11 maggio 2012

I preliminari e le coccole sono importanti


Parto in tromba, a tambur battente, a testa bassa, condividendo con voi recenti studi, ancora in corso di pubblicazione, che evidenziano come esistano fortissime similitudini tra il modo in cui un soggetto vive il suo rapporto con la cucina e quello con il sesso.

Ora, battute scontate a parte, come quella che se così fosse, allora io dovrei condurre una vita da asceta, gastronomicamente parlando, vi riporto le conclusioni più significative di tale studio (la versione integrale sarà pubblicata, con il titolo “The Bimbi effect: a voyeur-based approach to the art of cooking”, nel numero di agosto di Scientific American).

Bene, la prima incontrovertibile conclusione è che tanto più si ha distacco nel preparare il cibo, tanto più i soggetti osservati mostrano una tendenza al voyeurismo sessuale spinto.

La seconda, altrettanto significativa, è che l’uso di acceleratori nella preparazione dei cibi, esemplare, in tal senso, l’uso della pentola a pressione, denota una tendenza all’eiaculatio precox tra le lenzuola.

L’ultima, ma non certo per importanza, è che trascurare il cibo durante la sua cottura equivale a non inseguire il piacere del proprio partner, ma esclusivamente il proprio. A tale proposito, si citano alcuni recenti casi di cottura simulata, che evidenziano come il cibo reagisca a tale trascuratezza illudendo il suo preparatore e facendogli credere di aver portato a compimento ciò che compiuto non è, con evidenti ripercussioni negative al momento della condivisione del cibo con i propri ospiti, dove portate in tavola quello che voi credete essere uno stracotto e vi ritrovate, invece, con un carpaccio.

E quindi ? Quindi, se volete interpretare la cucina secondo canoni moderni, che vi permetta di avere successo con le ragazze ed i ragazzi e di bullarvi con gli amici, dovete far vostro il concetto che "la preparazione di un piatto parte con un'idea, passa per la spesa, prosegue con la preparazione e termina con il lavaggio del pentolame".

Qualsiasi frattura lungo tale processo pregiudica la corretta interpretazione, vi espone ai risultati dello studio e vi rende antipatici (almeno a me, per quello che conta).

Innanzitutto, quindi, l'idea e qui, ahimè, c'è poco da dire, dato che o l'idea vi viene, generalmente come una sorta di folgorazione, oppure non c'è nulla da fare, se non suggerirvi di provare sotto l'effetto di sostanze oppiacee.

Tenete però presente che l'idea è come la mela che cadde sulla testa di Newton: è un qualcosa che va poi sviluppata, criticamente valutata, oggettivamente analizzata e, alla fine, approvata, generalmente con quel mezzo sorriso sulla faccia, riflesso condizionato che manifesta al mondo il raggiungimento della conclusione e che sembra dica "ah si, dite che sono un coglione ? Ora vedrete di cosa sono capace".

Bene, confezionata l'idea, godimento incluso, si passa alla fase operativa che, ovviamente, non può che partire dalla spesa, fatta secondo le moderne teorie al riguardo, che ruotano intorno al primo principio fondamentale, sviluppato come corollario della teoria della relatività universale (si, lo so, questo è un fatto ignoto ai più), che sostanzialmente postula che "la vostra accelerazione nel passare davanti ad un banco del mercato è indistinguibile localmente dagli effetti del campo gravitazionale generato dal banco stesso".

Detta a parole mie, il postulato ci dice che non dobbiamo semplicemente passare tra i banchi della spesa, ma dobbiamo stabilire con loro un rapporto empatico, di piena compenetrazione, ed osservare con attenzione ciò che essi vogliono proporci.

Gli effetti pratici, quindi, sono quelli di non prendere ciò che ci serve con il solo obiettivo di "voglio uscire il prima possibile da questa bolgia", ma al contrario di osservare, leggere, comparare e, alla fine scegliere.

Mai e poi mai, in ogni caso, porre al venditore la famigerata domanda "lei cosa mi consiglia ?", per il semplice motivo che quello vi consiglierà quello che fa comodo a lui, come ad esempio "queste fragole fantastiche, appena colte da madre terra, prodotto assolutamente locale, guardi, tanto per farle capire, che le do da mangiare anche a mia figlia" e che, se avessimo a disposizione un traduttore neuronale, andrebbe invece letta come "prenda queste cazzo di fragole, che ce l'ho sul banco da una settimana e non le vuole nessuno, guardi, tanto per farle capire, che le darei da mangiare anche a mia suocera".

