della noce moscata possano esprimersi al meglio, poi spegnete e coprite per tenere il caldo.

Ritornate ai ravioli e, quando sono cotti, scolateli uno ad uno, usando un mestolo bucato ed avendo cura che tutta l’acqua possa scolar via, poi metteteli direttamente sui piatti nei quali li servirete. Viste le dimensioni, direi che tre ravioli a testa sono una bella porzione.

Fate colare un cucchiaio del burro aromatizzato su ogni raviolo e distribuite, facendolo cadere a pioggia, un po' di parmigiano grattugiato.

Portate rapidamente in tavola e degustate, sentendovi parte di un gemellaggio Italia-Svezia.

25 febbraio 2013

Le mie ricette - Carpaccio di lingua di vitello e mela, con Chutney di peperone e mango ed emulsione di balsamico e menta romana



La lingua o la si ama, o la si odia, senza mezze misure e con una distribuzione quasi perfettamente bilanciata tra le due fazioni.

A casa mia, ad esempio, è odiata da mia moglie e mia figlia ed amata da me, da mio figlio e da Valentyna. Per non creare dibattiti e polemiche senza fine, non la faccio spesso ma, ogni tanto, quando la trovo, non resisto e me la porto a casa.

Questa volta, quindi, un carpaccio, fatto con la lingua lessata e la mela, al quale ho affiancato un Chutney di peperone e mango, già usato per questa ricetta, ed un'emulsione di extravergine e balsamico, profumata con la menta romana.

Ingredienti (per 4 persone)

Per il carpaccio
  1. Circa metà di una lingua di vitello
  2. Due mele a polpa ben soda  (io ho usato una Royal Gala)
  3. Una carota (per la cottura della lingua)
  4. Una cipolla (per la cottura della lingua)
  5. Un paio di coste di sedano (per la cottura della lingua)
  6. Una decina di foglioline di menta romana
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Aceto balsamico (vero)
  9. Sale e pepe bianco
Per il Chutney
  1. Un peperone rosso
  2. Un mango
  3. Mezzo cucchiaino di paprika forte
  4. Un cucchiaio raso di zenzero grattugiato
  5. Quattro cucchiai di zucchero di canna
  6. Un bicchiere di aceto di vino bianco
  7. Sale e pepe nero

Dato che richiede una cottura non troppo e breve e, in più, deve poi freddarsi, direi di partire con il Chutney, partendo con la pulizia del peperone, al quale toglierete il picciolo, i semi e le coste bianche interne e poi tagliarete a dadini piuttosto piccoli, meno di un centimetro di lato.

Più o meno lo stesso per il mango, che sbuccerete, taglierete a fette di un centimetro scarso di spessore e poi, dalle fette, ricaverete dadini simili a quelli fatti con il peperone.

Mettete i dadini di peperone e di mango in una casseruola, meglio se anti-aderente, unite l'aceto, lo zucchero, un pizzico di sale, la paprika, una generosa macinata di pepe nero e lo zenzero grattugiato molto finemente, quasi ridotto in poltiglia.

Portate sul fuoco, con il coperchio e la fiamma al minimo, e fate cuocere per poco meno di due ore, poi togliete il coperchio, alzate leggermente la fiamma e fate andare ancora per una decina di minuti, in modo che il liquido di cottura, rilasciato dal peperone e dal mango, possa in parte evaporare.

Spegnete, fate intiepidire e poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, frullate il tutto, fino ad ottenere una salsa fluida (la frullatura non è prevista nella preparazione del Chutney¸ ma io mi sono preso comunque la libertà di farla), che poi lascerete freddare.

Più o meno parallelamente alla cottura del Chutney, dedicatevi alla lingua, per la quale dovete prendere un bel pentolone, riempirlo di acqua fredda, in quantità tale che la lingua, quando la immergerete, ne sia completamente ricoperta, e poi metterci, dopo averle pulite, la carota, la cipolla e le coste di sedano.

