22 gennaio 2016

Rigatoni ‘co’ a pajata’ e crema di pecorino romano



Beh, diciamolo pure, i rigatoni “co’ a pajata” (qui la forma dialettale è d’obbligo) sono, per un romano, una sorta di sacralità, un qualcosa che appartiene alla cultura e, oserei dire, al DNA stesso.

La pajata non si tocca, direbbe qualcuno, anzi "nun se tocca" e, visto che anche io sono sensibile alle tradizioni, ma non riesco a placare del tutto i pochi guizzi di fantasia che ancora ho, mi sono preso la piccola libertà di abbinare ai rigatoni il pecorino romano - al solito, quello di Brunelli - sia nella forma di una crema, che aggiunto durante la mantecatura, in modo da dare ancora più verve ad un piatto che, difficile a credersi, ha un sapore avvolgente e deciso, ma non troppo come forse ci si aspetterebbe.

La pajata, per chi volesse fare un minimo di ripasso, è l'intestino tenue del vitello da latte, del vitello, quindi, che è stato nutrito solamente dal latte della madre. L'intestino viene normalmente lavato, ma in modo da non eliminare il chimo, la sostanza liquida e piuttosto densa che viene prodotta durante la digestione.


Che altro dire, se non che la preparazione ha seguito la liturgia, con l'accurata pulizia della pajata - armatevi di santa pazienza o impietosite il vostro macellaio - e la sua lunga cottura nel pomodoro, dopo averla fatta rosolare in un soffritto e bagnata con del vino bianco, fino ad ottenere una salsa molto densa.

Cottura ben al dente della pasta e condimento finale, con giusta una breve mantecatura, dato che la natura della salsa ne riduce la necessità.

Concludo dicendovi che i rigatoni sono quelli del celeberrimo Pastificio Cavalieri, del quale credo proprio non serva aggiungere nulla in quanto a qualità.

Ingredienti (per 6 persone)

Per la pasta
  1. Mezzo chilo di rigatoni
  2. Otto etti di pajata
  3. Otto etti di pomodori pelati
  4. Uno spicchio d'aglio
  5. Una piccola cipolla
  6. Un terzo di costa di sedano
  7. Un bicchiere di vino bianco
  8. Quattro cucchiai di pecorino romano grattugiato
  9. Olio extravergine di oliva
  10. Sale e pepe nero
Per la crema pecorino romano
  1. Due etti e mezzo di panna fresca
  2. Un etto di pecorino romano grattugiato
  3. Pepe nero

Partite ovviamente con la preparazione della pajata, la cui pulizia è piuttosto lunga e noiosa, soprattutto se non l'avete mai fatta, motivo per cui vi suggerisco di impietosire il macellaio, magari ordinandola qualche giorno prima e chiedendo a lui di pulirla e prepararla.

Se fallite nell'intento, allora armatevi di santa pazienza e procedete come segue.

Per prima cosa procedete alla spellatura, eliminando la pellicola esterna, quasi invisibile, che riveste l'intestino, cosa che farete incidendo con un coltellino uno dei capi del budello e sollevandone un piccolo lembo pellicola, separandola dalla parte carnosa e poi, afferrandola con le dita, tirandola delicatamente, dall'alto in basso, fino a separarla completamente dall'intestino. Per capirci, è un po' come se doveste rovesciare un calzino dopo il lavaggio.

Eliminata tutta la pellicola esterna, tagliate la pajata in pezzi lunghi all’incirca una ventina di centimetri, che ripiegherete a forma di ciambella, sovrapponendo le due estremità di un paio di centimetri e legandole con dello spago da cucina, in modo che il chimo non esca durante la cottura.

Se volete, cosa che peraltro io ho fatto, potete lasciare un paio di pezzi senza legatura, in modo che il chimo, durante la cottura, abbia modo di trasferirsi al pomodoro, insaporendolo maggiormente.

Fate ora un classico battuto con l’aglio, la cipolla e il sedano, tritandoli piuttosto finemente e mettendoli poi in una casseruola insieme a quattro cucchiai di olio extravergine di oliva.