Completata la spesa, senza fretta e vissuta come un visita tra i dipinti di un museo, tornate beatamente a casa e preparatevi alla fase principale, la preparazione.

Erroneamente si è portati a credere che la preparazione si realizzi, esclusivamente, nel "mettere insieme gli ingredienti in modo che venga fuori ciò che la mia idea ha creato". Nulla di più sbagliato e riduttivo. La preparazione è come un processo industriale, una catena di montaggio, dove ogni cosa deve essere disponibile nel posto giusto e al momento giusto. Nessuno costruisce, che so, una macchina, mettendo tutti i pezzi alla rinfusa in uno scatolone e prendendoli, di volta in volta, come un bambino che prende i Lego dalla sua scatola dei giochi.

Gli ingredienti devono essere pronti all'uso quando la preparazione li richiede. Il tempo è il nostro credo, la sincronizzazione la nostra fede.

Nulla di peggio, ad esempio, che avere l'olio caldo al punto giusto e noi che ancora stiamo tagliuzzando le verdure che con tale olio devono contrarre matrimonio. L'acqua deve bollire quando noi siamo pronti a cuocere la pasta e non ore prima, avendo tutto il tempo di evaporare, ridursi in quantità, e rilasciare, ed i romani qui mi capiranno, copiose quantità di calcio, quasi a costituire un condimento alternativo.

Il modo di combinare gli ingredienti deve seguire la nostra idea e non, al contrario, essere momento di liberazione dalle nostre frustrazioni, che ci spinga a buttare tutti gli ingredienti nella pentola, quasi con un grido di liberazione.

Eh no, cari miei, noi siamo il pianista e gli ingredienti sono le note sullo spartito, che devono essere suonate nella giusta sequenza e con il tempo richiesto. Non seguire il giusto incedere equivale a pigiare tutti insieme i tasti del pianoforte, trasformando una sonata in un boato.

E non ho ancora parlato della cottura, cacchio ! Se la preparazione sono i preliminari, la cottura è l'amplesso (le coccole, ovviamente, pervadono l'intero processo, sia durante la preparazione, che durante la cottura).

Non si cuoce, mai, mettendo l'ultimo ingrediente nella pentola, coprendo con il coperchio ed uscendo dalla cucina con protervia, quasi a dire "ecco, finalmente ! Ora cuocetevi, da bravi, che io devo scrivere quattro minchiate su Facebook".

Cuocere è fare l'amore, non fare sesso.

La cottura va seguita. Il cibo deve sapere che " io sono qui, qualsiasi cosa accada". Il cibo dentro la pentola va ogni tanto girato - ecco le coccole - seguito, in modo da essere pronti a gestire eventuali emergenze.

La cottura ha i suoi tempi, i suoi ritmi. Assecondateli e sarete felici; alterateli e minerete per sempre il rapporto e non stupitevi, poi, se scoprirete che il vostro cibo si fa cuocere, quando voi siete al lavoro, da qualcun altro.

Bene, sperando che lo studio sia il vostro forte e che abbiate fatto vostro il delirio narrativo, sappiate che vi resta, per potervi fregiare del distintivo di "mastro cuciniere", di completare il tutto con un corretto lavaggio di ciò che avete usato.

Così come il violinista virtuoso si prende cura, personalmente, del suo violino, anche voi dovrete stabilire un rapporto morboso con tutta la vostra attrezzatura. Farla lavare da qualcun'altro è come mandare i figli in colonia: nessun divertimento e traumi infantili garantiti.

Lavate a mano, in lavastoviglie, ma lavate voi. Non delegate e, mai e poi mai, lasciate la cucina senza aver ripristinato il corretto ordine o, peggio ancora, con tutto ciò che avete utilizzato, sporco e unto, impilato in creazioni geometriche paragonabili, per complessità ed assurdità, alle opere di Maurits Cornelis Escher.

Che dire, siamo arrivati alla fine (in tutti i sensi, dirà qualcuno). Se ce l'avete fatta, allora siete sulla strada giusta, se non ce l'avete fatta, allora siete persone mentalmente sane.

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