Salate con sale grosso e portate sul fuoco e, quando l'acqua bolle, immergeteci la lingua, coprite con il coperchio, abbassate la fiamma e fate cuocere per un paio d'ore.

Visti i tempi, prendetevi una pausa, facendovi un sonnellino oppure andando ad aggiornare il vostro stato su Facebook, scrivendo le solite minchiate di rito e sentendovi, spero, appagati.

Quando vi siete riposati, tornate in cucina e, se la lingua è cotta, spegnete il fuoco e fatela intiepidire nel suo brodo, poi tiratela fuori e, aiutandovi con un coltello, rimuovete la pelle biancastra che la ricopre - verrà via molto facilmente, come se fosse una sorta di pellicola di protezione - poi togliete anche le parti più grasse, che si trovano dove la lingua è più spessa.

Mettete la lingua sul tagliere e, usando un coltello ben affilato, tagliatela a fette, partendo dalla punta e con uno spessore di circa 3 millimetri.

In attesa di usarle, lasciate le fette di lingua in una scodella, bagnandole con parte del loro liquido di cottura, in modo da mantenerle ben morbide.

Prendete le mele, sbucciatele e dividetele a metà, appoggiate la parte con il torsolo sul tagliere e poi, usando un coltellino ben affilato, tagliatele a fettine, leggermente più sottili di quelle di lingua, ma possibilmente della stessa forma. Fermatevi quando arrivate al torsolo e poi proseguite dall'altro lato.

Bene, ci siamo, non resta che impiattare.

Componete il carpaccio direttamente sui piatti dove lo servirete, alternando le fette di lingua e quelle di mele. Direi che tre fettine di ogni tipo vanno più che bene per una singola porzione.

Preparate l'emulsione di olio extravergine e balsamico, orientandovi su una proporzione di tre parti di olio ed una di balsamico, ricordando che quest'ultimo deve essere tale, motivo per cui vi suggerisco, come faccio sempre, di investire una quindicina di euro per comprarvi un aceto balsamico, dai 3 ai 5 anni di invecchiamento, piuttosto che risparmiare per comprarsi quelle melasse in vendita nei supermercati.

Emulsionate per bene e poi, agendo rapidamente per evitare che l'emulsione si smonti e aiutandovi con un cucchiaino, fate colare l'emulsione sul carpaccio, cercando di distribuirla in modo uniforme e senza lesinare troppo sulla sua quantità.

Completate con una macinata di pepe bianco, un leggerissima macinata di sale, meglio se integrale, e con le foglioline di menta romana, che avrete tritato grossolanamente usando il coltello.

Infine, aggiungete un cucchiaino di Chutney accanto al carpaccio e portate rapidamente in tavola, per evitare che il condimento coli sul fondo dei piatti.

Buon appetito.

24 febbraio 2013

Le mie ricette - Vellutata di zucca all'Armagnac, con gamberetti saltati al profumo di zenzero e menta e crostini di pane all'aglio



L'inverno e la zucca sono per me un binomio indissolubile, con una presenza in dispensa dell'amato rappresentante della famiglia delle Cucurbitaceae che se la batte, per frequenza, con quella del pane.

Quando posso la uso e, quando non posso, mi rattristo.

Questa volta, visto che la tristezza è da scacciar via, una classica vellutata in purezza, cioè senza l'aggiunta di panna o altri liquidi, corretta però con l'Armagnac, che fa da sostegno a dei gamberetti saltati in padella con zenzero e menta.

A completare il piatto, qualche crostino di pane leggermente profumato (sic!) con l'aglio.