Portate sul fuoco, a fiamma media, e fate soffriggere per circa cinque minuti, quindi unite la pajata, fatela rosolare in modo uniforme per altri cinque minuti, facendo attenzione però che questa non prenda colore, quindi unite il vino bianco e fatelo sfumare.

Aggiungete infine i pelati, che prima avrete rotto, o meglio sfranto, come si dice a Roma, con le mani. Volendo, in alternativa, potete usare altre varianti, come ad esempio la polpa a pezzettoni, mentre direi di evitare le varie versioni della passata di pomodoro, che normalmente ha già subito cotture preventive, che a mio avviso non la rendono adatta ad ulteriori cotture prolungate.

Salate e pepate, poi abbassate la fiamma al minimo e fate cuocere dolcemente per due ore e mezza, in modo che la salsa avrà il tempo di restringersi e di incorporare gli aromi della pajata, che al contempo diventerà tenerissima.

Se per caso vi foste regalati uno Slow Cooker, allora questo è il momento giusto di usarlo, per una cottura ancora più gentile e delicata.

Quando la salsa è pronta, travasatela in una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere la pasta, e tenetela al calduccio.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta, salatela, portatela sul fuoco e, quando bolle, buttate le pasta, facendola cuocere, ma mantenendola ben al dente.

Mentre la pasta è in cottura - un rigatone di buona fattura richiede almeno dodici minuti di cottura - preparate la crema di pecorino, mettendolo grattugiato in un pentolino, insieme alla panna fresca e a una generosa macinata di pepe nero.

Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma minima - in alternativa, meglio ancora, potete procedere con una bagnomaria - facendo raggiungere un bollore appena accennato e girando di tanto in tanto in modo da agevolare lo scioglimento del formaggio.

Proseguite con il bollore leggero per non più di due o tre minuti, quindi spegnete e, usando un colino a maglie fitte, setacciate la crema - non è fondamentale, ma se vi va di farlo, è meglio - raccogliendola in una ciotola e rimettendola poi nel pentolino, visto che la dovrete servire ben calda. Ricordatevi di girarla di tanto in tanto, in modo da romperne la pellicola superficiale che tenderà a formarsi.

Quando mancano pochi minuti alla fine della cottura, portate la padella con il condimento sul fuoco, a fiamma minima, e fate scaldare dolcemente, in modo che il condimento sia caldo quando vi unirete la pasta. Prendete anche una tazza e riempitela con l’acqua di cottura della pasta, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale, anche se per questo tipo di condimento, ben denso e cremoso di suo, potrete anche farne a meno.

Un modo alternativo, e direi anche preferibile visto che non vi costringe a mettere da parte l'acqua di cottura è quello di prendere la pasta direttamente dalla sua pentola, usando un forchettone o un mestolo a seconda del formato della pasta, e unirla direttamente nella padella con il condimento. In questo modo avrete a disposizione tutta l'acqua di cottura, senza dover fare considerazione su quanta ve ne serva, con il rischio di sbagliare.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, quindi riportatela sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo, se lo ritenete e  gradualmente, l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo, quindi spegnete e unite il pecorino grattugiato, mescolando nuovamente per armonizzare il tutto.

Come regola generale, direi che la mantecatura dovrebbe durare non più di un paio di minuti, in modo da avere la giusta cremosità, senza però eccedere nella cottura della pasta.

Coprite la padella con il coperchio, giusto il tempo di mettere la crema di pecorino, ben calda, nei rispettivi piatti - mettetela all’ultimo momento, altrimenti questa si fredderebbe piuttosto rapidamente - quindi impiattate, facendo in modo che i rigatoni non ricoprano completamente la crema di pecorino, che dovrà quindi rimanere in parte visibile.

Distribuite ancora un poco di pecorino, facendolo cadere a pioggia, quindi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità (non vi dico nemmeno di guarnire, dato che questo piatto si fonda anche sulla sua rusticità).

Buon appetito.

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