25 febbraio 2012

Il carciofo non è un cremino !


Basta ! E lo dico a gran voce ! Si salvi il povero carciofo dalla pulitura dissennata ! Si abbandoni la mannaia e si impugni il cesello !

Quale peggior incubo di attendere trepidanti una acconciatura dei fratelli Bundy, già due volte campioni del mondo, e ritrovarsi sotto le grinfie del barbiere dei Marines ?

"Ho visto carciofi puliti in modi che voi umani non potreste immaginarvi"...beh, non era proprio così, ma tant'è...

Insomma, avrete capito, oggi la mia battaglia è per la dignità del carciofo. Per il rispetto del suo diritto alla preservazione della foglia; per la sua implorante richiesta alla non amputazione del gambo.

Perché il carciofo non è un cremino, dove lo stecco si butta dopo che il gelato è finito.

Perché il gambo del carciofo non è mero sostegno alla sua folta chioma, ma parte integrante di essa. Perché la sua folta chioma tale deve restare; perché una cosa è andare da un barbiere che lavora in punta di forbici ed un'altra è ritrovarsi sotto le lame di un tagliaerba.

Certo, ci sono carciofi e carciofi, esattamente come ci sono capocce e capocce (piccola deriva romanesca...), e il punto sta proprio qui: come ogni testa vuole il suo taglio, così ogni carciofo vuole la sua pulitura.

Bene, la deriva vi avrà dato l'indizio, per cui avrete già indovinato che oggi parleremo del Carciofo Romano, detto anche Mammola,  e della sua preparazione secondo tradizione romana (da non confondere con quella di progenitura ebraica, che ci regala i meravigliosi Carciofi alla Giudìa).

La mammola si caratterizza per avere molte più foglie del carciofo tradizionale, di averle più morbide, senza spine in punta e, quindi, ne richiede una eliminazione oculata, che scarti solo ciò che deve essere scartato. Non lesinate quando li acquistate; di Mammole se ne trovano di vari prezzi e, a meno che non li cuciniate a colazione, pranzo e cena, vale la pena investire qualche mezzo euro in più e prendere quelli della zona di Cerveteri (comunque, Cerveteri o meno, il colpo d'occhio può bastare, dato che già ad un rapido sguardo si distingue la Mammola di qualità da quella di seconda o terza scelta).


Bene, si parte.

Prendete il carciofo e, senza farvi prendere dalla frenesia, cominciate ad eliminare le foglie fino a quando comincerete a trovare quelle che hanno la parte attaccata al gambo di cole giallo. Fermatevi quando questa parte più gialla occupa almeno un paio di centimetri della foglia.


A questo punto prendete un coltello molto affilato (quando dico molto, intendo moooolto) e, tenendolo inclinato verso il basso (cioè con il manico che tende ad avvicinarsi al gambo), ruotateci il carciofo contro, in modo che si produca un taglio che idealmente riproduca la forma quasi sferica che il carciofo romanesco ha prima che cominciate a toglierne le foglie.

In altre parole, per capirci, il taglio deve essere tale che le foglie più esterne siano tagliate di più ed il taglio si riduca man mano che la lama del coltello si avvicina alla parte alta del carciofo.


A questo punto passate al gambo, del quale va eliminata solo la parte terminale, generalmente troppo dura, per avere quindi un gambo piuttosto lungo.

Partendo dalla base delle foglie, e sempre con il coltellino affilato, rimuovete la parte esterna della base del carciofo e proseguite con attenzione su tutto il gambo. Ripetete per tutta la circonferenza del carciofo e fate in modo che, alla fine, il gambo abbia un diametro di non più di un centimetro.


A questo punto, alcuni, che non godono della mia simpatia, suggeriscono di eliminare le foglie centrali e la relativa "barba" che si trova al cuore del carciofo. Come dire, fare una sorta di buco al centro del carciofo, trivellandolo come se si stesse cercando chissà quale tesoro nascosto.

Io dissento, posso ? Io sono per la chirurgia non invasiva, quella con il laser e non della vecchia scuola, quella che ti diceva: "Ti duole la gamba ? Bene l'amputiamo"Ripeto, la Mammola ha le foglie tenerissime e non serve scartare alcunché.

Non appena avete pulito un carciofo, mettetelo in una bacinella piena d'acqua alla quale avrete aggiunto un po' di limone (mettete nell'acqua anche il mezzo limone oramai spremuto). Ciò serve ad evitare che il carciofo annerisca.

Quando avete finito, cucinateli come meglio credete e, nel caso li voleste fare alla romana, procedete come segue

Per ogni carciofo considerate mezzo spicchio d'aglio e una decine di foglioline di mentuccia romana (è più facile trovarla nei campi che dal fruttivendolo...). Mentuccia e non menta (con la menta fateci il Mojito o il The, ma non i carciofi).

Personalmente non trito nulla e metto il mezzo spicchio d'aglio e le foglie di mentuccia al centro del carciofo, facendo un po' di pressione per aprire le foglie ed avere lo spazio necessario ad inserire con un po' di forza aglio e mentuccia. Se invece non mi avete ascoltato ed avete trivellato il carciofo, allora sarà più facile. Se preferite, invece, potete tritare grossolanamente aglio e mentuccia e procedere comunque come sopra.

Prendete un po' di sale e "strofinate" con esso tutto il carciofo.

Prendete una casseruola bella alta, in modo che i gambi dei carciofi non fuoriescano. La casseruola deve essere tale che i carciofi siano ben stretti fra di loro, altrimenti durante la cottura tendono a rovesciasi.

Mettete abbondante olio extra-vergine e portate sul fuoco. Quando l'olio è caldo, mettete i carciofi con la testa in basso e fateli rosolare un paio di minuti, poi aggiungete acqua fino ad arrivare a metà della testa del carciofo.

Coprite e fate cuocere a fuoco medio. Per vedere quando sono cotti, infilate una forchetta alla base del gambo e valutate quanto facilmente questa penetri nella polpa. Quando ritenete di essere quasi a cottura ultimata, togliete il coperchio, alzate il fuoco e fate andare sino a quando tutta l'acqua sarà evaporata e, quindi, sia rimasto solo il sughetto denso prodotto dai carciofi e dall'olio.

Alla fine il carciofo dovrà presentarsi con l'estremità delle foglie ben abbrustolita, per effetto della cottura finale a fiamma alta, e con il resto morbido.

Che dire, se siete arrivati fino a qui, allora ve li siete meritati, per cui portate in tavola e fate felici i vostri ospiti (ma anche divorati nella solitudine della vostra cucina non sono niente male...).

1 commento:

  1. ODE AL CARCIOFO
    Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
    ispida edificò una piccola cupola,
    si mantenne all'asciutto sotto le sue squame,
    vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
    divennero viticci,
    infiorescenze commoventi rizomi;
    sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
    la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
    la verza si mise a provar gonne,
    l'origano a profumare il mondo,
    e il dolce carciofo lì nell'orto vestito da guerriero,
    brunito come bomba a mano,
    orgoglioso,
    e un bel giorno,
    a ranghi serrati,
    in grandi canestri di vimini,
    marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
    la milizia.
    Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
    gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
    file compatte,
    voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
    ma allora arriva Maria col suo paniere,
    sceglie un carciofo,
    non lo teme,
    lo esamina,
    l'osserva contro luce come se fosse un uovo,
    lo compra,
    lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
    con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
    entrando in cucina,
    lo tuffa nella pentola.
    Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
    poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
    del suo cuore verde.
    Pablo Neruda

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