Ingredienti (per 6/8 persone)
  1. Una piccola zucca mantovana
  2. Trecento grammi di gamberetti già sgusciati
  3. Due cucchiai di Armagnac
  4. Mezza baguette
  5. Un pezzo di radice di zenzero
  6. Una rametto di menta fresca
  7. Olio extravergine di oliva
  8. Uno spicchio d'aglio
  9. Sale e pepe

Partite con la zucca, eliminando la buccia, i semi e i filamenti interni, e tagliando la polpa in pezzi irregolari, senza curarvi troppo della loro dimensione, dato che il taglio serve solo per ridurre il tempo di cottura.

Prendete un pentolino, meglio se anti-aderente, metteteci due o tre cucchiai di olio extravergine, i pezzi di zucca, l'Armagnac, mezzo bicchiere d'acqua e portatela sul fuoco.

Fate prendere il calore, poi salate e pepate, coprite con il coperchio e fate cuocere, a fiamma minima, fino a quando la zucca sarà ben morbida, avendo cura di mantenere un certa quantità di fondo di cottura,per avere la giusta densità della vellutata.

Quando la zucca è pronta, spegnete, fate intiepidire e poi, usando il frullatore tradizionale o il Minipimer, riducete la zucca in crema, usando il fondo di cottura della zucca per regolare la giusta densità e lavorando a lungo, in modo da eliminare ogni traccia di pezzi interi e ottenere, appunto, una vellutata.

Nel caso il tutto risultasse troppo denso - una vellutata deve avere una consistenza piuttosto liquida - potete aggiungere una piccola quantità di brodo vegetale o di panna fresca. Non è il massimo, ma è sempre meglio che avere una vellutata che vellutata non è.

Coprite con il coperchio e tenete al calduccio.

Dopo la vellutata, procedete con i crostini e i gamberetti, che idealmente dovreste preparare quasi in parallelo, in modo da averli pronti più o meno nello stesso momento

Per i crostini, prendete la baguette e ricavate delle fette di circa mezzo centimetro di spessore, poi spennellatene entrambe le facce con un po' d'olio, usando un pennellino o le dita.

Prendete un padellino anti-aderente e portatelo sul fuoco, a fiamma media, e quando sarà caldo, metteteci i crostini, facendoli dorare da entrambi i lati e, quando sono pronti, strofinandoli, secondo il vostro gusto, con lo spicchio d'aglio, che avrete ovviamente prima sbucciato.

Dedicatevi infine ai gamberetti, che vi suggerisco di prendere già puliti - si trovano con una certa facilità - altrimenti dovrete pulirli, eliminando testa, guscio e coda.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con tre o quattro cucchiai d'olio extra-vergine, unite il pezzetto di radice di zenzero, che grattugerete usando una grattugia adatta e il rametto di menta, tutto intero.

Sulle rispettive quantità di zenzero e menta e sul loro equilibrio, regolatevi anche secondo il vostro gusto, aumentando o diminuendo secondo la prevalenza che volete dare all'uno o all'altro.

Quando l'olio è caldo e lo zenzero e la menta cominciano a sfrigolare, unite i gamberetti, salandoli e pepandoli, alzando la fiamma al massimo e facendoli saltare giusto per un paio di minuti, in modo che non risultino duri e gommosi.

Bene, ci siamo, non resta che impiattare, versando prima la vellutata di zucca - suggerisco che sia tiepida, non bollente - e poi disponendo sopra di essa, per ogni porzione, un paio di cucchiai di gamberetti, che dovrete posizionar con una certa delicatezza, pena il loro affondamento nella zucca.

Decorate con i crostini di pane, con un piccolo rametto di menta, poi date una leggera macinata di pepe nero ed un leggerissimo filo d’olio extravergine.

Portate in tavola e degustate, spero con soddisfazione.

23 febbraio 2013

Le mie ricette - Bocconcini di pomodoro camone e ricotta di bufala



Per la categoria “stuzzichini da consumarsi prima dell’abboffata”, una ricetta velocissima, da servire ai vostri ospiti mentre attendono famelici di sedersi a tavola.

Come base il pomodoro Camone, una varietà soda e dolcissima, e la ricotta di bufala, la mia preferita.

