Per quanto riguarda la cucina, beh, il discorso cambia, e il termine
omeopatico rivela tutto il suo splendore nella frase, adorata dai seguaci della
dieta come stile di vita, "una
lacrima d'olio".
Ora, pur sposando in pieno l'incredibile contenuto emotivo del cucinare,
che in certe situazioni può anche portare a ritenere la parola
"lacrima" perfettamente calzante (ad esempio, dopo che avete ridotto
in cenere quello che doveva essere un leggero soffritto), io la rifuggo quando
questa viene preso ad unità di misura.
Nella cucina, come nella vita (oddio, quanto sono profondo...),
l'equilibrio è fondamentale ed il non rispettarlo può fare la differenza tra un
capolavoro ed un troiaio (lo dico solo per scrupolo, ma voi naturalmente sapete
che tale termine significa "posto
dove si tengono i maiali" e non "posto
dove siete avvezzi a recarvi quando sentite persistenti stimoli nella vostra
libido").
Se compongo una sinfonia memorabile e poi mi accorgo che è un pelino lunga,
non credo che la soluzione migliore sia quella di eliminare tutti i fa diesis
dallo spartito.
Se al momento di partire per il giro del mondo mi accorgo che ho troppi
bagagli, non è che risolvo granché togliendo dalle valige tutte le mutande
(beh, a dirla tutta, certe persone che conosco, risponderebbero “Perché no ? Non te ne basta un solo paio ?”).
Se il racconto che ho deciso di mandare al concorso per giovani scrittori
logorroici, e che sancirà il mio successo o la mia caduta, ho superato il numero
massimo di battute consentito, ho forti dubbi che la soluzione migliore sia
quella di togliere tutte le vocali ed inviare una sorta di codice fiscale di
dieci pagine.
Spesso, peraltro, questa riduzione è fatta su basi assolutamente emotive e
non razionali: se vi fate un piattone di pasta ben condito, non sarà certo
l'olio del sughetto a causare una omotetia dilatatoria del vostro culo; se
vi fate un'insalata così poco condita da confondere il mangiare con il
ruminare, ma poi ci mangiate insieme mezza pagnotta di pane, il vostro strato
adiposo aumenterà allegramente, in barba al vostro stupore ed al sospetto di
cospirazioni metaboliche.
Meglio ridurre una porzione nel suo complesso, che solo in alcune sue
componenti.
Una parmigiana di melanzane con le melanzane non fritte, non è più leggera;
è una non-parmigiana. Un carpaccio di
pesce senza l'olio che lo arricchisce, non è dietetico; è un non-piatto.
Una meringa con poco zucchero, non è un dolce che piace a grandi e a
piccini, ma una sorta di ostia sconsacrata, che potete dare ai vostri
pargoletti come punizione. Se volete fare la maionese "ma, per carità, usando solo una lacrima d'olio", allora
fate prima a bervi l'uovo, invece che insistere a montarlo - cosa che non
accadrà mai - fino alla paresi del vostro avambraccio, se procedete a manella, o al superamento del fabbisogno
annuo elettrico della nazione, nel caso usaste le fruste elettriche.
Conosco persone (ancora per poco, mi sa) che preparano una teglia di
lasagne da un metro quadro, ma poi ci mettono un ragù fatto con mezz'etto di
carne oppure una besciamella preparata con l'avanzo del latte della colazione.
Praticamente un piatto di pasta in bianco, che vi consiglio di mangiare solo se
il commensale che vi sta accanto è capace della manovra di Heimlich.
E quindi ? Quindi, se non volete mortificare l’arte del cucinare, siate
razionali e ricordatevi che un piatto preparato ad minchiam, se da un lato, forse, vi indurrà l’effetto placebo
della cellulite in ritirata, dall’altro farà si che i vostri ospiti, commentando
la cena che gli avete propinato, usino simpatiche metafore, come ad esempio “Come era la cena di ieri sera ? Guarda, non
pensavo che serbasse ancora rancore per quello scherzetto che gli feci alle
elementari” oppure “Ti sei fatta dare
le ricette di quello che avete mangiato ieri sera ? Per la verità no, ho già
dato le polpette avvelenate al cane del vicino”.
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