A completamento, poi, qualche acciuga, i capperi e i pinoli, per una preparazione velocissima e rigorosamente a crudo.

Ingredienti (qui si va ad occhio)
  1. Pomodori camone
  2. Ricotta di bufala
  3. Acciughe
  4. Capperi sotto sale (quelli in salamoia li sconsiglio)
  5. Pinoli
  6. Olio extravergine di oliva
  7. Sale e pepe

Visto che la ricetta è velocissima, indossate la parannanza, lavatevi la manine, fate un bel respiro e partite in quarta.

Tagliate la parte superiore dei pomodori, esattamente come la tagliereste per i più celebri pomodori con il riso, cioè piuttosto vicino al picciolo, in modo da lasciare il pomodoro quasi del tutto intero.

Aiutandovi con un coltellino ed un cucchiaino, svuotate per benino l’interno del pomodori, rimuovendo la polpa più morbida ed i semi, quindi salateli all’interno e metteteli sul tagliere, capovolti, per una quindicina di minuti, in modo che possano perdere un po’ della loro acqua.

Tanto che i pomodori rilasciano la loro acqua, lavate per bene i capperi sotto sale ed asciugateli altrettanto bene, usando qualche foglio di carta da cucina. Suggerisco di non usare i capperi in salamoia, dato che l’acidulo di quest’ultima mal si armonizza con la dolcezza della ricotta.

Trascorso il quarto d’ora, riempite i pomodori con la ricotta di bufala, in modo tale che questa li riempia bene e, anzi, fuoriesca leggermente, in modo da formare una sorta di cupola.

Disponete sopra la ricotta un pezzetto di acciuga, un cappero ed un paio di pinoli, poi date una leggera macinata di pepe e, se volete, anche una, leggerissima, di sale.

Fatto, non resta che impiattare e dare un leggerissimo giro d’olio extravergine sul tutto e, finalmente, servire ai vostri ospiti.

22 febbraio 2013

I miei dolci - Torta del contadino (ma lui non lo deve sapere)



...perché non bisogna fargli sapere quanto è buono il cacio con le pere.

Perdonatemi per l'incipit, decisamente poco creativo e forse pure un filino retorico, ma che ci volete fare, sarà l'effetto dell'attuale campagna elettorale.

Comunque, una torta a base di frolla, con un ripieno che richiama il Cheesecake, arricchito poi, per la gioia dell'ignaro contadino, dalle noci e dalle pere, quest'ultime caramellate e profumate con un po' di grappa, ovviamente anch'essa di pere.

Per quanto riguarda le quantità, io ho usato una teglia di circa venti centimetri di diametro, ma con i bordi piuttosto alti, motivo per cui, con le stesse quantità, dovreste riuscire a farci una torta di dimensioni standard, ma più bassa in altezza.

Ingredienti (per una torta da 24 cm di diametro)
  1. Una dose di pasta frolla (qui la mia ricetta)
  2. Tre pere belle grosse (io ho usato le Abate)
  3. 500 grammi di formaggio Philadelphia
  4. Un uovo intero più un tuorlo
  5. 120 grammi di zucchero di canna
  6. 120 grammi di noci già sgusciate
  7. Tre cucchiai di grappa alla pera
  8. Un cucchiaino raso di cannella
  9. Burro e farina (per ungere le teglia)
  10. Un altro tuorlo d’uovo (per spennellare la sfoglia)
  11. Zucchero a velo (per guarnire)

Partite preparando la pasta frolla o, se siete svogliati, compratene un rotolo di quella pronta (no, tranquilli, non mi arrabbio).

Dedicatevi poi alle pere, che sbuccerete, le priverete del torsolo e dei semi, e poi taglierete a pezzi, non troppo grandi e possibilmente di forma regolare - più o meno di un centimetro di lato - e metterete in un pentolino anti-aderente.

Aggiungete alle pere la grappa, meglio se di pere, quaranta grammi dello zucchero di canna e la cannella, poi portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, e fate cuocere, da quando il tutto arriva a bollore leggero, per circa una ventina di minuti, fino a quando le pere saranno morbide.

Non dovrebbe essere necessaria l'aggiunta d'acqua, dato che quella rilasciata dalle pere dovrebbe essere sufficiente ma, se vi sembrasse che il fondo di cottura si restringa troppo, aggiungetene un po'.

Verso la fine della cottura, in ogni caso, togliete il coperchio, alzate leggermente la fiamma e fate andare fino a quando il fondo non sarà quasi del tutto evaporato, lasciando sul fondo una sorta di sciroppo, ben denso.

Spegnete e fate freddare le pere, senza coperchio, in modo che l'evaporazione le asciughi ancora un po'.

Prendete una ciotola e metteteci il Philadelphia, l'uovo intero sbattuto e il tuorlo, lo zucchero di canna rimanente - ottanta grammi - i gherigli di noci, che avrete prima grossolanamente spezzettato usando la lama di un grosso coltello, e per finire le pere caramellate, avendo cura però di non prendere il residuo del fondo di cottura, che potrete invece usare poi per la guarnizione finale.

Usando un cucchiaio di legno o una frusta, amalgamate per bene il tutto, facendo particolare attenzione a che le uova si incorporino completamente all'impasto.

Prendete la teglia che avete scelto, preferendo, se l’avete, una con il bordo rimovibile, anche se per questa preparazione non è così importante, quindi imburratela per bene.

Se la teglia non ha il bordo rimovibile, mettete sul suo fondo un foglio di carta da forno tagliato a misura, che faciliterà poi l'estrazione della torta. Vedrete che il foglio sarà tenuto al suo posto dal burro, che fungerà come una sorta di collante.

Tornate alla frolla, stendetela sul piano di lavoro, lasciandola un po' spessa, direi almeno mezzo centimetro, e poi foderateci la teglia, avendo cura di risalire su tutto il bordo, che poi rifilerete con un coltello, in modo che questo sia a filo con quello della teglia.

Versate il ripieno all'interno della teglia, arrivando quasi fino al bordo superiore, dove dovrete lasciare giusto mezzo centimetro di frolla, che userete per agganciare le strisce di frolla che metterete sulla superficie. Nel caso il ripieno non fosse sufficiente ad arrivare così in alto, rifilate la frolla, usando un coltellino, in modo che la parte in eccesso sia, appunto, di circa mezzo centimetro.

Con la frolla avanzate, quindi, preparate delle strisce e, agendo con delicatezza, create sulla superficie della torta la classica trama, tipica delle crostate.

Se avete calcolato bene le quantità, lo strato di pere dovrebbe arrivare quasi fino all’orlo della torta, lasciando giusto un centimetro di spazio.

Mettete il tuorlo d’uovo in una tazzina e, usando un pennellino o le dita, passatelo su tutte le strisce di frolla e sulla parte superiore del bordo, in modo che durante la cottura questa possa prendere un bel colore dorato (se non usate l’uovo, la frolla rimarrà un po’ pallida).

Infornate a 180° per circa quaranta minuti, controllando comunque dopo trenta minuti, per poter valutare anche ad occhio, poi tiratela fuori e fatela freddare a temperatura ambiente.

Quando la torta è fredda, estraetela dalla teglia e, nel caso non aveste usato una teglia con il bordo rimovibile, passando prima la lama di un coltellino lungo i bordi, in modo da agevolare il tutto.

Mettete la torta su un piatto e trasferite nel frigorifero almeno per un paio d'ore, in modo che il ripieno possa compattarsi.

Tirate fuori la teglia dal frigo almeno mezz'ora prima di servirla, quindi impiattatela, guarnitela come più vi aggrada, servitela e, soprattutto, divoratela.